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Autore: itsmeWallflower    11/02/2024    0 recensioni
AU!Klaine Teacher!Blaine, Student!Kurt__
Kurt Hummel è un nuovo studente dell'ultimo anno del liceo Mckinley, Blaine Anderson il nuovo insegnante di letteratura inglese.
Kurt però è anche il ragazzo della metà degli anni di Blaine, conosciuto ad un caffè letterario..
e Blaine è l'uomo che di ragazzo ha ben poco che Kurt ha conosciuto una sera tra l'asteroide 325 e 330.
*Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

 
Rachel Berry era brava in molte cose, cantava come se la sua gola fosse fatta apposta per quello ad esempio, oppure era un fenomeno quando si trattava di rompere le palle, ma c’era una cosa per cui non aveva nemmeno un briciolo di talento ed era tenere un segreto.
E Sebastian Smythe era sicuro che l’amica avesse un segreto grande quanto Broadway perché lo stava evitando come la peste da almeno una settimana.
Certo all’inizio lui non si era nemmeno disturbato a chiedere se c’era qualcosa che non andava, perché se poteva essere onesto, non averla tra i piedi così assiduamente era un tocca sana per la sua provata pazienza in quel periodo e poi perché sapeva che se ne avesse avuto bisogno sarebbe stata lei ad andare da lui o da Blaine.
Poi però aveva cominciato a vedere Blaine stare sempre peggio come se soffrisse di bipolarismo acuto.
Un minuto prima lo trovava ranicchiato nell’angolo buio del davanzale della finestra e un minuto dopo lo vedeva scrivere messaggi sconci su quelle squallide chat per gay, che Sebastian proprio odiava.
Un minuto prima era a confidarsi con Rachel in cucina, parlottando come due vecchietti alla fermata del bus e un minuto dopo tutti e due stavano cantando l’intero repertorio di Lady Gaga con tanto di costumi e finti microfoni.
Aveva anche lui qualcosa da dire a Blaine però ed era ciò che era successo al caffè letterario sabato pomeriggio e che Santana poi gli aveva spiegato per sommi capi, perché anche lei sembrava non voler condividere con lui i dettagli.
Sebastian ora ne era certo: odiava i segreti. O meglio odiava che gli si tenevano nascosti i segreti.
Quindi il suo motto era: non fare agli altri ciò che non vuoi essere fatto a te. Per questo appena trovò il suo amico vivere un momento positivo tra i suoi alti e bassi lo affrontò per dirgli quello che sapeva sperando che poi l’altro facesse lo stesso con lui.
 
“senti Killer, devo dirti una cosa e riguarda Kurt. So che non ti piace quando te lo si nomina, la tua faccia diventa rossa, poi viola, infine verde e sembra che devi vomitare. Però devo togliermi ‘sto peso dallo stomaco. Posso?” si sedette sul tavolino, proprio di fronte al divano dove Blaine era occupato a correggere i compiti della sua classe,
“cosa c’è da dire ancora su Kurt che credi io voglia sapere?” disse asciutto Blaine senza però riuscire ad evitare che il suo viso diventasse davvero di un colorito poco salutare,
“sabato quando sono andato da Santana è successa una cosa strana..” cominciò col raccontargli dell’abbraccio di Kurt, “poi però  è scappato, San l ‘ha rincorso e quando è tornata mi ha detto che lo aveva visto con Zack e che-” il suo discorso fu però bloccato bruscamente da una grassa risata a bocca spalancata e con tanto di lacrime agli occhi di Blaine, 
“ma ti sei rincoglionito Anderson? Cosa cazzo c’è da ridere?”
“non m’interessa” sputò poi fuori Blaine asciugandosi le lacrime che a quanto pareva non erano più dovute solo alle grosse risate,
“e ci risiamo col bipolarismo. Guarda Blaine che ti riporto dal terapista eh? Forse questa è stata la botta finale per farti completamente impazzire. Io non ti capisco più” Sebastian aveva già perso la pazienza,
“Senti Bas, sto davvero cercando di andare avanti e sto davvero provando a dimenticarlo. Quindi invece di metterti a fare l’amica pettegola perché non mi porti allo Scandals stasera?” propose Blaine mentre metteva a posto tutti i compiti e si accingeva a prendere il suo cappotto, pronto ad andare da Santana e farsi spiegare quello che aveva appena detto di non voler sapere da Sebastian.
“che fine hanno fatto tutti quei discorsi del me lo riprendo. Kurt sta cedendo. Mi vuole ancora. Gli amori strappati non sono ancora finiti. Eh? Lo Scandals, Blaine? Di giovedì sera ci trovi solo delle vecchie drag queen!” 
“discorsi finiti. Amore finito, anzi per la verità mai sbocciato. c’è la serata drag queen? Magari ci porto Rachel!” così dicendo Blaine si sistemò il colletto del pesante cappotto e lasciò Sebastian da solo in salotto e completamente basito.
“non c’è nessuna serata. Solo tante Cher e Madonna con la pancia e l’alito pesante!” riuscì però ad urlare prima che l’altro si chiudesse la porta d’ingresso alle spalle.
 
Sebastian aveva anche lui i suoi grattacapi a cui pensare e per risolverli aveva bisogno del suo amico pienamente funzionante, quindi decise di rispettare la sua scelta e i suoi tempi e cercò di restare al suo posto.
 
Ci provò e non sempre ci riuscì ovviamente.
Ad esempio quando scoprì Rachel al telefono con mamma Marie che appena notò la sua presenza chiuse il discorso e la chiamata il più veloce possibile, la mise sotto tortura.
Rachel all’inizio gli aveva detto che non sapeva di cosa stesse parlando e che lei di Blaine ne sapeva quanto lui, se non di meno.
Poi provò a sviare il discorso chiedendogli di Santana e dicendogli che aveva avuto modo di parlarle in quei giorni al caffè e che le sembrava davvero una bella persona, ma quando nemmeno quello fece distrarre Sebastian, almeno non per molto, perché “se scopro che anche Santana ne sa più di me giuro che do fuoco a tutta la tua collezione di musical, Berry. È una promessa” 
alla fine la ragazza per togliersi dall’impiccio fu costretta ad otturarsi le orecchie con le mani e a mettersi a cantare a squarcia gola “like a virgin” irritando e non poco Bas.
“o che cazzo! La vuoi smettere? Senti se mi dai anche solo un piccolo imput io ti dico cosa so io. E riguarda Kurt”
“parli di quello che è successo sabato scorso al books&coffe vero?” Rachel si pietrificò non appena fece quella domanda fermandosi proprio al centro della cucina dove Sebastian la stava rincorrendo e lui invece spalancò gli occhi sorpreso e rabbioso, “e tu che cavolo ne sai?!”
“io non so niente!” rispose lei veloce,
“Santana! Perché Santana ne ha parlato con te?!”
“ti ho detto che- oh senti Smythe ma perché vuoi sempre avere il controllo di tutto quello che ti circonda?”
“forse perché l’ultima volta che non ho avuto il controllo sono stato fottuto  da due fottuti bastardi mentre il terzo mi pestava a sangue?! Può essere una buona scusa?” a quelle parole Rachel corse ad abbracciarlo già con le lacrime agli occhi e Sebastian invece capì che i suoi grattacapi erano più impellenti di quanto pensasse e doveva fare qualcosa in merito prima che gli si ritorcesse tutto contro.
“non volevo usare la carta della vittima Rach. Ma sto impazzendo io qui” disse mentre si lasciava abbracciare da quella piccola donna che per arrivargli alle spalle si era dovuta arpionare a lui come un koala,
“lo so, ed io vorrei davvero parlartene, ma spetta a Blaine farlo. Non so perché non l’ ha ancora fatto. Ma tu dagli tempo. Okay?”
“voglio solo assicurarmi che sta bene Rach” sospirò lui stringendo forte l’amica,
“starà bene” lo rassicurò lei dandogli un bacio sulla guancia, “e anche tu devi stare bene Bas, se ti avesse sentito Blaine ora ti avrebbe già bruciato le pagine del libro che hai scritto e ti avrebbe messo sul primo aereo per New York” continuò poi allontanandosi quel tanto che bastava per guardare l’altro negli occhi, 
“sarà il nostro piccolo segreto, no?” 
“un altro?! Voi mi volete morta!” e così tra piccole risate e colpetti alle spalle abbandonarono i discorsi seri e decisero di preparare la cena.
E Sebastian ritornò al suo posto, lasciando – di nuovo- tempo e spazio a Blaine.
 
*
Kurt senza nemmeno farci caso, per non impazzire di collera e dolore, era caduto dipendete della sua nuova routine quotidiana che aveva creato.
Sveglia, corsa, doccia, scuola, allenamenti dei cheerios, glee, officina Hummel, cena, ricerche e richieste di ammissione ai college, letto.
Evitava accuratamente qualsiasi tipo di relazione sociale.
Tranne che con suo padre, ovviamente. 
Se Kurt era così testardo, dopotutto, doveva pur aver preso da qualcuno, no? E Burt Hummel era una testa dura e quindi ogni mattina costringeva il figlio in una conversazione cuore a cuore, dove di solito Kurt cercava di convincerlo che era solo stremato per tutti gli impegni e dove a volte cedeva e confessava che non stava al suo meglio, ma stava davvero provando a buttarsi alle spalle tutto quello che c’era da buttarsi alle spalle,
“tu mi assicuri che questo ragazzo non ha fatto niente che non avrebbe dovuto fare Kurt? Perché sinceramente, io non riesco a non preoccuparmi”
“Papà, davvero. Lui è- tutto è-”
“complicato?” gli andò incontro Burt,
“finito” lo corresse il figlio sospirando mentre si alzava dalla tavola,
“e te ne vai per non dirmi perché è finita?”
“è finita perché era complicato” disse sconsolato lasciando un bacio sulla fronte del padre, prima di prendere la sua tracolla e uscire.
 
A scuola Kurt si costringeva a spegnere qualsiasi emozione che premeva per uscire fuori.
Era sempre l’ultimo ad entrare nelle classi ed era sempre il primo ad andarsene, per evitare che Mercedes, Puck o addirittura Zack gli facessero domande a cui non voleva rispondere, passava la pausa pranzo in aule vuote a lavorare al compito della settimana per il glee e camminava nei corridoi con la testa bassa sperando di passare inosservato.
L’ ora di letteratura era la parte più difficile della giornata, ma lui la passava con il naso nascosto in qualche libro e non lo alzava fino a quando non finiva la lezione e Blaine dal canto suo non lo richiamava mai, non gli chiedeva mai di leggere per la classe o di rispondere a qualche quesito, semplicemente fingevano entrambi di non vedere l’altro. Al glee continuava con la scrittura delle canzoni senza partecipare attivamente alle altre attività o quando proprio non poteva rifiutarsi se ne restava ad ondeggiare sullo sfondo.
 
Kurt comunque per quanto si sforzasse di essere invisibile c’era sempre chi lo intercettava per i corridoi del McKinley e quando ad approcciarlo non era nessun ragazzo del glee o Puck o Zack, ma Karofsky ne era quasi sollevato, perché nonostante il fatto che -giorno dopo giorno – Dave sembrava sempre più accanito e più arrabbiato con Kurt, lui preferiva ricevere qualche spintone più forte o qualche offesa più colorita o qualche granita gelata in pieno viso, piuttosto che preoccuparsi di mettere su un sorriso finto per Mercedes o rispondere alle domande insistenti di Puck o ascoltare le volgarità di Zack.
Karofsky non richiedeva impegno da parte sua, anzi lui non doveva fare proprio niente, semplicemente si teneva quello che gli veniva detto o fatto e con un sospiro mesto o a volte dolorante- dipendeva da dove andava sbattere e con quanta forza- passava oltre.
 Non se ne preoccupava Kurt perché sapeva che se si fosse fatto davvero male prima delle regionali il responsabile non si sarebbe risparmiato l’espulsione e nel caso di giocatori di football anche l’allontanamento dalla squadra, proprio come aveva promesso la preside.
 
