Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: aurtemporis    02/03/2024    2 recensioni
André vive serenamente con la nonna e il padre che lavora come bracciante nella tenuta di un nobile da molti anni. Un giorno, qualcosa di ritorno dal passato innesca una serie di esiti nefasti che si portano via l'innocenza e la spensieratezza; e la bambina bionda, dal nome curioso, assiste inerme. Negli anni a seguire, un incontro fortunoso dà inizio all'inesorabile piano per appianare un grave torto.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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"Odia quanto ti pare, anche fino all'ultimo soffio di vita. E quando ti sarai stancato, fosse anche nell'unico istante che ti resta, ti accorgerai che non hai niente da parte per riempire il baratro che lascerà"

____________

 

La pioggia batteva piano sulla tettoia della stamberga. I tavoli all'interno erano tutti sgomberi eccetto uno, sopra c'era una coppia di dadi e rotolava da una parte e dall'altra a seconda di chi lanciava. Un uomo barbuto, biondo e di bell'aspetto, sedeva su una sedia sgangherata; di fronte a questo, un ufficiale imparruccato con gli occhi azzurri spiritati e una decina d'anni in più.

"Che vi giocate adesso?" il biondo rise, il suo vecchio amico non aveva più il becco di una moneta in tasca, gliele aveva vinte tutte, ma non demordeva. "O forse è il caso che vi ritiriate, stasera la fortuna non è dalla vostra"

"Potete scordarvelo! Io arrivo sempre fino in fondo!" fece scorrere i dati nel bicchiere. Il biondo gli fermò la mano prima che lanciasse.

"Cosa mettete nel piatto, dunque?"

"Mio figlio che sta per nascere" disse l'ufficiale. L'altro sollevò le sopracciglia e poi le avvicinò crucciandosi così tanto da far comparire un profondo solco sulla fronte.

"Che volete dire?" con un volto perplesso attendeva spiegazioni e alla svelta.

"Mia moglie è incinta ed è questione di giorni ormai" ruotò ancora i dadi "darò al bambino il vostro nome, se perdo"

"Voi avete soltanto figlie, cosa vi fa supporre che arriverà un maschio?"

"Lo so" batté il bicchiere sul tavolo ma non lo alzò "e anche se nascesse una femmina, terrei fede comunque alla parola data"

Il biondo rise come un pazzo. Quel suo amico era un uomo nella cui franchezza confidava ciecamente però, riusciva a partorire delle idiozie tali a cui non poteva star dietro la fantasia di nessuno. "Dareste il mio nome a una bambina?"

"Se vincerete"

L'altro sghignazzò ancora più forte "Questa è la mia serata!" sollevò il bicchiere dal tavolo e scoprì una coppia di tre. Sorrise all'uomo inviperito che aveva di fronte, e quello sguardo incazzoso lo fece divertire ancora di più. Era quasi l'una di notte, il proprietario del locale strofinava un calice da così tanto tempo che poteva specchiarsi nel suo riflesso senza vedere il più piccolo alone. L'ufficiale imparruccato si lasciò andare sullo schienale della sedia e sospirò, ormai aveva dato la sua parola. "Oscar" pronunciò, dopotutto non era un brutto nome per un bambino, rifletté.

"Suona bene con il vostro nome di famiglia, no?" il biondo si stropicciò la barba e asciugò qualche goccia di vino che ci si era incagliata. Raccolse i dadi e glieli consegnò, poi si alzò dal tavolo e uscirono insieme. Il proprietario del locale tirò un sospiro, poteva finalmente chiudere. Odiava avere a che fare con i nobili, pagavano sempre, quello sì, ma doveva sopportare tutti i loro ghiribizzi. 

Il tipo biondo si legò stretto la borsa pesante dietro la cintola, sarebbe stata un bel bottino per qualsiasi ladro, se l'avessero vista. La pioggerella fastidiosa era ancora persistente.

"Attenzione, Oscar, avete detto che questa è la vostra serata ma la fortuna gira come il vento" l'ufficiale gli camminò di fianco per un po'. 

