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Autore: sanjihailculoinfiamme    01/02/2024    0 recensioni
[Good Omens ]
[Good Omens ]"Crowley, ti ricordi di Alessandro Manzoni?" Chiese Aziraphale, con il naso infilato tra le pagine di un manoscritto particolarmente antiquato.
*
Crowley, a un desiderio di Aziraphale, come fa a dire di no?
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12 aprile 2022
 
"Crowley, ti ricordi di Alessandro Manzoni?" Chiese Aziraphale, con il naso infilato tra le pagine di un manoscritto particolarmente antiquato. Il demone si svegliò di soprassalto, l'amico aveva passato l'intero pomeriggio immerso nelle pagine dei suoi libri, tanto che il silenzio creatosi nella libreria gli aveva conciliato il sonno. 
"Chi?" Domandò di rimando, stropicciandosi gli occhi per cercare di scacciare i suoi rimasugli di stanchezza. Capitava spesso, negli ultimi periodi, che si trovassero a trascorrere la loro quotidianità insieme, nella libreria dell'angelo, come se vivessero effettivamente entrambi lì, da soli. Si erano creati il loro spazio di serenità, anche nelle più semplici e banali attività, e si trovavano in piena sintonia. Nessuno dei due poteva chiedere di meglio. 
"Manzoni, caro. L'italiano che scrisse I promessi sposi, non puoi non averne sentito parlare." Rispose l'angelo, nel suo solito tono saccente post shock culturale. 
"Mhh, sì, il tizio che scrisse della peste di inizio '600, non mi va di parlarne. È stato un arco della nostra vita così buio che vorrei persino dimenticarlo, o anzi," sentenziò Crowley irritato, "dovrei ricordarti di come ti ho trovato a piangere quando quella bambina ti è morta tra le-" 
"HO CAPITO, BASTA!" Urlò l'angelo, in preda a un attacco di ricordi indesiderati. "Non era sicuramente quello che mi aspettavo di ricevere in risposta, più che fuori luogo, oserei dire." Si tolse gli occhialetti e richiuse il libro, notando come Crowley lo stesse smorfieggiando, come spesso capitava quando lo rimproverava. Un bambino, ma lo trovava così tenero. Sospirò: "Niente, è che nel ripulire le mensole ho ritrovato la prima edizione dell'opera e ho pensato al fatto che io non abbia mai visitato i posti del racconto. Non mi sono mai immedesimato né in Renzo, nè in Fra' Cristoforo, nè in nessun altro. Un sacrilegio!" Affermò, sbattendo le mani sulle ginocchia e alzando gli occhi al cielo. 
"E io che dovrei farci con questa informazione, angelo?" Comunicò il demone, con una mano appoggiata sotto il mento, il gomito sul bracciolo della poltrona. "Non mi sono mai piaciuti coloro che utilizzano le disgrazie di altri per farne della propria fortuna." Come se la tua natura non fosse demoniaca, pensò Aziraphale tra sè e sè. 
 
L'Europa della metà del '300, e del '600 poi, aveva segnato Crowley nel profondo. Tutto quello sfacelo per le strade, i carri che raccoglievano i cadaveri, i pianti, le urla. Lui e Aziraphale andavano in giro vestiti da medici, e, non potendo ammalarsi a causa della loro natura ultraterrena, cercavano di fare del loro meglio per salvare il possibile, ma capitava che persino i loro miracoli arrivassero tardi. Quello sarebbe stato un banchetto d'onore per qualsiasi demone, ma lui non era un qualsiasi demone. Lui non voleva cadere, come non voleva annegassero i bambini il giorno del Diluvio, né uccidere le capre di Giacobbe. 
Senza contare che, giorno dopo giorno, vedeva Aziraphale sempre più sbriciolato. Si sentiva così impotente, inutile, a fronte di quella mattanza. Crowley non sopportava quel suo stato, quell’anima tanto pura piegata, tant'è che aveva pensato più volte di prenderlo per mano e scappare insieme ad Alpha Centauri, ma l'angelo non l'avrebbe mai perdonato per un simile gesto, ed egli stesso si sarebbe reputato un vile, e non voleva essere quel tipo persona. Purtroppo, però, ce l'aveva ancora impressa la disperazione negli occhi del suo angelo, quando non riusciva a tenere in vita qualcuno, e, con essa, le notti passate insonni a consolarlo, spezzato in mille pezzi, tanto che riusciva a farlo addormentare bagnato ancora delle sue stesse lacrime. 
 
"Va bene, d'accordo, cambiamo argomento, caro." Disse Aziraphale, roteando gli occhi. Si alzò dalla sedia del suo scrittoio, e porse una mano al suo amico: "Visto che sta tornando la stagione calda, che ne dici di un bel gelato?"
 
*** 
 
13 aprile 
 
Aziraphale si stava sorseggiando un the, ascoltando Čajkovskij, quando sentì Crowley entrare nella libreria, che, con la sua solita camminata sinuosa, si mosse verso l'angelo, porgendogli una busta chiusa. 
Le sue pupille rimasero incollate a lui, stupite di fronte a quel gesto improvviso, mentre la stringeva: "Che cos'è?" Chiese, il demone si aspettava una tale domanda: "Tu aprila."
L'angelo si alzò per posare la tazza, che teneva con l'altra mano, sulla scrivania, per poter prendere il tagliacarte dall'interno di uno dei portapenne. Strappò con cura la carta, per paura di rovinarne l'interno, e ne tirò fuori il contenuto: erano due fogli piegati in tre.
"Ma..." Li rilesse due volte, per essere sicuro di quello che ci fosse scritto. 
"Partiamo? Per Lecco? A Pasqua?" Chiese esterrefatto, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto, e passando lo sguardo dai fogli al demone. 
Crowley, di rimando, mise su un mezzo sorrisetto, per non far trapelare la sua reale emozione. 
"Perchè?" Domandò l'altro, ancora. 
"Perchè così potrai immedesimarti nei tuoi noiosissimi personaggi, e no, non fare quella faccia, ti porto io, quindi sii grato, angelo." Era deliziato dalla reazione del suo amico, aveva centrato il segno. "Partiamo questo sabato e torniamo martedì prossimo, non portare troppe cose che in volo ci sono dei limiti da rispettare. L'hotel ha il buffet per colazione, la cui sala ha la vista direttamente sull’Adda, spero sia di tuo gradimento." 
Aziraphale avrebbe voluto saltargli addosso, per stringerlo a sé, ma, per mantenere un minimo di decenza, si trattenne, e si accontentò di lasciargli una leggera carezza sulla guancia. 
"Grazie, Crowley, non ho parole, davvero. Sono contentissimo," affermò, con un sorriso più luminoso di tutte le stelle che il demone avesse mai creato, "ma ora scusami, ho una valigia da preparare, devo organizzarmi!".
Al chè, Crowley, seguì con lo sguardo i suoi movimenti, fisso immobile, vedendolo cominciare a scorrazzare frenetico, mentre sentiva la pelle bruciare nel punto esatto in cui era stata toccata. 
 
