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Autore: Yssis    06/02/2024    0 recensioni
-Quello che voglio dire è… Siamo cresciuti in questi anni, e sono successe molte cose, ma tu sei sempre rimasto. Per me. In me. I-Intendo che sei importante. Ecco. Ho sempre pensato che fossimo semplicemente piccoli, e beh sono cose che capitano no?, ma ora tu sei qui e rivederti è stato davvero stupendo e io. Lo penso ancora. Dovevo dirtelo. Sì.-
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Nella vita di Kidou Yuuto ci sono sempre state molte incertezze, ma un fatto è sempre rimasto incrollabile: la sua crush per Gouenji Shuuya. Durante gli anni delle scuole superiori, Kidou "ci mette una pietra sopra", Gouenji non è più così irrimediabilmente eterosessuale, Haruna e Fudou si divertono a loro spese e, fra una cosa e l'altra, Yuuka ottiene un cucciolo.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Axel/Shuuya, Caleb/Akio, Jude/Yuuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I percorsi universitari stavano giungendo a conclusione, ma, nonostante le soddisfazioni accademiche e i meritati festeggiamenti, fra Kidou e Gouenji le cose non funzionavano granché bene da tempo. Le litigate erano all’ordine del giorno, quando rimanevano da soli c’era tensione nell’aria e i silenzi, che avevano sempre condiviso con leggerezza e serenità, diventavano tediosi. La consapevolezza dell’insofferenza reciproca li rendeva tristi, irritati e indisponenti: cercavano di passare più tempo in compagnia dei loro vecchi compagni della Inazuma, ma sentivano che quel tiro alla fune stava diventando sempre più complicato da sostenere.

Arrivò infine la chiamata per le competizioni professionistiche: Endou e Gouenji erano fra i più emozionati, brillava nei loro occhi una passione bruciante, che dilagò e contagiò i loro amici. Parlavano di calcio continuamente, come avessero avuto di nuovo dodici anni, ripresero ad allenarsi insieme al campetto al fiume e, grazie all’intervento di Natsumi, riuscirono ad accedere nuovamente all’Inabikari per delle sessioni straordinarie e intensive. Molti loro compagni, Someoka, Fubuki e altri, persino Toramaru, furono dei loro, ringalluzziti da quel clima entusiasta, carico di passione che li aveva legati, tanti anni prima. Kidou non poteva essere da meno: nonostante avesse, più o meno figurativamente, appeso gli scarpini sportivi al chiodo, non se la sentì di disertare. Il sorriso di Endou era troppo caldo e… Inutile negarlo, era evidente che fra lui e Gouenji le cose andassero meglio, ora che di nuovo si allenavano insieme, come compagni di squadra. Il calcio era… Tutto, per Gouenji. C’era qualcosa, nei suoi occhi, che solo il calcio sapeva accendere e Kidou non riusciva neanche a concepire l’idea di deluderlo… E chiarire il fatto che no, non avrebbe mai passato le qualificazioni per le competizioni professionistiche e, anche qualora l’avesse fatto, non avrebbe accettato nessun contratto, sarebbe senz’altro stata una grande delusione per Shuuya.

Effettivamente nell’immediato le cose fra loro parvero migliorare in maniera significativa: passavano tantissimo tempo insieme, si allenavano duramente – insieme a tutti gli altri, certo, ma erano di nuovo uno al fianco dell’altro, a calcare il campo da gioco, e passandosi la palla l’intesa fra loro era così forte da far sembrare che niente l’avrebbe mai scalfita. Il fuoco di Gouenji divampava, nutrito dal ritmo di gioco aereo e vibrante che stabiliva Kidou. Per i ragazzi che anni addietro avevano formato la rosa della Inazuma Japan, quello era un ritorno alle glorie di un tempo e i loro corpi adulti vibravano con forza, all’unisono. Erano consapevoli che si sarebbero divisi, ma affrontarono il periodo di allenamento intensivo in vista delle qualifiche per il competitivo come un collettivo, compatto nel gioco e nei cuori.