"Però stasera è con me" il biondo prese il cavallo, poi si separarono, ognuno verso la propria destinazione. L'ufficiale proseguì in direzione della sua residenza. Quando arrivò, grida di dolore riecheggiavano tra le mura. La moglie era in travaglio. La tata delle sue figlie andava su e giù con bacinelle piene d'acqua e mormorava preghiere e suppliche a tutti i santi che conosceva affinché proteggessero la madre e il nascituro. Il futuro padre camminava avanti e indietro nel corridoio del pianterreno, tenendosi ben lontano dalla stanza in cui la moglie stava tribolando per la sesta volta. "Sì, sarà un maschio, me lo sento" trascorse un'altra ora buona e poi un vagito gli fece brevemente sobbalzare la parrucca dal capo. Prese a correre su per le scale, spalancò la porta dov'era la moglie, senza badare a nient'altro puntò il piccolo fagottino che stringeva la tata. 

"È un maschio, vero?"

La tata gli fece cenno di no con il capo e strinse la piccola come a volerla proteggere dallo sguardo furente dell'uomo.

Aveva un'altra figlia. Perse ogni desiderio di vederla "Che me ne faccio di un'altra femmina!" prese a calci la sedia più vicina. La moglie era svenuta per lo sforzo e fortunatamente non lo poteva né vedere né sentire. E come se non bastasse, avrebbe dovuto darle il nome di quel suo amico. Quanto avrebbe voluto avere invece un po' della sua fortuna sfacciata, se di fortuna si trattava.

 

Dieci anni trascorsero velocemente. Nei possedimenti dei Jarjayes lavoravano diversi braccianti, circa una dozzina di famiglie. C'era un uomo poco oltre i quaranta, un certo Julien Grandiér, era colui che si occupava della mietitura e trebbiatura, nonché di adoperare il mulino per la macinazione. Aveva un solo figlio e gli stava insegnando il mestiere anche se era ancora poco interessato alla materia. André era un ragazzino felice seppur non avesse più una madre da molti anni. Un giorno di anni prima, la donna si era ammalata di una brutta tosse e qualche mese dopo, durante una notte, non era riuscita a superare le convulsioni. Il bambino l'aveva avuta intorno per poco tempo, restava però nei ricordi del padre e questo gliene parlava quasi ogni giorno. "Quando il grano viene ammassato per tenerlo conservato, prima della macinazione, va fatta attenzione alla temperatura, non deve mai salire tale da farlo fermentare. Un tempo si usava scavare delle fosse sottoterra, ma dovevano essere foderate di paglia e… Ehi? Mi ascolti?" l'uomo guardò il figlio undicenne che ondeggiava le gambe sopra al muretto, vicino al granaio, mentre mangiava una mela. "Sì, padre" gli sorrise.

"Tua madre una volta si nascose nel granaio" poggiò il covone a terra e si avvicinò allo stesso muretto dov'era il figlio, gli mise una mano sulla testa "il suo vecchio voleva farle incontrare il figlio del medico che abitava vicino a casa sua, ma lei aveva già scelto" alzò gli occhi per osservare le nubi di passaggio nel cielo di metà giugno.

André porse metà della sua mela al padre, l'uomo gli disse che era tutta sua, lui avrebbe mangiato poi, a fine lavoro.

"Padre, la mamma resterà sempre la mamma però, perché non vi siete mai risposato?"

Julien si strofinò le mani ruvide e non tolse gli occhi dal cielo "Una volta ci ho pensato, ma poi mi sono accorto che non ne sentivo la necessità, ho troppo da fare per un altro matrimonio. Ma forse sei tu che senti la mancanza di una donna per casa?"

"No, c'è la nonna" André gettò il torsolo alle sue spalle e sorrise ancora. La nonna, la madre del padre, era a riposo dopo una vita di lavoro come balia di quasi tutte le figlie del padrone; ormai cresciute, non avevano più bisogno di lei, anche fosse stata ancora nel palazzo.