Comunque il tempo passava, Kurt continuava con la sua routine di attività da svolgere e relazioni da evitare e il giorno delle regionali dei cheerios arrivò fin troppo presto.
 
La competizione fu caotica ed estenuante ma anche sorprendentemente eccitante.
I cheerios, con la sorpresa di avere come stella di punta un ragazzo e di aver praticamente un budget infinito che gli permetteva di acquistare cannoni spara razzi e cerchi infuocati, sbaragliarono la concorrenza e stravinsero a mani basse.
 
Kurt fu festeggiato ed acclamato come se fosse davvero una star, la Sylvester lasciò che rispondesse a domande per interviste a dei giornali locali, lo trascinò in lungo e in largo per foto ricordo e gli permise di accompagnarla sul palco per ricevere il trofeo e il lauto assegno che la preside vinceva da dieci anni a quella parte.
 
Insomma Kurt non era tornato pienamente in forma e non aveva sentito i brividi di gioia che aveva sentito durante la vittoria delle provinciali del glee, ma aveva comunque sentito qualcosa ed era un’enorme passo avanti.
 
Ovviamente quando, la prima persona che gli venne in mente di chiamare per raccontargli della gara e della vittoria fu Blaine  e si ricordò che non poteva farlo, realizzò che quella era stata la prima delle tante “prime esperienze” che non avrebbe condiviso con Blaine.
Kurt si rese conto, quindi, che volente o nolente, la vita stava andando avanti e che decidere di non viverla non significava fermarla, per questo quella sera decise di accettare l’invito delle altre cheerleader e di andare a festeggiare la tanto meritata e sofferta vittoria.
 
La festa si teneva a casa di un giocatore di football, un certo Lynn di cui, ad essere onesti, Kurt non si ricordava nemmeno la faccia, ma non importava.
Doveva prima o poi riprendere in mano la sua vita e il sorriso incoraggiante del padre quando gli disse che sarebbe uscito per una festa quella sera, gli aveva fatto capire che stava facendo la cosa giusta.
 
Alle nove in punto Kurt era con Kitty, fuori casa di Marley, pronti ad andare da Lynn,
“ripetimi perché deve venire anche lei?” domandò Kitty con un tono a metà tra l’annoiato e l’infastidito,
“perché Puck l’ha invitata e lei ha accettato e ha chiesto a me un passaggio”
“cosa ci trova Noah in quella spilungona con le gonne della nonna?”
“non essere cattiva Kitty, anche se per le gonne mi trovi d’accordo con te. Sono orribili, ma voi ragazze non dovreste fare cameratismo di squadra e aiutarvi? Non so, tipo potresti invitarla per fare dello shopping e convincerla a comprare almeno un paio di skinny jeans!” Kitty alzò gli occhi al cielo, ma scoppiò a ridere,
“non penso che io e lei potremmo mai essere amiche, Kurt”
“perchè no? Io sono amico di Puck  ad esempio e credo che almeno un po’ piaccio anche a te”
“non montarti la testa Hummel, sei solo la punta dei cheerios. Ho bisogno di te, di Marley invece non me ne faccio niente” Kurt a quel punto alzò gli occhi al cielo e salutò l’amica che era appena entrata in auto, lasciando perdere il discorso di Kitty.
 
Una volta arrivati alla casa giusta, grazie alle indicazioni di Kitty, Kurt si prese qualche secondo restando fuori il porticato di quella per abbracciare in pieno ciò che significava fare quel passo in più verso la festa.
E significava accettare l’assenza di Blaine.
Significava abituarsi all’idea che era finita una storia e non il mondo intero.
Significava provare ad andare avanti.
Significava perdere un mano al gioco e rimischiare le carte per una mano nuova.
 
Quella nuova partita era cominciata, stranamente, nel migliore dei modi.
Il suo ingresso fu accompagnato da applausi scoordinati e piccoli colpetti sulla spalla per congratularsi, ci fu addirittura una piccola ovazione da parte del gruppetto di Puck, Zack e alcune cheerios che lo spinsero all’interno del loro cerchio offrendogli subito dopo un bicchiere pieno di alcool scadente, che Kurt accettò volentieri, perché era consapevole del fatto che senza un po’ di coraggio liquido, il nuovo Kurt avrebbe lasciato spazio al vecchio Kurt e quello sarebbe scappato a gambe levate da lì per rifugiarsi sotto le coperte calde del suo letto, da solo.. piangendo per il fatto che Blaine non c’era e non ci sarebbe più stato.
 
Dopo il primo bicchiere Kitty fu lesta a riempirgli il secondo e Kurt fu deciso a trascinare Marley sulla pista da ballo  per scatenarsi un po’.
Ballarono come forsennati senza badare ai passi alquanto ridicoli che stavano facendo e infischiandosene di chi si spostava infastidito o di chi li prendeva in giro o di chi come Karofsky, sembrava voler cominciare discussioni.
Kurt non era ubriaco abbastanza da non capire cosa stesse facendo ma era sufficientemente brillo da sapere cosa stava facendo e fregarsene. 
 
Non gli importava che Zack lo aveva raggiunto e aveva preso a ballare tra lui e Marley non appena aveva notato la vicinanza sospetta di David.
Non gli importava che Puck gli aveva tolto di mano il terzo bicchiere – o il quarto, non lo sapeva- che Kitty gli aveva procurato.
Non gli importava che i capelli erano di sicuro attaccati alla sua fronte per il sudore, come le spalle di Zack erano attaccate alla sua schiena mentre ballavano.
Non gli importava che Marly e Puck l’avevano abbandonato per lasciarlo da solo con Zack e a quel punto non gli importava nemmeno che Zack spinse via per l’ennesima volta Karofsky e poi trascinò Kurt fuori dalla casa per prendere un po’ d’aria.
 
“e chi l’avrebbe mai detto che Hummel sarebbe stato l’animale da party” disse poggiandosi al parapetto del porticato guardando in alto un cielo che prometteva tempesta,
“posso essere tutto ciò che voglio” ribatté Kurt vacillando un po’ prima di sedersi sullo stesso parapetto dove era appoggiato l’altro e sorridendo soddisfatto per non essere caduto,
“su questo non ci sono dubbi, Kurt”
“e sai cosa sono ora?” domandò a Zack socchiudendo gli occhi appena come per guardarlo meglio, ma in realtà stava solo cercando di rimanere serio,
“un ragazzo pericolosamente alticcio?” 
“no Zack! Sono un giocatore d’azzardo. Sto giocando la mia nuova mano, con la migliore faccia da poker che posso fare. Non si vede?”  disse Kurt aprendo le mani ai lati del viso e stringendo così forte le labbra tra i denti che queste scomparvero del tutto, facendolo sembrare solo più ubriaco.
Zack però aveva capito l’ allusione e annuì convinto,
“l’ironia della sorte vuole che io abbia sempre la mia faccia da poker tranne che quando sto con te e tu invece la metti su solo quando stai con me” Kurt a quelle parole fischiò alla meglio e scese dal parapetto, battendo gentile una mano sulla spalla dell’altro,
“non è così Zack, con te non devo fingere niente. Tu sei l’unico a sapere lo schifo che sto passando, perché è uno schifo che hai creato tu. Quindi niente po-po-po- poker face per te! Non sei contento?!” esclamò Kurt imitando persino la canzone di Lady Gaga, però mise subito il muso quando l’altro invece di ridere o perlomeno sorridere, scosse la testa e guardò di nuovo verso il cielo pieno di nuvole,
“Gesù Hummel, io non so più quello che sto facendo. Dovrei smetterla di essere così egoista. Ma tu sei- ed io- Gesù”
“Zack di Maggio a quanto pare non sai più molte cose e non solo quello che stai facendo perchè io non sono  Gesù Hummel, ma Kurt Hummel.” lo disse in maniera così seria e cristallina  che lasciò Zack sgomento per un secondo e il secondo dopo stava mantenendosi lo stomaco per le forti risate e Kurt si sorprese a seguirlo a ruota.
E senza saper come si ritrovarono tutti i due seduti per terra con spalle al muro della casa Lynn a cantare il repertorio intero di Lady Gaga fino a quando non furono troppo stanchi e infreddoliti per non fare altro che giocare con le nuvolette di vapore che uscivano dalle loro bocche quando le aprivano,
“io e Blaine passavamo le ore seduti così, su di un prato a guardare le stelle e a parlare fino a quando il troppo freddo ci impediva di farlo” sussurrò all’improvviso Kurt appoggiando la sua testa pesante sulla spalla di Zack,
“okay, è ora di tornare dentro” bofonchiò invece l’altro anche se non si spostò di un millimetro dalla posizione in cui era, perché nonostante tutto, nonostante quello che Kurt avesse appena detto,  aveva -di sua spontanea volontà - cercato un contatto con lui.
 
Contatto che Kurt spezzò con un lieve bacio sulla guancia e uno strattone per dirgli: “beer pong Zack! Non ho mai giocato a beer pong!” 
 
e fu accontentato ovviamente. Zack organizzò un vero e proprio torneo con vinti e vincitori e Kurt adorava bere quella birra scadente anche quando non doveva e adorava sfuggire alle grinfie di Puck che voleva strappargli via il bicchiere, buttandosi sulla pista da ballo e tornando sempre più sfatto e sempre più ubriaco.
 
“Zack? Zack! Credo che Karofsky mi abbia palpato il sedere.. io ho bevuto si, ma non sono pazzo, mi ha proprio palpato il sederino mentre mi diceva che devo smetterla di fare la fatina e istigarlo” Kurt si era avvinghiato alla spalla del giocatore e gli stava sussurrando quel segreto dritto nell’orecchio con un tono di voce tra il divertito e il frustrato,
“credi che abbia un fetish per le fate, Zack? È possibile? Non sa-” ma Zack non lo stava più ascoltando e scostandolo da lui con fermezza fece cenno a Puck di tenerlo d’occhio, mentre lui si faceva strada tra la folla, alla ricerca di quel fottuto bastardo represso del cazzo.
 
“pensavo di essere stato chiaro, Karofsky. Devi stare lontano da Hummel. Quando lo vedi non guardarlo, cambia strada, volta la faccia, chiudi gli occhi, fa quello che cazzo vuoi, ma non lo devi nemmeno sfiorare con quegli occhi viscidi che ti ritrovi!” Zack lo stava tenendo per il colletto di quella fetida giacca dei titans che si ostinava a portare anche quando non era tenuto a farlo e gli stava parlando ad un palmo dal suo viso, per essere sicuro di essere sentito al di sopra della musica assordante,
“se stai cercando rogne, le hai trovate Zack, non ho paura a sporcarmi le mani. Nemmeno per uno come te” sputò però Dave come se non avesse sentito nemmeno una parola che gli aveva rivolto Zack,
“uno come me è uguale a uno come te David e in verità quello che voglio non sono rogne ma soltanto qualcuno con cui spassarmela. Che ne dici, mh? Io e te, qui. Diamo un po’ di spettacolo. Alla fine è quello che vuoi da Hummel anche tu, no? Vuoi sapere che si prova, com’è toccare un ragazzo, com’è sentirlo duro tra le tue mani. Avanti, facciamolo. Ora.” il sorriso beffardo di Zack si fece ancora più largo e soddisfatto quando Karosfky si scostò da lui come se fosse stato scottato e l’espressione sul suo viso trasudava tutta la paura e il tormento, l’agitazione ed anche l’eccitazione che aveva e che lo fece scappare.
Letteralmente.
David Karofsky era stato messo alla fuga solo con qualche parola sussurrata all’orecchio e se Kurt non fosse stato tanto ubriaco avrebbe di sicuro già chiesto e ottenuto la formula magica da recitare, che sembrava solo Zack possedere.
 
