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Autore: rosy03    28/01/2024    0 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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CAPITOLO 15. Confronto e verità 





 
 
Rehagan fu il primo a sentirle arrivare – era anche l’unico rimasto fuori, a dire il vero.
Si era messo a giocare con le sue provette dopo aver assunto degli antidolorifici per via della ferita alla spalla ed era rimasto lì tutta la notte; a studiare e a spremere le bacche di sambuco che Hydra si era offerto di andare a cercare la sera prima.
Perché sì, il marinaio aveva chiesto a lui e a Nimue cosa potesse fare per aiutarli a preparare un antidoto il più in fretta possibile. E la dottoressa, nella sua brutale sincerità, gli aveva spiegato che per il momento quello che stavano cercando di creare era un palliativo, qualcosa che potesse rallentare gli effetti del veleno.
«Un passo alla volta. Un fallimento dopo l’altro. È così che funziona la scienza.» Hydra gli aveva riservato un’occhiata indecifrabile e senza dire neanche una parola si era incamminato verso il bosco.
Aveva dormito sì e no un’ora e mezza. Il viso era marcato dalle occhiaie e aveva fatto un’abbondante colazione solo perché Killian si era presentato davanti a lui con del cibo e l’aveva costretto a mangiare davanti a lui per controllare che non se ne dimenticasse, preso com’era nella sua ricerca.
Rehagan riconobbe subito il chiarore della pelle di Lily spuntare dalla coltre di alberi e fogliame. Dietro di lei, le altre due maghe camminavano in religioso silenzio – il che era strano, considerata l’indole di Eve. Ad ogni modo, era contento di vederle sane e salve. «Sono tutti dentro.» Le informò, sistemandosi meglio sulla panca. Il tavolo che Abel aveva portato fuori perché avesse più spazio possibile, era stato preso direttamente dalla cucina.
Anche lui moriva dalla curiosità. Voleva sapere cosa avesse spinto Diana a lasciare Nypha, voleva sapere cos’era successo. E perché sembrava reduce da un duro conflitto interiore.
Eve sospirò e con una scusa si avviò verso casa di Ysami ma prima ancora di abbassare la maniglia della porta, questa si spalancò. Boccheggiò per lo spavento. «Cavolo, ma ti sembra il modo!» Poi si rese conto di chi le stesse davanti. Ops.
Rigido come una statua, Hydra fissava Diana con cipiglio inespressivo.
Era arrabbiato, certo. Ma al contrario di Lily – che era un fuoco d’artificio – lui era perfettamente in grado di contenere le proprie emozioni, di non esplodere. In più, era sempre stato una persona ragionevole – per questo non sopportava chi finiva per caricare a testa bassa.
A vederla lì, immobile, con i vestiti bruciacchiati e il viso stranamente pallido, sembrava reduce da una battaglia. Addirittura, pensò che si fosse messa a inseguire il nemico, che magari avesse finito per incontrare quella dannata Emilia. Che si fosse fatta male inseguendola.
«Mi spiace deluderti ma non è andata come credi.» Sentenziò lei, captando i suoi pensieri.
Hydra non si mosse e nemmeno Eve, che si vedeva chiusa l’unica via d’uscita da quell’assurda situazione.
Al che, Rehagan cercò di dire qualcosa ma la voce calma e forte del marinaio sovrastò la sua: «Dimmi cosa ti ha spinto a mollare tutto, a mollare Nypha, e ad allontanarti. Io pretendo una spiegazione.»
Diana si ritrovò a trattenere il respiro. Per un attimo, le sembrò di essere tornata al giorno prima, a quando aveva avuto di fronte una Lily furiosa e attraversata da un’irrefrenabile voglia di pestarla. Questa volta, però, c’era Hydra. E lui sembrava davvero intenzionato ad ascoltare ciò che aveva da dire.
Tanto che mosse alcuni passi in avanti, piazzandosi a pochi metri da lei.
Naevin sbucò oltre l’uscio e con un’occhiata silenziosa domandò alla maga di Bosco cosa stesse succedendo. Quest’ultima sospirò e gli indicò l’intera scena.
Lily sta mantenendo la promessa fatta, eh. Pensò. Non ha alcuna intenzione di intervenire.
«Io-» Ma si fermò, Diana. Si fermò perché le sembrava insensato quello che stava per fare. Accecata dall’odio e dalla paura aveva finito per parlare a Eve e Lily di suo fratello e di Dyaspro. A Eve. A una maga di Black Robin, maledizione. «Perché mai dovrei? Posso ascoltare i vostri pensieri, ricordate?»
Hydra sollevò un sopracciglio e storse la bocca, indignato dalle sue parole. «Pensi me ne fotta qualcosa? Rispondi alla mia domanda.»
«Non siete molto diversi da me, dopotutto!» Esclamò, irosa.
Ed eccola. Diana Fonì, colei che attacca per paura di venire attaccata – o abbandonata.
Poco distante, Lily cominciò a fissarla truce. Cos’era quel cambio di atteggiamento? Ok che Hydra manderebbe ai matti chiunque, ma così esagera! «Datti una calmata, idio-»
«E non osare. Non osare mai più farmi la paternale, Lily
Diana le sentiva. Sentiva le voci interiori di tutti. Conosceva i loro desideri. I loro obiettivi. E cos’erano disposti a fare pur di raggiungerli. Sin dal primo giorno, aveva cercato di capire se potesse fidarsi di loro, se potesse chiudere entrambi gli occhi senza il timore di venir pugnalata alle spalle.
Era diventato più forte di lei. La Magia della Comprensione Sensoriale non aiutava ma nemmeno il suo sentirsi messa all’angolo dall’occhio inquisitore di Hydra.
Persino Eve, che il giorno prima era riuscita a calmarla, faticò a chiederle di smetterla.
«Ho lasciato Nypha perché c’era una cosa che dovevo controllare. Una cosa che per me è più importante delle Fate, di voi, di tutto.» Asserì. «E so per certo che anche tu la pensi come me, Eve
D’un tratto l’attenzione dei presenti si spostò proprio sulla maga di Bosco che, presa alla sprovvista, si ritrovò a sgranare gli occhi. Scosse la testa, cercando di ignorare quel senso di nausea alla bocca dello stomaco. «Ma che dici?»
«Non fare la finta tonta. Mi è capitato di sentirti. Se ti trovassi a dover scegliere, sceglieresti sicuramente Kyla, condannando chiunque altro di noi e senza neanche troppi ripensamenti!»
Eve trattenne il respiro. Come poteva negare la realtà? È vero. Trovare Kyla era, per lei, la priorità. Se avesse potuto barattare qualcosa, qualsiasi cosa, l’avrebbe fatto. Ma, nonostante ciò, percepire gli occhi di tutti addosso le fece fremere il cuore.
«Tu sei l’ultima persona che può parlare dal momento che sei passata dalla teoria alla pratica, no?»
Diana storse il naso. «E allora?»
«E allora? Ma ti senti?!»
«Nessuno di noi è qui per le Fate!» Esclamò, inviperita. «E ve la prendete con me per questo? Quanto potete essere ipocriti?!»