"Ma la nonna ha un'età"

"Mi racconta un sacco di cose!"

"Lo so, ti ha anche insegnato a leggere e scrivere però, non può essere come una mamma"

"Sì invece" gli mostrò una ferita al ginocchio che si era cicatrizzata "questa me l'ha guarita lei, come tutte quelle che mi sono fatto prima" Julien gli stropicciò i capelli e si fece una risata.

Girava voce, in quel periodo, che era nata una nuova etichetta di cognac su iniziativa di un irlandese che aveva avuto un'intuizione a proposito dei vigneti francesi. Julien stava rimuginando da qualche tempo sulla prospettiva di comprarsi un pezzo di terra per farci crescere un vitigno di uva bianca, da rivendere poi alle distillerie. Poteva garantire un futuro al figlio, piuttosto che farlo lavorare facendogli prendere il suo posto, alle dipendenze di un padrone. Da parte aveva abbastanza, poi c'erano i risparmi della madre che aveva conservato con estrema parsimonia, per lui e il nipote. Poteva iniziare come locatario e poi magari comprarsi il terreno dopo i primi tempi. Accarezzò ancora una volta la testa del figlio e tornò al lavoro.

André se ne andò a zonzo per le terre, come faceva sempre quando non aveva niente da fare. Era poco prima di mezzogiorno quando vide una carrozza attraversare di gran fretta la strada che tagliava i campi. La seguì, immaginando che si fermasse al palazzo, che poi non era tanto distante da dove lui fosse. Il padre gli aveva sempre detto di tenersi lontano dai padroni, di non farli infastidire dalla sua presenza; il ragazzino obbediva, spiava da lontano. La carrozza si fermò e scesero tre giovani donne, anzi due giovani, la terza era una bambina circa uguale alla sua età. Tutte bionde, le aveva viste spesso ma non ne rammentava quasi mai i nomi, Marguerite, Hortense, Violette… Sembrava che la fantasia del padrone nello scegliere i nomi delle figlie fosse limitata ai fiori da giardino, tranne l'ultima. La più piccola era particolare. C'era una storia che si raccontava dietro quel nome che portava, André non sapeva quanto ci fosse di vero ma era divertente sentirne parlare ogni volta e con sfaccettature diverse.

"Quando mi portate con voi per fare da manichino su cui mettere e togliere vestiti, mi fate desiderare davvero di essere nata maschio!" strillò la più piccola mentre si toglieva un cappello pieno di fronzoli e lo lanciava al vento. Le sorelle sorridevano mentre seguivano i passi veloci della bambina bionda che varcava la soglia del palazzo.

"Oscar! Guarda che avremmo fatto lo stesso anche se fossi il nostro fratellino anziché sorellina, come con una bambola, stai bene con indosso abiti di ogni colore!" le disse una delle sorelle ridendo. Poi svanirono tutte e tre nel grosso palazzo. André rise e tornò indietro. Raccolse quel cappello leggermente impolverato che gli era planato vicino ai piedi e se lo mise sul capo. Era pesante e pizzicava. Capì perché l'avesse gettato via; le donne si torturavano con quelle cose, parrucche di dimensioni indicibili, corsetti a strozzatoio, pizzi e merletti su abiti ingombranti che lo facevano soffocare solo a guardarli, d'estate. D'inverno però ci si poteva anche fermare un po' ad ammirarle. Appese il cappello al ramo basso di un albero e si avviò verso casa.

 

All'approssimarsi dell'inverno, quando la farina era già pronta e insaccata per essere stoccata nel magazzino scorte, Julien si prese un paio di giorni per andare a cercare il suo terreno ideale. Lo voleva in pianura ma non su una piana, il suo luogo perfetto doveva essere una collina abbastanza spianata in cima e l'avrebbe trovata, a costo di girarsi tutta la Francia. Andò verso est rispetto Parigi, in quei due giorni aveva in mente di spostarsi solo da quella parte e vedere cosa avrebbe trovato. André aveva insistito per seguirlo, il padre invece gli aveva risposto che in sua assenza doveva badare alla nonna, non potevano certo lasciarla da sola. Gli alloggi dei lavoranti erano dentro la tenuta, non che l'uomo si preoccupasse poi tanto della sicurezza della madre, però si preoccupava del figlio, portarselo dietro per due giorni di viaggio estenuante, con il freddo che avanzava, non era cosa saggia. Così partì da solo. 

