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Autore: Andy Grim    01/04/2024    3 recensioni
Era da molto che covavo un progetto simile. E, finalmente, ho trovato la voglia di metterlo in pratica. Riprendo oggi, augurandomi di mantenere una presenza più costante rispetto al passato, la mia attività di fanwriter. Desidero anche dedicare questa storia ai "colleghi" The Blue Devil, Gatto1967 e Bacionero che hanno trattato il personaggio di cui mi occupo, stimolandomi notevolmente a riprendere. Un personaggio certamente negativo, ma non privo di interesse per coloro che guardano con curiosità alle lotte interiori che travagliano l'esistenza di individui complessi. Un'avvertenza per i lettori che già mi conoscono attraverso la fanfic "Un compagno per Flanny Hamilton", insolitamente ambientata nella Seconda Guerra Mondiale: qui siamo di nuovo negli anni dell'opera originale e non ci compaiono personaggi da me inventati. Ma sempre di "licenze temporali" si parlerà...
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Eliza Leagan, Neal Leagan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: L’incidente e il risveglio

Un violento temporale si avvicinava quella notte al cielo di Chicago. Nel sobborgo residenziale di Glenview, la villa dei Legan sembrava deserta, poiché nessuna luce filtrava dalle finestre. Anche all’interno, il buio completo. Probabilmente, data l’ora, padroni e domestici si erano già ritirati tutti.
La giornata appena trascorsa non era certo stata felice, per la famiglia del ricco banchiere, ben noto in città come l’amministratore della facoltosa Famiglia Andrew. In mattinata si era infatti svolto, nella loro lussuosa residenza, il ricevimento che doveva ufficializzare il “passaggio di consegne” della conduzione familiare dalla mani della celebre “patriarca” Ellroy a quelle del suo diretto nipote William Albert, che fino a quel momento si era sempre mantenuto nell’ombra.
C’era però un secondo avvenimento che avrebbe dovuto caratterizzare quell’incontro: l’annuncio del fidanzamento fra Neal Legan, il nipote più giovane del “nuovo” capofamiglia e la figlia adottiva dello stesso personaggio.
Non erano in molti, fra i numerosi parenti, diretti o acquisiti, a conoscere quella giovanetta; solo alcuni ricordavano vagamente di averla conosciuta diversi anni addietro, in occasione di un altro raduno familiare tenutosi presso la residenza estiva di Lakewood, seguito da una battuta di caccia alla volpe, che si era però drammaticamente conclusa con l’incidente mortale che aveva visto vittima il giovane Anthony Brown, figlio della defunta Rosemary, la sorella maggiore del magnate William Andrew.
Chi ne sapeva un po’ di più, si era anzi stupito del fatto che la gentile quanto avvenente donzella intendesse impalmare proprio il rampollo dei signori Legan, che l’avevano anzitempo “prelevata” dal brefotrofio della Casa di Pony; non già per adottarla come sorella dei loro “marmocchi”, ma per assumerla come “dama di compagnia” della figlia maggiore, per poi “degradarla” invece a semplice domestica. E, almeno dalle lettere giunte tempo dopo al “misterioso” signor William da parte dei tre nipoti Anthony, Archibald e Alistear (gli ultimi due, figli della seconda sorella del magnate) sembrava proprio che la “piccola Candy” (come allora veniva nominata) non fosse propriamente trattata con modi affettuosi dai suoi “padroncini”, sia da parte dell’altezzosa “signorina” Iriza[1] che dal viziato “signorino” Neal, come nemmeno dalla severa signora Sarah, consorte del banchiere Raymond Legan e sorella minore dell’enigmatico William.
Per sua grande fortuna, la bionda e lentigginosa orfanella era in seguito stata adottata dallo stesso misterioso capofamiglia e affidata alle cure della zia Ellroy (sorella del suo defunto padre e reggente “pro-tempore” della famiglia stessa) che già si stava occupando dei suoi tre bis-nipoti, al posto dei loro genitori. Il padre di Anthony, oltre ad essere rimasto presto vedovo, era infatti quasi sempre in navigazione come capitano di lungo corso, mentre l’altro cognato di William era nientemeno che l’incaricato d’affari presso la Legazione americana di Ryad, capitale del Regno Saudita.
