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Autore: Maura85    28/05/2005    26 recensioni
Questa fic mi è stata chiesta da molti, dopo che ho messo in scena il personaggio di Kisala, figlia di Sesshomaru e Rin... è una creatura che apprezzo molto e che sto imparando a caratterizzare... quindi non aspettatevi un granché da questa storia, altro non è che un semplice esperimento, e una raccolta delle avventure che la fanciulla potrebbe vivere... che ne dite vi piace? E' da proseguire? Se avete suggerimenti, sapete che sono bene accetti! ;)
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correva. Correva con tutte le sue forse, il fiato che si condensava davanti alle sue labbra in effimere nuvolette, il volto graffiato dai rami che sporgevano sulla sua strada.
Sentiva l’oscura presenza dietro di sé, la sentiva avanzare più veloce del vento, mera portatrice di morte; lo voleva, lo desiderava. E presto lo avrebbe raggiunto.
Svoltò all’ultimo minuto, giusto in tempo per evitare un tronco birbante che aveva pensato bene di crescere davanti a lui, e che una generosa luce di luna piena gli aveva permesso di intravedere.
La milza gli pulsava dolorosamente, e dalle gambe giungevano chiari segnali di resa.
Ma non poteva fermarsi.

Sesshomaru ancora non aveva proferito parola; lo sguardo si spostava molto lentamente ora su una donna, ora sull’altra, come alla ricerca di un indizio che gli facesse capire che era tutto uno scherzo.
Ma entrambe erano impassibili, Rin seduta sulla sua poltrona preferita, intenta a ricamare un pezzo di stoffa, e Kisala, diciassettenne dagli occhi perennemente colmi di sfida verso il mondo, appoggiata contro un muro, con addosso la sua divisa da combattimento.
Da qualche anno a questa parte lui aveva preso ad allenarla al combattimento e alla sopravvivenza, finalmente allargando le sue attenzioni di padre oltre la sconfinata ammirazione per Takurei, unico suo figlio maschio, e accettando il fatto che Kisala fosse non solo molto abile, ma addirittura più portata del fratellino.
Però adesso la richiesta che, con l’appoggio di sua madre, stava avanzando… era davvero inaccettabile!
“No.” Risposta che non accettava proteste, ma chissà perché era praticamente certo che ne sarebbero venute lo stesso; e molte.
“Forse non mi sono spiegata.” Aveva ipotizzato sua figlia, accigliandosi. “Non ti sto chiedendo il permesso di partire, Signor Padre: ho semplicemente ritenuto opportuno informarti circa mia decisione.”
Da sempre manteneva quel tono freddo, distaccato, nei suoi confronti; pur amandolo e rispettandolo, sia come genitore che come insegnante, mai erano riusciti ad allacciare un vero rapporto che andasse oltre i ruoli ai quali erano stati destinati. Kisala era capace di passare intere ore intrattenendosi in piacevole conversazioni con la madre, ma mai sarebbe andata oltre alla stringata comunicazione che aveva con lui; e ciò era una cosa a suo completo svantaggio, come ebbe modo di constatare anche quella volta: quelle due si erano messe d’accordo, per tentare di convincerlo.
“Sesshomaru.” Rin aveva posato il suo ricamo, decidendo di approfittare di ogni debolezza del compagno… a partire dal grande amore che li univa, profondo come dal primo giorno. “Io credo che sarebbe molto utile per Kisala poter viaggiare sola, poter scoprire cosa c’è oltre questo castello… farsi un po’ le ossa…”
“Se le può fare anche qui: la chiudiamo in una stanza con tre orsi e se le fa rompere e rifare quante volte vuole, le ossa!” Sesshomaru aveva fatto per voltare le spalle alle due donne più importanti della sua vita, mentre un sentimento alieno come la paura gli rodeva il cuore: Kisala, la sua piccola, indifesa, fragile Kisala… che esplorava il mondo? Da sola?
“Sai benissimo, padre, che sono perfettamente in grado di uccidere non tre, ma cinque orsi, anche disarmata.” era strano come quella fanciulla fosse un perfetto ibrido tra lui e Rin: i suoi stessi occhi color miele, sottili armi di guerra psicologica che sapeva usare alla perfezione; un selvaggio fiume di lunghi capelli corvini, lasciati sciolti nonostante la scomodità nei combattimenti, incorniciavano un fisico agile e scattante. Una coda, nera ed elegante, fuoriusciva da un apposito buco sul retro dell’abito, ondeggiando nervosamente.
La sua Kisala.
La sua bambina, che voleva partire, sola ed indifesa!
“Se vuoi partire, fallo. Ma sappi che non hai la mia approvazione.” col tempo, anche lui aveva affinato il suo potere di costrizione psicologica: sapeva che queste parole le avrebbero certamente impedito di…
“Sta bene. Arrivederci, padre. Madre, i miei rispetti.” senza dire altro, si era voltata, uscendo dalla stanza, fischiettando un motivetto allegro.
“Caro, cos’è quella faccia sconvolta?” aveva voluto sapere Rin, senza neanche preoccuparsi di nascondere un sorriso beffardo.

