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Autore: the beast02    29/02/2024    1 recensioni
“Catherine, ti consiglio di andare, sai che non dovresti stare in giro di notte” mormorò Sebastian mentre fissava quel corpo raccapricciante. La ragazza annuì e riprese la strada per la locanda, le ombre create dalla torcia le danzavano intorno come bambini gioiosi.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un rumore si levò da sotto il pavimento, poi un altro seguitò subito dopo, e un altro ancora a seguire. Catherine si girò nel letto tentando di ignorare quei rumori ritmati che si avvicinavano sempre di più. La ragazza aprì lentamente gli occhi e spostò una ciocca di capelli rossastri da davanti il suo viso, la stanza era avvolta in quella tiepida luce della prima mattina, il vento faceva svolazzare le tende e portava il rumore del paese che si svegliava. 
La porta si aprì lentamente, cigolando come se non fosse oliata da anni, forse lo era, chissà “Ehi dormigliona, è tempo di svegliarsi” Catherine sospirò e si mise a sedere sul letto, la voce aleggiava nella stanza vuota, la ragazza girò la testa e si stropicciò gli occhi “Tu devi sempre darmi fastidio vero?” disse annoiata verso la finestra, una piccola risata si alzò da sotto il letto “Sai che adoro svegliarti” Catherine si alzò i piedi rabbrividendo per il pavimento freddo, poi fece due passi verso la finestra e ci si appoggiò con il corpo, ammirando il panorama del primo mattino. 
 
Il paese di Catherine era piccolo, ma pieno di vita, la gente dalla città veniva sempre a visitarlo, sembra c’entrasse qualcosa con una qualche leggenda o credenza popolare. La ragazza sospirò e cominciò a mormorare una melodia mentre si dirigeva verso l’armadio per prendere i vestiti “Ti vedo diversa stamattina” sentenziò la voce sotto il letto, “paura del grande evento?” Catherine si girò e guardò accigliata verso il letto, poi fece un mezzo sorriso “perché dovrei esserlo? Insomma, è il mio destino no?” Disse cercando di convincersi, poi ricominciò a intonare la melodia e andò verso la porta della stanza, un rumore sibilante si fece strada da sotto il letto “non mi aspetti più?” Un serpente rosso strisciò verso il Catherine, le squame verdi smeraldo rifletterono la luce del primo mattino creando un affascinante gioco di luci. Il serpente si attorcigliò su sé stesso e si alzò. Gli occhi gialli da rettile fissarono intensamente la ragazza, cercando una sua reazione, Catherine sorrise e toccò vicino a sé con il suo piede “ma no figurati, sai che ti aspetto sempre Sebastian” disse mentre il serpente cominciò a scalare il corpo della ragazza, infine giunse sulla spalla e, con quello che poteva essere scambiato con un sorriso, leccò la guancia di Catherine.  

La ragazza si lavò e preparò con cura, indossò gli stivali più comodi che avesse, erano un po’ vecchiotti, neri e con qualche graffio qua e là, non che Catherine potesse permettersi più di quello. Una sorta di tunica, nera anch’essa, le copriva il corpo fino alle ginocchia, un giacchetto in pelle rosso le copriva le spalle e, infine, un capello marrone le adornava il capo, si guardò allo specchio un paio di volte con uno sguardo di malcelata tristezza in viso. “Stai benissimo” disse Sebastian facendo saettare la lingua “già, spero che piaccia anche a loro” mormorò Catherine come risposta 
 
Il paese era già in completo movimento, la ragazza si sedette al tavolo e si preparò una fetta di pane con della carne affumicata mentre si godeva il miscuglio di rumori fuori casa sua, sentiva il martello del fabbro, il correre dei garzoni e il ridacchiare delle bambine che giocavano fuori casa. Catherine rimase lì seduta ad assaporare quella mattinata calda e accogliente mentre mangiava svogliatamente la colazione, rimase seduta per un po’, con la testa appoggiata su una mano, mentre fissava la luce che fuoriusciva dalla finestra “Sai che non puoi rimandare per sempre” Sibilò il serpente con tono apprensivo, la ragazza sorrise e accarezzò la testa del suo amico squamoso “tranquillo, lo so”  
 
La casa era piena della melodia di Catherine, quasi come se non esistessero altri rumori al di fuori della sua voce, la ragazza camminava elegante da una parte all’altra della casa preparando i vestiti e lo zaino da portarsi “Cosa dici? Pensi che basterà?” il serpente fece un cenno con il capo e si strofinò sulla guancia di Catherine “andrà benissimo” disse dopo poco “ma ora è tempo di andare” la ragazza si lasciò scappare un sospiro mentre si metteva lo zaino in spalla, poi, controllando un’ultima volta di avere tutto, si avviò verso la porta e, con decisione, la aprì. 