Non che le “grinfie” dell’arcigna Ellroy Andrew si fossero rivelate, nei confronti dell’interessata, molto più morbide di quelle dei Legan (almeno nei primi tempi) ma lo svantaggio era stato ampiamente ricompensato dalla presenza dei tre cugini adottivi (i summenzionati Anthony, Archie e Stear) che le avevano dimostrato, già ben prima dell’adozione, il loro costante e profondo affetto.
Tuttavia, prima di poter concretizzare una relazione amorosa col primo dei tre, indubbiamente rivolatosi come il suo preferito[2], questi era tragicamente perito durante la suddetta battuta di caccia (che era stata preceduta dalla presentazione ufficiale di Candy ai maggiorenti della famiglia) a causa di una brusca caduta da cavallo, imbizzarritosi dopo che lo sventurato animale aveva infilato fatalmente la zampa anteriore in una tagliola…
Lacerata nel cuore per la perdita del suo secondo amore (il primo era stato quel misterioso “Principe della Collina”, incontrato vicino alla Casa di Pony all’età di dieci anni), tornata invisa alla zia adottiva, sconvolta quest’ultima dalla perdita dell’adorato bisnipote e odiata ancor di più dall’ex padroncina Iriza, dalla quale veniva accusava immancabilmente della morte del cugino; la povera orfanella non aveva trovato di meglio che tornarsene al suo brefotrofio, dove aveva per lo meno ritrovato le sue amate “mamme”, Miss Pony e Suor Maria, assieme a tutti i suoi “fratellini”, pronti ad accoglierla a braccia aperte.
Ma quella benefica “rimpatriata” non era durata a lungo, poiché il suo benefattore, il fantomatico zio William, aveva deciso di mandarla a studiare a Londra, nella prestigiosa Royal Saint Paul School, dove aveva fatidicamente ritrovato i due rampolli della sua prima famiglia “adottiva”: Iriza e Neal, appunto!
Tale nefasto contrattempo era stato fortuitamente compensato dall’incontro col belloccio e tenebroso Terence, figlio illegittimo che il Duca di Granchester aveva concepito tramite la sua relazione clandestina con l’attrice americana Eleonore Baker. Nemmeno quel tormentato “terzo amore” aveva però potuto essere il definitivo. Per prima cosa, la diabolica Iriza era riuscita a separarli facendo espellere Candy dal severo Collegio britannico, inscenando una tresca notturna dei due, dopo averli attirati nelle scuderie con due falsi reciproci messaggi. In seguito, quando Terence e Candy si erano finalmente ritrovati in America, lui aspirante attore a Broadway, lei allieva infermiera a Chicago, approfittando di una tournée della Compagnia Stratford in quella città per inscenare lo shakespeariano Re Lear, il successivo tiro mancino del fato aveva messo accanto al giovane Granchester una talentuosa quanto affascinante giovane attrice, alquanto interessata a lui. Interessata al punto da impedire che la sua pretesa rivale incontrasse il vezzoso collega nell’albergo dov’erano alloggiati, dichiarando che fosse crollato dal sonno dopo l’impegnativa rappresentazione (quando invece l’interessato si trovava contemporaneamente nello stesso ospedale dove studiava l’infermiera, aspettando vanamente il suo ritorno); intercettando e trattenendo in seguito le lettere che la povera Candy gli aveva scritto a New York e infine, costretta dal rimorso a consegnargliele, Susanna Marlowe si era dichiarata apertamente a Terence, affermando disperata che avrebbe lottato con tutte le sue forze per averlo tutto per sé, a dispetto di qualunque altra donna che avesse osato disputarglielo.
Il conteso istrione non aveva dato troppo peso alla questione, pur provando un umano e sia pur contenuto dispiacere per la collega. D’altra parte aveva già deciso d’invitare Candy nella Grande Mela in occasione della prima di Romeo e Giulietta, dove lui e Susanna avrebbero impersonato i due sfortunati protagonisti della celebre tragedia. L’intenzione di Terence (anche se, probabilmente, non ancora quella di Candy) era infatti quella di trattenere la sua ormai ufficiosa fidanzata presso di sé in permanenza, anche dopo la conclusione dello spettacolo. Dopotutto, il bell’attore si era ormai professionalmente sistemato e una capace infermiera come Candy non avrebbe incontrato troppe difficoltà nel farsi trasferire presso un ospedale di New York.