Kidou si sentiva un criminale, ad assecondare l’entusiasmo generale solo per evitare lo scontro: stare con i suoi amici lo faceva sentire al sicuro, ma vedendo i loro sorrisi percepiva con crudele lucidità come fossero distanti, adesso. Quando giocava c’era qualcosa… Qualcosa che lo rendeva profondamente triste. E agitato. Si sentiva in colpa e avrebbe voluto scappare lontano, lontano da quel campetto al fiume, lontano dalle macchine di allenamento, lontano dai sorrisi e dalle esclamazioni appassionate, lontano dagli schemi di gioco che doveva elaborare, lontano da tutto ciò che gli ricordava…

Non riuscì a parlarne con nessuno, ai suoi occhi erano tutti avvolti da una nube di brillante euforia e lui, per quanto si sforzasse, non riusciva a cadere vittima di quel bel sogno. Finiti gli allenamenti si defilava e, quanto capitava di incontrare i suoi ex compagni della Teikoku, che erano curiosi di sapere come stesse andando la preparazione per le qualifiche, non era necessario spiegare granché… Loro vedevano che non aveva più indossato gli occhialini e non doveva aggiungere nulla, era tutto chiaro. -Shuuya è più contento, tutti sono felici di queste qualifiche, è bello tornare a giocare insieme- ma, chissà perché, quando pronunciava quelle parole, sentiva tanti aculei perforargli la gola e togliergli il fiato. Decise di non pensarci troppo, in fondo non c’erano possibilità di farsi notare da recruiter o sponsor di qualche tipo, non si allenava seriamente da anni, di certo quelle sessioni di allenamento intensivo non avrebbero potuto colmare una simile mancanza di costanza da parte sua. Ugualmente, con timidezza, per qualche mese smise anche di fumare.

*

Nonostante fosse consapevole che il loro rapporto in quel periodo non fosse proprio rose e fiori, Gouenji era profondamente innamorato di Kidou e lo conosceva molto bene. Perciò fu semplice per lui notare come, arrivando i risultati delle qualifiche, Kidou non partecipasse alla condivisione delle proposte di sponsor locali e recruiter stranieri che stava invece occupando tutto il tempo libero dei loro amici. Gouenji in primis aveva ricevuto diverse offerte e le stava valutando, chiedendo consigli e opinioni a tutti gli altri: c’era gran fermento nell’aria, sia sui loro social sia dal vivo, quando si incontravano per parlare sentivano l’aria frizzare. Gouenji era pressoché certo che Endou non dormisse da giorni, da quanto era su di giri, e raramente aveva visto Someoka così infiammato. Incontrarsi e parlarne fra loro non faceva che fomentare l’entusiasmo generale… Era come essere tornati ai tempi della Inazuma Japan, ma era tutto più grande, più reale.

Gouenji aveva dedicato i suoi anni delle scuole superiori e dell’università unicamente a questo momento. Da quando era ritornato dalla Germania, da quando aveva deciso, in cuor suo e di fronte a suo padre, che avrebbe scommesso la sua intera vita sul calcio, ogni passo del suo percorso era stato votato a questo momento. Si era allenato ogni giorno, era stato parte di squadre amatoriali e universitarie, aveva giocato in competizioni di rango minore e tutti quei tasselli adesso si sublimavano in un contratto, un contratto vero, da giocatore professionista. Si sentiva invincibile e arrivato, i suoi sforzi erano stati coronati e ora lì, davanti a lui, brillava quel sogno, tangibile, sotto forma dei numeri di telefono esteri che avevano voluto comprare il suo gioco. Suo padre gli aveva sempre detto che sarebbe stato impossibile e invece lui ce l’aveva fatta. Non aveva ancora giocato una singola partita, eppure sapeva già di avere vinto.

