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Autore: Fanny Jumping Sparrow    14/02/2024    2 recensioni
[Bridgerton ]
Un breve excursus nei dilemmi interiori dell'inflessibile visconte Anthony Bridgerton, alla vigilia della sua proposta di nozze alla Miss Sharma sbagliata.
Il suo futuro matrimonio non poteva essere un capriccio momentaneo, non poteva basarsi su di un insensato invasamento, su di un effimero e volubile sentimento che sarebbe sfiorito con gli anni, bensì avrebbe dovuto fondarsi su presupposti concreti, stabili, duraturi, su ragioni di reciproca convenienza che dovessero esulare del tutto dal coinvolgere la sfera più intima e personale.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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§ Bane, duty and desire §

Quell’insopportabile presuntuosa dalla lingua tagliente e la risposta sempre pronta stava mettendo a dura prova la sua già labile pazienza.
Ogni sua azione sfrontata, ogni sua osservazione schietta e diretta, ogni sua dissacrante critica stavano spaventosamente logorando la sua solida tempra di uomo d’onore e compromettendo il suo invidiabile equilibrio mentale.
Con quel suo portamento superbo, lo sguardo appuntito, il suo sorriso beffardo, l’ostile caparbietà, il suo spirito arguto, l’esotica avvenenza, stava pregiudicando ogni sua speranza di buona riuscita nell’intento che si era proposto. Portare all’altare il diamante della stagione.
Il visconte Anthony Bridgerton sapeva benissimo quanto quella situazione fosse incresciosa, assurda, sbagliata e alla fine non potesse che condurlo dritto dritto alla rovina.
Una rovina che disgraziatamente non sarebbe ricaduta soltanto su di lui, ma avrebbe coinvolto parimenti la sua adorata madre, i suoi scapestrati fratelli e le sue ancora nubili sorelle.
In quanto orfano del padre, figlio primogenito ed erede principale del suo casato, sin dalla maggiore età era stato investito degli obblighi relativi alla sua posizione di nuovo capofamiglia: era responsabile del loro benessere, della loro sicurezza, della loro rispettabilità.
Perciò non poteva permettersi di cedere a desideri egoistici e passeggeri dettati solo dai suoi più bassi istinti. Non più.
In passato aveva già esposto più volte i suoi cari al rischio di finire alla gogna, con i suoi comportamenti discutibili e dissoluti, che gli avevano fatto guadagnare il marchio infamante di libertino con la “L” maiuscola, con gran disperazione della suscettibile genitrice.
Il caparbio Lord Bridgerton tuttavia era stato capace di ridimensionare la diffusione di quella maldicenza, di riabilitare la sua reputazione, di respingere l’accusa di essere un uomo inaffidabile e superficiale, conducendo negli ultimi mesi un’esistenza ben più morigerata ed equilibrata, muovendosi in maniera più cauta e discreta. E infine, manifestando espressamente la sua volontà di accasarsi e abbandonare disdicevoli vizi ed eccessi di gioventù.
Si stava impegnando con tutto se stesso per onorare al meglio quella nobile promessa, malgrado le inevitabili noie che implicava.
Entrare nel mercato matrimoniale non era stato esattamente un piacevole divertimento, piuttosto un interminabile strazio. Con l’arrivo della bella stagione, le distinte matriarche delle aristocratiche famiglie londinesi parevano tramutarsi in volgari fruttivendole, tutte dedite a decantare l’incomparabile bontà della propria merce, ovvero della propria prole di sesso femminile, quasi si trattasse di prelibate primizie che andavano colte e acquistate prima di diventare troppo mature e immangiabili, perdendo così il loro valore.
Anche sua madre era stata travolta da quell’imbarazzante frenesia, appena un anno prima, quando la sua splendida sorella Daphne aveva fatto il suo scintillante debutto in società, conclusosi poi con uno sposalizio turbolento ma, a quanto aveva appreso, felice, con l’ombroso, ambito e riluttante Duca di Hastings, suo amico dei tempi del college.
Poteva ritenersi fortunata per aver ottenuto quel risultato, poiché alle donne, di norma, non era concesso il privilegio di poter decidere: dovevano solo obbedire.