Ma comunque Kurt era troppo ubriaco per preoccuparsene e quindi dopo l’ennesimo brindisi con Kitty e Marley, anche loro alticce, urlò un “no Blaine, no pain!” Zack capì che era il momento di riportarlo a casa.
 
Zack si assicurò che gli altri avessero un passaggio sicuro a casa, prima di prendere Kurt di peso e trascinarlo in auto,
“no Zacky! Proprio ora che mi stavo divertendo davvero senza Blaine. Dai Zacky, no Blaine, no pain! Lasciami divertire!” stava urlando Kurt agitandosi tutto mentre l’altro cercava disperatamente di trattenerlo per i fianchi per evitargli di finire spiaccicato sul marciapiedi,
“Kurty, chiamami ancora Zacky e mi metto a giocare a tennis con le tue palle” e a quelle parole Kurt divenne stranamente docile e si lasciò condurre fino alla macchina, poi una volta seduto sul lato passeggeri sbuffò affranto,
“non voglio che giochi con le mie palle Zack, però lasciati dire che tu proprio non vuoi vedermi felice, eh! Mi stavo divertendo!” sbottò mentre gli veniva sistemata la cintura di sicurezza,
“mi ringrazierai domani, quando capirai che ho evitato di farti sputtanare Blaine davanti a tutti”
“no Blaine, no pain!”
“dovresti tatuartelo su una chiappa”
una volta messa in moto l’auto Kurt divenne silenzioso, come se il rombo del motore fosse una specie di ninna nanna che lo cullasse e lo calmasse.
 
“sai che ho realizzato di amarlo solo quando avevo capito di averlo perso? Quindi non ho avuto modo di dirglielo”
“tu lo ami davvero?”
“ha importanza? Cambierebbe qualcosa?” Zack si stava chiedendo invece  se Kurt fosse davvero ubriaco o voleva solo farglielo credere, perché quelle confessioni e quelle domande erano di una persona che sapeva esattamente cosa stava dicendo e pure come.
“no, credo di no”
“come si fa a disinnamorarsi di qualcuno?”
“amando qualcun altro, forse?” a quella domanda retorica Kurt scoppiò a ridere,
“e non possiamo dire che non ci hai provato Zack! Avanti su!” 
“non rompere le palle Kurt!”
“tu non mi ami, lo sai vero?”
“come fai a dirlo?”
“se mi amassi mi lasceresti andare”
 
Zack quella notte tornò a casa con tanti dubbi nella testa e una sola certezza.
Kurt era una bella persona, fin troppo bella per uno come lui.
 
Kurt quella notte tornò a casa con qualche dubbio nella testa e un paio di certezze.
Restava irrimediabilmente innamorato di Blaine.
E sapeva di poter andare avanti con la sua vita, ma non voleva farlo.. non ancora.
 
Blaine invece, quella notte, come tutte le notti da una settimana a quella parte aveva tante certezze nella testa e un solo, unico dubbio.
Perché Kurt non gli aveva detto Addio?
 
*
 
Come facevano gli altri ad affrontare una giornata di scuola quando fino a poche ore prima erano nel pieno di una sbornia colossale?
Se lo chiedeva Kurt mentre percorreva come un automa i corridoi di quella maledetta scuola, facendo smorfie di disgusto e pietà a tutti coloro che lo salutavano, sorridevano o che ancora gli facevano le congratulazioni per la vittoria.
Non riuscì nemmeno a reggersi in piedi o reagire in qualche modo quando quell’energumeno di Karofsky lo spinse senza nemmeno usare metà della forza che aveva, verso uno dei tanti cestini della raccolta differenziata che da un mese a quella parte avevano ingombrato i corridoi del McKinley per sensibilizzare l’argomento, e ci finì dentro.. letteralmente.
“quello è il posto per quelli come te” disse il ragazzone facendo il batti cinque con un altro homo erectus che gli stava di fianco, ridendosela come matti.
 
Sarebbe stato un giorno tremendo, doloroso e frustrante quello ma Kurt l’avrebbe capito solo da lì a qualche ora più tardi.
 
Era la pausa pranzo e come d’abitudine ormai da un po’ di tempo a quella parte invece che di seguire il resto degli studenti nella mensa, Kurt cercava una classe vuota – di solito era il laboratorio di chimica avanzata, che si trovava a due porte più avanti della sala insegnanti- e consumava il suo pranzo lì, in beata solitudine leggendo un libro, scrivendo una canzone per il glee o più semplicemente pensando e ricordando Blaine.
 
Kurt si stava recando proprio nel laboratorio di chimica con l’unico desiderio di continuare il sonno ristoratore che aveva cominciato quella mattina in infermeria assentandosi dall’ora di letteratura inglese, quando sentì una risatina più che conosciuta.
Avrebbe potuto riconoscerla in mezzo a cento: era la risatina lasciva di Blaine, quella con cui ti diceva che quello che aveva ascoltato non era divertente ma sexy. Kurt l’aveva sentita troppe volte per non riconoscerla e proveniva dalla sala insegnanti.
Stava forse parlando con Rachel? Kurt ne dubitava ma lo sperava e senza nemmeno pensarci si accostò alla porta e con cautela sbirciò all’interno di essa alla ricerca di quella voce e di quel viso.
“Eli! Cerca di avere un po’ di pazienza! Il fine settimana arriverà presto!” non vide Blaine sorridere come un’ idiota al cellulare mentre giocherellava con un ricciolo senza gel, perché gli stava dando le spalle, eppure Kurt dal suo tono di voce poteva sentire il sorriso a fior di labbra dell’altro.
E si trovò ad un bivio, dove o fuggiva o entrava in sala e rompeva il cellulare di Blaine sulla testa di Blaine, decise per la fuga ovviamente.
 
Senza sapere che quella scenetta a cui aveva assistito non era altro che un teatrino messo su da Blaine, che quando l’aveva visto camminare verso la sua direzione, gli era andato il sangue al cervello, perché Kurt aveva bellamente saltato la sua lezione quella mattina e perché in quel momento se ne andava in giro fiero con i suoi occhiali da sole come se niente lo scalfisse.
Quindi aveva portato il cellulare all’orecchio quando sapeva che Kurt lo avrebbe sentito e aveva preso a ridere come un cretino, e quando vide il riflesso dell’altro dalla finestra, s’inventò un Eli che non esisteva e buttò lì una frase che sperava essere almeno un po’ civettuola e dall’espressione delusa di Kurt, probabilmente aveva fatto centro.
Non andava fiero di quello che aveva fatto, anzi si era pentito nel momento esatto in cui aveva visto Kurt togliersi gli occhiali da sole ma, ormai non poteva più tirarsi indietro.
Era arrabbiato con se stesso Blaine, era quello il punto.. perché quella mattina più delle altre mattine aveva sentito la necessità di parlare con Kurt.
Il suo unico pensiero era quello di fermarlo dopo la sua lezione e congratularsi con lui per la vittoria delle regionali dei cheerios, ovviamente se qualcuno glielo avesse chiesto lui avrebbe negato fino alla morte che quella degli auguri sarebbe stata solo una scusa per parlarci e per chiedergli come stava e già che c’era del perché non gli aveva detto addio.
Ma Kurt non si era presentato a lezione e Blaine aveva pensato che si fosse preso un giorno di vacanza dopo quelle settimane estenuanti ma quando lo aveva visto per il corridoio capì che Kurt aveva deciso semplicemente di evitare di vedere la sua faccia e ci restò da schifo.
Anche se lui stava andando avanti, ovvio.
Stava andando avanti con un esistente Eli.. inventato solo per far innervosire Kurt, certo.
I suoi pensieri non facevano una grinza.
 
Stava per correre dietro a Kurt e buttare via tutto il lavoro che aveva fatto per stargli lontano fino ad allora, quando fu bloccato dall’entrata della Pistubury che a quanto pareva stava cercando proprio lui per consegnargli degli opuscoletti sull’importanza dell’arte nelle scuole pubbliche.
“tu e la tua amica Rachel potreste aiutarmi a convincere la Sylvester ad allestire un'opera teatrale quest’anno, che ne pensi?” stava dicendo Emma, costringendo Blaine a sedersi proprio di fianco a lei.
 
Intanto Kurt non arrivò mai al laboratorio di chimica perché poco più avanti si incontrò e scontrò con David Karofsky e questi come suo solito si guardò intorno e poi con rabbia e qualche altro sentimento che Kurt non riusciva mai a cogliere lo strattonò per la tracolla verso di lui e lo tenne per il colletto della giacca per dirgli “Hummel non mi devi tentare. Lo capisci? Non devi essere sempre così frocio. Attento, che ti spacco la faccia.” poi così come lo attirò verso di sé, lo spinse via di malagrazia facendolo cascare poco elegantemente a terra, dopotutto Kurt aveva i suoi riflessi ancora offuscati dall’alcol della sera prima e tenersi in piedi fu impossibile.
 
Però Kurt era frustrato, deluso e arrabbiato.
Era frustrato per le continue percosse di Karofsky e per quello che scarsamente ricordava della festa di ieri, sì.. ma era frustrato e arrabbiato soprattutto per quello che aveva sentito poco prima in aula professori e forse aveva ancora dell’alcol nel corpo che lo stava facendo reagire male e sentiva la necessità di sfogarsi e Karofsky era stato la crepa che aveva frantumato in mille pezzi il suo buon senso, così senza pensarci per più di un secondo oltre, si rialzò da dove era stato scaraventato e un po’ a fatica rincorse l’energumeno che intanto era arrivato negli spogliatoi dei Titans,
“ehi tu, senti un po’!” disse trafelato senza controllare se ci fosse qualcuno nei paraggi come invece aveva fatto subito l’altro mentre apriva il suo armadietto, “qual’è il tuo problema?” domandò Kurt facendo un passo in avanti, “scusami?” si voltò a guardarlo David con sguardo di sfida come a dirgli: -ripetilo se hai il coraggio- e Kurt lo fece, lo ripeté “qual’è il tuo stupido problema?” 
“a parte te che vieni qui a spiarmi l’uccello?” rispose pronto, lasciando l’armadietto per avvicinarsi e sovrastare Kurt con la sua stazza, ma lui non sembrava lasciarsi intimidire,
“oh certo è il terrore di tutti voi etero che ogni gay voglia molestarvi e convertirvi! Ma senti un po’ salamone!: non sei il mio tipo!” sbottò rosso in viso sbarrando gli occhi quando David aveva annullato ogni tipo di distanza tra loro e poteva sentire l’alito caldo sul suo viso, “non mi provocare Hummel!” disse lui alzando un pugno stretto proprio all’altezza degli occhi di Kurt che lo osservò per un secondo preoccupato e poi di nuovo feroce piantò i suoi occhi in quelli di Karofsky, “dirti che non mi piacciono i grassoni sudaticci che saranno calvi ai trent’anni ti provoca? Ti sto provocando?” era una palese sfida e probabilmente Kurt se fosse stato pienamente lucido, non avrebbe lanciato.
Ma è più facile andare dritti nella bocca dell’inferno quando non sai che è lì che ti stai dirigendo,
“e cosa ti piace allora Hummel, sentiamo?! Ti piace fare la principessa su per l’uccello di Zack di Maggio non è vero?” David aveva aperto il pugno e aveva cominciato a sfiorargli i capelli alla base del collo, come per schernirlo o spaventarlo o chissà per quale altro assurdo motivo che Kurt non riusciva a leggergli e quindi di scatto gli scostò via la mano sempre più imbestialito, senza nemmeno sapere cosa rispondere a quell’accusa, “tieni lontane queste manacce, Karofsky!” e il ragazzone come se si fosse sentito lui quello offeso e ridicolizzato, chiuse di nuovo la mano a pugno e gliela agitò sotto il naso, “ho detto che non mi devi provocare, hai capito?” e Kurt stava fissando quella mano per non perderla d’occhio quando disse a denti stretti e con tutta la convinzione che possedeva: “Mi vuoi colpire? avanti, colpisci! Fallo, tanto non puoi cambiarmi. I pugni non cancelleranno né la mia omosessualità, né la tua ignoranza” a quel punto stava avvalorando il suo discorso con il dito puntato sul petto del giocatore e con gli occhi pieni di fuoco e orgoglio e Karosfky si sentiva piccolo e insicuro, “non farti più vedere Hummel!” urlò  indicandogli la porta, perché a quello non sapeva come reagire, perché Kurt solo perché era Kurt lo spaventava più di qualsiasi altra persona, mostro o pensiero.
“sei solo un ragazzino terrorizzato che non sa quanto sia speciale essere sé stessi” continuò Kurt imperterrito pronto ad insegnargli una lezione che poteva servirgli per la vita, magari.
 