La sua gioia e il suo entusiasmo non derivavano soltanto dal suo contratto. Gli erano venute le lacrime agli occhi quando Someoka, una sera decisamente tardi, gli aveva telefonato e gli aveva detto di aver deciso di firmare un contratto, di partire per giocare all’estero. Aveva tenuto Endou stretto così forte da sentire male alle braccia quando, alla Inazuma Tower, il suo migliore amico, in un turbinio di parole e con un sorriso straordinario, aveva condiviso con lui che uno dei recruiter più importanti del Giappone lo voleva nel suo team. Si sarebbero separati presto, ma avevano vinto come una squadra, insieme. E l’assenza di Kidou al loro fianco si faceva sentire come un colpo di cannone. Il suo fidanzato rimaneva silenzioso, si defilava dalle conversazioni e dai loro incontri, ostentando impegni con il padre e millantando la necessità di studiare. Gouenji sentiva che c’era qualcosa sotto, ma Kidou era sfuggente anche con lui, lo incontrava di rado e non parlava di sé. Sembrava quasi lo volesse evitare, dopo tutti quei mesi passati ad allenarsi insieme. Lo faceva impazzire non comprendere affatto che cosa stesse passando per la sua testa: per tutti questi mesi, mentre si allenavano insieme, Kidou era stato dei loro, per ogni singolo allenamento. Si era dato da fare con tenacia e forza combattiva, era stato attento e concentrato, fisso sull’obbiettivo… E ora, che bisognava raccogliere i frutti del loro lavoro, che cosa stava facendo? Era confuso e avrebbe voluto più di ogni altra cosa che Yuuto gli parlasse. O che gli stesse accanto, ma per davvero, nel loro modo, quello cristallino e autentico che, fin dal primo giorno della loro conoscenza, aveva permesso loro di capirsi meglio e di più di chiunque altro. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che un silenzio condiviso con Kidou fosse stato rigenerante e piacevole come ai vecchi tempi, come all’inizio della loro relazione. Era una considerazione troppo spaventosa però e Shuuya non voleva fermarsi a riconoscere che cosa volesse dire.

Ma Gouenji non poteva credere che il suo Yuuto non sarebbe stato con loro, alla fine. In cuor suo, aveva fede incrollabile nel fatto che sarebbe partito con lui: era il loro sogno, in fondo. Si era allenato insieme a tutti gli altri, aveva partecipato a quelle selezioni con il loro stesso fuoco… E, qualsiasi pensiero stesse adombrando la sua mente ora, era fiducioso di poter aiutare. Doveva solo riuscire a parlare con lui. Cercò di mettersi in contatto e, dopo svariati tentativi andati a vuoto, si presentò in casa sua, intenzionato a chiarire una volta per tutte. Era arrabbiato di essere stato ignorato fino a quel momento e infastidito dalla reticenza che Yuuto aveva nel passare tempo non solo con la squadra, ma specialmente con lui.

-Ho deciso quale contratto accetterò. Richiamo il mio sponsor stasera.-, disse Gouenji all’improvviso, approfittando di un momento di silenzio. I silenzi fra loro erano sempre stati sacri, non vincolanti, anzi distensivi e appaganti; da qualche tempo erano diventati seccanti, perché Kidou ci si rifugiava, contando sul fatto che Gouenji non avrebbe insistito nel parlare. Gli sembrava quasi che Yuuto abusasse della loro complicità e, ad ogni silenzio in cui si perdeva una conversazione, si sentiva un po’ più tradito.

Kidou aveva gli avambracci appoggiati al davanzale e stava guardando davanti a sé, un raggio di sole tiepido sulla pelle pallida. A quelle parole si tirò su di colpo e incrociò le braccia al petto, la schiena rigida e il volto teso. Conosceva quel tono fin troppo bene e sapeva che non sarebbe stata una conversazione da cui sarebbe sfuggito facilmente. -Mi fa piacere.-, rispose dopo un istante di silenzio, con voce impostata e chiara.