Fu allora che Rehagan sentì il bisogno impellente di alzare la mano così da entrare nella discussione. Da un lato voleva fare una precisazione, dall’altro voleva in qualche modo evitare che si sfociasse in un insanabile litigio. «In verità, io sono qui proprio per le Fate...»
L’altra le lanciò un’occhiataccia. «Sta’ zitto.» Al che, lo scienziato rabbrividì.
«Al di là del fatto che siamo qui per motivi diversi... ancora non mi hai spiegato perché te ne sei andata.» La voce di Hydra si fece scura e carica di tensione.
«Te l’ho già detto.»
«Sii più precisa.»
Diana sollevò un sopracciglio con aria di sfida. «Altrimenti?»
«Altrimenti ti spezzo tutte le ossa.»
Naevin fece un passo avanti ma prima ancora che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Eve lo fermò sfiorandogli appena un braccio. Scosse la testa e con un’espressione indecifrabile girò i tacchi ed entrò in casa, nervosa come mai lo era stata da quando avevano preso il mare.
E il Lakad non sapeva proprio cosa fare. Seguirla o controllare che gli altri non si uccidessero tra loro? La risposta apparì quanto mai chiara nella sua mente dopo che l’alta figura di Killian lo sorpassò, uscendo in cortile.
Decise di lasciar fare a lui e seguì Eve dentro casa.
«Ok. Calmiamoci tutti.» Asserì Killian, avanzando tranquillamente e ponendosi tra i due litiganti. «Capisco che tu abbia avuto le tue ragioni, ma una squadra non è questo. In una squadra ci si fida l’uno dell’altro e se hai un problema, dovresti parlarcene.»
La ragazza strinse le labbra in una smorfia e inspirò profondamente dal naso. «Ti ci metti anche tu?»
«Beh, tecnicamente sarei il capo qui. Quindi...
Lily brontolò. «Potresti fare il serio una volta ogni tanto?» Venne ignorata. Anche perché c’erano cose più urgenti e importanti da discutere dello strano modo in cui Killian era intenzionato a prendere posizione.
«Noi non siamo una squadra. E non siamo amici.» Ribatté Diana, ancora una volta. «Non mi fido di voi e men che meno di te!»
In un attimo, lo sguardo di Killian si intenerì. Il caramello nei suoi occhi sembrò sciogliersi e le labbra si distesero in un triste sorriso. «Io voglio aiutarti.» Disse, studiando le reazione della ragazza e ignorando quelle degli altri presenti. «Voglio aiutarti a trovare tuo fratello.»
Il cuore di Diana si fermò. «Come lo sai?» Domandò, in un sussurro. Si voltò d’istinto verso Lily ma lei scosse la testa in segno di diniego. Non era stata lei a dirlo a Killian. Ma allora, come...?
«Prima di “arruolarvi” ho fatto delle ricerche. O meglio, Alastor le ha fatte e mi ha passato tutto il materiale. So perfettamente che tipo di persone siete. So bene che a te non importa niente delle Fate. So bene che per Eve è più importante Kyla. So anche che, se Hydra ha accettato di unirsi a noi, è perché anche lui sta cercando qualcosa.» Spiegò, monocorde. «E ho voluto scommettere. Non si tratta che di una scommessa, alla fine.»
«Peccato che per mezzo della tua scommessa, Nypha è di là che rischia di morire!»
Killian sorrise. «Non morirà, tranquillo. Ho fiducia in Nimue. E in Rehagan, che non ha chiuso occhio perché sta cercando disperatamente una via d’uscita.»
«Perché?» la voce di Diana si fece flebile, appena sussurrata.
Tanto che Killian non era certo di aver capito. «In che senso perché
«Perché ti fidi così tanto? Insomma, conosci Nimue ma... Rehagan? Ti fidi davvero così tanto di lui? Di noiTi fideresti ancora di me dopo quello che ho fatto? «Sei scemo o cosa?»
Allora Lily roteò gli occhi al cielo. Lei conosceva suo fratello ed era semplicemente fatto così. Era bravo a inquadrare le persone – se le reputava apposto, niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare l’idea che si era fatto semplicemente osservandole. Lily si lasciava guidare dall’istinto e spesso ci azzeccava; Killian approfittava del fatto che non sembrasse fosse pericoloso per studiare più da vicino i suoi “obiettivi”. E ci azzeccava sempre.
Non sbagliava mai. Mai. Anche se, spesso, fingeva il contrario.
«Non sei una cattiva persona.» E il sorriso si fece più ampio, genuino. «E non sono l’unico a pensarla così.»
A Diana sfuggì un risolino carico di cinismo. Certo, come no.
«Fidati di me.»
No. Non poteva fidarsi. Non poteva perché chiunque sarebbe potuto diventare una distrazione – lei aveva un obiettivo e voleva raggiungerlo. Doveva raggiungerlo.
Suo fratello la stava aspettando chissà dove e il mondo non le era mai sembrato così grande, così immenso. E stando sempre completamente da sola sembrava persino peggio.
Abbassò il capo per nascondere gli occhi umidi sotto le ciocche incasinate di capelli. Dopotutto, lei non voleva stare sola. Non sempre, per lo meno. Perché non riusciva a fidarsi? Perché non riusciva a lasciarsi andare? Perché?!
Fu allora che la voce di Hydra tornò a riempire quello strano silenzio creatosi per lei. «Quindi è così che stanno le cose?» Lei non rispose, né alzò lo sguardo. Non si mosse, si limitò a stringere i pugni e a lottare contro le lacrime che minacciavano di uscire.
Perché non voleva piangere. Non voleva subire una tale umiliazione – perché di questo si trattava. Non essere debole, Diana. Si disse. Non mostrarti debole, non piangere. Non piangere. Non piangere.
«Stai cercando tuo fratello. Perché? Che è successo?»
Corrucciò la fronte e il corpo si tese ancora di più, neanche fosse una corda di violino. Ricacciò le lacrime e faticò non poco ad aprire bocca senza che le tremassero le labbra, senza che le tremasse la voce. «Io-» Ma si bloccò, nuovamente. Posso... davvero? Farò bene a fidarmi?
A intervenire fu la persona più insospettabile di tutte: Lily – lei, che aveva giurato di non aiutarla, prese la parola sotto gli occhi fieri e divertiti di Killian. «Certo che sei più testarda di un mulo! Cosa ti trattiene dal parlare con noi?»
«Io avrei un’idea!» Gongolante, Rehagan si alzò dalla sua postazione e si accostò alla ragazzina circondandole le spalle esili con un braccio, quello che riuscì a sollevare senza avvertire delle terribili fitte alla spalla. «Niv mi ha detto che qui vicino si sono create delle pozze d’acqua termale. Che ne dite di andarci? Ci porterà solo benefici!»
Il silenzio che ne seguì fu molto diverso da quello di prima, tanto che lo scienziato sospirò, affranto che nessuno dei presenti avesse colto quel che si nascondeva dietro la sua idea. «È risaputo che il modo migliore per fare amicizia e irrobustire i legami è questo
«Non è con un bagno caldo che risolveremo la questione...» Replicò Lily, allibita.
Rehagan sghignazzò. «No, ma sarà comunque un inizio!»
 