*** 
 
La sera prima della partenza, l'angelo si sentì in preda a una crisi isterica: obbligò l'amico a dormire nella libreria per evitare di darsi l'ulteriore peso di doversi dare un appuntamento, aveva controllato (e ricontrollato) la lista delle cose da prendere, che effettivamente le avesse messe in valigia... Sotto un certo punto di vista, invidiava che l'altro preferisse miracolarsi tutti i vestiti addosso, questo gli faceva decisamente risparmiare tempo. Anzi, si era persino offeso quando gli aveva chiesto se potesse infilare il suo spazzolino tra i suoi bagagli. Era davvero tutto ciò che si sarebbe portato dietro? Un folle. 
 
Il sabato mattina, Aziraphale insistette per prendere l'autobus con quattro ore di anticipo, con il solo effetto di essere arrivati in aeroporto giusto giusto in tempo per girarlo una decina di volte. Crowley era già sfinito. 
 
Il volo andò liscio, senza particolari turbamenti, tant’è che arrivarono in orario. Il demone ogni tanto sussultava, come se avesse ben presente che occupare gli spazi Celesti non risultasse affatto ben visto dalla fazione avversa. Aziraphale, di rimando, gli metteva una mano sulla gamba, per tranquillizzarlo. 
 
Arrivati in aeroporto, e dopo aver ritirato il bagaglio di Aziraphale, un ometto che teneva in mano un cartello con su scritto 《A. Z. FELL  &  A. J. CROWLEY 》li attendeva per portarli in albergo. L'angelo si sentì come in un film, sembrava tutto così surreale, tant'è che rivolse un sorriso carico di emozione al suo compagno di viaggio: "Sono così felice, caro." 
"Non è ancora iniziato niente, mi ringrazierai dopo, angelo." Rispose di rimando il demone, abbassando appena gli occhiali da sole per permettere a Aziraphale di coglierne l’occhiolino.
 
Giunti a destinazione, Crowley pagò il tassista, mentre l'altro osservava incantato il panorama che gli si stagliava attorno. Si era già innamorato. 
"Sì, angelo, guarderemo più tardi. Ora entriamo, così ci togliamo anche il fastidio del check-in." 
Crowley aveva avuto un gusto eccellente nella scelta: esternamente i muri erano dipinti di un rosa tenue ma elegante, mentre l'interno dava l'impressione di essere in un paesaggio di campagna primaverile, con fiori decorativi ma pensati in modo tale da non poter essere considerati kitsch. Potè persino notare dei rampicanti avvolti agli archi delle porte, e alcuni mattoni di pietra lasciati allo scoperto.  
Ad accoglierli, ci fu una giovane receptionist che rivolse loro un caloroso saluto: "Ben arrivati, gentili signori, benvenuti al Ramo volto a mezzogiorno." Aziraphale si illuminò al nome udito, riconoscendo nell'immediato la semicitazione a I promessi sposi. Intontito com'era stato, non si era reso conto del nome della struttura né quando Crowley gli consegnò i biglietti, né lo lesse all’ingresso.
"Vi chiederei gentilmente solo i documenti per controllare la prenotazione." Continuò la ragazza. I due mostrarono i loro passaporti. "Ah, è la vostra stanza!" Esclamò, pochi istanti dopo, e la coppia le rivolse un'occhiata confusa.
 "Siamo mortificati, ma nel bagno della camera che avete prenotato abbiamo riscontrato una perdita proprio questa mattina. Stiamo tentando di contattare il servizio urgente, ma in questi giorni di festa è molto più complicato, e, come minimo, fino a domani non sarà agibile. Purtroppo le stanze con doppio letto matrimoniale sono tutte occupate, per cui vi lascio la libertà di scegliere tra due stanze singole un po' più piccole o un'unica doppia ma più spaziosa, senza ovviamente alcuna imposta di sovrapprezzo." 
Crowley stava già per imprecare, che Aziraphale si intromise nel discorso: "Non si preoccupi, cara, la doppia sarà più che perfetta per le nostre esigenze!" Il rosso sgranò gli occhi, e, nonostante fossero coperti, l'angelo se ne accorse. Mimò un Sei sicuro? con le labbra, e il riccio annuì in fretta in risposta, completamente in imbarazzo: si era appena reso conto di cosa avrebbe significato tutto ciò.
 
La donna annuì: "D’accordo, allora.” Trascrisse qualcosa sul computer per poi aggiungere: “Siete alla 408, terzo piano. Qui a destra troverete l'ascensore." Indicò la direzione con il dito. "Se ci saranno cambiamenti, vi faremo sapere, e, nel caso, avrete la libertà di decidere se restare nell'alloggio appena assegnato o optare per l'alternativa scelta al principio.  Scusateci ancora, davvero, e buon soggiorno!" Esclamò entusiasta, consegnando al rosso le chiavi, ma entrambi avevano già smesso di ascoltare, perché non riuscivano a non pensare che, probabilmente, per le future tre notti, avrebbero dormito nella stessa stanza e nello stesso letto. Insieme.
 
Fecero entrambi il tragitto fino alla camera in rigoroso silenzio, e, quando giunsero alla porta, il demone infilò le chiavi nella toppa per lasciar passare per primo l'angelo, come a voler rimandare il più possibile il momento di confronto. Il secondo si schiarì la voce, dopo aver fatto un giro di ricognizione: "Beh, per essere una seconda scelta è veramente molto bella e luminosa. Ed è enorme." 
Era vero, Crowley aveva prenotato una quadrupla in modo tale che, anche se nella stessa stanza, sarebbero potuti rimanere nella loro privacy, quindi, per forza di cose, non sarebbe stato onesto se gli avessero assegnato una camera tanto più piccola. 
Quella scelta non l'aveva fatta per sé stesso (a lui bastava avere un materasso, o qualsiasi cosa di vagamente morbido, che sarebbe crollato in un sonno profondo), quanto più per l'angelo, che sapeva fosse pieno di complessi e con un estremo bisogno di intimità.
"E questo è il letto." Rispose di rimando. "Già." Concluse l'altro. 
"Aziraphale, ascoltami," affermò il rosso, grattandosi i capelli, "so che hai accettato questa camera perché sei troppo educato per far scomodare qualcuno di troppo, ma se il condividere il letto non ti va a genio, torno alla reception e ci facciamo spostare, o al limite dormo sul divano e tu-"
Aziraphale lo interruppe: "Stai tranquillo, caro, davvero. Non c'è nessun problema. È tutto perfetto, e sono già troppo emozionato all'idea di visitare la città per perdere tempo a fare troppi spostamenti. E poi, dobbiamo solo dormire, no?" Concluse, girandosi verso il letto, per evitare ulteriormente il contatto visivo. 
La verità è che non vedeva l'ora di poter dormire insieme all'uomo della sua vita, ma questo non l'avrebbe mai ammesso, nè a sè stesso nè al ragazzo che, dal canto suo, si era dimenticato di mettere su la sua solita faccia burbera, lasciando spazio a un tenero sguardo pieno di apprensione. 
La reale verità? Lo desideravano entrambi. 
 