Ma quello che successe una frazione di secondo dopo, fu invece una lezione che Kurt avrebbe fatto a meno di imparare.
Una lezione che nessuno dovrebbe poter dire di aver imparato.
 
Karofsky con una forza bruta e una velocità disarmante aveva preso Kurt per le spalle e sbattuto di schiena agli armadietti di metallo, lasciandogli di sicuro i segni.
Chiuse gli occhi Kurt, d’istinto, aspettandosi arrivare un pugno o due, invece sentì un braccio tenerlo fermo all’altezza delle scapole, una mano afferrargli il viso e una bocca aggressiva sulla sua. Sentì subito dopo una lingua prepotente cercare di farsi spazio tra le sue labbra e il suo primo istinto fu quello di spalancare gli occhi  e divincolarsi come un forsennato, ma Karofsky era corpulento e massiccio almeno il doppio di lui e lo teneva bloccato all’armadietto e tutto quello che riuscì a fare fu spostare la faccia da un lato, sfiorando il metallo freddo con la guancia. Era così allibito e sotto shock che non gli era nemmeno sfiorata l’idea di urlare.
Aveva paura di aprire la bocca che aveva sigillato nell’attimo stesso in cui aveva sentito quella lingua viscida su di lui, 
“Hummel, cos’ha lui che io non ho, mh? Perché sai essere sempre così..” Karofsky stava mormorando in maniera sconclusionata, almeno per la mente offuscata di Kurt, proprio sul suo collo, dove continuava a lambire col naso, continuando a tenerlo incastrato con il peso di tutto il suo corpo, “David? Per favore- spostati. Smettila” riuscì a sussurrare Kurt con gli occhi sbarrati dal terrore quando sentì l’altro strusciarsi su di lui, sentendo ben distintamente cosa gli stava strofinando sulla gamba,  “io-io ho sempre resistito ai miei istinti. Ma tu- tu con quel fottuto di Zack-toccami” Karofsky con oppressione e violenza voltò il viso di Kurt verso di lui per assaporare di nuovo la sua bocca, prenderla ancora più forte di prima, morderla.. il suo braccio, troppo forte, violento, era ora sceso a stringergli il collo, mentre con l’altra mano sempre cattiva sempre prepotente guidava quella di Kurt su di lui, sotto l’elastico dei suoi pantaloni, dove l’esigenza si stava facendo sentire.
Kurt era come paralizzato e non solo per il peso sopraffattorio di David ma per la paura di non riuscire a fermare quell’inferno.
La sua mano era incastrata tra i loro corpi e più provava a divincolarsi e più sentiva l’altro vicino e oppressore. 
Gli aveva aperto le gambe con i piedi e stava ora aprendogli la zip del pantalone…
 
Blaine poteva sentirlo fin dentro le viscere che qualcosa non andava, sarà stato il fatto che dopo Kurt aveva visto passare per di lì Karofsky, ma Blaine sapeva che doveva trovarlo.
 
Perché è facile andare dritti nella bocca dell’inferno quando non sai che ci sei diretto e Blaine non sapeva dove Kurt potesse essere, eppure il suo cuore prima e i suoi piedi dopo gli dicevano di andare verso lo spogliatoio.
Se lo avesse raccontato in giro, nessuno gli avrebbe creduto. Si può sapere dove andare, senza esserne consapevole? A quanto pareva sì.
 
Aveva trovato Kurt, proprio dove il suo cuore gli aveva detto di andare.
 
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse rimasto lì sulla porta a guardare quell’orrore. Avrebbe saputo riferire molti e più dettagli poi, di ciò che stava accadendo, ma non avrebbe mai saputo dire in quanto tempo si fossero svolti.
Un secondo o un’ora, non lo sapeva.
 
Aveva osservato come se fosse stato qualcuno al di fuori del proprio corpo, in un certo senso. Come se fosse lo spettatore di sé stesso e di quello che stava assistendo.
Quando fece il primo passo dentro la stanza, lo fece spinto soprattutto dal bisogno di vedere e accertarsi che quello fosse davvero Kurt.
 
Ed era Kurt.
 
Furia.
La furia, quella arrivò quando vide l’espressione terrorizzata di Kurt che gli fece prendere coscienza di ciò che stava davvero tentando di fare Karofsky.
 
Dajavù.
La depandance della seconda casa Ferguson, adibita ad ufficio di Thomas, era completamente immersa nel buio e non si sentiva nemmeno un piccolo rumore ma Blaine sapeva che Sebastian era lì.
Lo sapeva non perché se lo sentiva dentro, ma perché era stato lui a mandarlo lì in quel posto, da suo padre e sapeva per certo che era successo qualcosa di orribile quando aveva risposto al telefono e tra piccoli lamenti e singulti di dolore aveva sentito Bas chiedergli di correre da lui.
E Blaine era corso, non da solo, ma con la polizia a seguito. 
E anche se si aspettava il peggio, quello che vide superava ogni sua più fervida e orribile immaginazione.
Il suo amico, il suo migliore amico, la persona più forte e orgogliosa e fiera di questo mondo, era nudo, con il viso tumefatto, pestato a sangue, privo di sensi.
Non si disturbò a guardarlo bene, perché non erano soli e perché quello che gli premeva sapere era che fosse ancora vivo.
La polizia gli assicurò che c’era battito e poi chiamarono un’ambulanza e lo coprirono come meglio poterono con la stessa giacca di Bas.
Blaine invece non riuscì a fare niente altro che tenergli la mano stretta e accarezzargli piano i capelli, sussurrando “sono qui, ti tengo” e poi “scusa, scusa, scusa” e ancora, “non mollare Bas. Ti tengo, andrà tutto bene. Sono qui” 
 
Questa volta però Blaine era arrivato prima, era arrivato in tempo. Questa volta l’aveva sentito dentro.
 
“per favore! La-lasciami! Ti-ti prego” stava ansimando Kurt, cercando disperatamente di divincolarsi, liberarsi,“sei solo una puttana Hummel” stava affannando Karofsky tra un morso e un bacio rubato.
 
Blaine non ragionò, non pensò.. agì e si scagliò sul giocatore tirandolo per la felpa dei Titans e lo spinse via da Kurt come se non pesasse il doppio di lui, l’effetto sorpresa giocò a suo favore, ovvio.
Karofsky si schiantò di schiena facendo capovolgere nel processo la panca su cui aveva tentato di poggiarsi e Blaine era pronto a spaccargli la faccia e rompergli tutte le ossa del corpo,
“non puoi. occupati di Hummel” gli fu detto da Zack -che non aveva visto né sentito fino ad allora- quando lo bloccò per una spalla e a Blaine bastò un secondo per guardare Kurt ranicchiato per terra con gli occhi ancora chiusi stretti e capire che l’altro non aveva bisogno di altra violenza. 
Aveva bisogno di essere protetto, di sapere che nessuno gli avrebbe fatto del male. Aveva bisogno di uno scudo e Blaine ne avrebbe fatto uno col suo stesso corpo, se necessario.
 
“ehi Kurt?” si inginocchiò davanti a lui e allungò una mano per fargli sentire un po’ di conforto, ma l’altro si scostò come se fosse stato toccato da tizzoni ardenti.
In fondo Kurt si trovava nella bocca dell’inferno,
“ehi no, sono io Blaine.. apri gli occhi Kurt” l’altro sembrava sentirlo ma non ascoltarlo.
Continuava a dondolarsi su sé stesso battendo ancora e ancora con la schiena all’armadietto e respirare forte dal naso: era un attacco di panico.
Blaine ne era sicuro.
“piccolo, ascolta la mia voce, okay? Ci sono io” disse “devi fermarti e respirare piano. Inspira ed espira.” continuò, “sto per prenderti le mani, okay? Devi respirare e provare a rilassarti okay, piccolo? Kurt, sono qui” mormorava.
 
Con gentilezza ed estrema lentezza Blaine gli prese le mani e fece in modo che rilassasse le dita accarezzandogliele piano.
“te lo prometto Kurt, starai bene” furono quelle le parole che fecero aprire – anzi spalancare- i suoi occhi, 
“B-Blaine” mormorò scoppiando in lacrime e gettandosi tra le sue braccia.
 
E si era davvero ritrovato a fargli da scudo col proprio corpo, lasciando che l’altro nascondesse il viso sul suo petto e che si aggrappasse con le unghie alla sua schiena, mentre lui lo teneva stretto a sé, seduto in ginocchio tra le sue gambe, lasciandogli piccoli baci casti sui capelli e con la coda dell’occhio guardava quello che accadeva alle sue spalle, senza avere lucidità e voglia di dividere i due, come invece avrebbe dovuto fare da insegnante qual’era.
 
“ti” un colpo al naso, “avevo detto” un pugno sotto la mandibola, “di non” un destro piazzato sul labbro, “toccare più” un altro colpo deciso, “Hummel” Zack lo lasciò andare solo per potersi mettere su di lui a gambe divaricate e prenderlo per il bavero della felpa, “sei un fottuto malato. Sei disturbato” glielo stava sputando dritto in faccia, naso a naso e Karofsky non reagiva, non cercava di divincolarsi o difendersi.
Prendeva e incassava.
Come se sapeva che quello era il conto da pagare e lui lo stava pagando.
Ma era solo il principio, poi dopo aver preso ciò che riteneva di dover prendere, iniziò a rispondere alla violenza con altra violenza.
E sembrava essere per loro un gioco di potere, entrambi sembravano voler predominare, come se avessero la necessità fisica di far soccombere l’altro.
Uno doveva essere perciò più forte, più furbo, più potente: era una continua sfida e Blaine sapeva che nessuno dei due voleva essere il vinto davanti a Kurt.
Tutto quello era per Kurt e mr Anderson avrebbe dovuto fermare quel macello, se non per dovere ed etica professionale almeno per Kurt che sembrava davvero arrivato al limite di sopportazione.
Invece Blaine – il ragazzo Blaine, quello egoista, arrabbiato, quello frustrato e pieno di rimpianti – desiderava solamente che i due si facessero male.
Per un motivo o per un altro, che fosse giusto o sbagliato, desiderava con foga che soffrissero entrambi.
 
Dovevano soffrire come stava soffrendo Kurt, come aveva sofferto lui stesso e come avrebbero dovuto soffrire le tre bestie tempo addietro per mano sua.
Perché era stufo di persone che si erogavano il diritto di fare ciò che più gli aggradava con i sentimenti e i corpi degli altri, per soddisfare le più malate fantasie.
Voleva che Karofsky imparasse una lezione che difficilmente avrebbe dimenticato.
Voleva che Zack prendesse qualche colpo – che non poteva sferrare lui stesso- perché credeva di avere il dovere di battersi per Kurt quando solo mesi prima lui era stato al posto di Karofsky e Sebastian al suo posto.
Voleva, ad essere onesti, che Zack si facesse male soprattutto perché era intenzionato a prendersi il posto di Blaine nella vita di Kurt.
 
