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Autore: Parmandil    31/03/2024    0 recensioni
È un periodo fortunato per la Destiny, che scorrazza tra gli Universi combinando buoni affari. Ma quando alcuni membri dell’equipaggio scompaiono misteriosamente, tocca a Naskeel, l’Ufficiale Tattico, far luce sulla vicenda. L’indagine lo porterà più lontano del previsto, addirittura in un’epoca passata, dove il Tholiano scoprirà di non essere l’unico alieno che si nasconde sulla Terra. Né di essere l’unico inorganico. Altri, più angelici nella forma ma più demoniaci nella natura, sono lì per banchettare con l’ignara umanità. Fra travestimenti e trasformazioni, Naskeel dovrà improvvisarsi detective per venire a capo del mistero e capire di chi può fidarsi. Ma soprattutto... come diavolo fa quella strana cabina telefonica ad essere più grande dentro che fuori?
Genere: Azione, Comico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Star Trek Destiny Vol. X:
Detective Naskeel
e il mistero degli Angeli Piangenti
 
 
LA DESTINY DOVEVA ESPLORARE IL MULTIVERSO,
MA QUALCOSA È ANDATO STORTO
E L’EQUIPAGGIO È STATO UCCISO.
ANNI DOPO, UNA BANDA DI CONTRABBANDIERI
HA ABBORDATO LA NAVE ALLA DERIVA,
VENENDO RISUCCHIATA NEL MULTIVERSO,
SENZA LE COORDINATE DI RITORNO.
AGLI AVVENTURIERI NON RESTA CHE
ESPLORARE UNA REALTÁ DOPO L’ALTRA,
IN CERCA D’INDIZI SULLA VIA DI CASA,
MENTRE CERCANO DI RISCOPRIRE IN LORO
QUELLO SPIRITO CHE CREÓ LA FEDERAZIONE...


-Prologo:
Data Stellare 2610.37
Luogo: Nebulosa del Toro

   L’USS Destiny, l’astronave più innovativa – e potenzialmente più pericolosa – mai realizzata dalla Flotta Stellare era alla deriva nel cuore della nebulosa. Il suo equipaggio era morto, vale a dire che, per l’antico e incontestabile diritto di recupero, il vascello apparteneva al primo che lo ritrovasse. Ma non era facile trovare un’astronave progettata apposta per esplorare il Multiverso, spostandosi da una realtà all’altra. Da quando la Destiny era svanita nel suo viaggio inaugurale, cinque anni prima, era stato un susseguirsi di teorie e illazioni sulla sua sorte. Queste voci erano giunte oltre i confini federali, destando l’interesse di altre potenze. Alcune, nemiche giurate della Federazione, speravano di accaparrarsi l’astronave per rivolgerla contro di essa. Altre, pur essendo in rapporti migliori, erano comunque coinvolte nella caccia al tesoro. Era il caso dell’Annessione Tholiana, che da secoli s’interessava al problema delle realtà alternative, sapendo che da lì potevano giungere le più gravi minacce. Ora che i Tholiani avevano l’occasione d’impadronirsi della Destiny, per studiarne la tecnologia, non intendevano farsela sfuggire. Nemmeno se ciò significava disputare il recupero a una banda di mercanti, la cui nave aveva visto giorni migliori.
   La nave-madre tholiana, un’imponente classe Tarantula, si avvicinò alla Destiny e al mercantile che l’affiancava. Sei caccia di classe Widow, a forma d’ago, circondavano la nave-madre in formazione serrata. Sulla plancia della Tarantula, immersa a una piacevole temperatura di 200º C, l’Ammiraglio Ziz si avvicinò allo schermo, osservando gli intrusi. «Dunque non siamo giunti per primi. Analisi tattica» ordinò, nella lingua raschiante dei Tholiani.