Tutto sembrava quindi procedere alla grande per quella coppia singolare, nata nei severi corridoi del collegio londinese, quando messer Belzebù ci aveva messo la sua coda biforcuta facendo precipitare un riflettore su Terence durante una prova in teatro, il quale ci avrebbe di sicuro rimesso le penne se la sua fascinosa pretendente non l’avesse spinto da parte, rimanendo in sua vece investita dal pesante apparecchio. La povera Marlowe non ci aveva rimesso la vita, ma una gamba sì e con essa la bellezza, l’autosufficienza e la carriera, tutte insieme!
L’esistenza della giovane attrice non era però stata l’unica a rimanere sconvolta dall’accaduto, perché l’oggetto delle sue mire amorose, come pure la sua ufficiosa fidanzata, sconvolti vieppiù dal tentato suicidio della povera giovane, avevano deciso di sacrificare la loro relazione per lasciare che Terence rimanesse vicino a Susanna.
La povera Candy era così ritornata a Chicago, dove aveva per lo meno ritrovato la sua amata professione d’infermiera e l’affetto del suo amico Albert, in realtà il suo stesso protettore momentaneamente privo di memoria e della sua vera identità; due realtà che confortavano non poco il suo cuore lacerato.
Proprio quella nuova pagina di vita si era aperta con una novità sconcertante: dopo un’impegnativa trasferta presso l’infermeria di un cantiere ferroviario nel cuore delle Rocky Mountains, la nostra bionda eroina s’era di nuovo trovata di fronte il rampollo dei Legan, non più stavolta come suo persecutore, complice della sorella, bensì come suo pretendente, inaspettatamente innamoratosi di lei!
Era vero che, qualche tempo addietro, la biondina aveva avuto la “malaugurata” idea di salvarlo dalle minacce di alcuni teppisti che lui aveva scioccamente provocato andandogli contro con l’automobile, per poi schiantarsi contro un palo, riducendosi alla loro mercé. Senza pensarci due volte, la coraggiosa ragazza li aveva rimproverati di mettersi in tanti contro uno e quando costoro avevano dirottato le loro perniciose attenzioni su di lei, era riuscita a scrollarseli di dosso con fredda e ammirabile destrezza, riuscendo quindi a darsela a gambe trascinandosi dietro uno sconvolto quanto sollevato Neal… il quale, pur non riuscendo a ringraziarla per quel salvataggio, era tornato a casa col preciso presentimento che nulla sarebbe più stato come prima.
*Perché lo ha fatto?* si era, da quel momento, ripetutamente domandato *Io pensavo che mi odiasse!*
Ancora non aveva trovato una risposta, quando il destino, più che mai deciso ad occuparsi di lui, gli aveva propinato il secondo scherzetto: un secondo incidente con l’auto, sempre dovuto alla sua incoscienza di rampollo viziato, l’aveva lasciato a terra, esanime, in mezzo a una piazza di Chicago e nessuno, almeno in un primo momento, si era mosso per soccorrerlo… nessuno, tranne una giovane donzella dai capelli biondi, mossa, oltreché dalla sua naturale generosità, anche dalla propria scrupolosità professionale d’infermiera e avrete già capito di chi stiamo parlando.
Quella volta il povero diavolo non se l’era potuta cavare con una semplice seppur fastidiosa perplessità, perché stavolta la sua vittima commissionata non s’era limitata a sbarazzarlo da una momentanea minaccia, ma lo aveva medicato con cura e il profumo di quel fazzoletto col suo nome ricamato - che lui si era ben guardato dal gettare via - gli aveva provocato una vera tempesta neuronale (e anche ormonale, si potrebbe aggiungere), accentuata oltretutto dal ricordo - ora trasformatosi in rimorso - di quell’ultima scappatella ai danni della sua salvatrice, consumatosi in precedenza davanti allo Stratford Theater di Broadway, quando le aveva strappato il biglietto per la prima di Romeo & Giulietta, che l’incauta ragazza aveva voluto mostrare al “malefico trio” per dimostrare di essere stata invitata da Terence.