“quanto sarà contento il tuo paparino quando saprà che avevi così voglia di un cazzo duro che te lo volevi prendere con la forza eh?”
“sarà contento quanto il tuo quando verrà a sapere che difendi la tua puttana”

 
Kurt sentì Blaine irrigidirsi mentre lo teneva stretto e sentì i suoi denti digrignare e la cosa lo spaventò ancora di più.
Il panico che grazie alla presenza di Blaine, come un ancora, era riuscito a controllare, prese di nuovo il sopravvento.
Sapeva che se Blaine avesse reagito d’istinto e affrontato Zack, l’altro sentitosi minacciato proprio quando stava combattendo una battaglia di Kurt, non ci avrebbe messo niente a divulgare tutto ciò che aveva su Blaine e dopo tutto quello a cui aveva rinunciato Kurt e dopo tutto quello che aveva affrontato non poteva permetterlo.
no.
“basta- basta. Vi prego. Falli smettere” la voce di Kurt era flebile e roca per il pianto e il sussurro fu tenue come un sogno quasi, ma arrivò alle orecchie di Blaine forte e chiaro.
“devo essere il professor Anderson per un po’ okay? Io sarò comunque qui, Kurt. Non ti lascio, okay?” cercò di essere lieve anche lui. Nonostante l’agitazione e la costante rabbia che faticava a tenere a bada ad ogni parola che sentiva pronunciare da quei due, provò a trasmettergli conforto prima di vestire quei panni che non gli erano mai stati così stretti prima.
 
Mr Anderson fu tutto d’un pezzo ostentando una calma che non possedeva e una fermezza che mal celava tutto il suo disprezzo verso Karofsky in primis che era per lui solo un grosso pezzo di merda.
Tenne fermo David per il collo, stringendolo anche più forte del dovuto,
“sei ufficialmente la mia lista nera Karofsky. E fidati se ti dico che ti farò vivere l’inferno” disse, poi voltandosi verso Zack che teneva per un braccio, ben fermo “anche tu passerai dei brutti quarti d’ora, te lo posso assicurare” sibilò a denti stretti Blaine, 
“vedremo” rispose Di Maggio spocchioso con un sorrisino beffardo distorto però dal rivolo di sangue che scendeva dalla guancia.
Blaine come avrebbe voluto fargli sparire quel sorriso con le sue stesse mani.
“avete due opzioni, manterrete la calma mentre vi scorto fino all’ufficio della preside dove si decideranno le misure da prendere, oppure chiamo in quest’istante il 911 e la polizia farà tutto quel che deve fare. Cosa decidete di fare?” propose Blaine mentre strattonava Karofsky che nel mentre aveva tentato di colpire di nuovo Zack che restò impassibile a guardare Kurt,
“io devo parlare con Kurt” disse asciutto di Maggio, 
“tu non devi fare proprio un bel niente” sbottò Blaine trattenendo Zack per un braccio forse più forte del necessario,
“andiamo dalla Sylvester” disse invece asciutto David.
 
Blaine restava comunque solo e se doveva trascinare i due bastardi dalla preside non poteva di certo accompagnare Kurt per l’intero tragitto quindi dovette pensare in fretta e agire come meglio poteva,
“ehi Kurt, ascoltami. Non vorrei lasciarti qui, da solo, non in questo stato. Quindi sarebbe più facile se potresti seguirci. Puoi farlo?” domandò guardando come Kurt alzava lo sguardo afflitto su di lui, come si asciugava le lacrime e respirava deciso come per tenere a bada il panico,
“dove?” domandò alla fine, 
“dalla preside” rispose Blaine maledicendosi per non poter correre da lui e stringerlo forte,
“no”
“no? Che vuol dire no Kurt?”
“prima devi promettermi che mio padre non verrà chiamato e che Zack verrà lasciato fuori da questa storia, perché non centra niente” Blaine a quelle richieste stava quasi per mettersi ad urlare, 
“Zack ha malmenato un compagno di squadra Hummel, non posso fingere di non aver assistito al fatto” decise però di dire con calma,
“l’ho malmenato – come ti piace dire- per evitare che lo facessi tu Anderson, o sbaglio?” s’intromise di Maggio
“Zack” sospirò Kurt mentre si rimetteva in piedi su gambe tremolanti.
Era sotto shock, quello era chiaro.
“dammi una mano” mormorò afflitto quando capì che da solo non avrebbe fatto neanche un passo e Blaine quasi gli venne da piangere quando si rese conto che Kurt stava parlando con Zack che strattonò via la sua mano per soccorrerlo e lui lo lasciò fare, perché era quello che avrebbe fatto un’insegnante. 
“andiamo dalla preside, okay?” chiese conferma a Zack guardandolo dritto negli occhi e aspettando che l’altro capisse che non avrebbe detto o fatto niente per metterlo in difficoltà,
“andiamo” rispose allora Zack come se avesse letto tutte le buone intenzioni nel suo sguardo.
 
*
Zack si era pentito di aver fermato Anderson dal prendere a pugni lo stronzo nel momento esatto in cui lo stronzo gli aveva assestato un pugno sullo zigomo ben piazzato. Ma ormai il danno lo aveva fatto e non poteva tirarsi indietro e se si metteva a pensare il motivo che lo aveva spinto a prendere il posto del professorino, gli saliva il nervoso e colpiva Karofsky un po’ più forte “Idiota idiota fottuto idiota” pensava ad ogni colpo che sferrava. 
Perché avrebbe potuto benissimamente lasciare che Anderson spaccasse la faccia al bastardo, così di sicuro sarebbe stato allontanato dalla scuola per un po’ e se fortunato fino alla fine dell’anno perché un insegnante non può agire in maniera violenta contro uno studente. Si sapeva.. eppure Zack era stato così idiota da vedere Kurt in quello stato e pensare che lui non avrebbe saputo aiutarlo come invece avrebbe potuto fare Blaine con una sola sua stupida parola. 
Ecco il motivo: redenzione per lo stupido sbaglio che aveva fatto fuori dallo Scandals. Non che lo avrebbe mai ammesso, però. 
Nemmeno sotto tortura. 
Da quando si era rammollito così? 
 
“Non avresti dovuto intrometterti Zack” disse a bassa voce Kurt riportandolo alla realtà, 
“Volevo fare l’eroe che salva la sua damigella davanti ad Anderson” disse spavaldo mentre percorrevano il corridoio vuoto del McKinley, 
“ed io che pensavo che l’avessi fatto così da potermi chiedere un favore di rimando. Tu hai fatto un favore a Blaine ed ora io devo farne uno a te per evitare che finisca nei guai, no?” Zack alzò gli occhi al cielo e sbuffó realizzando solo in quel momento che le buone intenzioni che ci aveva letto nei suoi occhi prima erano rivolte ad aiutare Blaine, 
 “Sinceramente in quel momento non ho pensato molto se non a rompere il cazzo ad Anderson e fare bella figura con te. L’eroe ricordi? Però se mi eviti delle rogne magari, sarebbe carino” 
“sarebbe carino? Blaine è incazzato, come puoi ben vedere e sono sicuro che non ci andrà leggero. Non posso prometterti niente ma io-” il suo discorso fu bloccato da Zack, 
“Ok no, sono stato troppo garbato nei termini. Se affondo io- affonda Anderson. Chiaro?” 
“Come pensavo” 
“Non posso permettermi rogne al momento a casa, Hummel.” allora Kurt annuì perché non c’era nient’altro che avrebbe potuto fare.
“Per uno che ha appena subito uno shock riesci a ragionare che è una meraviglia” disse d’un tratto Zack solo per far finire quel silenzio ingombrante, 
“Tra te e altri stronzi, ci sono ormai abituato a ragionare sotto stress” farfugliò Kurt facendo irrigidire l’altro, “senti Hummel sei tu che non vedi altro che il marcio in me, perché sinceramente io mi aspettavo che mi avresti ringraziato per aver evitato problemi ad Anderson e visto che non sono io lo stronzo in questa situazione da biasimare, mi avresti parato il culo, come farebbe un amico. Invece mi hai costretto a fare quello che ti aspettavi che avrei fatto:usare il ricatto. E così sia, allora” disse d’un fiato Zack facendo attenzione a non farsi sentire da nessuno se non da Kurt, “Zack sono sotto shock ricordi?!” Non avrebbe voluto ma a quelle parole finí per scoppiare a ridere e il fatto che Kurt lo spinse appena con la spalla a mo’ di sfottò per prenderlo in giro fu solo un plus, perché era sicuro che a quel punto a Blaine Anderson stava andando in fumo il cervello. 
 
Una volta fuori dall’ufficio della preside Blaine aprì la porta e fece un gesto teatrale con la mano per invitare tutti all’interno. 
Era pronto ad affondare il carnefice questa volta. 
“Bla- Mr Anderson, posso- io- possiamo parlare un attimo prima di entrare?” Kurt lo aveva fermato per un braccio e Blaine poteva sentire che stava ancora tremando, così annuì e gli disse di aspettare un secondo prima. Spinse i due nell’ufficio senza chiudersi la porta alle spalle e li fece sedere senza garbo sulle due sedie vuote proprio di fronte la scrivania della preside che aveva alzato lo sguardo dal suo portatile per puntarlo sugli arrivati, 
“Anderson qualsiasi cosa sia successa, la possiamo risolvere con qualche giorno di detenzione dopo le lezioni. Mettiti d'accordo con la Pillsbury. Io non ho tempo” disse lei asciutta facendo per tornare allo schermo, 
“non credo che provare ad abusare di un compagno e poi provocare la rissa con un altro sia una questione da poter risolvere con qualche ora di detenzione. Quindi mi dia un secondo per riprendere Hummel dallo shock e torno. Non li faccia muovere da qui, Sue.” E senza aspettare reazione o risposta dalla Sylvester ritornò da Kurt. 
 
Kurt non stava bene, quello Blaine poteva notarlo anche ad occhi chiusi ed ora che si era fermato un secondo a fissarlo per bene, la bile gli salì in gola dall’orrore. 
Aveva le labbra rosse, gonfie e martoriate. Segni di graffi e ditate sul collo che era sicuro sarebbero diventati lividi e Dio solo sa cosa avrebbe potuto vedere al di sotto dei vestiti. 
Ma quelli che più di tutto urlavano dolore erano i suoi occhi. 
Occhi sempre azzurri sì, ma di un azzurro come quello di un cielo in tempesta. Pieno di nuvole grigie e tormento. 
Doveva fare qualcosa.. per questo quando si sedette di fianco a lui su quella sedia scomoda fuori all’ufficio della preside dove avrebbe dovuto esserci la segretaria, gli posó una mano sul ginocchio e con il pollice dell’altra sfiorò leggero le sue labbra fino a quando vide l’altro meno rigido, “Questo non doveva succedere Kurt. Mi dispiace così tanto” disse lasciando cadere la mano poi su quella dell’altro per fermare il suo gioco di tortura, “Non avevo capito che lui- che beh- non me lo aspettavo e quindi non sono riuscito a reagire.” Disse con difficoltà e Blaine annuì, 
“Cosa volevi dirmi?” chiese poi mettendo da parte quei discorsi che erano difficili da affrontare quando vestiva ancora  i panni dell’insegnante,
“Zack ha solo fatto quello che avresti fatto anche tu se lui non si fosse intromesso, quindi non voglio che ti accanisci anche su di lui. Non è lui il cattivo in questa storia” Blaine a quel discorso si passò le dita sulla punta del naso e prese un profondo respiro come se volesse recuperare tutta la calma che riusciva ad accumulare e poi posò gli occhi su quelli di Kurt, non riuscendo a nascondere del tutto la delusione,
“il fatto che anche in una situazione del genere, tu riesca a preoccuparti prima di lui e poi di te stesso mi fa capire quanto ci tieni” borbottò, “e lui ha scatenato una rissa, non posso fingere che non sia successo” continuò più deciso
“lo so, non ti sto chiedendo di lasciarlo impunito, ma ti sto chiedendo di non chiamare i suoi genitori.” Blaine si odiava per aver notato che Kurt non avesse negato il fatto di tenere all’altro,
“non puoi chiedermelo ed io non posso farlo” però disse,
“allora io non dirò una parola una volta entrato lì dentro” Blaine spalancò gli occhi e prima che potesse impedirselo scattò in piedi,
“Kurt questo è stupido e infantile! Non puoi-” ma non riuscì a finire il suo discorso perché Kurt gli passò oltre ed entrò in ufficio.
 