«Si tratta di un vecchio mercantile Ferengi, classe D’Kora, non segnato sul registro» rispose l’Ufficiale Tattico, di nome Naskeel. «Dispone di dieci banchi phaser e tre tubi di lancio per siluri. Scafo in duranio con corazza in tritanio. Si direbbe che gli scudi siano stati potenziati. Anche così, il vascello non è alla nostra altezza. Posso neutralizzarlo» dichiarò.
   «Lo faremo solo come ultima risorsa» disse però l’Ammiraglio. «I rapporti con la Federazione sono buoni e l’Annessione non vuole guastarli. Ciò significa ricorrere in primo luogo alla diplomazia. Solo se questa fallisse passeremo all’attacco. E in tal caso, non lasceremo superstiti che possano avvertire la Federazione dell’accaduto» puntualizzò.
   «È chiaro, Ammiraglio. Ma non credo che quei mercanti seguano il regolamento federale» ragionò Naskeel. «Hanno già abbordato la Destiny e riattivato l’energia principale. Se riuscissero a mettere in linea anche le armi, la nostra battaglia si farebbe molto più difficile» avvertì.
   «Una ragione in più per tentare la via diplomatica. Aprire un canale» ordinò Ziz.
   «Ci rispondono dalla Destiny» avvertì l’addetto alle comunicazioni. L’attimo dopo i mercanti comparvero sullo schermo. Erano un’accozzaglia di specie umanoidi, dai disgustosi corpi molli senza esoscheletro. Avevano solo due gambe... come si fa a camminare in modo decente, con così pochi arti? Cosa più repellente, vivevano ad appena una ventina di gradi sopra il punto di congelamento dell’acqua. Ovvio che poi dovevano coprirsi con strati di vestiario, per non morire congelati. Per i Tholiani, esseri inorganici nativi di un pianeta venusiano, era difficile accettare che le altre specie fossero così mostruose.
   «Qui è l’Ammiraglio Ziz. A nome dell’Annessione Tholiana, vi ordino di consegnare la nave alla deriva da voi illegalmente abbordata» esordì l’Ammiraglio.
   «Illegalmente? Devo contraddirvi, egregio Ammiraglio» ribatté un Ferengi che evidentemente era il capo della combriccola. «Sono il DaiMon Grilk, al comando del mercantile Ishka. Due giorni fa abbiamo captato una richiesta di soccorso da questa nave. Essendo altruisti, ci siamo prontamente lanciati al soccorso, seguendo il segnale fino al punto d’origine. La nave era integra, ma priva d’equipaggio...».
   «Perché? Cosa gli è successo?» volle sapere Ziz.
   «Non lo sappiamo; non ci sono superstiti» sostenne Grilk, non del tutto convincente. «Comunque, secondo le norme interstellari, essere giunti per primi ci garantisce il diritto al recupero. Mi spiace per voi, ma... arrivare secondi è come non arrivare affatto!» ridacchiò.
   «Una nostra sonda ha captato il segnale di soccorso sette giorni fa, quindi ben prima di voi. Questo ci attribuisce la precedenza sul recupero» spiegò l’Ammiraglio.
   «Niente affatto! Conta il primo che mette piede a bordo!» si stizzì il Ferengi.
   «Secondo le leggi federali è così. Ma qui ci troviamo al di fuori dello spazio federale» puntualizzò Ziz. «Nel vostro interesse, vi suggerisco di abbandonare il relitto prima di giungere a un confronto armato. Non sarebbe saggio, per il vostro mercantile, sfidare la mia flottiglia» minacciò.
   «Vuole intimidirmi? Io sono iscritto all’FCA! Lo sa che siamo i maggiori importatori di seta tholiana? Non vi conviene farmi questo sgarbo, vecchio mio!» avvertì il DaiMon.
   «Ay, caramba!» imprecò l’Umano al suo fianco, intuendo che si metteva male.