Quando uscirono dall'albergo, si era già fatto pomeriggio, per cui Aziraphale insistette per pranzare al volo con qualcosa di veloce, per poi cominciare la loro escursione in città. Ovviamente si era preparato una lista dei luoghi da visitare, scritta sul suo quadernetto tascabile. Crowley tentò di dirgli di farsi trasportare dal vento, ma non c'era verso di fargli cambiare idea (anche se, rispettarla punto per punto, si sarebbe ben presto rivelato impossibile, tra una sosta e un souvenir, tra un gelato e una pausa per guardarsi attorno…). 
Tra i vari giri, ovviamente, non poté che andare a cercare alcuni dei luoghi più iconici descritti dentro il libro del Manzoni. Partirono proprio da Pescarenico, perché scoprì, quasi subito, che il rione dell'hotel al quale alloggiavano era proprio quello in cui Renzo, Lucia e Agnese incontrano Fra' Cristoforo per progettare la fuga. Era entusiasta, e non faceva altro che importunare il povero Crowley di tutti i suoi racconti, tant'è che, a fine giornata, ne arrivò con le palle piene. 
"Caro, guarda!" Disse l'angelo, puntando il dito verso l'orizzonte: "Questo è il paesaggio che ispirò l’Addio ai Monti di Lucia, rattristata dal timore di non poter più rivedere questi suoi luoghi d'infanzia. Non è meraviglioso?" Gli domandò, con gli occhi lucidi. 
"Oh Dio angelo, se cominci a frignare ti mollo qua. E inoltre, hai la vista annebbiata dal romanticismo. Sono sicuro che tutti questi palazzi non ci fossero quando il tuo carissimo Alessandro scrisse di questa roba. Avrà avuto il suo fascino un tempo, oggi... bah." L'altro mise su un broncio: "Mi smonti sempre tutto." In tutta risposta, il demone sghignazzò. 
 
Ancora, passarono per Olate, in direzione della chiesa dei Santi Vitale e Valeria. Crowley sospirò: "Dovevo aspettarmelo, dopo tutto. Ti manca la mamma? Vuoi entrare per parlarci un po'?" Lo stuzzicò, per poi cambiare subito espressione: "Non sto scherzando, va’ pure, io ti aspetto qua." Concluse, serio. L'angelo scosse la testa in senso di diniego, un po' sorpreso dalla proposta del suo amico. Si stava veramente impegnando per fargli fare tutto ciò che desiderava.  
"Questa, caro," iniziò allora, guardando verso l'alto, "è la cappella di Don Abbondio. Si sarebbero dovuti sposare qui, Renzo e Lucia. Poveri cristiani, volevano solo amarsi!" Ammise, con un filo di tristezza. 
"Se così fosse stato mi sarei risparmiato di venire a visitare persino le parrocchie." Borbottò Crowley, tra sè e sè, ma non abbastanza piano perché l'angelo non potesse sentirlo. "Visto che ti annoi tanto, sappi che della prima costruzione rimane soltanto il campanile, perché la navata fu rimaneggiata nel 1765 e allungata nel 1934!"
"Wow, grazie angelo, tu sì che sai cosa il divertimento!" Affermò sarcastico, in rimando, per poi continuare: "Che ne dici se, invece che stare fermi a fissare una facciata, facessimo una sosta in quel bar e continuiamo il giro tra un pochino?" 
Gli prese la mano, prima che potesse controbattere, per trascinarlo nella direzione tanto da lui agognata: "Qui tutte le lavagnette fuori dai locali recitano 《Aperitivo con spritze, io ho un estremo bisogno di alcol." 
 
Dopo la pausa, si diressero a osservare da fuori la dimora di Lucia e, alla fine, il Palazzotto di Don Rodrigo. Quando provarono a bussare all'ingresso, ne uscì un signorotto che, particolarmente infastidito dalla loro presenza, sentenziò che l'edificio fosse chiuso al pubblico. Quasi gli chiuse il portone in faccia con forza, ma Crowley fu più veloce, inserendo la punta della sua scarpa tra i cardini. Gli bastò abbassarsi di un filo gli occhiali, il tanto da mostrargli le pupille affilate, e sentenziare tagliente un Ne è realmente sicuro? per far sì che il guardiano balbettasse qualcosa e li lasciasse passare, scappando via velocemente. Aziraphale roteò gli occhi, non sopportava che il demone utilizzasse i propri trucchetti per ottenere quello che voleva, ma era troppo eccitato per lasciarsi sfuggire l'occasione. Crowley, dal canto suo, desiderava tanto che il suo angelo potesse visitarne almeno uno, di quei luoghi tanto sognati nei secoli, anche se il suo modo di fare trasmetteva tutt'altro. Era certo che l’angelo avesse rinunciato a entrare nella chiesa di Don Abbondio solo per non lasciarlo fuori ad aspettare, e non gli piaceva che dovesse privarsi di alcune esperienze solo per causa sua. 
Doveva essere la vacanza di Aziraphale, e così sarebbe stato, perché vederlo gioire, per qualcosa che per di più aveva fatto lui, era impagabile. Valeva tutto il viaggio. 
 
Solo dopo la cena, avvenuta in un ristorantino tipico nei pressi dello stesso Borgo dei Pescatori, tornarono in stanza, sfiniti dalla giornata.
Crowley raccattò il suo spazzolino dalla valigia di Aziraphale, ancora da disfare, per potersi infilare in bagno per primo, con la consapevolezza che, se avesse lasciato passare davanti a sé l'amico, sarebbe rimasto in attesa almeno un'ora, e che, quindi, sarebbe crollato a letto senza nemmeno darsi una lavata. A tratti, il demone sentiva il desiderio di concedersi una doccia ordinaria, senza miracoli, pur sapendo che il risultato sarebbe stato lo stesso, e questo era uno di quei momenti. 
L'angelo approfittò del tempo-buco per sistemare i suoi oggetti e riempire i mobili di vestiti. Per ultimo, tirò fuori I promessi sposi (una nuova edizione, non poteva rischiare di portarsi in giro qualcosa di antico e facilmente rovinabile), che appoggiò delicatamente comodino, e decise che ne avrebbe letto qualche pagina soltanto quando si sarebbe infilato sotto le coperte. A compiti finiti, si sedette sul bordo del materasso, paziente, in attesa del suo turno. 
 