Gouenji riusciva a sentire fisicamente il muro che Yuuto metteva fra di loro, quando usava quel tono. Non gli faceva affatto piacere, in realtà, chi voleva prendere in giro. Così indurì l’espressione e incalzò: -E tu?-

-Io cosa?- Fu la risposta, lieve e veloce, come se si fosse sollevata una piuma da terra. Quanto era indisponente quando usava quel tono…

-Tu cosa farai? Non hai detto niente ad Endou e gli altri e noi non stiamo parlando d’altro da giorni. Quali squadre ti hanno chiamato?-

-Nessuna.-

Gouenji non riuscì a trattenere uno sbuffo, una risata infastidita. -Nessuna? Non ti credo.-

Yuuto sorrise, indecifrabile, lo sguardo sempre in avanti, verso l’orizzonte luminoso. -Perché dovrei mentirti?-

-Dimmelo tu. Non fai altro da settimane! Credevo volessi davvero partecipare a queste qualifiche.-

-Ma certo che volevo farlo. E’ così divertente giocare tutti insieme, no?-, Kidou gli rivolse un’occhiata di sbieco, sardonica, con un piccolo sorrisetto ironico. Gouenji sentì i peli sulle braccia rizzarsi per il sottotono di derisione nelle sue parole.

-Cosa vorresti dire con questo?- Si allontanò di un passo dal davanzale e si girò completamente verso di lui, aperto allo scontro. Kidou, invece, continuava a guardare fisso davanti a sé: non si degnava neanche di guardarlo in faccia mentre lo scherniva. -La tua posizione in graduatoria era buona, Yuuto, non puoi non aver ricevuto chiamate.-

-Posso non aver risposto.-

Gouenji si sentì infiammare: -Mi stai prendendo in giro? Perché non avresti dovuto?-

Una risata lieve e incredula scosse le spalle di Kidou. -Tsk tsk… Allora non hai proprio capito nulla.-

-Non posso capire se non mi parli.- ribatté piccato il biondo, sentendosi attaccato.

-Non ti parlo? Shuuya, non stiamo parlando d’altro da mesi. Anni, a dire il vero. Mi chiedi perché non ho risposto agli sponsor? Veramente, non riesci ad immaginare il motivo? O ci tieni proprio a farlo dire a me? Ti diverte umiliarmi?-

-Di nuovo la faccenda di tuo padre! Anche davanti a questo?- sibilò Gouenji fra i denti, poi scosse la testa. -Non sono io che ti umilio. Credevo che il calcio fosse il tuo sogno, come per me ed Endou.-

Kidou ingoiò una boccata d’aria, densa e soffocante come acqua. Si sentiva annegare e, quel che era peggio, Gouenji non sembrava lì per aiutarlo a restare a galla o porgergli un salvagente. In quel momento era come se gli stesse zavorrando le caviglie e rimanesse, con quella espressione rabbiosa, a guardarlo mentre sprofondava. “ Te la sei cercata” Gli diceva la voce nella sua testa, che assomigliava spaventosamente a quella di Shuuya adesso, così giudicante e velenosa. “Non sei come me e Endou, non sei come noi. Ci hai ingannato e adesso la pagherai” . Sentiva la gola tanto stretta da rendere doloroso persino respirare: si nascose in un sorriso sgraziato e cattivo. -Ma cresci un po’. Il calcio era il mio sogno quando avevo dodici anni. E’ passato un po’ di tempo, non credi?-

A Gouenji sembrava di non riconoscere il ragazzo che aveva di fronte, con le braccia strette conserte al petto, il viso teso e sogghignante, il cuore chiuso, lontano. Dopo tutti questi mesi di allenamento insieme, dopo tutta la loro adolescenza spesa sul campo da calcio, quelle parole sprezzanti non potevano provenire da lui. -Non ci credi davvero. Non sei tu che stai parlando così, stai ripetendo quello che ti ha messo in testa tuo padre.-

-Invece quello che dice tuo padre tu non lo ascolti proprio.-

Per un momento Gouenji vide tutto nero dal nervoso, incassando il colpo che non si aspettava di ricevere: -Cosa cazzo c’entra mio padre?-