   «La sua ostinazione mi costringe a intraprendere un’azione di forza. E sarà la sua nave a farne le spese» avvertì l’Ammiraglio. Ciò detto, chiuse il canale e si rivolse all’Ufficiale Tattico. «Discutere con questa marmaglia è senza costrutto. Non resta che neutralizzare il mercantile e abbordare la Destiny» ordinò.
   «Agli ordini, signore» disse Naskeel, aprendo il fuoco.
   La Tarantula colpì l’Ishka con potenti raggi tetrionici e i caccia di scorta fecero lo stesso. In pochi attimi la nave Ferengi si trovò al centro di una gragnola. Le navi-ago le sfrecciavano attorno, troppo veloci per essere colpite dai siluri fotonici. Qualche raggio phaser andava a segno, ma le navi tholiane ressero i colpi. La nave madre era più stazionaria, e quindi subiva più colpi, ma non aveva nulla da temere dal vecchio mercantile.
   «La nave Ferengi ha perso gli scudi» riferì di lì a poco Naskeel.
   «Proseguire l’attacco fino alla sua distruzione» confermò Ziz.
   Le navi tholiane continuarono a far fuoco, aprendo brecce sullo scafo del mercantile, che sbandò fuori controllo. Ormai era condannato.
   «Rilevo teletrasporti multipli. I mercanti si stanno trasferendo tutti sulla Destiny» avvertì l’addetto ai sensori.
   «Come temevo. Questo complicherà le cose, dovremo stanarli uno per uno» rimuginò l’Ammiraglio. Non poteva attaccare anche la Destiny, che senza scudi era un facile bersaglio, o avrebbe vanificato la missione di recupero. Quella nave doveva restare il più possibile integra.
   «Attenzione, i livelli d’energia della Destiny salgono» avvertì l’ufficiale.
   Era ciò che i Tholiani temevano. Da soli, quei mercanti non erano una minaccia; ma con le armi della Destiny a loro disposizione, ecco che d’un tratto divenivano un pericolo mortale. E infatti la nave federale scattò in avanti, aprendo il fuoco. Raggi phaser e polaronici scaturirono dai banchi che coprivano tutta la circonferenza dell’anello esterno, dandole un raggio di tiro di 360º. In una manciata di secondi, le sei navi-ago furono colpite e distrutte. Non avevano nemmeno fatto in tempo a rispondere al fuoco. Al tempo stesso la Destiny scagliò una raffica di siluri quantici contro la Tarantula. La nave madre fu centrata sul muso: i suoi scudi ressero, ma il vascello effettuò una brusca manovra evasiva per mettersi fuori tiro.
   «Ammiraglio, dobbiamo abbordare la Destiny prima che gli occupanti alzino gli scudi, o per noi sarà la fine» avvertì Naskeel. Avevano ancora qualche secondo prima che completassero il trasferimento dall’Ishka.
   «Vada con la sua squadra, Tenente» ordinò Ziz. «Uccidete l’equipaggio di plancia e prendete il controllo dell’astronave. Mi raccomando: qualunque cosa accada, assicuratevi che la Destiny resti integra. Ci serve intatta, per studiarla» ribadì.
   «Sarà fatto» promise Naskeel, lasciando la consolle tattica a un ufficiale ausiliario. Imbracciò un fucile disgregatore e si unì alla squadra d’assalto, già pronta sulla pedana di teletrasporto. «Attivate i campi protettivi. Si gela su quella nave» raccomandò ai suoi. I Tholiani premettero un comando sulle cinture metalliche che cingevano i loro corpi da ragno. Ciascuno di loro fu avvolto da un campo di forza che avrebbe mantenuto tollerabile la temperatura. Subito dopo furono trasferiti sulla Destiny, mentre le astronavi tornavano a colpirsi.
 
   «Arrendetevi o sarete distrutti» minacciò Naskeel, non appena fu in plancia. Attorno a lui, i mercanti si precipitarono dietro qualche postazione o nelle camere adiacenti. Visto che impugnavano le armi anziché arrendersi come ordinato, i Tholiani si sentirono autorizzati ad aprire il fuoco. Uno di loro cercò di colpire la timoniera, ma centrò solo la poltroncina, perché l’agile Caitiana balzò sopra la postazione del timone e vi si acquattò dietro.