Se era stato magnanimo con lei, mettendo da parte la sua diffidenza e acconsentendo alla sua convinta scelta di convolare a nozze con il poco raccomandabile Simon Bassett, non poteva esserlo altrettanto con se stesso.
Il suo futuro matrimonio non poteva essere un capriccio momentaneo, non poteva basarsi su di un insensato invasamento, su di un effimero e volubile sentimento che sarebbe sfiorito con gli anni, bensì avrebbe dovuto fondarsi su presupposti concreti, stabili, duraturi, su ragioni di reciproca convenienza che dovessero esulare del tutto dal coinvolgere la sfera più intima e personale.
Solo così nessuno dei due coniugi avrebbe potuto soffrirne quando la routine condivisa avrebbe inevitabilmente preso il sopravvento sulla piacevole novità del momento e l’inesorabile scorrere del tempo un giorno avrebbe reclamato il suo scotto, separandoli.
A conti fatti, neppure il visconte Bridgerton godeva di molta libertà in quel contesto.
Il suo patrimonio e il suo prestigio avevano fatto gola a molte madri impazienti di sistemare le proprie figlie con il migliore partito sulla piazza. E lui, all’indomani del suo annuncio, era stato subissato da un’infinità di lettere contenenti inviti e richieste di partecipare a sontuose soirée di ogni tipo e in ogni dove.
Era stato proprio durante uno di quei tediosi ricevimenti che aveva conosciuto l’incantevole Miss Edwina Sharma. Con la sua squisita grazia, la sua brillante intelligenza e il suo eloquio forbito aveva subito catturato la sua attenzione, assurgendo a candidata ideale per i suoi progetti matrimoniali. E il fatto che la bella debuttante ricambiasse spiccatamente il suo interesse nei suoi riguardi, lo aveva incoraggiato a portare avanti di buon grado quel corteggiamento, che oramai si protraeva da settimane.
Non gli dispiaceva trascorrere qualche paio d’ore in sua compagnia, camminare fianco a fianco in un parco, conversare del più e del meno, ascoltarla raccontare delle sue letture, guardarla sorridere a qualche sua battuta.
Era una fanciulla affabile e ben educata, dolce, tenera, fresca e deliziosa come una pesca.
Eppure, mentre si trovava insieme a lei, non riusciva a trascurare quel senso di opprimente mancanza d’aria, quella costante tendenza di cercare intorno un altro viso, il bisogno di udire nei paraggi un’altra voce, l’impulso di respirare da vicino un altro profumo.
Non avrebbe dovuto pensare a lei così assiduamente, esserne così disperatamente attratto e irresistibilmente incuriosito. Era diventata un’ossessione vacua e distruttiva.
Troppo indocile, troppo cocciuta, troppo sprezzante.
Era quanto di più lontano si addiceva all’accomodante consorte che stava cercando per sé, a colei che avrebbe dovuto rivestire il rispettabile ruolo di nuova viscontessa Bridgerton, aiutarlo a governare con parsimonia la casa, intrattenere e coltivare relazioni con la gente del suo rango, educare con rigore e amorevolezza la sua progenie.
A differenza dell’amabile sorella minore, la superba Kate Sharma era acida, aspra, corrosiva, respingente. Come un limone.
Pareva si nutrisse del suo succo a colazione, pranzo e cena, per essere tanto intrattabile e refrattaria.
Ma più tentava di allontanarla da sé, più s’imponeva di ignorarla, più la sorte pareva divertirsi a ricondurla sul suo accidentato cammino, quasi a sfidarlo a scoprire che sotto la sua ruvida scorza si nascondeva un’essenza molto meno acre e irritante che pochi potevano conoscere, giacché lei non permetteva a chiunque di coglierla nella sua interezza.
Lui la sua vera essenza l’aveva annusata. E adesso sapeva che odorava sensualmente di gigli. Quella penetrante fragranza floreale non aveva solleticato soltanto le sue narici, aveva invaso prepotentemente i suoi sensi, lasciandolo scosso, ammaliato, disarmato.