Kidou fece spallucce, con fare presuntuoso -Tuo padre c’entra sempre, quando fai qualche minchiata.-

-E la minchiata sarebbe il calcio? – Shuuya mosse un passo verso di lui, gli occhi fermi e nerissimi, come sassi lanciati a rimbalzare più e più volte su una superficie d’acqua limpida. -Sarebbe giocare a calcio?-

Kidou rimase zitto e Gouenji ne approfittò per riprendere parola, infuriato dal suo silenzio. Era bastato sentir nominare suo padre per accendere una miccia nell’illimitata riserva di rabbia che, da anni, dormiva dentro di lui. Shuuya era familiare a questi discorsi: fin dal mondiale under 16, erano stati ripetuti centinaia di volte a casa sua, suo padre non si era mai stancato di ribadire quanto il suo sogno fosse infantile e quanto non l’avrebbe portato ad un’esistenza seria, da adulti. All’inizio della loro relazione, Gouenji si era sfogato spesso con il suo fidanzato su questo e, man mano che il tempo era passato, doloroso come una freccia, si era reso conto che, tutto sommato, Kidou non fosse dalla sua parte: non glielo aveva mai detto esplicitamente come ora, ma aveva intuito da tempo che Yuuto la pensasse come suo padre. Il suo ragazzo, così dedito allo studio e al lavoro, così legato ai desideri di suo padre, così ambizioso e capace… Anche lui, ora, stava pensando che giocare a calcio fosse una cosa da bambini? Non era disposto a fare un passo indietro e dare ascolto alle sue parole. Non poteva guardare negli occhi Kidou e credere che lo scopo della sua vita fosse per lui una sciocchezza.

-Non ti riconosco più. Studi e basta, sembra che del calcio non te ne importi più nulla, esci con noi a stento… persino da me non ti fai vedere praticamente mai. La volontà di tuo padre vale davvero così tanto per te? Vale più di noi? Più di me?-

Uno sbuffo esasperato uscì dal corpo di Kidou. -Stiamo di nuovo facendo questo discorso? Il mio compito nella famiglia Kidou è chiaro, è sempre stato chiaro. Ma cosa vuoi capirne tu?! A te è sempre andato tutto bene, non hai mai neanche dovuto sforzarti! Sei il grande bomber di fuoco e tutti ti apprezzano ovunque vada. Tuo padre voleva che diventassi un medico e ti è bastato intestardirti per un po’ per fare tutto quello che volevi. La mia vita non è così... Io non posso fare quello che mi pare e piace.-

-Potresti, è che non hai le palle di farlo.-

-Ah, e invece tu sì che ne hai! Così tanto che tuo padre pensa che tu sia a casa del tuo caro migliore amico adesso, non è vero?-

-Questo non c’entra assolutamente niente!- ringhiò Shuuya.

-Ti comporti come se avessi sempre la soluzione migliore in tasca e tutto dovesse andare sempre come dici tu, al diavolo quello che dice tuo padre, quello che dico io, quello che dice il buonsenso! Sei peggio di un bambino.- Si schermò Yuuto, aggressivo. 

-Io sarò pure un bambino, ma tu sei uno schiavo. Chi cazzo se ne frega di tuo padre, dimmi una buona volta quello che pensi tu!-

-Quello che penso io non basta e in realtà non conta. – L’espressione di Kidou si fece triste e cattiva in un momento solo. - Il mondo è un po’ più difficile di così, ma forse nella tua bolla dorata non te ne sei mai reso conto… e chissà, magari continuerà pure ad andarti tutto bene come sempre. Accetta quel contratto e vai, tanto tu sei Gouenji Shuuya e non sbagli mai.-

-Non me ne sto andando, sei tu che non vieni con me. Stai rinunciando a tutto, te ne rendi conto?- Gouenji aveva abbassato il tono di voce e lo guardava come se non lo vedesse davvero, come se lo stesse cercando nella nebbia. Yuuto era sempre stato al suo fianco, nel campo e poi nella vita. Era stato il suo migliore amico e il suo primo ragazzo. Si sentiva tradito dalla persona in cui aveva riposto più fiducia in assoluto: non solo Kidou non sarebbe venuto con loro, non aveva mai avuto intenzione di farlo. Non aveva mai creduto nel suo sogno.

