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Autore: KikiWhiteFly    19/09/2009    6 recensioni
{Quinta classificata a pari merito con Darkrose86 al "Tears Contest" indetto da Red Diablo. Vincitrice del Premio Originalità e del Premio Emozione}
Diverso? Cos'è diverso? In fondo, se una gitana si chiamasse Sakura, senza distinzioni di sorta, non sarebbe un essere umano, in ogni caso?
Era questo l'eterno mistero che affliggeva il mondo, provocando una baraonda. Tante -assurde e sciocche- polemiche per una razza, un popolo che non aveva nulla da invidiare agli altri. Cosa è diverso?
Sakura rifletté tutta la notte, dopo che l'Uchiha, trasportandosi dietro quel sentimento di rancore che si era annidato negli anni all'interno del suo cuore, aveva lasciato la stanza. Sakura aveva i vestiti sdruciti, l'aspetto probabilmente impresentabile, ciocche di capelli ormai crespe, intoccabili. Occhiaie scavate in profondità, occhi che ormai avevano perso il loro splendore, spenti.
Riuscì a darsi solo una risposta: diverso?
Diverso non significava nulla se non simile.
Ebbene sì, gli uomini avevano paura di scoprire un'altra faccia della medaglia, probabilmente la loro -quella più nascosta-, quell'intoccabile e impronunciabile volto della moneta.
Genere: Triste, Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Cuore di Zingara

2.

Ricatto









Le vie a quell'ora erano deserte e ciò incuteva un certo timore, indubbiamente. Sakura quella notte aveva dormito sopra uno scomodo giaciglio, sporco e polveroso. Tossì un paio di volte, scrollandosi di dosso quei batuffoli di polvere che erano rimasti impregnati sopra i vestiti. E i suoi occhi si schiusero, completamente. Si strinse nelle spalle quando una brezza proveniente dal Nord attraversò con crudeltà la sua colonna vertebrale... Sentì un brivido felino camminare lungo la schiena, unito a uno strano formicolio alle articolazioni. Sospirò amaramente quando si accorse di avere freddo. Allora, disgustata, riprese la coperta insozzata e se la poggiò sulle spalle, sopprimendo il conato di vomito sul nascere.

La sua mente balenò ai ricordi della notte prima. Strinse con violenza i pugni chiusi, accigliandosi; il soldato le aveva proposto un compromesso bello e buono a cui, però, non sarebbe scesa, a nessun costo. D'altro canto, cosa poteva fare?

Perdere Ino sarebbe stato come perdere una compagna, una sorella, un'amica preziosa. Perché loro erano cresciute insieme ed avevano attraversato quei solchi apparentemente insormontabili che avevano affrontato nella vita mano nella mano, avevano riso quando si erano ritrovate a condividere un tozzo di pane in due e avevano pianto pensando alle loro precarie condizioni. Rinunciare alla propria libertà per la libertà di un altro essere umano?

Gettò il viso nella fonte, rimanendo in apnea alcuni secondi. Poi strofinò con irruenza le due mani sulle gote candide, levandosi  i granelli di polvere e le macchie di terra... Zingara che non sei altro. Sporca strega, Diavolo travestito da angelo, essere abominevole.


Quante parole di scherno le erano state rivolte; sospirò, pensando a quante parole avesse tacitamente ignorato, soffocando in gola quel boccone troppo amaro. Il capo scattò all'indietro, quando sentì una presa sui capelli di un'improponibile colore. “Ahi!”, gridò, mostrando i denti.

“Non sei rincasata stanotte, eh?”, la presa non accennava a diminuire. Sakura bestemmiò un paio di volte, nascondendo un ghigno.

“Ino, lasciami!”, ma non le dava ascolto. Sakura cercò di liberarsi, compiendo una piroetta degna di un'acrobata; Ino finì a terra, miseramente.

“Hai barato”, confermò Ino, visibilmente stupita. La terra le era entrata nelle unghie, sul viso, nel corpo... Si rialzò di scatto, sputando a terra. “Non hai risposto, Sakura”, le ricordò. La ragazza eluse con una certa indifferenza l'amica, voltandole bruscamente le spalle. Allora la bionda si sentì offesa e le balzò di nuovo addosso, finendo per salire sopra le sue spalle.

“Cosa diavolo fai, Ino?!”, esclamò, perdendo l'equilibrio.

“Parla o ti spezzo l'osso del collo”, una minaccia. La ragazza decise di sottovalutarla, scostandosela da vicino e riprendendo la propria strada. “L'hai voluto tu”.