Dopo nemmeno un decina di minuti, il demone entrò nella sala, con solo addosso un asciugamano legato in vita, i capelli bagnati che gocciolavano sul pavimento. Era girato di spalle, poiché stava osservando se stesso nello specchio proprio di fronte al letto. Il tatuaggio del serpente si era spostato, andando a finire proprio sulla schiena, coprendola quasi per intero (una volta gli aveva accennato che il disegno non amasse il sapone e che, durante le doccia, scappasse sempre nei punti in cui fosse meno probabile che si passasse la spugna, perché, appunto, più inarrivabili). Aziraphale si sentì mozzare il fiato da una vista così bella, tant'è che si obbligò a voltarsi verso un'altra parte, o il demone l'avrebbe beccato a fissarlo imbambolato.
"Angelo!" Cristo, avrebbe imprecato, se solo fosse stato blasfemo, limitandosi invece a un misero Accidenti, rigorosamente nella sua mente. 
Si schiarì la gola: "Dimmi, caro." Sarebbe voluto morire, già completamente nel pallone.
"In situazioni normali dormirei nudo, ma questa, evidentemente, non è una di quelle." Ammiccò, girandosi nella sua direzione, e poté fieramente constatare che l'amico avesse sgranato gli occhi: "Tranquillo, nel tuo rispetto non lo farò, ma, da non amante dei pigiami, vorrei chiederti il permesso di poter rimanere solo in canotta e mutande." Ridacchiò, continuando a guardarlo, ma era realmente intenzionato a non metterlo a disagio, forse
 
L'altro, dal canto suo, cosa poteva dire? No, copriti tutto, non deve rimanere nemmeno un lembo di pelle fuori? Non avrebbe mai potuto fare una figura del genere. 
Annuì, senza proferire parola, e il demone, in risposta, schioccò le dita per miracolarsi i vestiti addosso: canottiera e boxer, rigorosamente neri (non che ci fosse da stupirsi). Il top lasciava intravedere un lembo di pancia, proprio sopra l'intimo, e, di conseguenza, una sottile linea di peluria verticale, come a voler tracciare una linea mediana dell'addome. 
Crowley raggiunse l'amico a letto, per sedersi sul lato lasciato vuoto, ma che, per forza di cose, era pericolosamente vicino al suo. Incatenò gli occhi azzurri di Aziraphale con i suoi occhi dorati, lo guardò intensamente, e poi annunciò, con voce estremamente bassa: "Il bagno è libero."
L'angelo si sentì così annebbiato che si alzò in fretta e furia per correre e infilarcisi dentro. Come avrebbe fatto a resistere tre notti intere? 
 
Come volevasi dimostrare, in bagno ci mise più tempo del dovuto, tant'è che, al suo ritorno, il demone era già crollato in un sonno profondo, a pancia in giù e con un braccio sotto il cuscino, nonostante tutte le luci fossero ancora accese. Lo trovava adorabile.
Cercò di infilarsi sotto le coperte senza far rumore, ma l'amico si svegliò e borbottò qualcosa del tipo: "Ci hai messo una vita.", per poi tornare ai fatti suoi. Dal canto suo, l'angelo prese il suo libro dal comodino e iniziò a leggere, ma un pensiero continuava a ronzargli in testa, tanto che lo portò a dover rileggere più volte le stesse frasi. Infine, annunciò: "Sai, ci penso spesso." 
Silenzio, roteò gli occhi al cielo: "Caro?"
"Mmm.", mugugnò l'altro, le parole che cadevano sul cuscino. 
"Ci penso spesso."
Crowley sospirò, così si decise ad aprire gli occhi e a girarsi nella sua direzione, non con troppa voglia: "A cosa?" Sbadigliò, e si mise seduto con la schiena appoggiata alla testiera. 
"Ad Alvaro e Rafael." 
"Conosciamo un Alvaro e Rafael?" Chiese, pensieroso. 
"Non tu, oh beh, sì, anche tu, solo che non ne hai mai avuto la possibilità di chiedere come si chiamassero." 
"Dove vuoi andare a parare, angelo?" Domandò Crowley, alzando un sopracciglio. 
Aziraphale volse lo sguardo davanti a sé, come a rimembrare: "So che non vuoi parlarne, ma questa giornata non ha fatto altro che farmeli venire in mente. Eravamo a Siviglia, nel gennaio del 1352. Riuscivamo a vederci molto poco, se non durante gli incontri in strada casuali o verso sera." 
Crowley, ora del tutto sveglio, prestava attenzione in silenzio. 
"È uno dei ricordi più vividi che ho. In quel gelido pomeriggio, dopo aver caricato già centinaia di persone morte di pestilenza, e averne salvate forse una decina, mi imbattei in un vicolo stretto e solitario, quasi invisibile, che non avrei notato se non avessi sentito provenire da lì qualcuno che canticchiava qualcosa. Una ninna nanna, pensai." 
Aziraphale posò il libro, che ancora stava tenendo in mano, sul comodino e raccolse le sue gambe al petto: "Erano due ragazzi, uno dei quali seduto, che abbracciava stretto l'altro, disteso, mentre lo dondolava. Corsi immediatamente verso di loro per prestare soccorso, ma quando arrivai, mi resi conto il secondo fosse inerme. Sentii una stretta al cuore.
Chiesi al primo come si chiamasse. 
Alvaro.Rispose. E lui?Accennai all'altro. 
Rafael.
Come me.Mentii, e non ne capii nemmeno il perchè. 
《Davvero?》Domandò, sorpreso.
Sì, ma no. Sono inglese, l'accento è diverso. Sono Raphael. Mentii di nuovo, ma gli tesi una mano:Vieni, Alvaro, posso ancora portarti al sicuro.
No! Assolutamente no!Rimasi interdetto da quella affermazione, guardai le sue lacrime sgorgare come un fiume in piena.
È tutta la vita che ci nascondiamo! Siamo sodomiti, rinnegati dalle nostre famiglie a Cadice dal momento in cui siamo stati scoperti, e poi scappati da lì per evitare che ci avrebbero uccisi! Siamo arrivati qui a Siviglia senza un soldo in tasca, abbiamo vissuto come reietti, e rubato per poter sopravvivere un misero giorno in più. Abbiamo dormito per strada, e ci siamo beccati gli sputi addosso di chiunque ne avesse l'occasione. Che vita è questa? Domandò, disperato. 
Non mi ha mai abbandonato,aggiunse sottovoce, girandosi verso l'altro, per stampargli un bacio sulle labbra, ormai annerite dalla malattia,e io non lo abbandonerò certo adesso. Lasciami qui, era destino che la Morte ci accogliesse con lei. Almeno potremmo vivere insieme, magari Dio ci perdonerà per i nostri peccati e ci accoglierà nel regno dei Cieli. 
Mi ritrovai immobilizzato da ciò che le mie orecchie avevano appena sentito, ma riuscii a pronunciare ancora una cosa, una bugia, più precisamente, la terza:Non avete niente di cui farvi perdonare.
Li lasciai soli e presi la strada opposta per uscire dalla viuzza, ma, non appena svoltai l'angolo, mi scontrai con un monatto. Dovevo avere una faccia tremenda, perché mi chiese:Tutto bene? Devo raccattare qualche sacco di pulci?
Stava per dirigersi nella stessa direzione da cui stavo tornando, che lo afferrai saldamente per il braccio. Per un attimo ho avuto l'impressione che gli avrei tirato un pugno, ma invece dissi, glaciale:Ho già controllato, cerca da un'altra parte.
Mi guardò di sottecchi, ma se ne andò." Aziraphale sentì la mano di Crowley posarsi sulla sua spalla.
"La cosa peggiore è stata quando, la stessa sera, tu mi dissi di aver trovato in una stradina due ragazzi da soli, abbracciati, già semi ricoperti di neve. Il discorso cadde lì, non credo neanche che ti avessi risposto, ma ero sicuro parlassi di loro." Concluse l'angelo, definitivamente, perso nei ricordi. 
 