E da allora, dopo ciò che era quasi accaduto in giardino, la sua immagine, il suo battito, il suo respiro, lo perseguitavano senza tregua, nelle sue veglie, nei suoi sogni ...
Gli oneri, le aspettative, i doveri, i dubbi, i ricordi, tutta quella pressione che gli era piombata addosso lo stava consumando.
Perciò aveva deciso di uscire all’aria aperta quella mattina per provare ad alleggerire i suoi cupi e burrascosi pensieri con una rinvigorente passeggiata.
E poi era arrivata Kate - Kathani in realtà, aveva scoperto dall’innocente bocca di Edwina – e presto avevano cominciato a discutere.
Naturale non andassero d’accordo: erano d’indole troppo simile. Orgogliosi e suscettibili.
Come se la circostanza di trovarsi insieme da soli a quell’ora non fosse già di per sé abbastanza sconveniente, fra loro si era intromessa anche una dannata ape e aveva punto sul petto proprio Miss Sharma.
Il suo incubo peggiore che si concretizzava.
In un attimo aveva smarrito tutto il suo aplomb, si era paralizzato. Si era angosciato al ricordare come, per una stessa innocua puntura, suo padre dieci anni prima era tragicamente spirato tra le sue braccia. Gli mancava il fiato, tutti i suoi muscoli si erano contratti e irrigiditi, non riusciva a spiccicare parola.
Lei avrebbe potuto approfittare della sua défaillance per denigrarlo, coprirlo di ridicolo. Quale occasione migliore per rinfacciargli di non essere degno di sua sorella?
Invece, tutto ciò che aveva fatto Miss Sharma era stato prendergli con decisione la mano e portarsela delicatamente sul morbido seno, per tranquillizzarlo, lasciandogli ascoltare le sue calme e regolari pulsazioni.
Il riflesso dorato del sole nei suoi occhi di liquirizia, il suo tocco gentile ma fermo, il contatto caldo tra le loro dita, il suo accento vellutato lo avevano ipnotizzato.
Si era creata una strana intimità.
Allora ciò che si ostinava a rinnegare era diventato limpido come il cielo di quella mattina.
Era con lei che voleva perdersi in lunghe passeggiate, a piedi o a cavallo, era con lei che voleva condividere le sue passioni, scacciare la solitudine, dividere le responsabilità, sconfiggere le sue paturnie.
Erano le sue desiderabili labbra, troppo spesso imbronciate, che voleva vedersi distendere in un radioso sorriso.  
Ogni volta in cui era successo – al loro primo fortuito incontro al parco prima di conoscere le rispettive identità, poi mentre erano finiti in mezzo a quella pozza di fango, e ancora durante l’infruttuosa battuta di caccia nella loro tenuta – era stato come se la primavera fosse di colpo esplosa in tutti i suoi sfavillanti colori, ridestando il suo cuore dal gelo del rigido inverno in cui si era isolato.
Perfino Aubrey Hall, la vetusta e austera dimora di campagna che apparteneva alla sua famiglia da generazioni, ora gli era diventata improvvisamente meno detestabile, nonostante le tristi e dolorose memorie cui era legata, ricominciando ad apparirgli in tutta la sua peculiare bellezza, anche quella nascosta negli angoli in apparenza più insignificanti.
I verdi fili d’erba che frusciavano al tiepido vento, i variopinti e odorosi fiori di campo, il melodioso cinguettio degli uccelli, le gocce di rugiada disseminate su petali e foglie, la fitta e rigogliosa boscaglia che incorniciava i viali e i boschi, la morbidezza del terreno ancora umido e cedevole per la notte appena trascorsa.
Una visione soave e rasserenante. Ma fugace. L’autunno ne avrebbe cancellato ogni traccia.
E forse, sì, sarebbe avvenuto lo stesso cambiamento anche dentro di sé.
La primavera poteva essere ingannevole.
Il suo senso del dovere gli ordinava di agire da gentiluomo e mantenere fede al suo primo proposito.
Quella per Kate Sharma in fondo era soltanto un’altra infatuazione inconfessabile e insensata.
E, quel che era peggio, non corrisposta.
Perciò avrebbe chiesto la mano di sua sorella.
   
 
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