Inciampò. Inciampò e cadde con il naso a terra, facendosi un gran male.
Senza badare al sangue che fuoriusciva dal labbro, si rialzò, riprendendo la corsa. Ma non fece neppure in tempo a fare tre passi, che…
Il colpo fu forte, soprattutto per l’alta velocità con cui era scattato; cadde a terra, intontito, così come l’altra figura contro cui aveva cozzato.
“Potresti guardare dove vai.” una figura femminile si massaggiò attentamente la testa là dove si erano scontrati.
Il ragazzo la guardò, un po’ spaesato, prima di realizzare cosa fosse successo: il panico rallentava ogni suo pensiero.
“Scappa!” urlò, tentando di rialzarsi in piedi il più in fretta possibile. “C’è uno spettro, un orribile spettro che m’insegue…”

“Prima di partire, dovresti sapere alcune cose…” Rin la aiutava con una dolcezza tutta materna nel preparare qualche necessario bagaglio. “E’ meglio che la gente non sappia che tu sei un mezzo spettro: comportati come un essere umano normale.”
Kisala aveva annuito mestamente: “E come si comporta un essere umano?”
“Come si comporta? Beh ecco, non so… per farti un esempio: un essere umano non abbatte un albero con un colpo di gomito. Capisci?”
“Devo… far finta che occorrano due colpi di gomito?” Rin e Lanako, una buona e gentile serva, erano gli unici esseri umani che la figlia del Principe dei Demoni avesse mai frequentato; forse non poteva proprio dirsi un’esperta in materia, ma per la sua seppur minima personale esperienza aveva capito che gli essere umani sono buoni. Quindi perché nascondere la sua vera identità?
“Credi a me… sarebbe meglio, almeno all’inizio… Per trovarti qualche amico.”
Il profondo rispetto che la madre aveva sempre ispirato in lei l’aveva convinta a darle retta. Anche se tenere nascosti i suoi poteri non sarebbe stato del tutto semplice.