   «Mai! Fuori dalla mia proprietà!» gridò il DaiMon. Impugnò la frusta neurale e dette una sferzata a Naskeel, ma il raggio riverberò sul suo campo di forza, senza nuocergli.
   «Hanno gli scudi individuali, per questo non si congelano!» gridò l’Umano, per farsi udire dai colleghi. «Phaser al massimo e concentriamo il fuoco!» ordinò, alzando la regolazione della sua arma. Si sporse per un attimo dal rifugio, centrando uno dei Tholiani. Nello stesso attimo una Risiana si sporse dalla sala tattica, in cui aveva trovato scampo, e lo colpì alle spalle. I due raggi ad alta intensità perforarono lo scudo: l’alieno stridette e andò in pezzi.
   I Tholiani risposero al fuoco, uccidendo due Ferengi e distruggendo alcune consolle. Ma si trovavano al centro della plancia, in una posizione esposta. E soprattutto non si erano aspettati una resistenza così accanita. Naskeel comprese che quelli non erano semplici mercanti; sembravano piuttosto degli avventurieri, forse persino dei mercenari. Avevano armi pesanti e sapevano come usarle. Alcuni – in particolare l’Umano – parevano ex federali.
   «Ancora!» gridò l’Umano, tornando a sporgersi per colpire i Tholiani. Ne centrò uno a una zampa, facendolo cadere in avanti, e poi di nuovo sul muso, che si frantumò. Nel frattempo la Caitiana abbatté il terzo, colpendolo ripetutamente col phaser. Il Ferengi sferzò il quarto con la frusta, indebolendo il suo scudo, e la Risiana gli dette il colpo di grazia.
   Rimasto solo, Naskeel colpì la postazione sensori e comunicazioni con un raggio così potente da farla esplodere. L’addetto, un giovane umanoide, gridò e fu scagliato all’indietro. Colpì la paratia e da lì si accasciò privo di sensi, col volto ustionato. Il Tholiano lo prese di mira, per finirlo, ma ebbe una breve esitazione. Adesso che era rimasto solo, uccidere gli avversari non sembrava saggio...
   «NO! Prenditela con me!» gridò l’Umano, gettandosi temerariamente allo scoperto. Naskeel si girò verso di lui, pronto a colpire, ma l’Umano fu più veloce. Sapendo di non avere il tempo per abbattergli lo scudo, mirò alla sua arma. Il raggio phaser centrò il fucile disgregatore, che esplose tra le mani del Tholiano. Questi arretrò, zampettando come un granchio in direzione della saletta teletrasporto.
   «Ah no, non te ne vai!» ruggì Grilk, assetato di vendetta. Colpì Naskeel con la frusta neurale, che gli si avvolse attorno alle zampe, immobilizzandolo. «Finiscilo, Rivera!» ordinò.
   Per un attimo l’Umano guardò il giovane collega, ancora riverso sul pavimento, col volto ustionato. Aveva una gran voglia d’ammazzare il mostro che aveva fatto questo... ma alcuni Tholiani erano già morti, e non voleva provocare un’escalation col loro governo. La Flotta Stellare gli aveva insegnato che il primo dovere di un ufficiale era disinnescare i conflitti sul nascere. «È meglio tenerlo vivo... come merce di scambio» disse, cercando di persuadere il DaiMon.
   «E va bene. Tanto farò sempre in tempo ad ammazzarlo, se cambio idea» borbottò questi, fissando malignamente il prigioniero. «E ora vuoi alzare gli scudi, prima che ne arrivino altri?!».