-Tanto non mi stai ascoltando, è inutile ripetermi.- Kidou non si era mai sentito tanto in trappola in vita sua: Shuuya non lo capiva, continuava a guardarlo come se pretendesse qualcosa da lui, come se la strada fosse semplice e aperta e fosse colpa sua, se non poteva percorrerla. E se non lo capiva lui, chi altro avrebbe potuto…?

-E’ una tua scelta questa. Stai coscientemente scegliendo di buttare via tutto quello che abbiamo sempre sognato e la passione più grande della tua vita!-

-Non deve per forza essere una scelta! Perché stai parlando come se dovessi scegliere fra il calcio e le aspettative della mia famiglia? Fra te e mio padre? Non voglio fare il calciatore professionista, lo sai, è da anni che lo sapete tutti! Ma questo non significa che non voglio mai più toccare un pallone. Io posso soddisfare le aspettative di mio padre e dedicarmi anche al calcio.-

-Ti stai comportando come un codardo.- Shuuya scosse le spalle, arricciando le labbra indispettito dal suo modo di fare così arrendevole. Come sempre, quando si parlava di suo padre: per Yuuto, di fronte alla volontà del signor Kidou, non esisteva opzione se non arrendersi e acconsentire. Lo faceva infuriare.

-Vaffanculo, Shuuya, non vuoi proprio ascoltarmi allora! Ma che cosa vuoi!? Sei venuto qua per umiliarmi e basta? Vieni a fare la predica a me quando non hai neanche le palle di affrontare tuo padre! Gran bell’esempio di coraggio, complimenti. Sei tu il codardo, a scappare all’estero come un ratto. Io sto cercando di spiegarti, ma sei troppo impegnato a sentirti migliore di me per degnarmi di considerazione.-

-Sei tu che non mi ascolti, cazzo! Io non sono contro di te, sono con te. Manda a fanculo tuo padre e parti con me. Fanculo ad entrambi i nostri padri! Ti rovinerà la vita fare tutto quello che vuole lui, non te ne rendi conto? Tu ami il calcio e sei bravo, hai una possibilità e ti conosco, vuoi coglierla. E non sarai da solo, io sarò al tuo fianco sempre. Non è il momento dei compromessi questo, vieni con me e basta!- Gli occhi di Gouenji erano caldi, intensi, vibranti, promettevano protezione sterminata, cura a non finire e attenzioni a perdita d’occhio. Sarebbe davvero stato al suo fianco fino in capo al mondo, se glielo avesse permesso. Sarebbe davvero stato al suo fianco… se avesse fatto esattamente ciò che si aspettava, se avesse condiviso esattamente l'obiettivo che gli animava il petto. Era troppo emotivo, ogni emozione si poteva leggere su di lui come un libro. A Kidou dava quasi un senso di rigetto, ne aveva paura: non poteva guardarlo così e condurlo con sé. Sentiva che, se avesse accettato quell’invito di passione e coraggio, di amore, ne sarebbe stato rovinato.

-Questo discorso sarebbe molto carino, se io fossi una principessina in una torre da portare nel tuo castello dei sogni. Ma io erediterò l’azienda di mio padre e diventerò il CEO della Kidou Corporation. Non c’è nessun compromesso da fare qui, è da quando sono un bambino che so qual è l'obiettivo della mia vita. Tieniti i tuoi propositi da salvatore, Gouenji. Se vuoi andare, vai, non sarò certo io a trattenerti.-

Per Gouenji fu come sentire un pugno dritto in pancia. Ogni goccia di fervore e rabbia sparì dal suo corpo di colpo, di fronte alla granitica realizzazione che il punto di non ritorno era stato di gran lunga superato. -… Tu davvero non vuoi venire? Davvero non sarai con me?-

Kidou si sentì lacerare, uno strappo violento e improvviso all’altezza dello stomaco.