Il villaggio, preso com’era dalle sue faccende, non si accorse della ragazza che camminava pensosa per quelle vie, né si accorse di come, tutto sommato, il tempo sembrava andar peggiorando, il sole splendeva alto certo, e una leggera brezza muoveva le radure attorno al piccolo paesino, ma, guardando con più attenzione, verso le alte montagne nebbiose, si poteva vedere un addensarsi di nubi. Ma nessuno ci prestò attenzione “Beh, dove vuoi andare come prima tappa?” chiese il serpente. Catherine sorrise e scrollò un pochino le spalle “direi la città, alla fin dei conti ancora non so dove devo andare” Il serpente storse un pochino la testa e la guardò “Ma sei sicura di quel che stai facendo?” La ragazza ridacchiò “no, assolutamente no” disse mentre si avvicinava alla fine del villaggio, poi voltò la testa un’ultima volta, un triste sorriso le si dipinse sul volto, sperava che qualcuno la salutasse, che qualcuno le chiedesse di restare...Catherine si lasciò andare a un lungo sospiro che si perse nel vento, poi si girò, e si allontanò verso il bosco intonando quella melodia che la accompagnava da quando era piccola
 
 
“Non mi hai mai detto come conosci questa melodia” Chiese Sebastian, la ragazza fece una smorfia mentre interrompeva la melodia “perché non lo so, la ricordo da quando sono piccola, ma non so chi me la abbia insegnata” disse mentre proseguiva per il sentiero, gli alberi si stagliavano alti e le loro foglie lasciavano filtrare pochi raggi di luce, dando al bosco un’atmosfera fredda, quasi innaturale 
“Alle volte li vedo sai?” Disse Catherine sistemandosi lo zaino in spalla “di chi parli?” “degli Dei” disse “beh, di quello che rimane di loro” aggiunse abbassando lo sguardo “è il ciclo della vita, anche gli Dei muoiono” disse il serpente attorcigliandosi verso il collo di Catherine “ma verranno rimpiazzati, come è giusto che sia” aggiunse alzando la testa e guardando in giro, dopo quella frase, una pesante cortina di silenzio era calata tra i due, entrambi sapevano che erano discorsi da non fare, d’altronde, anche il silenzio ha orecchie. “Strano” disse Catherine ridacchiando “ho vissuto qui tutta la mia vita, conosco questi boschi come le mie tasche, eppure, ora più che mai, sento di star sbagliando strada” Sebastian non rispose, si limitò a un leggero sibilo mentre si attorcigliava su sé stesso 
 
Ormai la luce era di un color arancio bruciato, gli alberi proiettavano ombre e forme mai viste, Catherine sospirò e cominciò a fischiare una vecchia ninna nanna. La melodia accompagnava il loro passaggio fin quando, alle prime ombre della sera, non uscirono dal bosco, la radura si stagliava a perdita d’occhio, il vento portava suoni e odori da chissà dove “Dicono che siano le fate a popolare i venti, che siano loro a trasportare i rumori e gli odori” Disse Catherine mentre si fermava a osservare il paesaggio, il vento gli mosse i riccioli rossicci davanti al volto e le gonfiò il giacchetto in pelle “Catherine...” Sebastian aveva una voce triste, rassegnata, la ragazza si girò, già sapendo cosa avrebbe incontrato “Lo so...” rispose mentre guardava le nubi scendere minacciose verso il suo villaggio, verso casa. La ragazza fece un lungo sospiro e si rimise in cammino, tenui luci in lontananza le indicavano la strada, una dolce melodia le arrivò alle orecchie “resisti Sebastian, ancora poco e saremo alla prima tappa” Catherine cominciò ad accarezzare la testa del suo amico squamato che, dopo poco, si addormentò. 

La ragazza camminava nella notte scura senza esitazione, il passo cadenzato e ritmato, leggera e silenziosa si avvicinava alle luci della locanda. *SNAP* Catherine si fermò e girò la testa verso la fonte del rumore, prese rapidamente Sebastian e lo infilò nello zaino, infine, con la calma e la concentrazione di un predatore, scrutò tutto attorno a sé. Catherine inclinò rapidamente la testa verso sinistra, il rumore di una freccia le sibilò nell’orecchio “Eheheh, abbiamo fatto troppo rumore vero?” la voce era roca, graffiata Catherine storse la bocca in una smorfia, due, no, tre uomini, tutti attorno a lei “Non ho tempo di giocare con voi” rispose mentre riprendeva a camminare, un lampo argentato le saettò davanti, la ragazza lo scansò di poco, il suo vestito non fu così fortunato, un piccolo taglio all’altezza delle ginocchia era il testimone del colpo “Ti consiglio di restare ferma” La voce veniva da dietro di lei, ma la spada era di qualcuno che le stava davanti, e il rumore di passi proveniva dal suo fianco destro, una mano le toccò lo zaino, Catherine scattò verso sinistra evitando di striscio una seconda spadata, poi senza che potesse far niente, sentì un colpo alla nuca e si accasciò a terra gemendo per il dolore, ci mise pochi secondi per riprendere il controllo di sé, ma erano comunque troppi, gli uomini le erano addosso, erano in quattro, tre le stavano sopra, il quarto la aveva colpita, ma non riusciva a capire dove fosse.
 