   Tenuto sotto tiro dagli avventurieri, Naskeel non poté far altro che assistere all’epilogo della battaglia. Vide la Tarantula aprire nuovamente il fuoco contro l’Ishka. Il vecchio mercantile era alla deriva, senza scudi e con lo scafo compromesso da svariate falle. Bastò un colpo ben assestato per disintegrarlo. Sulla plancia della Destiny, gli avventurieri assistettero angosciati all’esplosione della loro astronave. Molti di loro erano vissuti lì per anni e non avevano un altro posto dove andare. Ma nessuno fu più annientato del DaiMon.
   «La mia nave! La mia povera nave!» si disperò il Ferengi, prendendosi la testa fra le mani. Ma il dolore mutò subito in collera. «Rivera! Da’ alle zecche la lezione che meritano!» abbaiò.
   «Ci provo» sospirò l’Umano. Era stato un ufficiale tattico prima che i rovesci di fortuna lo portassero in mezzo a quei furfanti. Anche se erano cinque anni che non prestava servizio su una nave della Flotta, ricordava il mestiere. Preso il controllo delle armi, tempestò di colpi la Tarantula, sforzandosi di metterle fuori uso gli armamenti. Le due navi presero a girarsi attorno come lupi, scambiandosi bordate micidiali.
   «Bene, così! Non dargli respiro!» incitò Grilk.
   Le capacità offensive della Destiny erano impressionanti. In pochi minuti soverchiò la Tarantula, disattivandole le armi. Ai Tholiani non restò che disimpegnarsi, allontanandosi a impulso. Allora Naskeel capì d’essere condannato. I suoi compagni lo avevano senz’altro dato per morto col resto della squadra. E non avevano torto, perché gli avventurieri lo avrebbero certamente giustiziato per ripicca.
   «Eccellente. Ora finiscili!» ordinò il DaiMon, con un sorriso sadico.
   «Signore, con tutto il rispetto, i Tholiani non sono più una minaccia. Ma se ora li distruggiamo, supereremo il punto di non ritorno. Potremmo persino scatenare una guerra fra Tholiani e Federazione» avvertì Rivera.
   «E allora? Ricorda la Regola dell’Acquisizione numero 34: la guerra è propizia per gli affari» citò il Ferengi.
   «Già, ma lei ricordi la Regola numero 35: la pace è propizia per gli affari» ribatté l’Umano.
   «Mannaggia, hai ragione!» riconobbe Grilk. «E va bene, lasciamo andare le zecche. In futuro ci penseranno due volte, prima di attaccarci». In quella la Tarantula balzò a curvatura, mettendosi definitivamente in salvo.
   «Ma sì, scappate, vandali! Tanto non siete voi a dover pagare i danni. Povero me... fortuna che l’Ishka era assicurata...» borbottò il DaiMon, cercando di calcolare l’ammontare del risarcimento. Intanto gli avventurieri si occuparono del giovane collega ferito, accompagnandolo in infermeria.
   «Andate, io penso al responsabile» disse Rivera, tagliente. Girò sui tacchi e andò dal Tholiano prigioniero. «Hai visto? I tuoi colleghi sono scappati, ti hanno abbandonato!» infierì.
   «Di certo hanno pensato che fossi morto» rispose Naskeel, la voce resa comprensibile dal traduttore. «In effetti non comprendo perché mi abbiate risparmiato. Se sperate in un riscatto, sappiate che l’Annessione Tholiana non paga per riavere gli sconfitti».
   «Ssshhh! Se il DaiMon ti sente, allora sì che sei finito!» lo zittì Rivera. «Stammi a sentire, dannata zecca. Non so nemmeno io perché continuo a risparmiarti. Forse perché c’è stato un tempo in cui ero nella Flotta Stellare e credevo nella diplomazia. Comunque ora ti spiego le regole di bordo. Se tenti in qualunque modo di scappare, sei morto. Se tenti di contattare i tuoi simili per fargli sapere dove siamo, sei morto. Se dici qualcosa che non mi piace, sei morto. Se invece te ne stai zitto e buono nella tua cella, allora potresti sopravvivere. È tutto chiaro? Rispondi sì o no».