Tempo un attimo, e si era ritrovata con il capo affondato nell'acqua, di nuovo in apnea. “Parli?”, domandò, rialzandole per un momento il capo. Sì, l'amica non era quel che si dice una ragazza signorile. I suoi modi, brutali a dir poco, assomigliavano di più a quelli di un soldato senza pietà... Inaspettatamente l'Uchiha rientrò nei suoi pensieri. Scosse il capo con fermezza, forse quella proposta che le aveva fatto era una trappola, così... per vedere fino a che punto era disposta a reggere il suo gioco fasullo.

“Ino! Smettila...”, la supplicò, nascondendo all'interno di una ciglia una lacrima.

“Cos'hai?”

Lasciò improvvisamente la mano, prendendole invece il mento e scrutando attentamente nelle sue iridi smeraldine. “Tu stai piangendo”, affermò, dopo un attento esame. Sakura rifiutò scortesemente la sua mano, facendosi spazio nella piazzetta. Strofinò una mano sopra gli occhi, cercando di non dar a vedere quella fragilità tanto nascosta.

“Non dire stupidaggini”, la liquidò, camminando svelta. E la bionda la stava seguendo, determinata a sapere il motivo di tanta sofferenza. Se la conosceva almeno un po', finché non l'avesse scoperta non si sarebbe data pace.

“Cosa c'è? Mi nascondi qualcosa?”, la rimbeccò, con tono di sfida.

Le aveva afferrato il polso e l'aveva voltata dalla sua parte, facendole compiere un mezzo giro. Il volto diafano, pallido, bianco latte, era adesso dimora di alcune stelle morenti che lentamente stavano solcando lo zigomo. Si fermò ad osservarle, poi, resasi conto della situazione, le pulì le guance, con un pezzo di stoffa. “Ino, promettimi che starai attenta”.

Le intimò, prendendole le mani e scuotendole ripetutamente. Ino la guardò come si guarda un pazzo, un mentitore, un bugiardo; rinnegò immediatamente le definizioni quando si accorse di aver davanti a sé l'amica. E non una qualunque, bensì l'unica e la sola. In quello sporco mondo devastato dalla guerra, i pregiudizi, la povertà... Beh, c'era un granello di umanità. Quel microscopico briciolo di sentimento, grande o piccolo, ora era diventato dimora dei loro cuori e delle loro menti. Quella che stava legando Ino e Sakura non era un'amicizia comune. Si sa, le amicizie passano.

Con rammarico e per esperienza, Sakura dovette aggiungere una nota dolente. Nel lungo cammino che l'attendeva sarebbero passate centinaia di persone, le quali per un momento si sarebbero dimostrate amiche, e l'attimo dopo sarebbero tornate ad essere semplici conoscenti. Ma nulla poteva essere paragonato con quella tenera amicizia nata per una strada cittadina. Perché Ino non era un'amica bensì l'amica. Le dita si intrecciarono, gli occhi si stavano cercando, ormai sbarrati, spaventati, sbigottiti. La bionda fece un cenno d'assenso col capo: sebbene le fosse stato celato tutto quel mistero, sentiva di doversi fidare di Sakura, perché è proprio questo che fanno le amiche, no?. Si doveva fidare, le sue parole non era lasciate andare al caso, non lo erano mai state e non avrebbero cominciato di certo in quel momento.

“Starò attenta”, mormorò, mettendo a tacere il cuore dell'amica. Lo sentiva, perfino da quella distanza. Batticuore di spavento, pieno di ansia. Avrebbe voluto farle qualche domanda ma sentiva che non avrebbe ricevuto risposta. Ritenne più doveroso assecondarla, in un casto silenzio che raccoglieva in sé tante parole.

“Lo so, ti sembrerò strana. Ma... se ti perdessi Ino, sarebbe come perdere una parte della mia vita. Promettimi che vivrai, dimmi che mi vuoi bene...”, ed in quel momento la vide delirare e proferire le cose più astruse e inconcepibili. Qualcosa che ruotava sempre attorno al discorso “morte”; il respiro si mozzò, sembrava quasi in preda al panico.

“Calmati... ehi, non morirò!”, stava esclamando, cullandola tra le proprie braccia. E nel petto il chiaro segno di una sofferenza, di una forte amicizia, di un dolore che sembrava ucciderla. Ino ancora non sapeva, e, da una parte, era meglio così: voleva evitare di farle nascere qualche strana paranoia, doveva proteggerla a suo modo, guardandosi sempre intorno. “... In cielo non ci sarebbero persone come te”.