“Tu sei un essere umano?” la ragazza, sui diciassette anni circa, lo scrutò con strani e curiosi occhi color ambra.
“Sei scema? Ti ho detto che c’è uno spettro che…”
“Anche io sono un essere umano, sai? Un normale, normalissimo essere umano!” assicurò, annuendo, come a voler darsi ragione da sola.
“Buon per te, ma ora vieni via!” non ci pensò due volte, l’afferrò per il polso e l’aiutò a rialzarsi, tirandola affinché anche lei si desse alla fuga. “Se stai qui, verrai divorata!”
“E da cosa?”
“Dallo spettro, piccola stupida! Lo spettro!”
E fu allora che lei fece una cosa davvero strana; sollevò di scatto il volto, inspirando con il sottile nasino la fresca aria notturna, neanche fosse un cane. Fatto questo, borbottò qualcosa di incomprensibile, quasi ringhiando.
“Inseguito da uno spettro sanguinario, di notte, in un bosco dove incontro una povera matta!” si disperò lui, senza però muoversi: non poteva lasciarla lì, ma, per quanto la tirasse, non riusciva a smuoverla di un pollice. “Dai vieni, prima che…”
“Non è uno spettro sanguinario…” sibilò lei, rabbiosa. “E’…”
Il povero ragazzo non poté trattenere un urlo, quando la demoniaca visione che gli era apparsa qualche chilometro più indietro, iniziando follemente ad inseguirlo, piombò davanti a loro, apparentemente per nulla provato dalla corsa.
La sua vita gli passò davanti agli occhi, come un lungo film forse un po’ noioso, uno di quelli che ti addormenti poco prima del finale, e per poco non se la fece addosso.
La fanciulla matta, invece, ebbe tutto un altro tipo di reazione.
“PAPA’!” sbraitò, andando incontro alla figura – uno spettro dai capelli argentati e occhi assetati di sangue – senza alcuna paura, anzi.“Che ci fai qui? Mi ha seguita!”
“Non ti ho seguita, passavo di qui per caso.”
“Come no! E perché inseguivi quel poveretto?”
Il poveretto non sapeva bene a cosa badare di più, se alla stranezza di quella conversazione, o… o al fatto che la misteriosa fanciulla sul didietro avesse una nera ed elegante coda.
La bocca gli si spalancò a O, mentre il litigio fra i due proseguiva senza riserve.
“Non mi devi seguire! Sono partita da due giorni e già ti ho alle calcagna! E in più cerchi di far fuori tutti gli esseri umani nei paraggi!”
“Non TUTTI, solo quelli di sesso maschile!” lo spettro chinò il capo, scrutandola. “Non crederai che io ti lasci vagare sola con dei simili pezzenti attorno?”
Chissà perché, il ragazzo si sentì un poco offeso; ma decise che era meglio non stare a ribattere.
“Se non la smetti, giuro che mi sposo il primo che trovo!”
“SEI TROPPO GIOVANE PER SPOSARTI!”
In quella, una nuova esperienza stava per sconvolgere la già abbastanza agitata notte dell’inseguito: dal cielo, calò un formidabile destriero, una specie di ibrido tra un drago ed un equino, cavalcato da una distinta signora decisamente fuori di sé.
“Sesshomaru! Non ti avevo forse detto di lasciare stare Kisala?”
“Ma… ma Rin…” il temibile spettro era ora come un cane bastonato.
“A casa! Subito!”
Dopo qualche attimo di silenzio e di cupe lotte fatte solo di sguardi, lo spettro si voltò con disprezzo, sparendo in una nuvola di luce dorata.
“Devi perdonarlo, è ancora un po’ turbato…” Disse la donna sul destriero demoniaco, facendo l’occhiolino alla ragazza con la coda. Poi, con sommo orrore del ragazzo, rivolse la sua attenzione proprio a lui: “Tu sei un amico di mia figlia? Piacere di conoscerti.” Sorrise alla sua espressione di shock totale, quindi spronò la cavalcatura e sparì anche lei, nel cielo.
Silenzioso imbarazzo calò nel bosco, ora abitato solo da una ragazza con la coda e un ragazzo che ancora un po’ e se la faceva addosso.
“Come ti chiami?” chiese lei, per uccidere quella coltre che li divideva.
“M… Makau.”
“Io sono Kisala. Forse… ehm, forse avrai capito che non sono solo una semplice umana.” “L’ho intuito, sì. “ Di nuovo silenzio, Makau che si guardava attorno con due occhi grandi così, l’adrenalina che non accennava a scendere. “Hai fame? Ho appena ammazzato un orso…”
In effetti, un po’ di fame l’aveva.
  
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