 
 
§
 
 
 
Si sarebbero incamminati poco prima del tramonto.
Killian si era detto entusiasta all’idea di potersi fare un bel bagno caldo e aveva obbligato tutti – nessuno escluso – a prendere parte a quell’iniziativa. In più, Nimue aveva dato il suo consenso affinché anche Nypha potesse andare con loro. Le sue condizioni erano piuttosto stabili e con un po’ d’aiuto esterno le terme si sarebbero trasformate in un oasi di pace che, con ogni probabilità, avrebbe aiutato la cacciatrice di taglie a riprendere un po’ di colore.
Non l’avrebbero fatta guarire del tutto ma si sarebbe sentita senz’altro meglio.
Intanto, Diana si era ritrovata, senza nemmeno sapere come, in camera di Ysami. La donna – vedendola passare per caso davanti alla sua porta – le aveva chiesto la gentilezza di controllare la piccola Eden mentre lei era in bagno a farsi una doccia veloce.
Lo scricciolo sonnecchiava in tranquillità nel mezzo del letto matrimoniale mentre Diana sedeva su una piccola poltrona e intagliava un pezzo di legno in religioso silenzio. Quando Ysami tornò aveva il corpo avvolto in un asciugamano enorme e i capelli già perfettamente asciutti.
«Guarda che puoi avvicinarti. Non ti mangia mica.» Disse, sorridendo.
In effetti, e senza neanche farci caso, Diana aveva scelto di sedersi il più lontano possibile da Eden.
Un po’ si sentì in colpa per averlo fatto.
«Non ti piacciono i bambini?» Ysami lasciò cadere l’asciugamano e cominciò a vestirsi mentre la più piccola non osava girarsi nella sua direzione. Sapeva già cos’avrebbe visto: una donna con ancora i segni della gravidanza, il seno gonfio e un sorriso radioso nonostante la stanchezza di una prima notte trascorsa ad allattare.
Sospirò, Diana. «Sì. Mi piacciono.»
L’altra annuì. «Allora, dopo prendila un po’ in braccio. È leggera come una piuma!» Mai si sarebbe aspettata una proposta del genere; Ysami capì la sua inquietudine semplicemente leggendogliela in faccia. «Non preoccuparti, non la farai cadere.»
Andò a sedersi sul bordo del letto senza mai toglierle gli occhi di dosso. Sembrava semplicemente innamorata della sua bambina. «Abel è nella stanza degli ospiti che dorme. La vostra amica Nimue gli ha impedito di stare qui perché ha bisogno di recuperare le forze e con Eden accanto, non avrebbe riposato a dovere.» La vostra amica? «Dato che da domani dovrà aiutarmi al doppio delle sue possibilità, voleva che fosse in perfette condizioni.»
Diana rimase in silenzio, continuando a intagliare il legno.
Le stava spiegando cose futili, stava cercando di spostare l’attenzione su cose più semplici da gestire per non pensare alla paura che aveva provato quando se l’era immaginato morto, per sempre lontano da lei e da sua figlia. Si era immaginata a crescere la sua bambina da sola, nella disperazione di non avere più accanto l’amore della sua vita. Il suo primo amore.
E Diana tutte queste cose le sentiva grazie alla sua magia – il cuore sul punto di scoppiare. «Saresti stata una mamma meravigliosa anche senza l’aiuto di Abel.» Disse, atona. «Ma visto che è qui e che sta bene, sarete entrambi meravigliosi.»
Visto il silenzio che seguì quelle sue parole, ebbe sul serio l’impressione che non l’avesse sentita. Ma quando si voltò notò che Ysami la stava guardando con gli occhi lucidi e colmi di gratitudine.
Per un attimo, non seppe davvero cosa fare, Diana.
«Ti ringrazio.» Alla donna sfuggì un singhiozzo. «Avevo davvero bisogno di sentirmelo dire.»
L’altra annuì, tornando poi al suo lavoro d’intaglio. Paradossalmente, Diana era brava a capire le persone. Grazie alla Magia della Comprensione Sensoriale – volente o nolente – era in grado di leggere e comprendere i pensieri delle altre persone.
Non era altrettanto brava a interagire con loro.
E Ysami – un po’ per via del suo innato istinto materno – se n’era resa conto. «Sono certa che ritroverai tuo fratello.» Questo suo commento la prese parecchio alla sprovvista, tanto che la neomamma si affrettò a spiegare di aver sentito parte della loro conversazione dopo essersi svegliata. «Non preoccuparti, ho chiuso la finestra subito dopo. Non volevo essere indiscreta.» Aggiunse.
Diana annuì, incapace di dire altro.
«Riuscirai a trovarlo che tu sia o non sia da sola. Ce la farai.» La voce gentile, melodiosa... per un attimo le ricordò Monica. «Ma a questo punto, non pensi sarebbe meglio non restare da soli?»
A queste parole seguì una lunga ed estenuante pausa in cui Diana smise di muoversi. Il coltello le cadde a terra e il rumore provocato dalla lama che urtava il pavimento bastò a svegliare Eden.
Ysami si assicurò di controllare che fosse apposto e che si riappisolasse subito dopo, cosa che accadde.
«Ma in questo modo dovrei riuscire a fidarmi di loro.» Asserì, a bassa voce.
«Non mi sembrano persone cattive, tutt’altro.»
Diana sospirò. «Io non... non ci riesco.»
«Fa’ quello che ti senti di fare. Ma assicurati che sia davvero quello che vuoi. Se non vuoi fidarti non farlo ma se, invece, vuoi affidare le tue preoccupazioni a quelle che tu ritieni siano brave persone... impara a farlo
 