Ci furono alcuni istanti di silenzio. "Az, io... non lo sapevo." Ammise Crowley, piano. Aveva ascoltato tutto, in silenzio, e non sapeva bene come rispondere. Si sentì seriamente scosso dal fiume in piena di emozioni dell'angelo, non lo aveva mai sentito, anzi, percepito, così. 
Si spostò, mettendosi di fronte a lui, in ginocchio, nonostante continuasse a non guardarlo. Gli sciolse la presa da attorno alle ginocchia, e gli posò un dito sotto il mento, in modo tale che, alzandoglielo, i loro sguardi si sarebbero incontrati: "Sei stato coraggioso, non ti devi incolpare di niente." 
"L'ho lasciato morire, se avessi insistito o se avessi detto la verità si sarebbe salvato. Avrei potuto salvarne uno in più." Gli cadde una lacrima sulla guancia, che Crowley asciugò immediatamente con il pollice. 
"A quale pro? Hai realizzato il suo volere, senza Rafael non avrebbe comunque desiderato vivere. Non c'è niente che potrei comprendere di più, io, se dovessi rimanere senza di te, mi farei un bello shot di acqua santa." 
L’angelo lo spintonò leggermente: "Non dirlo neanche per scherzo, sciocco!" 
"Non sto scherzando, senza di te non riuscirei ad andare avanti." Ammise, serio. 
L'altro lo guardò, lucido, in silenzio. 
"Capisco che ritieni sia stato condannato a causa della sua omosessualità e del suicidio. Con un passato simile, potrebbe sembrare impossibile che sia stato salvato, idem il suo ragazzo (*). Tuttavia, devi credere nel piano ineffabile di Dio. Anche se può sembrare incomprensibile, ti assicuro che avrà fatto la scelta giusta. Se ora non hai fiducia in questo, almeno confida in me: non ti mentirei mai su queste cose." Concluse Crowley, calcando la voce su mentirei, facendogli capire di aver centrato in pieno il succo del discorso. 
Gli baciò la fronte, un bacio leggero, come se l'avesse solo sfiorato. "Ora, però, devi andare a dormire. Che domani è festa e ci aspetta una giornata piena di cose da fare, e anzi...", si girò verso l'orologio, per controllare l'ora, "È già domani! Troppo tardi per i tuoi standard, a letto!" 
Il demone diede il buon esempio, e si infilò sotto le coperte, ma, proprio quando stava per spegnere l'abat jour, aggiunse: "Ah, e buona Pasqua, angelo."
 
Aziraphale rimase sveglio ancora un po', per sistemare i pensieri e calmare la marea di emozioni che stava provando. Mormorò un grazie, che l’altro non sentì, perché già rintanato nel mondo dei suoi sogni. 
 
*** 
 
Come era intuibile, il mattino seguente, il primo a svegliarsi, fu Aziraphale, ma non tanto perché ne avesse voglia, quanto più perché c'era un qualcosa che continuava a ronzargli vicino all'orecchio, troppo vicino, pericolosamente vicino.
Sbatté le palpebre, come a levare le ultime tracce di sonno, e ci impiegò qualche istante per comprendere in che situazione si stesse trovando, o per meglio dire, si stessero trovando.
Sbarrò gli occhi. Maledizione, maledizione, maledizione, si ripeté nella mente. Il ronzio che continuava a sentire era il sibilo del sospiro di Crowley, probabilmente nella notte la lingua gli era tornata biforcuta. 
Ma perché la sentiva così vicino? Perché si era completamente avvinghiato a lui! Un braccio a cingergli il busto, una gamba sopra le sue, praticamente un serpente. Aziraphale era rimasto completamente immobile, era stato l'altro ad aver invaso il suo lato del letto, e sicuramente non aiutava il fatto che fosse mezzo nudo! Quell'uomo dormiva come se fosse passato un terremoto, tant'è che (non sapeva nè perchè, nè per come, nè tanto meno avrebbe voluto chiederlo), era rimasto senza canotta. A dividerli, quindi, c'erano soltanto il suo pigiamino azzurro pastello, e un paio di mutande nere. Il suo viso si incendiò, bel modo di cominciare il mattino. Almeno poté constatare che il tatuaggio era tornato al suo posto, altrimenti non avrebbe retto di nuovo a quella vista tanto sublime. Certo che la sua mente non faceva niente per evitare l'imbarazzo. 
Cercò di scacciare il pensiero e provò a spostare il compagno per potersi alzare e prepare per la colazione, dato che, guardando l'orologio sul comodino di Crowley, comprese che fosse iniziata già da qualche minuto. 
 