Ed in quel momento il suo cuore si fermò, stavolta per l'emozione. Sakura si tenne stretta alle spalle dell'amica, affondando col mento nella sua pelle, stringendo gli occhi ogni volta e sentendoli arrossare sempre di più.

“Noi non ce la meritiamo questa vita”, intervenne l'Haruno, calmandosi un poco. Ino scosse il capo, dandole pienamente ragione.

“Nessuno di noi è felice”, che frase amara.

Sembrava che la vita andasse vissuta unicamente per il denaro, per i beni materiali, lasciando da parte ogni sentimento che non fosse sinonimo di avidità. Sakura sfidò l'amica: ormai si poteva considerare una superstite del mondo se aveva fronteggiato tante cose, rimanendone sempre indenne.

“Forse nemmeno nella prossima. Forse non ci sarà una prossima vita, tanto vale vivere questa.”, formulò quel pensiero, malinconicamente. Entrambe abbassarono per un momento lo sguardo, fissando il terreno umido; anche quel giorno il tempo era uggioso. La pioggia pareva voler tornare da un momento all'altro, profanando con scaltrezza e crudeltà le abitazioni precarie e poco stabili degli zingari, che avevano lavorato tanto per costruirsi un tetto sopra la testa. Se anche il cielo era avido, che possibilità avevano loro con gli esseri umani?.

“Non so, Ino. Forse nessuno ha quel che merita...”, rifletté Sakura. “... forse nessuno di loro là fuori è felice perché non ha mai conosciuto il dolore”.

Proferì, diretta e incisiva. Quelle parole le aveva scolpite nel petto, e, sebbene potessero sembrare una crudeltà, erano veritiere e non erano frasi incompiute di un'arrogante rivoluzionaria. Era la realtà che si palesava ogni giorno davanti ai suoi occhi, in questo mondo che non conosce pietà, che dipende da ogni lusso e agio, che vive solo per ricevere senza fare fatica alcuna. Temeva che il suo cuore, ricolmo di rabbia, potesse bruciare da un momento all'altro.



...And my more having would be as a sauce


To make me hunger more, that I should forge


Quarrels unjust against the good and loyal,


Destroying them for wealth.

 

This avarice


Sticks deeper grows with more penicious toot


Than summer-seeming lust...”(*)





 

“Conosce il dolore solo chi ha sofferto veramente, Sakura.”

E Ino le diede le spalle, lasciandosi indietro il broncio dell'amica. Lo doveva ammettere: quella frase, sebbene molto triste, era veritiera. “Aspetta...”, la fermò. Una domanda indugiava sulla punta della lingua. “... cosa vuol dire zingara?”.

La bionda amica si voltò. Sospirò languidamente, concedendole uno sguardo per alcun istanti; poi le si avvicinò, e, prendendola per le spalle, la guardò negli occhi, scrutando con meticolosità lo smeraldo che vi era racchiuso. “Significa estraneo per loro. Gli uomini hanno sempre paura di ciò che non conoscono”, precisò un attimo dopo. Sakura sentì una stretta al cuore, uno strano formicolio alle mani, un brontolio di rancore allo stomaco. “Sei così ingenua, amica mia”.

E le spostò alcune ciocche di capelli, portandole ordinatamente sopra le sue orecchie. Poi si defilò, lasciandola sola.


Conosce il dolore solo chi ha sofferto veramente.

Sakura si chiedeva se la felicità, invece, la conoscessero solamente i ricchi.

 

 

 

 

 

Il soldato si sfilò il guanto nero, con un semplice gioco di polpastrelli. “Legga, Colonnello”, lo informò un soldato di livello inferiore, passandogli qualche foglio sgualcito. Sasuke lo guardò di sfuggita, osservando con un certo disgusto l'altezza dell'uomo che aveva di fianco... Sfiorava appena le sue spalle. Il corpo invece era robusto, sopra la media. Scostò i batuffoli di polvere che si erano depositati sopra il proprio mantello, poi aprì il giornale, scrutando con attenzione tutti i titoli.