Quella mattina André tenne il broncio alla nonna, ma durò poco, nel mentre gli offrì un dolce al rum. "Nonna, perché voi siete venuta a lavorare qui?" domandò mentre masticava.

"Perché tuo nonno era a servizio qui prima di me, io sono arrivata poi, per seguirlo, e ci fidanzammo presto" la donna si sedette e tornò ad impastare farina e lievito. Non ce la faceva a stare in piedi a lungo, così si era fatta costruire un tavolo più basso dal figlio, su cui poteva lavorare anche da seduta. 

"Dimmi qualcosa della figlia più giovane del padrone, tu l'hai cresciuta?"

"Io le ho fatto da tata solo per i primi anni, non si ricorderà neppure di me. Quando è nata Oscar, il padre si aspettava che fosse un maschio" si fece una risata "lo ha sperato dalla prima all'ultima"

"Perché?"

"Cose da generali, passare il nome di famiglia e il grado, fatti che frullano per la testa di un militare. Però alla fine ha dovuto rassegnarsi"

"Raccontatemi del nome"

"Ah, lo so che stai pensando. Il nome è Oscarléne, non Oscar, la chiamano così in famiglia ma, quando andò a registrarla, il padre usò un espediente per non metterle il nome proprio dell'amico. Tutto per aver perso una scommessa; ma come si può, dico io, scommettere su una cosa del genere!"

André rise, le voci che aveva sentito erano vere, pressappoco. "Oscarléne, che buffo"

"Nessuno la chiama così, solo il padre. Non farti sentire a parlarne" la nonna si fece scivolare gli occhiali sul naso e lo fissò negli occhi "certe confidenze è meglio che non lascino mai il palazzo"

Quella sera, i due andarono a coricarsi dopo le prime stelle. Non riposarono molto a lungo, vennero bruscamente svegliati da urla e uno sparo. André scese dal letto con la sua veste da notte, afferrò il fucile del padre senza pensarci e andò accanto alla nonna. "Mettilo subito via!" la nonna gli disse di posarlo "Il padrone ha i suoi uomini di guardia, non farti mai vedere da loro con un'arma tra le mani, ti possono sparare prima che riesci a pronunciare una parola!" André non la ascoltò, si sporse dietro le tendine della finestra. Vide del movimento e poi dei cavalli fuggire, erano tanti, cinque o sei e avevano ciascuno un cavaliere ma c'era anche qualcos'altro sul dorso, come dei sacchi grossi. Udì sparare, poi altri cavalli seguire i primi, con un ritardo notevole. E quelli dovevano essere gli uomini di cui parlava la nonna. Guardie poco utili, pensò, sembrava quasi che gli avessero concesso un vantaggio, tanto erano stati lenti. Neanche il tempo di girarsi, che uno di quelli sfondò la loro porta. Entrò un uomo del padrone e puntò una pistola contro il ragazzino "Dammelo!" ordinò, fissando il fucile, il ragazzino tremante lo mise a terra all'istante, la guardia lo raccolse. Poi tornò a muoversi verso di lui. La nonna gli fece da scudo, bloccando il passaggio "Che maniere sono queste!"

"Togliti, vecchia!" l'uomo la scansò "Dove sta tuo padre?" l'uomo afferrò la veste di André e lo sollevò di un palmo da terra.

"Non c'è!" era spaventato, guardava la faccia della guardia e quella cicatrice che aveva sotto al naso, gli arrivava fino all'occhio destro.

"E dove sta?"

"Ha preso una licenza, il padrone lo sa! Il padrone lo sa!" André scalciava, voleva che lo lasciasse, si vide scaraventare a terra. La nonna si avvicinò per soccorrerlo ma la guardia la colpì con il calcio del fucile sulla testa. Andò giù, davanti agli occhi del nipote che gridò.