   «Sì» rispose Naskeel dopo qualche attimo.
   «Bravo ragazzo, sapevo che ci saremmo capiti al volo» disse Rivera. «A proposito, ce l’hai un nome?».
   «Mi chiamo Naskeel» rispose il Tholiano, fissandolo con gli insondabili occhi sulfurei. Non capiva perché l’Umano lo avesse risparmiato, ma stando così le cose, doveva approfittarne. Per il momento sarebbe stato alle regole, garantendosi la sopravvivenza. E non era da escludere che, alla lunga, sarebbe riuscito a fuggire...
 
   Dieci giorni dopo, Naskeel aveva cambiato opinione. Erano successe così tante cose, e così impreviste, che il Tholiano stentava ad adattarsi. La Destiny era stata risucchiata nello Spazio Fluido, la realtà alternativa in cui era rimasta negli anni della sua scomparsa. I nativi di quel cosmo, gli Undine, avevano catturato l’equipaggio, sottoponendolo a prove di sopravvivenza sempre più estreme. Ma con un audace colpo di mano gli avventurieri avevano recuperato il controllo della nave, uccidendo gli Undine a bordo, ed erano fuggiti. Ma Grilk era morto, così che adesso era Rivera il Capitano, impegnato a sostituire gli altri ufficiali rimasti vittime degli scontri. E c’era un problema ancora più grave: gli Undine avevano cancellato le coordinate quantiche dal computer, così che sebbene la nave fosse operativa, gli avventurieri non potevano tornare nel proprio cosmo. In tutto questo, Naskeel si era trovato a collaborare con loro, tanto che adesso partecipava alla riunione tattica.
   L’incontro era quasi terminato, e Rivera aveva assegnato tutti i ruoli, tranne quello di Ufficiale Tattico. Quando Losira, la nuova Comandante, glielo fece notare, l’Umano rispose in tono infastidito. «Non è così semplice, lo sai bene» disse. «Sull’Ishka svolgevo io quel ruolo, all’occorrenza, sebbene fossi ormai Primo Ufficiale. E comunque non avevamo una sezione Sicurezza come sulle navi federali. Se anche scegliessi l’Ufficiale Tattico, non avrebbe una squadra».
   «Ad ogni modo, ora che sei Capitano dovresti avere qualcuno che stia alla postazione tattica» insisté Losira. «Chiunque poteva usare le armi dell’Ishka, ma su una nave moderna come questa serve un esperto».
   «In tal caso, io sono l’opzione migliore» si offrì Naskeel. Il Tholiano era rimasto zitto per tutta la riunione, ma ora si fece avanti con l’insolita richiesta. «Dopotutto sono un ufficiale tattico di professione» sottolineò.
   «Tu? Non dire sciocchezze!» si oppose Rivera. «Sei salito su questa nave da nemico, con la tua squadra d’invasione. Per questo ti avevo chiuso in cella. Ammetto che le cose sono cambiate: Shati mi ha detto che l’hai salvata nella biosfera e poco fa ci hai salvati tutti, azionando il cannone thalaronico. Ti sono riconoscente e quindi ti consento di aggirarti liberamente per la nave. Ma non ti assegnerò incarichi di responsabilità; men che meno Ufficiale Tattico! Non ho scordato che la tua missione era eliminarci per conquistare la Destiny. E tu certo non hai scordato come la tua squadra sia morta nel tentativo. Erano i tuoi soldati, non vuoi vendicarli?».
   «La vendetta è una debolezza emotiva che non tocca i Tholiani» rispose Naskeel. «Avevo una missione, ma è fallita. Da allora la situazione è radicalmente mutata. Ora l’unico modo per massimizzare le mie probabilità di sopravvivenza è collaborare con voi».