Erano passati dieci minuti da quando erano tutti chiusi lì dentro ad un impasse e ad ogni minuto che passava Blaine era sempre più alterato e Zack più strafottente, 
“Anderson, se Hummel non parla io posso fare ben poco lo sai, vero?” disse per l’ennesima volta Sue guardando preoccupata proprio Kurt, che sembrava sul punto di vomitare anche l’anima
“perfetto Sue, allora non posso fare altro che chiamare la polizia” disse pratico Blaine mentre prendeva dalla tasca il cellulare,
“la polizia?!” sbottò Karofsky,
“Coach?” parlò finalmente Kurt, “Zack è qui solo perché si è sentito in dovere di intromettersi per tutta quella storia delle guardie del corpo che lei stessa ha acconsentito perché lei da sola non è in grado di tenere a bada energumeni come Karofsky, quindi le chiedo di tenerlo fuori da tutto questo”
“Kurt!” esclamò Blaine rosso in viso, 
“Hummel converrai con me se ti dico che non posso fingere di non vedere come sia conciato Karofsky, giusto? E che sono sicura che non sia stato tu a ridurlo in questo stato, non è vero?”  Kurt deglutì a fatica perché Sue aveva ragione,
“potrebbe almeno non chiamare i suoi genitori? Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per aiutare me e il professor Anderson può confermarlo”
Blaine alzò le braccia al cielo per poi sbottare, “Io non confermo un bel niente!”
“Io stavo solo cercando di evitare che il professore qui si cacciasse nei guai per-” si era intromesso Zack ma Kurt fu veloce a scagliarsi su di lui e a tappargli la bocca con la mano,  
“contegno! Per piacere!” Urlò la Sylvester autoritaria, “Hummel per ora avviseremo tuo padre e i genitori di Karofsky. Faremo meglio luce sulla situazione e poi saprò che fare. Siete d’accordo? Bene” disse in modo da far capire che si faceva come lei diceva, senza tante cerimonie.
 
L’ultima volta che Burt Hummel era stato chiamato da un dirigente scolastico era per avvisargli che suo figlio Kurt si era ritrovato vittima di un incidente e che era stato trasportato d’urgenza in ospedale.
E ricordava bene la sensazione di impotenza, rabbia e preoccupazione che lo accompagnarono in quella situazione e si ricordava ancora meglio la promessa che aveva fatto a se stesso quella volta: non avrebbe permesso mai più a nessuno di far del male a suo figlio. Non avrebbe mai più lasciato che suo figlio gli nascondesse anche solo il più piccolo e insignificante degli abusi. 
E quando quel giorno un certo professor Anderson lo aveva chiamato per dirgli che Kurt si era ritrovato in una spiacevole situazione, Burt Hummel sentì di aver fallito come genitore, 
“Signor Hummel è ancora lì?”
“Lui- lui sta bene?”
“Si, lui sta fisicamente bene. È un po’ scosso. Ma- signor Hummel farò tutto quello che è in mio potere per far sì che nessuno resti impunito. Glielo assicuro.”
“Arrivo il prima possibile”
 
Kurt non aveva capito quanto avesse bisogno di suo padre fino a quando non lo vide percorrere a grandi falcate il largo corridoio del McKinley con un’espressione corrucciata e un portamento fiero
“Papà”  lo chiamò già con le lacrime agli occhi, quando era a pochi passi da lui e l’uomo aprì le braccia per lasciare che suo figlio si catapultasse al suo petto,
“figliolo, ci sono io ora. Andrà tutto bene” e Kurt sperava con tutto se stesso che suo padre dicesse la verità.
Aveva bisogno di credere che quella fosse la verità.
 
La verità. 
Era ciò che avevano chiesto Burt e Blaine.
La verità era ciò che Kurt faticò a dire e David a negare, fino a che non lo fece più.
Negare.
La verità era ciò che fu difficile ascoltare anche per una tosta come Sue e per uno stronzo come Zack.
La verità era ciò che il signor Karofsky non voleva ascoltare e credere.
 
“Questo ragazzino disturbato si sta inventando tutto. Mio figlio David non è un finocchio. Tutto questo è-”
“ma qual’è il suo diavolo di problema eh?!” Sbottò Blaine rosso in viso pronto a scagliarsi contro l’uomo se Burt non lo avesse fermato prima, 
“Professor Anderson, non possiamo fare il suo gioco. Ora chiamo la polizia” disse asciutto lui, 
“No papà!” Esclamò Kurt trattenendo a stento un singhiozzo, 
“Non è necessario arrivare a tanto. Sono sicura che-” provò a dire Sue ma fu subito stoppata da Burt, 
“Lei non è sicura di un bel niente. Questo schifo è successo sotto al suo naso e questa negligenza deve essere pagata. Mio figlio sta bene grazie al tempestivo intervento di Anderson e all’aiuto di questo ragazzo per quanto possa essere considerato scorretto.” Mentre Burt parlava Blaine aspettava che la centrale di polizia che aveva chiamato gli passasse un operatore con cui parlare.
“Blaine!” Quando Kurt se ne accorse tirò via il cellulare dalla mano dell’altro, staccò la chiamata e se lo infiló in tasca,
“Ridammi il cellulare Kurt. Dico sul serio.”
“Se non vuole che si chiami la polizia, un motivo deve esserci e questo è che sta dicendo tutte cavolate. David, per l’amor di Dio, Perché non dici come stanno veramente le cose e la facciamo finita?” Proruppe il signor Karofsky strattonando suo figlio per la manica della felpa come per risvegliarlo, 
“Dio Frank! Fattene una ragione tuo figlio è gaio quanto il quattro di luglio! Ed è così represso e frustrato da sentire il bisogno di strusciarlo addosso ad Hummel! Per carità lui è un animale, ma tu Frank sei il colpevole.. è colpa dei tuoi giochetti mentali se tuo figlio è diventato quel che è!” disse Zack contento che nessuno avesse provato a fermarlo, perché sapeva chi fosse Frank, sapeva come aveva cresciuto Dave e sapeva che se il figlio si sentiva così inadeguato e sbagliato da arrivare a tanto era per colpa sua e sua soltanto.
“L’ho sempre detto a tuo padre che doveva essere più duro con te. Sei una cattiva influenza tu e vedi di stare al tuo posto. Dov’è ora Tony, mh? Se ti sentisse parlare così ti darebbe una lezione che non dimenticheresti tanto facilmente” disse preso un po’ alla sprovvista Frank Karofsky,
“signor Karofsky se non si dà una calmata mi costringe a chiamare davvero la polizia”
“La chiami allora” rispose Blaine, 
“Porcellana, tu cosa vuoi fare?” domandò allora la Sylvester lasciando tutti i presenti spiazzati, Kurt compreso.
 
Kurt boccheggiò un po’ guardando uno ad uno i presenti che lo stavano guardando di rimando, tutti con aspettative diverse, lui però fermò lo sguardo un po’ di più su David che stava trattenendo a stento le lacrime e poi si fermò a fissare Blaine che annuì verso di lui come per dirgli: “fallo”.
Ma Kurt scosse piano il capo e poi abbassò gli occhi sulle mani che aveva strette sul grembo,
“non voglio chiamare la polizia” biascicò sicuro che almeno la Sylvester che era la persona a lui più vicina, l’avesse sentito.
“cosa? Sei sicuro che-” cominciò la preside,
“non voglio sporgere denuncia” lo disse più convinto, con voce più ferma.
 
Dire che Blaine si sentì deluso era dire poco.
Davvero poco.
Blaine sentì troppe cose e tutte insieme per riuscire a restare lucido e per non dimenticare di essere il Professor Anderson e nient’altro.
“Non esiste Kurt! Non esiste! Chiaramente non stai ragionando o lo stai facendo male. Non si può giustificare quello che ti è stato fatto. Mi dispiace. E non voglio nemmeno pensare cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo. So cosa viene dopo, cosa si deve affrontare. capisco la vergogna che si prova dopo,  capisco anche fin troppo bene e non posso lasciare che affronti tutte le conseguenze permettendo a lui di restare impunito e senza conseguenze. Non posso. Avevo promesso di- ma, non posso restare” Blaine si voltò con gli occhi lucidi verso Burt cercando di trattenere quelle lacrime di frustrazione e sconsolazione, “signor Hummel- Burt.. io credevo di riuscire a non prendere la situazione sul personale, ma a quanto pare tutto questo è più grande di me. Faccia ragionare suo figlio”  così dicendo fece per uscire da quella stanza diventata troppo stretta, ma gli fu sbarrata la strada proprio da Burt che gli poggiò una mano sulla spalla frapponendosi tra lui e la porta e sorrise paterno.
Un sorriso che Blaine non conosceva, non con il padre che si era ritrovato ad avere,
“Anderson- Blaine non mi fido di nessuno in questa stanza se non di mio figlio e di te - posso darti del tu, vero?- è chiaro che  vuoi che venga fatta giustizia tanto quanto me. Quindi resta” disse l’uomo stringendogli la spalla con la mano che poi lasció andare, 
“Tutto questo è così commovente ma io non ho tempo per le soap opera da checche, quindi fatemi solo sapere se devo chiamare il mio avvocato, così posso andarmene!” Frank Karofsky era un uomo che aveva poco di uomo a tanto di feccia umana, lo avevano capito tutti a quel punto,
“Sta zitto papà!” Esclamò rosso in viso suo figlio proprio mentre la Sylvester scattò in piedi sbattendo un pugno sulla cattedra arrabbiata come mai si era permessa di essere a scuola, 
“Non tollereró un’altra parola sbagliata da parte sua, signor Karofsky. Ora le dico cosa faremo qui, okay? Lei chiede scusa a tutti per le parole che ha usato poi sta’ fermo e zitto ad ascoltare cos’ha da dire Kurt, poi farà, come tutti noi del resto, ciò che é più giusto per Hummel e per suo figlio. E se si azzarda anche solo a pensare di dissentire, mi assicureró che questo caso abbia più attenzione mediatica delle elezioni nazionali. Perché lei crede che il suo cognome e i suoi soldi possono tutto in questa cittadina, però ha dimenticato che io mi chiamo Sylvester e che il mio nome e la mia posizione come ex candidata al congresso possono di più anche al di fuori. Quindi Frank, decida. Chiama il suo avvocato ed io il mio o chiede scusa e andiamo avanti.”  il petto di Sue si era gonfiato pieno di aria e fierezza proprio come quello dell’uomo si era sgonfiato divenendo paonazzo senza ritegno,
“amen preside amen! Lei si che ha le palle!” Esclamò Zack rompendo così quel silenzio teso, 
“Non ora di Maggio” rispose lei senza distogliere lo sguardo dal padre di David, anzi fece anche un gesto con la mano come per invitarlo a parlare, 
“Okay. Perfetto. Ho usato un linguaggio troppo forbito per il luogo. Me ne rammarico” disse l’uomo ma Sue scosse la testa,
“No Frank, lei prima ha usato un linguaggio omofobo, ora un linguaggio incorretto. Chieda scusa.”
“Mi dispiace okay? Andiamo avanti su!” La donna annuí finalmente soddisfatta e poi si voltò con un sorriso affabile verso  Kurt, 
“Bene Kurt, Ora dicci perché non vuoi che venga sporta denuncia.”
 