 
 
§
 
 
 
Quando Naevin l’aveva raggiunta in cucina si era arresa alla realtà dei fatti: Diana conosceva il suo segreto. Eve aveva sbuffato, immergendo le dita tra i capelli e tirandoli all’indietro, scoprendo il viso ricoperto del tutto di lentiggini.
Aveva trascorso i successivi dieci minuti in compagnia del Lakad e di fronte alla sua muta richiesta di sfogarsi, Eve non era riuscita a tenere la bocca chiusa. Naevin sapeva ascoltare. Sapeva come far sentire meglio le persone semplicemente non facendo niente, aguzzando le orecchie e guardandole camminare avanti e indietro.
La maga di Bosco aveva sospirato un paio di volte e poi aveva mostrato un sorriso tirato. «Succede ogni volta. Pensano tutti che la mia gilda sia gestita e frequentata da persone orribili ma non è così! Facciamo solo il nostro fottutissimo lavoro!» Aveva esclamato, allibita. «L’Aurora ha un modo di procedere, noi abbiamo il nostro! Cosa c’è di tanto sconvolgente?! Non ammazziamo mica qualcuno!»
E Naevin l’aveva ascoltata per tutto il tempo, capendo solo la metà di quello che usciva dalla sua bocca. Poi era arrivato Killian che li aveva messi al corrente dell’idea delle terme, obbligandoli a esserci – «Altrimenti... niente paga!» Aveva detto.
Di conseguenza, si erano ritrovati tutti fuori casa di Ysami nel tardo pomeriggio. Il Lakad era in testa al gruppo, affiancato da Lily e Rehagan. Subito dopo c’era Nypha – imbarazzatissima perché Hydra aveva preteso di portarla in braccio fino a destinazione. Non l’avrebbe lasciata a nessun altro, ovvio!
Arrivarono appena dopo il tramonto e ciò che videro li lasciò senza fiato. Era uno spettacolo magnifico: la grossa piscina d’acqua – così come quelle più piccole sparse per la montagna, più o meno nascoste da strati e strati di roccia e alberi – sembrava gridare al banzai. Lily si trattenne dal gettarcisi dentro con tutti i vestiti solo perché si era deciso di costruire una specie di separé con della legna raccattata in giro, così da dare uno spazio per i ragazzi e uno per le ragazze senza imbarazzare nessuno.
Una volta terminati i preparativi, Lily fu la prima a spogliarsi e a immergersi in acqua socchiudendo gli occhi. Al che, Nypha sgranò gli occhi, colpita dalla sua totale assenza di pudore.
«Ignorala, fa sempre così.» Nimue, intanto che parlava, aveva tirato fuori dal suo piccolo marsupio un barattolo con dentro alcune erbe. «Queste, una volta sciolte in acqua, vi aiuteranno a rimettervi in sesto dalle ferite. Naturalmente, avrà effetto anche su di te, Nypha. E, anzi, ti aiuterà a risvegliare un po’ i tuoi nervi mezzi addormentati.»
La cacciatrice di taglie annuì e lanciò una breve occhiata verso il “muro”, assicurandosi di non essere vista da nessuno di loro. Fatto ciò, si slacciò lentamente la gonna e tolse la maglietta, restando in intimo e cercando di non attirare troppo l’attenzione delle altre. Eve aveva appena ripiegato i vestiti e si era già avviata – Diana, invece, era rimasta immobile a fissare il cielo sopra di loro.
Nypha seguì il suo sguardo e schiuse la bocca, stupita da come le stelle si vedessero così bene da lì.
Ma il suo stupore per quello spettacolo naturale durò poco perché sentì Rehagan gridare qualcosa dall’altra parte del “muro”, imprecazione che fu seguita da un tonfo. Non poté credere ai suoi occhi quando vide Nimue raggiungerla e lasciare la sponda opposta a quella doveva si era sistemate le ragazze. «Ma- Perché sei andata di là?!»
Si sentiva in imbarazzo per lei – e Nimue era ancora del tutto vestita, comunque.
La dottoressa alzò le spalle. «Ho dato anche a loro le mie erbe. Appena mi ha vista, Reha è caduto in acqua nudo come un verme.»
Nypha rimase a bocca aperta. Certo. Lily ha zero senso del pudore ma Nimue non fa una piega davanti alla nudità altrui... in un certo senso si completano. Pensò, scioccata. Aspetta. Anche Hydra era nudo?!
E per un istante uno strano senso di gelosia le fece storcere il naso ma prima che potesse dire qualcosa la voce di Eve la richiamò. «Volete darvi una mossa?!»
«Andiamo.» Disse e Nimue si assicurò che la cacciatrice di taglie raggiungesse l’acqua senza capitolare al suolo – anche Tabitha aveva avuto piccole difficoltà a muoversi, ricordò; soltanto verso la fine, l’effetto del veleno era entrato nella fase più critica.
Poi, si accorse di Diana, rimasta ferma a guardare fisso davanti a sé.
Non stava guardando niente, in realtà. Era bloccata tra i suoi stessi pensieri. Per questo, le si avvicinò e l’afferrò per le spalle, facendola sussultare. «Un bel bagno caldo farà bene anche a te. Forza.»
Diana annuì – più che altro meccanicamente. Si girò, si tolse i vestiti con una calma stoica e in un attimo l’attenzione venne calamitata su di lei o, meglio, sulle cicatrici che deturpavano la sua schiena. Lily rabbrividì. Erano stati degli artigli – quattro per l’esattezza – a ferirla in quel modo, a tagliarle trasversalmente la schiena, dalla spalla destra al bacino sinistro.