   «Io credo che sia sincero» intervenne Shati, la timoniera. «Nella biosfera mi è sempre stato accanto, salvandomi da molti pericoli».
   «Forse fa parte del suo piano per carpire la nostra fiducia!» obiettò il Capitano, ancora diffidente.
   «Che piano potrei avere?» obiettò Naskeel. «La mia missione era consegnare questa nave al mio governo. Se la distruggessi fallirei del tutto, oltre a perdere la vita. Se in qualche modo vi neutralizzassi, rimarrei perduto nel Multiverso, su una nave che oltretutto non posso manovrare da solo. La mia sola speranza è tornare indietro con voi».
   «E supponendo che riusciamo a tornare, cosa farai allora?» chiese Rivera.
   «Vi chiederò di riportarmi alla mia gente o di concedermi una navetta per andarci io stesso» rispose il Tholiano.
   «Non cercherai di farci la pelle, per completare la tua missione ed essere riaccolto con tutti gli onori?» incalzò il Capitano.
   «Comprendo il suo dubbio, ma ha la mia parola che non attenterò alle vostre vite» disse Naskeel.
   Rivera tentennò, soppesando i pro e i contro. «Come ho detto, sei libero di muoverti sulla nave. Ma affidarti la sicurezza di bordo è prematuro» decise.
   «Come vuole, ma spero che avrà modo di ripensarci nei giorni a venire» disse il Tholiano.
 
   Passò un’altra settimana. La Destiny era sfuggita agli Undine, abbandonando lo Spazio Fluido. In mancanza delle coordinate di ritorno si era rifugiata in un altro cosmo, del tutto privo di stelle e pianeti, e per questo detto il Vuoto. Da allora gli avventurieri si dedicavano a riparare i danni delle battaglie, oltre che a familiarizzare coi sistemi di bordo. La Destiny infatti era più avanzata di qualunque cosa avessero mai visto prima, e non era facile sfruttarla al pieno potenziale. La mancanza di un Ufficiale Tattico, in particolare, si faceva ancora sentire. Rivera aveva formato una squadra della Sicurezza, ma a chi l’avrebbe affidata?
   Giunse il giorno in cui gli avventurieri iniziarono l’esplorazione del Multiverso. Con un programma di deframmentazione dati avevano recuperato alcune coordinate quantiche dal computer, ma esse non erano più abbinate a una descrizione. Quindi non restava che provarle tutte, sperando che ci fossero anche quelle giuste. La mattina fatidica, il Capitano entrò in plancia col batticuore. Gli ufficiali erano già lì: tutte le teste si girarono verso di lui. «Capitano sul ponte!» annunciò Talyn, l’addetto a sensori e comunicazioni.
   «Riposo, signori. Tutti ai vostri posti» ordinò Rivera, sperando col suo esempio d’instillare una certa disciplina in quegli avventurieri. Non poteva pretendere performance da Flotta Stellare in chi non aveva fatto l’Accademia, ma sentiva di doverli mettere in riga, ora che erano su una nave federale.
   Tutti fecero come ordinato, tranne Naskeel che gli si avvicinò. «Capitano, ha preso una decisione nei miei riguardi?» chiese il Tholiano.
   Rivera dette una breve occhiata al centro della plancia, dove si trovavano le tre poltrone principali: quella del Capitano, del Primo Ufficiale e del Consigliere. La terza sedia era destinata a restare vuota, dato che non avevano uno psicologo a bordo. Alla luce di questo, Rivera non voleva trovarsi con altre posizioni chiave scoperte: non ora che stavano per tuffarsi nell’ignoto. Per quanto ne sapeva, magari di lì a poco sarebbero stati impegnati in una battaglia mortale. No, gli serviva un professionista al tattico; così era una scelta obbligata.
   «Signor Naskeel, dopo attente riflessioni ho deciso di affidarle l’incarico da lei richiesto» disse in tono formale, fissando l’interlocutore; ma avvertì la sorpresa che aveva suscitato negli altri. «Sappia che mi aspetto piena lealtà e dedizione da parte sua. Il tradimento non sarà tollerato» avvertì.