“Cosa dovrei fare, Shuuya? Abbassare gli occhi, scoppiare a piangere forse, chiederti scusa per il tono cattivo che ho usato finora, lasciar cedere queste gambe che tremano e farmi abbracciare ? Dovrei mostrarti il gran dolore che sento dentro da mesi, dirti della paura di ricevere chiamate dagli sponsor, la struggente consapevolezza che non riuscirei a rispondere no, di fronte ad un contratto come calciatore professionista? Dovrei esternare le emozioni che provo per tutta questa situazione, in cui tu sei così felice, e io non volevo essere la causa della tua infelicità, io volevo che continuasse così per sempre, invece scopri che non sono come te, come Endou, e non lo sono mai stato, non so come si piange senza vergognarsi, non so come si ammette di avere paura, non so come dirti del senso di lutto che mi soffoca, che giocando a calcio mi sembra di vedere solo fantasmi ormai…”

La sua espressione si fece sferzante, rigida e serrata. Combatté il desiderio di piangere e vinse: d’altronde perdere non era mai stata un’opzione. -Te l’ho detto dall’inizio di questa conversazione.-

-Yuuto…- Gouenji era rimasto solo con il proprio sgomento e la propria incredulità. Il suo Yuuto non era lì con lui, era lontanissimo e un muro sempre più insormontabile era fra di loro: provò ad avvicinarsi per stabilire un contatto e Kidou fece un passo indietro, evitandolo. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Era andato tutto male, tutto all’inverso di come avrebbe voluto. Nel dolore del momento, non riuscì a comprendere quanto le sue parole fossero state crudeli e quanto ingiusto fosse stato nei confronti di Kidou: si sentiva solamente abbandonato e tradito, all’improvviso, dopo che aveva creduto che le cose stessero andando meglio.

-E’ evidente che vogliamo prendere strade diverse e che non riusciamo più a capirci. Credo che non ci sia altro da aggiungere.- 

-Io non voglio perderti…- Gouenji era in alto mare, non riusciva a capire come fossero arrivati a quel punto della conversazione e avrebbe voluto cercare il tasto di reset. Ma quanto indietro avrebbe dovuto andare…? Da quanto non parlavano più, onestamente, fra loro? Da quanto non lo capiva più?

-E allora che cosa pensi di fare? Che io parta con te oppure no, rimarrebbe tutto uguale. Ci sgridiamo e ci accusiamo in continuazione. Non era così all’inizio.-

Kidou e Gouenji si guardarono, uno di fronte all’altro. Si rividero insieme, mano nella mano, quando la loro storia era appena cominciata, quando si baciavano dappertutto, quando il solo incrociare lo sguardo dell’altro dava la sensazione che ci fossero sparkles brillanti tutt’attorno nell’aria… Quando si capivano alla perfezione senza bisogno di parlare… Quando si amavano.

Gouenji fu il primo ad abbassare gli occhi, un segno di resa. Aveva sempre saputo quali battaglie poteva combattere e quali no. -Mi stai lasciando?- mormorò piano, cercando di tenere sotto controllo la propria voce mentre si spezzava. Kidou, con il cuore in frantumi, gli volse la schiena, tornando a guardare verso l’orizzonte: se avesse continuato a guardarlo, sarebbe scoppiato a piangere anche lui e non poteva.

-Mi sa di sì. Vogliamo cose diverse, non ha più senso continuare così.-

Gouenji raccolse la giacca che aveva appoggiato sulla sedia e andò via, richiudendo la porta della terrazza alle sue spalle.

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Siamo quasi alla fine signori e signore
Non me ne volete, doveva andare così e sono a pezzi anch'io
:(
  
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