Anche le braccia erano coperte di cicatrici più o meno leggere; ma tutte perfettamente visibili. E sul fianco sinistro vi era il segno lasciato da un’ustione: la pelle bruciata, con il passare del tempo, si era ingrigita e irruvidita. Diana percepì gli occhi delle ragazze su di sé e si voltò appena, avendo ancora in mano i suoi abiti. «Orribili.»
«Nient’affatto.» Si affrettò a dire Nimue, con il suo solito tono monocorde. Si spogliò dei vestiti e alzò lo sguardo per nulla imbarazzata. Una sottile cicatrice biancastra le attraversava verticalmente il busto, dalla clavicola destra fino a raggiungere l’altezza dell’ombelico, tagliando per il seno. «Non sono certo queste a fare di qualcuno una persona orribile.»
«Perché non ci raggiungete?» Nypha sorrise, addolcita dall’espressione quasi spaesata della Dragon Slayer. «Si sta bene in acqua.»
La dottoressa annuì e senza dire altro agguantò Diana per un polso e la trascinò fino al bordo della piscina naturale. Poi, senza pensarci due volte, la spinse in acqua.
Eve ridacchiò; Lily scoppiò direttamente a ridere. Invece, Nypha strinse le labbra e mascherò il suo divertimento con un rimprovero che Nimue ignorò, sedendosi accanto a lei su una piccola roccia a fare da panchina. Diana risalì tossicchiando e lanciò un’occhiataccia in direzione della dottoressa ma qualsiasi sua intenzione di insultarla pesantemente morì sul nascere perché Eve le circondò le spalle con un braccio. «Su, su. Non roviniamo questo momento con qualche battibecco inutile.»
«Tu non eri incazzata con me?»
La rossa inarcò un sopracciglio. «Beh, sì.» Fece una pausa. «Ma ormai non lo sono più. Toglimi una curiosità... stavi per dire a tutti della gilda, vero?»
Lily inclinò la testa. «Quale gilda?»
Ma venne ignorata; Diana, invece, sospirò. «Sì. Ero arrabbiata. Sono arrabbiata. Non mi fido di chi ha avuto contatti con quell’uomo.»
«Non ricordo nemmeno la sua faccia! Ti ho già detto che è stata una questione di pochi minuti, poi il Master l’ha cacciato via. Nemmeno noi ci fidiamo di gente del genere!»
L’altra si strinse nelle spalle, restando però in silenzio.
Dall’altra parte del muro improvvisato si levò una voce piuttosto divertita, quella di Killian. «Ohi! Di che state parlando? Vogliamo sapere anche noi!»
Al che, Diana si inalberò al punto da diventare rossa – e l’alta temperatura dell’acqua non aiutava di certo a farle mantenere il sangue freddo. «Tu non dovresti già conoscere tutto alla perfezione?! Cosa sei?! Un dannato stalker?!»
«Se proprio dev’esserci uno stalker, quello è Alastor...» Borbottò Lily ma venne ignorata. Di nuovo.
E la cosa non le piacque per niente.
Fu Eve a spiegare loro la situazione. Tanto ormai siamo in ballo. «Immagino che qualcuno di voi abbia già sentito parlare della gilda di Black Robin
Nypha annuì. E, come lei, anche Rehagan – dall’altra parte della “barricata”.
«Per curiosità... cosa pensate che sia?»
La risposta dello scienziato non si fece attendere: «Vi occupate di roba antica, giusto? Un po’ come se foste l’Ancient Aurora del regno di Bosco.»
«Eppure, la gente pensa siate una gilda di profanatori di tombe.» Disse Nypha, non lasciandosi sfuggire il repentino cambio d’espressione dell’altra.
Si irrigidì all’istante e un leggero senso di nausea le appesantì lo stomaco. «Sono una maga di Black Robin da quasi cinque anni, esattamente da quando Kyla è partita.» Spiegò. «E sì, la gente pensa esattamente questo di noi. Non abbiamo una bellissima reputazione, specialmente all’estero.»
«Probabilmente per via dei vostri legami con il mercato nero.»
Era stato Killian a parlare – al che, Eve si mise a ridacchiare. «Sì, insomma, la questione è che molta gente tende ad affidarsi ai pregiudizi senza conoscere la verità. È per questo che le persone ci evitano. Ed è per questo che i tipi loschi vogliono fare affari con noi.» Disse, sbuffando. «Il nostro Master, però, ha un buon intuito. Quell’uomo che odi tanto, Dyaspro, avrà fatto la stessa fine degli altri. In conclusione, Clarence gli avrà sbattuto la porta in faccia.»
«Ne sei sicura?» Domandò Diana, fredda come una statua di sale.
Ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome, sentiva le viscere tremare.
«Sì, sicurissima. Se fossero entrati in affari, avrei avuto qualche incarico riconducibile a te o alla tua famiglia ma non è mai successo. Né ho mai sentito gli altri parlarne.»
Diana annuì, imponendosi di mantenere la calma. Inspirò ed espirò lentamente, abbandonando la nuca sul bordo roccioso della vasca e sentendo, finalmente, il calore dell’acqua lambirle la pelle fino a guarirla dalla stanchezza. Rehagan aveva ragione: un bagno caldo non poteva che portare altro che benefici. Si sentiva molto più rilassata.
Fu Lily a prendere parola, alla fine. «Quindi, alla fine, anche tu sei un topo di biblioteca come me.»
«Già. Un topo di biblioteca che ogni tanto prende a calci i cattivoni!» Esclamò, ridendo.
 