Una torcia si accese nel buio davanti a lei, qualcuno sulla strada forse, poco importa, ora riusciva a vederli. Aveva contato bene, i passi erano di tre persone, i corpi, tuttavia, erano di quattro esseri. I banditi sogghignarono verso la torcia e uno di loro lanciò un coltello in quella direzione, un rumore sordo e poi passi di qualcuno spaventato, la torcia era caduta e le ombre che venivano proiettate creavano una grottesca messa in scena. Catherine sorrise e mormorò qualcosa tra sé e sé, le ombre intorno a lei si mossero e, prima che i banditi si accorgessero della situazione, attaccarono i loro proprietari, delle grida si levarono nella notte, la ragazza spostò il corpo di quello che le stava sopra e si alzo, prese la torcia e si girò verso i corpi. Due erano perfettamente normali, un po’ denutriti, pieni di cicatrici e con vestiti luridi, ma tutto sommato normali, il terzo corpo invece...Catherine rabbrividì e prese Sebastian dallo zaino, il serpente sbadigliò storcendosi la mandibola “Te lo ho detto di stare attenta” Il serpente girò la testa verso i corpi “beh, questo non lo si vede tutti i giorni” l’ultimo bandito, per meglio dire, gli ultimi due, erano formati da un solo corpo, le gambe erano tozze e la vita era larga, il corpo era più in carne degli altri, all’altezza dell’ombelico c’era una grossa protuberanza, come un grande ramo di carne, che andava a formare il corpo dell’ultimo bandito, una specie di mostro, con braccia estremamente lunghe e grosse, il volto completamente deformato e senza una vera bocca, solo uno spacco poco sotto il naso, come una lunga e profonda cicatrice, la pelle era lucida, come se fosse stata lavorata “Catherine, ti consiglio di andare, sai che non dovresti stare in giro di notte” mormorò Sebastian mentre fissava quel corpo raccapricciante. La ragazza annuì e riprese la strada per la locanda, le ombre create dalla torcia le danzavano intorno come bambini gioiosi. 

La luce della locanda era come un faro in quel mare di tenebre, nonostante la tarda ora si potevano udire musiche e voci provenire dalla sua direzione, Catherine si fece luce con la torcia e, passo dopo passo, si avvicinò a quello strano edificio. La locanda era costituita da due edifici in pietra, il primo, decisamente grande, era in pietra antica, lo si capiva dalle crepe e dalle varie piante rampicanti che si attorcigliavano sulla struttura, dalle grandi finestre al piano terra fuoriusciva una luce giallognola e accogliente, lo stesso non si poteva dire per il piano superiore, che invece sembrava completamente spoglio e freddo. Il tetto, o meglio, la copertura in paglia, stava più in alto del primo piano; “Quindi”, pensò la giovane “ci sarà una soffitta dove poter riposare”. Il secondo edificio sembrava molto più malridotto, la porta, stavolta in metallo, era l’unica cosa nuova, i muri sembravano tarlati, una finestra era rotta e al tetto sembrava mancassero diverse zolle di paglia. Catherine si avvicinò alla porta in legno della locanda, su di essa, intagliata in modo raffazzonato, si ergeva una scritta “AL PONTE DEL DIAVOLO” La ragazza inclinò la testa da un lato pensosa, infine, dopo un profondoLa luce della locanda era come un faro in quel mare di tenebre, nonostante la tarda ora si potevano udire musiche e voci provenire dalla sua direzione, Catherine si fece luce con la torcia e, passo dopo passo, si avvicinò a quello strano edificio. La locanda era costituita da due edifici in pietra, il primo, decisamente grande, era in pietra antica, lo si capiva dalle crepe e dalle varie piante rampicanti che si attorcigliavano sulla struttura, dalle grandi finestre al piano terra fuoriusciva una luce giallognola e accogliente, lo stesso non si poteva dire per il piano superiore, che invece sembrava completamente spoglio e freddo. Il tetto, o meglio, la copertura in paglia, stava più in alto del primo piano; “Quindi”, pensò la giovane “ci sarà una soffitta dove poter riposare”. Il secondo edificio sembrava molto più malridotto, la porta, stavolta in metallo, era l’unica cosa nuova, i muri sembravano tarlati, una finestra era rotta e al tetto sembrava mancassero diverse zolle di paglia. Catherine si avvicinò alla porta in legno della locanda, su di essa, intagliata in modo raffazzonato, si ergeva una scritta “AL PONTE DEL DIAVOLO” La ragazza inclinò la testa da un lato pensosa, infine, dopo un profondo respiro, bussò.
   
 
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