Kurt aveva tanti buoni ‘perché’ da elencare per non volere il coinvolgimento della polizia.
Alcuni li avrebbe detti, altri li avrebbe tenuti per sé.
Il primo dei tanti era sicuro sarebbe bastato a convincere almeno suo padre, perciò lo disse.
Con qualche difficoltá, ma lo fece.
“Perché ci sono già passato e tutto quello che ho ottenuto non è stato niente di ciò che volevo. Ho ricevuto tanti sguardi gravi e poca comprensione. Oltre le ossa rotte e il cuore spezzato ho dovuto subire anche l'umiliazione di non essere ascoltato perché quelli lì erano bravi ragazzi e io in qualche modo li avevo provocati. Perché il giudice ha dismesso il caso per loro con dei servizi socialmente utili e le scuse formali per me.  Intanto io ci ho guadagnato mesi di terapie, un cambio di scuola e la fine di un rapporto per me importante. Con la consapevolezza che quei vandali avrebbero fatto o rifarebbero ancora e di nuovo la stessa cosa a me o a qualcun altro come me.” Disse Kurt prendendo un respiro profondo quando era necessario e spostando lo sguardo tra Blaine e il padre quando ne sentiva il bisogno.
“Kurt perché non- io- Rachel aveva accennato, ma” Blaine stava balbettando alla ricerca di parole adeguate e pensieri logici.
Era in continuo conflitto tra il Blaine, ragazzo del caffè e il Blaine insegnante di letteratura inglese, e in qualsiasi modo ne usciva sempre sconfitto.
“non sono un codardo però.
Voglio che questo sia chiaro” continuò Kurt fingendo di non aver sentito Blaine anche se gli aveva lanciato uno sguardo che diceva che ne avrebbero parlato ancora,
“Non voglio che pensiate che io non sia in grado di affrontare il problema. Preferisco solo affrontarlo in maniera diversa. Non voglio che intervenga la polizia perché non sono il tipo di persona che fa outing al posto degli altri e chiaramente Karofsky non é ancora pronto ad accettare ciò che è, figuriamoci a dichiararlo.” Disse guardando il ragazzo per la prima volta da quando si erano seduti tutti in quell’ ufficio.
“Mio figlio non è-”
“Suo figlio non è innocente” si intromise Blaine però zittendo sul posto Frank, 
“Kurt, qui non si tratta di dire in giro cos’è o non è Karofsky, lo sai vero? Qui si tratta di tutelarsi e tutelare anche gli altri” disse poi rivolto all’altro orgoglioso di notare l’approvazione di Burt che annuiva convinto, 
“Lo so. Ma non credo che qualche servizio civile o qualche settimana di domiciliari che suo padre riuscirá ad ottenere serviranno a qualcosa. Non credo che aiuteranno David con la sua confusione o con la sua emh.. i suoi problemi di rabbia, ecco” asserì sperando che Blaine capisse,
“Su questo concordo con Lady Hummel, sono sicuro che anzi peggioreranno la situazione di questo povero disgraziato di Karofsky che si convincerá dell’ennesima lavata di capo del padre e che gli farà credere che è stata colpa di Hummel  con le sue fattezze di donna a confonderlo e che lui non ha fatto niente di male, se non dargli ciò che voleva.” a quelle parole di Zack, Burt si fece avanti puntandogli un dito sul petto, 
“Senti un po’ ragazzino, cerca di parlare più pulito e non solo quando parli di mio figlio, perché, fidati di un uomo che potrebbe essere tuo padre, non ti fa sembrare più forte e spavaldo ma solo più piccolo e insicuro. Qualcosa di buono in te c’è altrimenti mio figlio non cercherebbe di proteggerti come sta cercando di fare da quando avete messo piede in questo ufficio
 Ma cerca di non mettere a dura prova la mia pazienza che sono un uomo già stanco. Ti è tutto chiaro?” Disse lui aspettando almeno un cenno di conferma dal ragazzo che arrivò seppur in ritardo,
“Vedi Hummel anche tuo padre vede del potenziale in me” disse lui rivolgendo a Kurt un occhiolino smaliziato e il verso gutturale di Kurt e un “non farmene pentire” fu l'unica sua risposta.
 
“perfetto: Niente polizia. credo che ormai Hummel ci ha convinto tutti. Quello che mi resta da fare è l’espulsione dalla scuola con effetto immediato” disse la preside freddando tutti, tranne Frank ovviamente che infervorato scattò in piedi parandosi proprio davanti la donna che non ne fu per niente impressionata, 
“Mio figlio è il quarterback della squadra di football. Il migliore in campo. Lui è quello che vi fa vincere tutte le partite e vendere tutti i biglietti. Non vi permetterò di rovinargli la reputazione e fargli perdere la borsa di studio. Non succederà! Mi ha sentito?” sbottò mentre pescava dalla sua giacca il portafogli,
“Hummel quanto vuole 10 mila? 15? Quanto, per accettare le scuse e andare avanti?” Domandò alterato brandendo il libretto degli assegni come se potesse risolvere così la questione, 
“Dio papà. Smettila. Non voglio restare in questa scuola un solo giorno in più. Io non-  non posso. Quello che ho fatto è-” David stava apertamente piangendo e solo quello bloccò Burt dall aggredire l’uomo di fronte a lui.
“Lei è un pezzo di- si rende conto che non sta aiutando nessuno così? Soprattutto non suo figlio?” Sbottò rosso in viso Burt.
Sue per l’ennesima volta fu costretta a mantenere la calma con voce forte e maniere dure.
 
Blaine a quel punto stufo di tutto quel teatrino creatosi si alzò dal bracciolo del divano dove era seduto di fianco a Kurt e per la prima volta si rivolse a David, considerandolo per quello che era e non per ciò che aveva proiettato su di lui.
Era un ragazzo confuso e represso? Si. 
Era l'aggressore? Si.
Era un animale che aveva voluto solo giocare e infliggere qualche tipo di perversa lezione? No.
Blaine l’aveva capito.
Era da comprendere e giustificare? Assolutamente no.
Però era da aiutare per evitare che diventasse un uomo disturbato, cattivo, inumano.
Un uomo senza limiti e con solo eccessi.
 
“David, voglio che prendi la mia domanda sul serio, okay?” chiese Blaine e Dave annuì.
Poi passandogli lo specchietto, che per qualche ragione Sue teneva sulla scrivania, gli fece la domanda,
“Cosa vedi ora guardandoti allo specchio?” Karofsky dopo un attimo di esitazione in cui aveva alzato lo sguardo su suo padre, fissò la sua immagine riflessa nello specchietto, ma solo per pochi secondi prima di mettere via l'aggeggio non sopportando più ciò che vedeva.
 
E ciò che vedeva erano un sacco di cose e nessuna delle quali era ciò che voleva essere.
Vedeva un ragazzo disperato.
Vedeva un pentito, un codardo.
Vedeva un animale in gabbia.
Uno spregevole.
Uno che non valeva.
 
“vedo troppe cose tutte difficili da ammettere” disse con voce spezzata,
“allora dimmi ciò che non vedi ma che vorresti”
“sereno. Vorrei potermi vedere sereno. Normale.” 
A quelle parole- all’ultima in particolare: normale- Blaine annuì e lo ringraziò per essere stato onesto nonostante la palese difficoltà.
 
“quindi Anderson?” domandò chiaramente confusa la preside mentre risistemava lo specchietto al suo posto,
“quindi ho un paio di idee che possono funzionare insieme a quelle di Kurt” disse convinto,
“quali sono le tue idee, Kurt?” chiese Burt a quel punto notando che suo figlio stava sorridendo al giovane insegnante, complice.
“Karofsky non vuole restare in questa scuola ed io non voglio che ci resti, però invece di sospenderlo lui potrebbe semplicemente cambiare liceo. Sono sicuro che suo padre potrebbe farlo entrare in qualsiasi scuola voglia” cominciò Kurt indicando con fare ovvio il libretto degli assegni che Frank aveva ancora in mano, “e poi voglio che David si faccia aiutare da un terapista o un centro di sostegno.. non lo so. Voglio che capisca chi è e cosa non è, così da non ripetere più i suoi errori” Blaine stava apertamente sorridendo ora, fiero di quanto maturo e forte fosse il suo Kurt.
Avrebbe tanto voluto potergli prendere le mani e stringergliele forte e baciargliele e baciare lui.
Ma non poteva.
Ricordarlo fu una doccia fredda.
L’addio ora pesava come un macigno sul suo cuore.
 
"Credo che sia necessario che anche suo padre segua una terapia. Il problema va risolto dalla radice e la radice è lui” s’intromise Blaine,
“a questo non ci avevo pensato e mi sembra più che giusto” confermò Kurt rasserenato,
“e se io non volessi accettare tutta questa manfrina?” parlò Frank,
“allora sarò costretto a fare quella dannata denuncia, signor Karofsky perché non mi sono mai sentito così violato prima di oggi e perché in qualche modo devo assicurarmi che David non tenti di farlo di nuovo a me o a qualcun altro come me” mise in chiaro Kurt,
“nel caso, conosco un avvocato di Washington che lavora per il congresso, è così gay che accetterebbe di aiutarti pro bono” rincarò la dose Sue facendo l’occhiolino a Kurt che si fece scappare un risolino.
A Frank non gli restava nient’altro da fare che accettare.
E lo fece.
Di malavoglia e a denti stretti, accettò le condizioni poste da Kurt.
“Bene, perfetto. Non c’è nient’altro da fare qui, quindi” Sue Sylvester era pronta a fare le sue formali scuse agli Hummel, mandare tutti via e prendersi una meritata pausa, ma Blaine era d’un altro avviso,
“eh no Sue. Io avrei ancora delle idee da proporre” disse e la preside ricadde sulla sedia invecchiata di cent’anni,
“ti prego sii veloce”
“voglio che venga inserito nel programma scolastico un progetto contro l’omofobia e la transfobia.  E voglio che si tenga un corso obbligatorio sui diritti umani universali per educare i ragazzi ad essere civili e rispettosi. E converrai con me quando dico che bisogna cambiare la politica di questa scuola contro il bullismo: tolleranza 0” la Sylvester sospirò afflitta perché era giusto ciò che le chiedeva Anderson, ma era impossibile da attuare con il budget ristretto che si ritrovava ad avere a quel punto dell’anno scolastico.
“Anderson, pensavo fossi stata chiara già mesi fa, ho le mani legate e le tasche vuote. Il glee è ancora in piedi perché tu lo stai dirigendo gratis! La scuola non può permettersi di assumere altro personale, aprire nuovi corsi e promuovere progetti anche se sono ottimi” Blaine sembrava pronto a farsi sentire ma Burt lo precedette,
“sono sicuro che il signor Frank Karofsky che ora sta giocando col suo cellulare, sarà più che lieto di donare quanto serve per incentivare una buona causa, non è vero Frank?” 
“è vero un corno!” sbottò l’uomo, “tutto questo mi sembra solo una barzelletta!” 
“Frank avanti! Risparmiamoci la parte in cui ti ricordano della denuncia, dell’avvocato al congresso, del caso mediatico e arriviamo direttamente alla parte in cui tu firmi l’assegno e noi tutti ce ne andiamo a casa!” le parole di Zack furono ben accette da tutti, Burt e Blaine inclusi.
“10mila vanno bene” sentenziò la Sylvester quando vide l’uomo riprendere il libretto degli assegni senza emettere una sola parola perché Zack aveva più che ragione, qualsiasi cosa avesse detto si sarebbe ritrovato comunque a firmare quel pezzo di carta.
“perfetto grazie. Vorrò essere aggiornata sui progressi di David, ovviamente. Quindi si aspetti una mia chiamata di tanto in tanto” lo dismise la preside quando aveva intascato l’assegno, indicandogli con un gesto fintamente gentile la porta,
“io vorrei- sono- Mi dispiace” disse Dave a nessuno in particolare, poi calò la testa e se ne andò spinto via dal padre.
 
Cosa poteva farsene Kurt di un mi dispiace? Niente
Non avrebbe neanche voluto sentirlo quel “mi dispiace”, perché non cambiava niente.
Non cambiava ciò che era successo e cosa stava provando lui.
Non gli faceva smettere di sentire le labbra martoriate e il dolore alla schiena.
Non gli faceva dimenticare il terrore che aveva provato.
Non gli cancellava la sensazione di sporco addosso.
Anzi quel “mi dispiace” rafforzava ogni sentimento.
 