Gli zingari infestano ancora le strade”


Quello era l'articolo che lo preoccupava più di tutti. Gettò con violenza il giornale sopra il bancone e trattenne una bestemmia tra i denti, non potendo fare a meno di corrugare bruscamente il proprio sguardo. Ciò che aveva di fronte era uno squallido sceneggiato della vita di ogni giorno: gitani che rubavano. Perché loro non lo guadagnavano, il salario. Inebriavano le menti, confondevano i sensi, la realtà diventava finzione, il vero si trasformava in falso. Tante erano le metafore che gli venivano in mente, e, meticolosamente, le selezionò. Una per una. Un ghigno di circostanza gli balenò sulle labbra opache quando vide l'ennesima prostituta di strada darsi da fare; quello che vedeva di fronte a sé era un corpo sinuoso, dalle forme ben pronunciate, il seno generoso che ingannava le menti degli spettatori che si fermavano, almeno per un'istante, a osservare quei passi che si susseguivano uno dopo l'altro. 

“Interveniamo?”, il soldato scattò all'istante appena vide in che direzione il Colonnello lasciava indugiare il proprio sguardo.

“Non ci sarebbe gusto, in questo modo”, frenò l'uomo, battendolo sul tempo. La sua mano ostacolava il soldato che ancora non riusciva a comprendere il significato di quelle parole. “Voglio l'amica”, sentenziò.

Nessuno capì l'astruso significato di quelle parole; l'Uchiha ebbe un'illuminazione, come se fosse stato improvvisamente folgorato. Dettò ordini, e i soldati scattarono attenti e circospetti, muovendosi da un lato all'altro della città. Davanti ai suoi occhi, una scena oltremodo interessante: la fine di una gitana. Sorrise beffardo, mentre osservava la bionda incatenata con dei ferri arrugginiti, dai quali cercava in qualche modo di divincolarsi. Che illusa.

E questo è solo l'inizio...

Si disse, vedendo trasportata la donna da due emergenti soldati, mentre quella stava già piangendo lacrime amare. Poi si voltò in sua direzione, quasi terrorizzata. Il respirò le si mozzò in gola, una piccola circonferenza di stupore etichettò le sue labbra, improvvisamente boccheggianti.

Perché era il terrore quello che dimorava negli occhi delle persone, quando incontravano il nobile Uchiha. Era terrore quando lui passava tra le strade, mantello nero alla mano, spada custodita nel fodero. Era solo la sua espressione sinonimo di paura, solo il suo volto, cupo e ingrigito, segnato dal tempo da piccole ragnatele ai lati degli occhi che ingannava i sensi, tramortiva di paura.

Rise, di un sorriso malvagio.


Sentiva che i fuochi d'artificio sarebbero presto scoppiati... e ad accenderli sarebbero state loro: le gitane.

******************************

(*): Tratto da Macbeth, William Shakespeare.

Eccovi la traduzione <3:


... e l'avere sempre più sarebbe per me una salsa

che mi darebbe sempre più fame, cosicché inventerei

falsi litigi con gli uomini buoni e leali [...]


Questa avidità è piantata più a fondo, e cresce da radice

più perniciosa della estiva lussuria[...]”


Se ci pensate è vero *Annuisce*


Ed ora, veniamo a noi... *__*.

Grazie ai ben 199 lettori,

*_*

A chi ha messo nei preferiti e alle seguite. Ma soprattutto il mio ringraziamento va' a quelle persone che hanno commentato questa fan fiction <3:



alechan_96 (Ecco, aggiornato ^^. Sì, dici?. Bene, allora non sono così scarse le mie capacità artistiche, buono a sapersi XP), valehina (AW! Cara *-*. E sì, è abbastanza bastardo Sas'ke, ho faticato per farlo rimanere IC XD. Felice che ti piaccia anche la fan art e grazie mille!), ballerinaclassica (sì, questa fan art l'ha vista mezzo mondo, renditi conto °_°. Sono felice che ti piaccia, e sì, ci tengo particolarmente, l'ho curata in ogni particolare, attenta a far quadrare tutto alla perfezione. Addirittura pensavo di non arrivare molto in alto viste le mie “avversarie”, come ad esempio te, per l'appunto XD. Ancora non mi capacito, invero °_°. Grazie mille CollegaH, che è meglio <3), Mayumi_san (Sei libera di fare pensieri sconci XD. Uhm, sì, ti vedo spesso gironzolare nel mio account e nelle mie SasuSaku XD. D'altronde sono il mio pairing del cuore, dopo lo ShikaIno <3. Comunque sia, grazie mille e, per l'appunto, io amoH quel libro *-*), kry333 (ecco qua il continuo ^^. Questo disegno è piaciuto a tutti °w°... meno male, pensavo fosse una schifezza XD), Caomei (Sì, mi chiedo anche io perché non scrivo originali, in fondo sono tutte Alternative Universe; però sono troppo affezionata a Sasuke e Sakura <3).



   
 
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