Si domandava come una corporatura così magra potesse essere tanto forte, persino da addormentata. Riuscì a districarsi con non poca fatica perché Crowley sembrava un sasso, continuava a dormire imperterrito, tant'è che si girò dall'altra parte e continuò per la sua strada. Aziraphale sorrise, gli ricordava un bambino piccolo, innocente, ma, come un impeto, gli tornarono alla mente tutti i fatti della sera precedente. 
Si alzò in fretta dal letto per infilarsi in bagno e cercare di tenere occupata la mente, ma, prima di entrare, riscosse il demone dal suo coma: "Caro, vedi di alzarti che dobbiamo andare a fare colazione. Quando esco dal bagno ti voglio in piedi."
Il rosso grugnì un qualcosa di assolutamente incomprensibile, ma si convinse a sedersi sul bordo del materasso, per provare a darsi una svegliata. Aveva delle cose da fare, una nell'immediato, un'altra dopo il buffet. Si alzò barcollante, con la testa ancora piena di tutto e niente, in cerca della valigia dell'amico. Ci impiegò qualche minuto, l'angelo era così ossessionato dall'ordine, che pure in queste circostanze tutto doveva essere perfetto. Infilò la mano in una delle tasche interne, e ne tirò fuori qualcosa di invisibile, ma materiale: "Oh piccina, lo so che mi odi per come ti ho trattato, ma non avevo alternative, capisci? Volevo fargli una sorpresa." Disse piano, per non farsi sentire. Richiuse il bagaglio e lo ripose dove fosse stato prima che si mettesse alla ricerca. Si alzò e andò verso i suoi vestiti, miracolosamente ripiegati sulla sedia della scrivania, e infilò il misterioso oggetto nella tasca della giacca, giusto in tempo che l'angelo uscisse dal bagno, pronto. 
Crowley, di conseguenza, schioccò le dita e si ritrovò sistemato da capo a piedi. 
"Oh, bene, ti sei alzato, non ci avrei scommesso una sterlina." Gli sorrise l'altro, e, porgendogli il braccio, aggiunse: "Allora andiamo?" 
 
Aziraphale era rimasto entusiasta della colazione con la vista panoramica: c'era ogni ben di Dio, ma si direzionò più sul dolce, a differenza dell'amico, che preferì il salato. Stavano per tornare in camera, quando Crowley lo fermò: "Tu vai pure, passo un attimo dalla reception che mi ha contattato. Ti aspetto qua fuori." Annunciò, indicando il vialetto. 
"Hanno sistemato la camera? Dobbiamo cambiarla?" Chiese in rimando l'angelo, con un po' troppa fretta.
Crowley non seppe cosa dire: "Erm, forse... nel caso, cosa dovrei dirgli?" Rispose, sistemandosi nervosamente il ciuffo di capelli. 
L'angelo si schiarì la voce: "Beh... io non starei a fare ulteriori spostamenti, perderemmo del tempo che potremmo impiegare in altro modo... Cioè, solo se per te va bene, altrimenti..." 
Il demone emise un quasi impercettibile sospiro di sollievo, che, però, Aziraphale notò. Gli si scaldò il cuore.
"Perfetto," si ricompose, "allora a tra poco. Qui fuori, eh." Concluse, andando nella direzione opposta. Aziraphale ne era certo, quell'uomo l'avrebbe fatto ammattire. 
 
Crowley si diresse verso la reception, vuota, e, di conseguenza, suonò il campanello posto sul davanzale (aveva sempre voluto farlo). Sentì dei passi spediti giungere da sinistra, direzione verso la quale la sua testa si girò automaticamente. Ne giunse un ragazzino, tutto trafelato, forse nemmeno maggiorenne. "Mi scusi per l'attesa, signore. Ho avuto... un'urgenza." Ammise abbassando gli occhi, mentre si sistemava i pantaloni. Il demone sghignazzò, evidentemente aveva fatto tappa alla toilette. 
"Come posso aiutarla?" Domandò, impacciato. Crowley lesse il nome dal cartellino sul gilet, e si rivolse a lui gentilmente, aveva capito che questo poveraccio era lì per accumulare crediti formativi scolastici, troppo piccolo perché potesse effettivamente lavorare: "Sì Diego, grazie." Il giovane si illuminò, quindi proseguì: "Avevo chiesto gentilmente a una tua collega di ritirarmi un ordine, ma dato che lei non è di turno, immagino l'abbia detto a te."
"Oh, sì sì, è arrivato giusto mezz'ora fa, vado a prenderlo e torno subito!" E così fu, lo vide arrivare con una grande cesta di vimini tra le braccia. "Signor Anthony J. Crowley, stanza 408, giusto?" 
"Proprio io."
"Le dispiace se... erm... mi mostra i documenti?" 
Mio Dio, pensò, mentre prendeva il passaporto dalla tasca, pensa davvero che qualcuno possa rubare le ceste altrui?
"La ringrazio molto, ecco a lei. Buona Pasqua a lei e a suo marito!"
Crowley quasi strozzò con la saliva: "Oh io e lui, non... non siamo..."
Il ragazzo divenne bordeaux: "Oh… mi scusi, sono desolato, ho visto dalla prenotazione che… devo imparare ancora molto..." Evidentemente anche a tenere la bocca chiusa.
"Lascia perdere, buona Pasqua anche a te."
Si avviò verso l'uscita, e sentì ancora mormorare da Diego qualcosa del tipo Che coglione che coglione che coglione. Non che potesse dargli torto. 
 
Il demone si ritrovò sul vialetto d'ingresso, mise la mano non occupata nella tasca della giacca, per tirarne fuori l'oggetto recuperato poco tempo prima. Lo posizionò a terra, si allontanò un poco, e schioccò le dita: la Bentley era lì, in tutto il suo splendore. "Oh tesoro, quanto sei bella. Scusa per il viaggio scomodo, ma era necessario." Strombazzò in risposta. "Vedila così, Aziraphale sarà felice di vederti, e so che lui ti piace." 
 
Crowley attese l'arrivo del suo amico, appoggiato alla Bentley, con il cestino tra le braccia, e in perfetta angoscia. Si sentiva un idiota, l'esempio perfetto di ragazzino che vuole fare colpo sulla figa della 3^B. 
Quando finalmente uscì anche Aziraphale, vide sul suo volto stampata la sorpresa. "Caro, ma è…", affermò lui, indicando la macchina.
"Sì, è la Bentley, buona Pasqua." Rispose in rimando, mettendogli il cestino tra le braccia, fingendo disinteresse. Lo aveva colpito.
"Come hai fatto? E... e questo?" Chiese, farfugliando. 
"L'ho messa nella tua valigia insieme allo spazzolino, dimensione modellino ma invisibile agli occhi, così non l'avresti scoperta. Quello invece,” continuò, accennando al cesto tra le due braccia “è per il picnic di oggi." L'altro rimase impalato. 
"Beh, che fai? Sali?" Chiese sarcastico il rosso, aprendogli la portiera. 
"S-sì, certo... grazie." 
Il demone fece il giro fino al lato guidatore, con un sorriso, che, anche volendo, non sarebbe proprio riuscito a nascondere. 
 