“e ora Anderson? Contento? Possiamo andare?” Sue aveva perso ogni briciolo di pazienza,
“c’è ancora la questione di Di Maggio da discutere” disse Blaine e prima che Kurt potesse anche solo aprire bocca lui lo fermò con un gesto secco della mano,
“cosa vuoi che faccia con Zack?” 
“due settimane di detenzione dopo la scuola. La stesura di un saggio di 10.000 parole contro la violenza e il bullismo. E 15 ore di consulenza con la Pillsbury"  
La Sylvester accettó le punizioni imposte da  Blaine e Zack dal canto suo non gli importó molto infatti fece un'alzata di spalle e poi con il suo solito sorriso sghembo disse “ed io che pensavo di ricevere da lei mr Anderson, almeno un grazie. Ma va bene, L’ha già fatto Kurt per lei.” Alzò la mano in segno di saluto e un occhiolino per Kurt, disse che sarebbe andato in infermeria per un borsa del ghiaccio e un dormita di qualche ora e poi scappò via.
 
Kurt era esausto e se non fosse stato per il riflesso di sé stesso che vedeva sulle vetrine del corridoio del McKinley avrebbe creduto di essere invecchiato di 100 anni.. invece nell'immagine che quei vetri gli restituivano vedeva un ragazzo sfatto, ferito, destabilizzato.
Ma non solo.
In quel riflesso vedeva suo padre che camminava di fianco a lui e vedeva Blaine camminare a qualche passo più indietro.
Non era solo.
 
“Carole ci sta aspettando in ospedale” sentenziò suo padre,
“Perché? Ha bisogno di un passaggio?”
“No, ha bisogno che tu ti faccia visitare” 
“Non esiste papà. Io sto bene. Davvero. Niente ospedali. Ho solo bisogno di una doccia e di riposare un po’”   borbottò lui, anche se ad essere onesti lui proprio non sapeva di cosa avesse davvero bisogno.
“Potrei darvi il nome di un centro d’assistenza che si occupa di questo genere di situazioni e che ha un team di medici davvero in gamba. Si trova di strada per andare a Westerville” s’intromise Blaine tagliando la distanza a passo di corsa fino ad affiancare Burt,
“Sei anche tu di Westerville?” Domandó a quel punto l’uomo e Blaine annuì e confermò, 
“Blaine Anderson di Westerville.” Disse riflessivo Burt più a sé stesso -come per ricordare- che a lui, “oh” esclamò poi aprendo la bocca a formare una o per lo stupore, 
“Come il Blaine Anderson che prima era Ferguson dello studio legale Ferguson Corporation?” Domandò per esserne sicuro e ancora una volta Blaine annuì e confermó.
Burt a quell’assenso si fermò al centro del corridoio, si voltò verso Blaine, gli poggiò una mano sulla spalla e poi lo attirò a sé per un abbraccio da uomo a uomo.
Da un padre ad un figlio.
“Mi dispiace se oggi hai rivissuto anche solo un secondo di quello che è successo quel giorno” gli sussurrò all’orecchio prima di lasciarlo andare,
“Papà? È tutto ok? Vi conoscete?” Domandò Kurt sempre più confuso notando l’espressione illeggibile di Blaine, 
“Una volta, quando era un ragazzino, gli ho sistemato l’auto” 
“una mercedes clk” ricordó Blaine,
“Si giusto. Quel paraurti era messo proprio male” continuò Burt e Blaine si passò una mano alla base del collo a disagio sorridendo imbarazzato.
“Andiamo, papà” se Blaine sembrava essere in imbarazzo, Kurt era completamente e tremendamente agitato.
Come se non bastasse.
“Si, si andiamo. Com’era quel centro, allora?”  Disse Burt rivolto ancora verso Blaine,
“Io- potrei, si.. posso parlare un attimo con Kurt? Vorrei assicurarmi che-” non finí la frase però, perché il signor Hummel gli porse la mano che Blaine strinse e lo salutò 
“Professor Anderson ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per mio figlio” sentenziò, “Kurt” continuò voltandosi verso il ragazzo, “io mi avvio a- si, starò lì giù a chiamare Carole” 
 
Kurt spostava il peso da un piede all’altro e teneva lo sguardo basso perché il peggio era passato.
Lo smarrimento e lo spavento era finito. Il panico si era placato e lui doveva ricordare a sé stesso che Blaine se ne sarebbe andato.
Doveva ricordare che non poteva e non doveva chiedere altro.
Doveva ricordare che Blaine l'avrebbe aiutato, di sicuro, ma non per la motivazione che voleva Kurt e che non poteva volere.
Blaine gli aveva detto addio solo pochi giorni prima, Blaine solo poche ore prima era al telefono con un certo Eli.
 
“Volevi Parlarmi, no? Dimmi”
“Kurt io- di qualsiasi cosa tu hai bisogno puoi chiedermelo. Io ci sono” Blaine fece un passo avanti e poggiò la mano sul braccio di Kurt,
“puoi darmi il nome di questo centro di cui parlavi” lo disse con un'alzata di spalle e un passo indietro,
“Non intendevo questo. Non fingere di stare bene.. con me non devi farlo. Quello che è successo-”
“Quello che é successo è già passato. Ti ringrazio per l'attenzione che hai avuto in quel momento per me. Non eri dovuto a farlo Mr Anderson” disse asciutto notando come gli occhi di Blaine si aprivano per la sorpresa e poi si socchiudevano guardinghi, 
“Kurt, lo sai che non l’ho fatto solo per senso del dovere.”
“so che sei stato molto chiaro con la canzone e il discorso la settimana scorsa e so che Eli potrebbe confermare.” Blaine guardò oltre le spalle di Kurt notando come il signor Hummel fingeva di osservare vecchi trofei quando con la coda dell’occhio teneva sotto controllo la situazione.
 
Ma di quel fantomatico Eli, Blaine se n'era dimenticato fino a quando non era stato Kurt a ricordarglielo.
 Però non voleva discutere con Kurt di quello o peggio ancora non voleva litigare.
Voleva solo stargli vicino e aiutarlo come poteva, era una situazione delicata quella e con l’animo già provato di Kurt, Blaine aveva la certezza, quasi, che sarebbe crollato di lì a qualche ora.
 
Aveva visto Sebastian cadere e rialzarsi, piegarsi e rimettersi dritto. L’aveva visto stare bene e ricadere nell'oblio dei pensieri più brutti subito dopo.
Blaine voleva che in quei frangenti Kurt sapesse di non essere solo e che lui c’era.
Non sapeva con esattezza cosa fosse già successo a Kurt, ma aveva capito che non era stato facile da gestire e guarire e che certe ferite non si rimarginano mai e che Karofsky non solo gli aveva inflitto una nuova ferita profonda ma ne aveva riaperto anche una vecchia.
 
E aveva capito in quel momento che le parole avrebbero fatto più male che bene.
Kurt non voleva ascoltare, quello era chiaro.
Ma Blaine non avrebbe lasciato che soffrisse da solo, nascosto dietro quelle mura che aveva alzato tutt’intorno.
Così, nonostante fossero a scuola, nonostante Burt Hummel era a portata d’occhi, nonostante ci fossero ancora troppe cose non dette, Blaine fece l’unica cosa che avrebbe voluto fare.
Gli prese i polsi con gentilezza e lo attirò a sé, portando le sue mani dietro la sua schiena e stringendolo forte di rimando,
“Ma che- Blaine”
“Sh, stringimi” 
E Kurt contro ogni previsione lo strinse forte e nascose il naso nell’incavo del suo collo e sospirò debole quando sentì le dita leggere di Blaine massaggiargli la base del collo e pianse Kurt.
Lasciò che le lacrime scendessero e bagnassero il colletto di Blaine, perché ne aveva bisogno.
Perché tra le sue braccia sapeva di non dover essere forte.
Sapeva che non sarebbe mai caduto lì, al suo posto.
Tra quelle braccia.
“Stasera ti chiamo, rispondi solo se ti va. Non dobbiamo parlare per forza. Possiamo guardare la tv, cantare, piangere. Possiamo leggere qualcosa. O puoi chiamarmi tu quando vuoi, okay?”  Il messaggio fu chiaro: voleva esserci per Kurt, il come non importava.
“Okay” tirò su col naso senza avere ancora  il coraggio di allontanarsi da quelle braccia,
“mi vedo ancora da te e con te. Sempre” sussurrò Blaine prima di allontanarsi piano perché non era riuscito a trattenersi, perché la canzone, il discorso e quel fantomatico Eli erano nulli ogni volta che posava gli occhi su quel ragazzo lì, un po' spezzato ora, ma sempre lui.
Kurt  scivolò via dalle braccia di Blaine ancora sulle sue spalle, biascicando qualcosa riguardo il papillon sgualcito e poi sentendo suo padre schiarirsi la gola, lo salutò con un “buona giornata mr Anderson” e corse via.
 
Gli era stato detto più volte a Kurt che quello che ignori prima o poi sparisce.
Ma la vita gli aveva insegnato che questo detto può valere per le persone, per le brutte abitudini, per i pensieri.
La sua vecchia terapista gli aveva insegnato che un problema se lo ignori non sparisce, anzi diventa sempre più incombente.
Diventa sempre più insostenibile.
Ma una ferita? Se la ignori sparisce?
Se fingi che non c’è, va via? 
Aveva pensato che questa sparisse così com’era arrivata, anzi anche più facilmente di come se l’era procurata.. ma aveva dovuto ricredersi quando arrivato a casa il grande quanto innocuo e dolce Finn aveva fatto per stringerlo in un abbraccio stritolare  e lui aveva reagito così male da spingerlo via e farsi scappare un urletto scomposto.
 
Sapeva con razionalità che il suo fratellastro non avrebbe mai fatto male ad una mosca, eppure anche solo pensare alle sue mani non richieste e non programmate su di lui lo facevano rabbrividire.
 
“Sei una puttana” sentiva la voce di Karofsky ripeterglielo nella testa,
“un calcio nelle palle forse ti farà capire come e con chi si devono usare” sentiva la voce del bullo che quella sera di anni prima decise di prendersela con lui e lasciare Chandler agli altri.
 
“Kurt figliolo, se mi ripeti che stai bene un altra volta, giuro che do di matto”
“Papá mi ha solo colto di sorpresa, tutto qui”
Ma non era tutto qui, Kurt questo lo sapeva.
Però provare ad ignorare e sperare che andasse via, qualsiasi cosa essa fosse, era più facile che prenderne atto e fare qualcosa.
 
Kurt non si sentiva più di combattere.
Non aveva più forza per combattere niente di quello che andava storto nella sua vita, per questo quando fu a letto e il suo cellulare suonò avvisandogli una chiamata di Blaine rispose dopo un solo squillo.
 
“Ehi disturbo?”
“Ciao Blaine, Cos' hai sul comodino da leggere?”
“Confessioni di un codardo di Bukowski, perché?”
“Avevi detto che potevamo leggere qualcosa. Allora, leggi?”
“Dall’inizio?” sentì Blaine sfilarsi da sotto le coperte, lo sentì muoversi un po’ e poi di nuovo il rumore delle coperte,
“No. Da dove hai lasciato”
“Tu mettiti pure comodo”

Angolo Wallflower_
 
Aggiornamento lampo.
Anche questo è un capitolo pieno di angst.
L’ho scritto 10 anni fa ed è stato difficile per me editarlo oggi a distanza di così tanto tempo.
La storia si stava scrivendo da sola all’epoca e lo sta facendo ancora tutt’ora.
È un argomento delicato, e immagino che non tutti possono essere d'accordo su come si sono svolte le cose anche dopo l’accaduto tra Kurt e Dave.
Ma spero che sia stato comunque piacevole leggere.
Fatemi sapere una vostra opinione.
Un abbraccio
Wallflower.
  
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