 
 
§
 
 
 
I corridoi del palazzo di Crocus erano per lo più vuoti.
William Falkor non se l’era sentita di inviare i suoi sottoposti per via di una sensazione alla bocca dello stomaco. E lui era sempre stato il tipo da dar retta a queste cose. Non incrociò nessuno, se non qualche cameriera indaffarata nelle pulizie.
Le guardie sembravano sparite.
C’era silenzio. L’aria era pesante. Più avanzava, più quella sensazione si acuiva e William sperava davvero fosse tutto frutto della sua immaginazione.
Poi, li udì. Dei brusii nel buio.
Corrucciò la fronte e la mano callosa si adagiò piano sull’elsa della spada che portava al fianco. Gli occhi azzurri saettarono da una parte all’altra, alla ricerca di nemici. Ma l’unica figura che riuscì a identificare fu quella di Jace Ivory, il consigliere del re.
Anche lui vantava occhi chiari, di un celeste così intenso da sembrare inumano. O forse era la scintilla di malizia che perennemente li illuminava, a dare quell’impressione. Ad ogni modo, se William Falkor poteva dire di fidarsi al cento per cento di qualcuno, quel qualcuno era lui, Jace Ivory – per quanto la cosa non lo entusiasmasse per niente.
«Ehilà, capitano!» Esclamò, radioso. «È in ritardo. Ho già messo le mani sui nostri topolini
L’altro sospirò, per niente stupito dal suo modo di porsi. «Ah, sì? Dove sono?»
«In infermeria.»
William alzò un sopracciglio. Questa volta sì che non capiva. «In infermeria?»
Il moro annuì, alzando le spalle. «Gladis.» Disse, come se un singolo nome fosse una spiegazione accettabile. E lo era, considerando che sveva appena pronunciato quel nome. Gladis Sherman.
La mano di William lasciò l’elsa della spada e si incamminò verso le scale che conducevano all’infermeria del palazzo reale. Spero solo di riuscire a ricavare delle informazioni utili, si disse.
 
 
 
§
 
 
 
Non seppe spiegarsi del perché successe. Né del come successe.
Ma successe. E Lily voleva fare una cosa sola: morire. Voleva squarciarsi il ventre. Voleva strapparsi gli occhi dalle orbite a mani nude. Perché, se c’era una cosa che mai e poi mai avrebbe voluto fare era vedere suo fratello... nudo.
Quante storie, Lilì. Sei una palla.
Non riuscì nemmeno a rispondergli a tono. Era in catalessi. Ripeteva le stesse parole, le stesse frasi come in una lenta e lugubre litania di morte. «Oddio no... oddio no... che schifo! Avrò gli incubi per settimane, mesi, anni...!»
Eve, accanto a lei, distolse gli occhi dal suo taccuino. «Cosa sei? Una drama queen?»
L’altra era distesa sul divano – le mani incrociate sullo stomaco e gli occhi spalancati, col terrore di rivedere nel buio della sua mente quell’immagine terribile. «Zitta. Tu non puoi capire.»
Eve ridacchiò, allungando le gambe e il collo oltre i braccioli della poltrona per stiracchiarsi. «Beh, comunque è colpa tua. Se non ti fossi messa a litigare-»
«Ti prego, non ricordarmelo!» Urlò, premendosi a forza i palmi sulla fronte.
«Almeno la serata ha dato i suoi frutti, no?»
Lily annuì, scordandosi per un attimo di Killian e del casino che era successo, soffermandosi invece sulle parole che Diana era riuscita a tirare fuori, seppur con una certa fatica. Non erano diventate amiche per la pelle ma, almeno, poteva dire di riuscire a capirla. Un po’. Pochino.
Certo, rimaneva la stronza di sempre.
Poi Eve scoppiò a ridere e la mora si girò a guardarla, domandandosi il motivo di quell’attacco di ridarella. Non c’era niente da ridere. Diana aveva perso suo fratello. Dyaspro dava loro la caccia.
Solo quando riuscì a riprendere fiato, la rossa riuscì a mettere due parole in croce: «Certo che Reha le ha prese malissimo! È stato troppo divertente!»
Lily ricollegò l’avvenimento e la sua espressione cambiò all’istante. E ricominciò col suo canto di morte, sconvolta nell’animo.
Fu a quel punto che Nypha fece il suo ingresso nella stanza, aiutata da Nimue. Dopo il bagno, la cacciatrice di taglie si era sentita molto meglio – riusciva a camminare senza bisogno di un sostegno fisso. Certo, quello che era successo l’aveva fatta quasi morire d’infarto ma quelli erano dettagli.
«Che succede?» Domandò la dottoressa, spingendo via le gambe di Lily e facendo sedere Nypha sul divano. «Perché ridi?»
«Nah, ho solo ricordato di come Diana ha pestato il povero Reha alle terme.»
A sentire ciò, Nypha arrossì di botto – al punto che Nimue pensò che le fosse salita la febbre all’improvviso. «Oh, cielo...»
«Oh, cielo . Dovremmo ringraziare qualsiasi divinità abbia voluto regalarci una tale celestiale visione!» Esclamò la rossa, divertita.
I borbottii di Lily si fecero ancora più insistenti mentre la dottoressa sospirò. «Quante storie fate.»
«Perché? Tu non credi siano dei fighi assurdi? Li hai visti quei due?!»
Nypha quasi faticava a respirare. Una serie di immagini davvero poco caste aveva cominciato ad affollarle la mente e non riuscì neppure a pregare l’altra di chiudere il discorso, tant’era sconvolta al ricordo di cos’era successo. Perché, dai!
«Mh. Un po’ mi spiace che Naevin sia già sposato, sì.» Nimue fece un’alzata di spalle, come se la cosa non la toccasse poi così tanto.
La porta d’ingresso si aprì. Diana entrò a passi lenti, bloccandosi non appena adocchiò Lily seduta scompostamente accanto alla dottoressa. Aveva gli occhi spalancati in direzione del soffitto e non accennava a smettere di ripetere la sua inutile cantilena.
Non sembrò far caso a lei. Per questo, le si accostò fino ad arrivare a un passo dal divano. «Ehi.»
Eve e le altre non dissero niente – curiose e preoccupate di assistere all’ennesimo diverbio. Fissarono la giovane in trepida attesa.
Ma, purtroppo per loro, Diana non aveva alcuna intenzione di mettersi a fare pace – più o meno – perché si limitò a guardarla con aria schifata. «Ma che hai? Perché borbotti parole senza senso?»
«Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare.» Mormorò, senza fiato.
Diana arricciò in naso, sospirando. Alzò lo sguardo e si trovò sotto gli occhi delle altre. «Che state facendo?»
«Stiamo spettegolando sul sex appeal dei nostri compagni di squadra!» Esclamò Eve, euforica. «E tu? Quale preferisci?»
«Io? Ma che-»
«Per favore, lasciala stare. È ancora troppo presto per trascinarla in questi discorsi.» Dopotutto, Nimue ci teneva che Diana non pensasse di essere capitata in un gruppetto di pazze pervertite. E, soprattutto, che non si sentisse forzata ad aprirsi con loro.
Peccato però che le parole della maga di Bosco avevano fatto tornare ricordi poco piacevoli. Ricordi che le fecero saltare i nervi. Di nuovo. E fu proprio Eve la prima ad accorgersene. «Oddio, no, non picchiarlo di nuovo! Non è stata colpa sua!»
«No, infatti, è stata lei!» Urlò, indicando Lily. «Se non mi avesse lanciato dall’altra parte della vasca non sarebbe successo niente!»
Nimue roteò gli occhi. «Tecnicamente avete cominciato insieme a litigare.»
«Tecnicamente è stato Killian che le ha definite “buone amiche”. Di solito le persone non reagiscono così ma posso capire che queste due hanno qualche rotella fuori posto!» Detto ciò, Eve scoppiò a ridere.