"Prendi il marmocchio!" disse a un altro dei loro che era sopraggiunto. "Il ladro dovrà tornare per forza per riprendersi il figlio"

Il ladro, così avevano chiamato suo padre, André si agitò, colpì sul naso quello che l'aveva afferrato "Mio padre non è un ladro!"

"Zitto, marmocchio!" la guardia lo prese a sberle. Gli torse le braccia dietro la schiena e lo spinse a camminare, André si voltò un'ultima volta a guardare la nonna che non si muoveva dal pavimento. 

"Nonna! Nonna!!" 

"Fai silenzio!" lo spinse fuori e lo condusse verso il palazzo. Il generale Jarjayes si stava ancora raddrizzando la parrucca dopo essere stato svegliato di colpo. Era scocciato per il freddo della tarda serata ancora di più che del sonno perso. "Che accidenti succede?!"

"Signore, dal granaio sono stati rubati dieci sacchi da mezzo quintale" disse la guardia con la cicatrice, che André sentì chiamare Pascal da quello che gli impediva di muoversi.

Il generale posò gli occhi sul ragazzino, era il figlio di Grandiér, lo conosceva. "Che c'entra il ragazzo?"

"Suo padre, pensiamo abbia organizzato il furto, era l'unico che poteva informare i complici su dove fosse il granaio e qual era il momento giusto per trovarlo a deposito"

"Non è vero!" André provò a parlare ancora ma la guardia lo colpì al volto con l'ennesimo schiaffo. Non riuscì a fermarlo lo stesso "Vi prego signore, non credetegli, mio padre è onesto! Tutti qui sanno dove sta il granaio!" il generale fermò la guardia che stava per colpirlo ancora.

"Dov'è andato tuo padre?" sapeva solo che gli aveva chiesto di potersi allontanare per due giorni.

"Voleva cercare un terreno da comprare, per farci crescere l'uva!"

Pascal rise "E con quali soldi vorrebbe pagarlo?"

"Quelli del furto!" asserì un'altra guardia.

"Non è vero!" André prese fiato "Papà ne ha da parte, e la nonna ha risparmiato!" un rivolo di sangue gli colò dal naso.

"Andate a controllare" disse il generale "se è un uomo intelligente, non li ha portati tutti con sé"

Una delle guardie si allontanò.

"Figliolo, è davvero una strana coincidenza che tuo padre parta e nello stesso frangente si verifichi un furto, non ti pare?"

"L'hanno fatto a posta!" il ragazzino si fece indietro per paura di venire di nuovo colpito dalla guardia che lo aveva fatto inginocchiare.

"Grandiér si è creato una scusante con la storia della vacanza, ha lasciato il figlio a casa sperando di tornare come niente fosse, dopo" la guardia con la cicatrice pareva aver già fatto il processo e condannato il padre. Il ragazzino non sapeva più che dire per difenderlo. "Quando prenderemo i suoi complici li faremo parlare e confesseranno"

Tornò la guardia che era andata a frugare nella casa "Solo stracci e una vecchia, morta" ghignò guardando il ragazzino che iniziò a tremare e piangere.

"Figliolo, purtroppo la tua storia non si regge su nulla di concreto" il generale ordinò di rinchiuderlo nei sotterranei. "Quando tornerà Grandiér, trattenetelo e portatelo da me"

Le grida e il pianto disperato del ragazzino si udirono fin dentro il palazzo, Oscar si destò e corse alla finestra della sua camera. Vedeva delle torce agitarsi davanti la residenza. Era sicura di aver sentito gridare. Poi le torce si allontanarono e il buio tornò ad assorbire ogni cosa. Ascoltò delle voci provenienti dal pianterreno, non sapeva che stava accadendo. Provò a girare la maniglia della porta ma poi calò il silenzio. Quando aprì la porta non c'era più nessuno e non si vedeva neppure la luce di una candela.

   
 
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