Quella bettola è più affollata di quanto non le piaccia. Ma la tempesta magnetica che imperversa poco oltre l'atmosfera  impedisce a chiunque di lasciare il pianeta. E la calura insopportabile che avvolge il cielo color arancio come una zanzariera rende impossibile resistere all’esterno.

Almeno, in quel postaccio, tre grossi ventilatori a pale piantati sul soffitto smuovono l’aria e creano l’illusione di rapide ed evanescenti folate di vento. Peccato per il rumore ritmico e fastidioso che emettono nel loro roteare incessante. Ha qualcosa di ipnotico e le fa venire sonno.

Fortunatamente ha qualcosa che le interessa particolarmente e le impedisce di crollare addormentata sul bancone del bar.

È la terza volta che Emeraldas incrocia quei due e non riesce più a pensare a una coincidenza. Quello alto è seduto poco più in là ed è concentrato sul suo boccale di birra. Il bassetto è a un tavolo e continua perdere a carte contro tre brutti ceffi.  Se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo e ha deciso di tenerlo per mano. Emeraldas, dal suo punto di osservazione vede benissimo le carte che tiene in mano. Ne cambia tre. E perde di nuovo.

Lei sorseggia il suo whisky con un sorriso. Che strano destino. È certa che si incontreranno ancora. E prima o poi si presenteranno.

Soprattutto è importante che lei interagisca con il piccoletto sfortunato. Se lo sente nelle ossa. Perché sorride ogni volta che lo vede e non è nel suo carattere sorridere così tanto. Non se ne spiega la ragione, ma quella faccia buffa, quel grosso cappello e quella camminata sbilenca la mettono di buon umore. Anche se la sua vita è un macello, con una madre impazzita che comanda su un pianeta pieno di androidi fanatici e assassini, una sorella triste e una vita legata a un treno sempre in corsa. Un giorno avrà una nave tutta sua e si lascerà il passato alle spalle. Definitivamente. Lo giura a se stessa, sulla memoria dei suoi antenati che solcavano il mare delle stelle senza fermarsi mai.

Il tizio alto e attraente solleva il bicchiere verso di lei mentre il piccoletto dice “Accidenti, ho perso ancora.”

Emeraldas vuota il suo bicchiere, poi lo raggiunge al  tavolo. “Posso portarti fortuna?” gli chiede,  poggiandogli la mano sulla spalla nascosta dal poncho liso.

Lui la guarda con un’espressione basita, neanche lei fosse un’apparizione sovrannaturale.  “Ce… certo” balbetta, poi fa la sua puntata minima per giocare di nuovo.

Emeraldas aspetta.  E finalmente l’uomo ha un giro fortunato. “Colore!” dichiara, incassando il piatto, poi solleva gli occhi adoranti verso di lei. “Grazie” le dice.

Lei si china verso il suo orecchio. “Ti accuseranno di avere barato” gli sussurra.

“So come difendermi ” ribatte lui in modo fin troppi spaccone, ma poi apre il poncho e le mostra la Cosmo Gun che tiene alla cintura.

Emeraldas si ritrova a trattenere il fiato. Un’arma come quella non è qualcosa che si vede spesso. Da quanto ne sa, ne esistono  solo cinque esemplari. “Allora a presto” taglia corto desiderando di nuovo di fuggire via di lì.

“Non mi dici il tuo nome?” la supplica l’uomo.

“La prossima volta”  promette lei per poi uscire nell’aria torrida. Dopo pochi istanti si ritrova ricoperta di sudore, ma non le importa. Chissà se lui l’ha vista. Probabilmente sì. Per questo ha voluto mostrarle la propria. Accarezza la Cosmo Gun al suo fianco ormai certa che le coincidenze non facciano proprio parte di quella strana storia. Poi riprende il proprio cammino in attesa del prossimo incontro fortuito. Di sicuro non sarà troppo lontano.