«Cosa?» «Amiche?»
«Sei pazzo?» «Che ti salta in mente?»

«Non sarò mai amica sua!» «Non voglio avere una decerebrata come amica!»
«Scusa, cos’hai detto? Ripetilo se hai il coraggio!» «Cerchi rogne?»



Diana digrignò i denti. «È stata la foga del momento. Ero-»
«Turbata perché avevi appena finito di parlarci di Dyaspro? Lo capiamo. E sappiamo che siete entrambe delle teste di cazzo.» Disse Eve. Poi aggiunse, addolcendo il tono: «Apprezziamo il fatto che tu voglia iniziare a fidarti di noi, davvero.»
Nypha annuì.
«Non c’è bisogno di parlarne ancora. Basta.»
Eve ridacchiò. «Ti imbarazza?»
«No-! È- la smetti?!»
«Ok, va bene! Torniamo a parlare di ragazzi. Meglio, no?»
Nypha scosse la testa ma la sua muta preghiera non venne ascoltata e Nimue era troppo occupata a dare dei piccoli colpetti sul braccio di Lily per dire di no – la compagna di gilda non accennava a voler uscire da quell’insensato stato catatonico e la cosa cominciava a infastidirla.
«Quindi. La domanda è: chi trovi più figo?»
«Che razza di domanda è?»
«Come che razza di domanda è?!» Poi, l’illuminazione. Eve sorrise malignamente e voltò il capo in direzione della sua vittima preferita. «E tu, Nypha? Quale preferisci?»
Il cuore esplose. La cacciatrice di taglie sobbalzò e d’un tratto le sembrò che quel soggiorno si fosse trasformata in una fornace. «Co-? Io? No- È- Io- Non è- Perché non-? Io-»
«Oh. Mio. Dio.» Sussurrò Diana, corrucciando le sopracciglia.
Al che Nypha la guardò con gli occhi sgranati e si portò le mani tra le ciocche argentee, scuotendo il capo come una forsennata. «No, ti prego! Non guardare! Diana! Ti prego! Ti prego! Ti prego!»
Nimue sospirò. «Ecco fatto. Ora abbiamo un altro disco rotto.»
«Guarda che puoi confidarti. Siamo tue amiche! Se questa qui ci è riuscita puoi farlo anche tu!»
Non lo disse perché intenzionata a prenderla in giro – forse – ma perché voleva continuare a nutrire quei legami che stavano pian piano nascendo tra loro. Voleva davvero che potessero considerarsi amiche, nonostante si conoscessero da poco tempo.
E Nypha percepì quel desiderio, a un certo punto, quando Nimue le schiaffeggiò le guance per zittirla. Tornò a respirare e per un attimo le passò per la mente di rispondere a quell’assurda e imbarazzantissima domanda. Si sentì sul punto di buttar fuori tutte le ansie e le paure che solitamente le attanagliavano le viscere e che le impedivano di fare amicizia con le persone. Voleva farsi conoscere per chi era e voleva conoscere loro.
Si portò una mano sul cuore cercando di diminuirne i battiti.
Schiuse le labbra. E le parole sarebbero uscite senza ombra di dubbio... se la porta non fosse stata spalancata di colpo.
Solo Lily non degnò di uno sguardo il nuovo arrivato.
Nimue restò imperturbabile. Diana sollevò un sopracciglio e voltò di poco la testa per nascondere un sorriso alquanto divertito. Eve sbuffò infastidita – l’espressione di chi veniva interrotto sul più bello. Tra tutti i momenti in cui poteva comparire, proprio adesso?!
«Beh? Che c’è?» Sbottò Hydra, sentendosi un tantino osservato. Poi l’occhio si posò su Nypha e si riempì di preoccupazione. «Ohi, stai bene? Hai la febbre?»
Lei ci mise un po’ a rispondere – più che altro ci mise un po’ a togliersi dalla testa certi pensieri e a concentrarsi sulla sua domanda. «Sì! No! Cioè, no! Sto bene! Credo...»
Il marinaio la raggiunse in poche falcate e piano le sfiorò la fronte con le nocche. «Sei un po’ accaldata. Non è che gli effetti del veleno stanno peggiorando?»
Nypha non rispose, anche perché la domanda era stata rivolta alla dottoressa di fianco a lei.
Nimue le prese il polso e la osservò per qualche secondo; poi scosse la testa. «Non direi. L’effetto anestetizzante è passato e dopo il bagno il suo corpo sembra come nuovo. Tabitha aveva cominciato a stare davvero male dopo soli tre giorni dalla somministrazione. Anche se poco, abbiamo tempo.»
Contro ogni altra aspettativa, gli occhi di Nimue si addolcirono e con delicatezza le poggiò una mano sulla spalla, come a volerla confortare. Voleva infonderle coraggio e forza. Con quel contatto voleva urlare: «Tranquilla, troverò un antidoto e non morirai
Ma non disse niente. La sua espressione tornò a farsi apatica subito dopo. «Comunque, è meglio se ti riposi un po’. E forse sarà meglio evitare certi argomenti o il tuo cuore non reggerà.»
Nypha sgranò gli occhi e sperò con tutta se stessa che il marinaio non si soffermasse su quella frase in particolare.
«Quali argomenti?»
Che mondo infame!
Fu Eve a salvarla in calcio d’angolo. «Questioni femminili, non pensarci.» Per poi aggiungere, con un ghigno serafico: «Perché non l’accompagni in camera? Nimue ha da fare con noi e sia mai che non si regga in piedi e finisca giù per le scale!»
Nypha la guardò, incapace di formulare una frase coerente.
Il moro non se lo fece ripetere due volte. L’alzò quasi di peso e la seguì fino alla rampa delle scale. E quando lei si voltò per ringraziarlo sottovoce per la premura incrociò il sorrisetto di Eve, intenta a farle ciao-ciao con la mano.



