   «Com’è giusto che sia» convenne Naskeel, piegando appena le sei zampe in una sorta d’inchino, che per lui corrispondeva al saluto militare. Dopo di che zampettò alla postazione tattica.
   Rivera restò a osservarlo qualche istante, prima di accomodarsi sulla sua poltrona.
   «Spero che tu sappia ciò che fai» gli sussurrò Losira, dal seggio del Primo Ufficiale.
   «Hai insistito tu perché designassi un Ufficiale Tattico».
   «Non mi aspettavo che si proponesse lui; ancor meno che tu accettassi».
   «Affrontiamo un problema per volta. Dovremmo essere al sicuro... finché non saremo tornati nel nostro Universo. Poi si vedrà» puntualizzò l’Umano, dandole un’occhiata eloquente. Dopo di che aprì un canale con tutti i ponti, anche se dovette fare più d’un tentativo per azzeccare i tasti giusti.
   «Buongiorno a tutti, è il Capitano che vi parla. Oggi comincia il nostro viaggio più memorabile, anzi il più memorabile di tutti i tempi: l’esplorazione del Multiverso. Non l’abbiamo chiesto noi, ma il destino ci ha posti su questa nave, con questa missione. Là fuori ci sono bellezze, scoperte e pericoli che oltrepassano ogni immaginazione. Solo restando uniti e fidando gli uni negli altri ne verremo a capo. Non siamo ufficiali di Flotta, eppure dovremo comportarci come tali, perché solo così troveremo la via di casa.
   In questa ricerca non lasceremo nulla d’intentato. Visiteremo tutte le coordinate quantiche ritrovate nel database, in cerca di quella giusta. Proveremo a contattare le entità capaci di spostarsi nel Multiverso, come i Q e i Nacene. Cercheremo ogni traccia, ogni indizio che possa metterci sulla giusta via».
   Fatta una breve pausa, il Capitano riprese in tono accorato: «Ricordate inoltre che tutto questo non lo facciamo solo per noi stessi. Dobbiamo tornare anche per avvertire la Federazione della minaccia Undine. Può darsi, infatti, che la biosfera fosse parte di un piano d’invasione: un modo per scoprire i nostri punti deboli prima di sferrare l’attacco su vasta scala. Se è così, dobbiamo avvisare le autorità federali prima che sia troppo tardi. E dobbiamo rendere giustizia al primo equipaggio della Destiny, raccontando la loro storia.
   Questa è la nostra responsabilità, sebbene le autorità non ci siano state amiche. E chissà che, riuniti su questa nave, non riscopriamo in noi quello spirito di fratellanza che creò la Federazione, tanto tempo fa. Signori, avanti tutta verso l’ignoto!».
   Poco più indietro, Naskeel ascoltò con attenzione il discorso. La linea d’azione del Capitano era logica e condivisibile. E se fossero riusciti ad avvertire la Federazione della minaccia Undine, di certo anche l’Annessione Tholiana sarebbe venuta a saperlo. Dunque per il momento i loro scopi coincidevano. Ma Naskeel non aveva scordato gli ultimi ordini dell’Ammiraglio Ziz: «Uccidete l’equipaggio di plancia e prendete il controllo dell’astronave. Mi raccomando: qualunque cosa accada, assicuratevi che la Destiny resti integra. Ci serve intatta, per studiarla».
   Era quella la sua ultima missione, e Naskeel non l’aveva ancora compiuta. L’aveva solo... posticipata a data da destinarsi. Per il momento avrebbe rispettato almeno l’ultima parte della consegna, assicurarsi che la Destiny restasse integra. E avrebbe protetto anche l’equipaggio, sempre nell’ottica di conservare l’astronave. Ma una volta tornati nel loro cosmo... chissà. 
 
   
 
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