"Cazzo, ma in Italia dovevano per forza avere la guida a sinistra?" Domandò il demone, frustrato.
"A dir la verità, è l'Inghilterra a essere una delle poche che ha quella a destra. Siamo noi quelli divers- VAI PIANO!" Urlò Aziraphale, aggrappandosi in fretta alla maniglia della portiera. 
"Poi cosa ne so di cosa sia un limite dei 50 chilometri orari, NOI ABBIAMO LE MIGLIA!" 
"Sicuramente non è a quanto stai andando TU! RALLENTA!" La Bentley si sentì presa in causa, che decelerò, contro la volontà del suo stesso autista, che emise un verso annoiato.  
 
Dopo nemmeno una decina di minuti, giunsero a destinazione. Erano arrivati su una distesa d'erba pianeggiante, piena di alberi che iniziavano ad avere i primi boccioli, proprio sulla riva del fiume. Il paesaggio era mozzafiato, l'angelo si sentì sopraffatto dall'emozione, che corse in direzione dell'amico e disse: "Hai visto che bello?", indicando tutto attorno. 
"Certo che sì, idiota, altrimenti non ti ci avrei portato." Rispose, tirando fuori dal bagagliaio la coperta per sistemarla sull'erba. "Ehy! Ti perdono." Roteò gli occhi, ma prese comunque due lembi della stessa per aiutarlo a distenderla, per poi fissare i quattro angoli al suolo con alcune pietre trovate nei paraggi. 
 
Il rosso si sdraiò immediatamente, emettendo un Ahhh di puro sollievo, già con la voglia di schiacciare un pisolino. L'altro, appena lo notò, lo rimproverò: "Guai a te se ti addormenti, devo ancora aprire il cestino, e voglio che tu sia vigile!" Corse in auto a recuperarlo, e si sedette di fianco al demone, che nel frattempo aveva assunto la sua stessa posizione. 
"Guarda che io lo so cosa c'è dentro, quindi potrei tranquillamente stendermi mentre ti dedichi al tuo unboxing." 
"No, grazie." Gli sorrise l'angelo, per dispetto.
"Tirerò fuori le varie cose infilando solo la mano, così evito di rovinarmi la sorpresa!" Era emozionatissimo, Crowley avrebbe voluto pacioccargli le guance.
"Okay, io inizio eh..." Affermò, tirando fuori, per prima, una bottiglia di vetro. "Barbera! Un'ottima annata, per di più, bravo caro." Il demone alzò un sopracciglio come per dire Con chi credi di aver a che fare?
Continuò a far commenti scherzosi per ognuna delle pietanze che ne uscì: succo all'arancia, una frittata, del pane di Altamura, roast beef, pomodorini ciliegini, un salame, delle fragole, una torta al cacao, e, per ultimo, un coniglietto al cioccolato. A causa di questi, un'occhiata  golosa lo catturo, fin quando individuò che, sotto la sua base, era attaccato un bigliettino ripiegato. Aziraphale cambiò subito espressione: "Oh Crowley, non dovevi..." Esclamò sommessamente, staccandolo per poterlo aprire. Il demone si sdraiò di nuovo, probabilmente troppo imbarazzato per sorreggere quella situazione. 
Da una grafia tutta storta e disordinata, l'angelo lesse:
 
Al migliore amico che ho,
grazie per avermi accompagnato anche in questa avventura.
Tuo,
- C. 
 
L'angelo lo rilesse più volte, commosso. Era una frase semplice, semplicissima, ma di cui comprese la fatica che potesse averci messo il demone per poterla scrivere. Lui non era così con nessuno, solo con lui, con il suo angelo.
Si schiarì la gola e disse piano: "Il sentimento è reciproco." L'altro non rispose, ma, per fargli capire che avesse sentito, si risedette di fianco a lui, con le braccia dietro la schiena.
 
Aziraphale non riuscì a trattenersi, dovette chiederglielo: "Crowley, perché siamo qui?" 
Il demone non aveva bisogno di ulteriori precisazioni per comprendere che non si stesse riferendo al luogo, quanto più al perché fossero insieme, lì, solo loro due, lontani dal resto. Ci ragionò su, perché aveva deciso di fare questa vacanza? Potevano essere considerate cose da coppia, fare i bagagli, in fretta e furia, andare fuori porta qualche giorno, per non parlare del dormire nello stesso letto!... E, tecnicamente, loro non erano nulla di tutto questo.
Emise un sospiro: "Senti, non lo so, non sono né bravo a parlare, né a fare molto altro, ma proverò comunque a riordinare i pensieri." 
 
Aziraphale avrebbe voluto dirgli l'esatto opposto di ciò che aveva appena affermato, ma sapeva che se lo avesse mandato fuori strada, non avrebbe mai sentito la conclusione del suo discorso. 
"In questi ultimi anni siamo stati molto presi dall'Apocalisse. Tanto vicini, ma non da prenderci veramente del tempo per noi. 
Poi c'è stato il lockdown - lo sai quanto odio le epidemie - e muoversi era difficile, o quasi impossibile. Ora che siamo in pace, volevo potermi godere un po' di tempo solo con te, come due-", si girò per guardarlo, con le parole che gli morirono in gola: "amici, e ho pensato che fosse il momento giusto per prenderci una pausa, staccare da tutto e tutti, e passare insieme del tempo realmente di qualità." 
 
Si fermò, e tornò a guardare il fiume. Aziraphale rimase in silenzio, avvertendo la tensione e con cui l'altro aveva pronunciato quelle parole. Preferì non replicare, temendo di compromettere tutto, e inoltre, era sicuro che non avesse ancora concluso, e non avrebbe voluto per nulla al mondo perdersi nulla. 
 
Crowley si sentiva confuso e appesantito, incerto se quanto avesse detto fosse stato compreso dal suo interlocutore, dato che, in tutta franchezza,  non lo era nemmeno per lui. 
Guardava l'acqua. L'acqua gli dava pace, in qualsiasi delle sue forme. Amava la pioggia e amava ascoltarla, seduto sotto una tettoia o mettendosi direttamente sotto di essa, bagnandosi da capo a piedi. 
Ma quell'azzurro, quell'azzurro del cielo riflesso nella distesa davanti a sé, gli faceva pensare solo a un paio di occhi in particolare, e quella fu la forza che gli diede la spinta per proseguire: "E poi c'è un'altra cosa..." 
 