 
 
Rieccoci con un nuovo capitolo!

Come state? Tutto bene? Passate buone vacanze? Io... snì, a parte un panettone che mi è stato portato via. Già. Io odio i canditi. Odio l’uvetta. Una sola cosa chiedo: un panettone semplice, senza robaccia dentro... e me lo portano via da sotto il naso. Che schifo la vita.

Scherzi a parte, sono stati giorni normali, per niente rilassanti.

Ma passiamo al capitolo che – finalmente! – sono riuscita a pubblicare.
Che dire? Mi ha fatto penare! Un po’ perché volevo approfondire la scena del bagno alle terme e un po’ perché volevo farli arrivare alle mani ma poi mi sono detta... non ancora.

Il dramma, come la vendetta, è un piatto che va servito freddo. Ah-Ah-Ah ^^

Curiosità n.26 ► Cos’è successo davvero? Beh. Presto detto.
  • Lily, come già sapete, è sconvolta perché ha visto Killian – suo fratello – nudo. Vorrebbe uccidersi, strapparsi gli occhi, bla-bla-bla. Si riprenderà?
  • Nypha ha visto Hydra nudo. Capito? Hydra. Nudo.
  • Rehagan è stato brutalmente picchiato da Diana perché- beh- è stato il primo a esserle capitato a tiro. La signorina non ha gradito essere lanciata nuda come un verme dall’altra parte del muro; non ha affatto gradito.
  • Killian ha rischiato di morire. Davvero. Hydra l’ha quasi affogato. Se non è morto adesso, non morirà mai più. Perché? Perché gli occhi gli sono accidentalmente caduti su Nypha. Ci tengo a ribadire che non è stata colpa sua ma di Reha che gli ha tirato involontariamente un calcio mentre cercava di scappare da una Diana inferocita e lui, Killian, si è semplicemente ribaltato nel posto sbagliato – davanti a Nypha.
  • Niv, per rispetto a sua moglie, ha tenuto gli occhi chiusi per tuuuutto il tempo. Si è beccato qualcosa in faccia – non sa cosa ma gli ha quasi spaccato il naso. Di nuovo.
  • Eve si è goduta lo spettacolo finché ha potuto.
Curiosità n.27 ► E perché è successo? Come detto, Diana ha finito per raccontare di Dyaspro.
Ha detto ad alta voce quello che aveva già detto a Lily e a Eve, accennando pure al fatto che è stata separata da suo fratello dopo la morte dei genitori. Qualcuno ha lodato il fatto che Lily e Diana non si siano scannate a vicenda e Killian – sempre lui – ha chiesto, non senza un certo orgoglio: «A questo punto potete considerarvi amiche, no?»
Bordello.

Domanda seria. Era mia intenzione pubblicare le altre due parti dello speciale di Natale ma Natale è passato. Le feste sono passate – mio malgrado. È quasi finito gennaio. Devo pubblicarle o no? 

È che mi dispiace aver lasciato le cose a metà ma ormai lo spirito natalizio è bello che andato T.T

Sono tornata alla solita vita fatta di stress, studio, stress, tesi da scrivere. Uffa! Inoltre, ho appena scoperto di essere una capra con i titoli dei capitoli T.T

Spero che voi ve la passiate meglio. Dal prossimo capitolo... il delirio. Siete avvisati. Alla prossima!


Rosy


 
  
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