Aziraphale tornò a guardarlo, sempre in silenzio. 
"Quando nel ‘67 mi consegnasti la borraccia piena di acqua santa, mi dissi di star correndo troppo, e che, piuttosto, un giorno, saremmo potuti andare a fare un picnic. Per cui, eccoci, nella speranza che cinquantacinque anni non siano ancora troppo pochi." Ammise, tutto d'un fiato. Fissò un punto indefinito davanti a sé, con una smorfia in volto dovuta alla luce che lo infastidiva. 
 
Non parlavano mai, non in quel modo, e Aziraphale lo sapeva bene. Indimenticabile quel giorno in cui Bildad lo consolò, o quando il suo demone si fidò tanto da aiutarlo nella performance al West End Stage.
Sono stati pensieri sfuggevoli, sospesi in quegli istanti e mai ripresi, carichi e pieni di un tenore così forte da farli sovrastare. 
 
L'angelo spostò leggermente la mano sulla coperta, a far sfiorare le punte dei loro mignoli. Sapeva che poteva essere un buon momento per aprirsi anche lui, solo che, non si sentiva in grado. Lui, così intelligente, così buono, così devoto alla vita, alla pace e all'amore, non riusciva nemmeno a formularlo, quel tipo di pensiero. Per non parlare delle conseguenze se qualcosa fosse andato storto! Non si sentì pronto per nulla di tutto questo. 
 
Al tocco, Crowley si girò per guardare le loro dita. Avrebbe preferito essere morto, in quel momento, piuttosto che stare ad attendere una risposta che non sarebbe arrivata (o trasformarsi in un serpente per seppellire nella sua stessa vergogna). Si era aperto troppo?
"Crowley, io..." Il demone alzò lo sguardo, con il solo effetto di ritrovare incastonati i suoi occhi in quelli del biondo. Lo avvertiva, era imbarazzato, e non poté fare altro che sentire il suo cuore sgretolarsi. Era successo, aveva detto più del dovuto. 
 
Si rigirò a guardare il fiume e spostò la mano da quella di Aziraphale, con la volontà di alzarsi per scappare dalla situazione ormai creatasi. L'altro percepì le sue intenzioni, e, allarmato, aggiunse: "No, Crowley, fermati. Io... ti ringrazio, per avermi aspettato, ancora una volta." Gli afferrò la mano, la sentì tremolante e fredda. Per quanto potesse dire di odiare il sole, sapeva che in realtà ne aveva molto bisogno, perché, come ogni rettile, anche lui aveva il sangue di ghiaccio. Non aveva intenzione di lasciarlo andare. 
"Nessuno progetterebbe un viaggio per me, né tanto meno lo organizzerebbe ignorando le proprie preferenze. Insomma, non sopporti Manzoni e, nonostante tutto, non abbiamo parlato d'altro! Per cui no, caro, cinquantacinque anni non sono pochi. E anzi, già troppi, se vorrai passare del tempo con me, solo noi due, non chiedermelo nemmeno, io ci sarò. Sempre." Accennò un sorriso, e mollò la presa dalla mano del suo amico. 
 
In tutta risposta, lui rimase fermo a elaborare ciò che avesse appena sentito. Avrebbe voluto baciarlo. 
Pensò a una delle sue serie preferite, e a come il Decimo Dottore fosse stato in grado di lasciare andare Rose senza averlo mai fatto davvero. Crowley non credeva nemmeno lontanamente di riuscire a sopravvivere senza Aziraphale, anche se questo avrebbe portato a peggiori conseguenze. Era troppo egoista per lasciarlo ad altri.
Mosse la mano in direzione di quella del suo amico, facendo di nuovo toccare i loro mignoli. 
 
Così rimasero, in silenzio, qualche istante (o minuti, forse), fin quando l'angelo aggiunse: "Ah, Crowley, buona Pasqua anche a te." Gli sorrise debolmente. Il demone ci scherzò su: "Finalmente, mi hai lasciato appeso ben due volte!"
Il biondo si sciolse in una risata, carica di uno stress che finalmente riuscì ad abbandonare: "In duemila anni non te n'è mai fregato niente!"
"Così è, come pure del Natale o di qualsiasi altra puttanata religiosa." Rispose il demone, alzandosi in piedi. 
"Visto che evidentemente non mi hai fatto alcun regalo, mi devi qualcosa..." Continuò lui, tendendogli una mano. 
Aziraphale lo guardò interdetto, ma l’afferrò e, aiutandolo a tirarsi in piedi, si ritrovarono faccia a faccia. L'angelo quasi boccheggiò a causa dell'estrema vicinanza, ma il demone non gliene diede il tempo, perché lo trascinò di corsa verso il fiume, e lo spinse dentro.
Aziraphale tornò in superficie sotto shock: "È GELATA, COSA TI PRENDE." 
Crowley, si tolse i vestiti, in fretta: "Che sarà mai, appena esci ti asciughi!" Rispose in rimando, per buttarsi anche lui. 
 
Risero sotto il sole che accarezzava l'acqua, scherzarono tra risate e sguardi complici per il resto della giornata, e questa gioia si diffuse come un filo conduttore lungo tutta la vacanza. Una nuova consapevolezza si radicò nei loro cuori, intensificandosi ogni istante: potevano fidarsi l'uno dell'altro per sempre, in ogni situazione. Perché, davvero, come avrebbe potuto mai dissolversi un amore così?
 
 




(*): preciso che entrambi siano stati definiti peccati in riferimento al periodo storico narrato nella scena, e non perchè io li reputi tali (idem Crowley e Aziraphale si riferiscono a quei tempi precisi, loro ne sono evidentemente moooolto contrari). Il suicido fu rimosso dal Codice di diritto canonico soltanto nel 1983. Per la sodomia il discorso è più complicato, ma l'attuale linea di pensiero del Vaticano sembrerebbe essere che a dover essere definito peccatore sia chi criminalizza l'omosessualità.




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Note dall'autrice: ciao a tutt*! Questo è sicuramente il progetto per il quale abbia impiegato più tempo e forze. Oltre a essere decisamente la più lunga tra tutte le one shot che abbia scritto, mi sono ritrovata a scriverlo in un momento della vita in cui mi sono ritrovata sommersa da impegni, ritrovandomi a comporla a pezzi (non esattamente di getto, insomma). In ogni caso, un grazie speciale a chi è arrivato fin qua, tengo a questa storia veramente tanto, e spero possa essere apprezzata anche soltanto da uno di voi. Vi mando un bacio, alla prossima!

 
   
 
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