Un vero e proprio pasticcio psichico, insomma, dal quale era scoccata la classica scintilla che aveva infiammato il cuore non eccessivamente puro del nipote meno prediletto di William Albert Andrew…
Per farla breve, aveva iniziato a farle la corte, non fermandosi davanti ai suoi rifiuti, garbati all’inizio e sempre più decisi e sprezzanti col passare del tempo. Purtroppo, invece di approfittare del mutamento, in qualche modo positivo, del suo sentimento verso di lei, trovandovi la forza di chiederle perdono per tutto il male che le aveva fatto (sia pure per fraterna sudditanza verso Iriza) gli implacabili respingimenti di Candy avevano soltanto frustrato il suo orgoglio maschile, scatenando i suoi peggiori istinti, culminati nel tenderle una trappola facendosi passare per Terence e ottenere un appuntamento notturno con lei, in una delle residenze familiari della città. Superfluo confermare che, in quell’occasione, la sua fiamma gli aveva gettato in faccia tutto il suo disprezzo, prima di piantarlo in asso tuffandosi addirittura, dal balcone, nel lago che circondava la villa (avendola lui chiusa a chiave nella stanza). Qualche tempo dopo, si era addirittura presentato a casa sua chiedendole formalmente di sposarla (o meglio, dichiarandole semplicemente tale intenzione), confessandole finalmente di essersene innamorato.
Fallito miseramente anche questo tentativo, lo sprovveduto spasimante aveva giocato l’ultima carta che gli rimaneva. Fatto il coming out con la sorella e la madre (anche se la prima aveva già scoperto tutto) aveva chiesto il permesso di sposarsi con Candy, minacciando di arruolarsi volontario nella guerra in Europa, qualora glielo avessero negato. Di fronte a questa minaccia (e al ponderato vantaggio di contrarre un matrimonio d’interesse con quella che rimaneva pur sempre una futura erede del capo degli Andrew) la signora Legan aveva convinto la matriarca Ellroy ad organizzare il ricevimento accennato all’inizio, convocando naturalmente la povera orfana con l’inganno, facendole credere che vi avrebbe incontrato il suo benefattore.
Cosa che in effetti era avvenuta, perché il misterioso William Albert Andrew si era improvvisamente e provvidenzialmente presentato dichiarando però che la sua protetta non avrebbe contratto nessun matrimonio contro la propria volontà, oltre ad annunciare a tutti i presenti che, da ora in avanti, le redini della famiglia le avrebbe tenute ufficialmente lui.
Persa definitivamente ogni ulteriore speranza, lo sciagurato Neal era rimasto vittima di una depressione acuta, tanto che, incurante della propria dignità, aveva abbandonato la sala in preda ai singhiozzi. Madre e sorella l’avevano poi raggiunto in giardino, dove, dopo aver faticato non poco a calmarlo, lo avevano caricato sull’auto di famiglia e lo avevano riportato a casa. Dopo una cena penosa, lo avevano infine imbottito di calmanti e costretto a coricarsi.
“Vedrai che dopo una notte di sonno le cose ti sembreranno meno penose” gli avevano detto.
Tutte fesserie, naturalmente. Non aveva fatto che rivoltarsi nel letto, inzuppando di sudore il cuscino e le lenzuola, tormentando il suo povero cervello nel rinvangare tutti gli episodi della sua poco esemplare esistenza e rivivendo soprattutto le male azioni perpetrate ai danni di quella bionda lentigginosa che la sorella aveva voluto “raccattare” dalla Casa di Pony per farne prima la sua “dama di compagnia” e in seguito la propria “servetta”.
Ma allora perché, se era un’amica che aveva cercato quella disgraziata di sua sorella, aveva voluto trattarla così male, umiliandola fin dall’inizio? E perché, soprattutto, in tutto questo mal procedere, aveva dovuto coinvolgere lui?
È vero che, in fin dei conti, alla sorellona c’era affezionato e non sarebbe stato piacevole mettersela contro (le rare volte che ci aveva litigato, durante l’infanzia, gli avevano lasciato ricordi assai poco piacevoli). Però, dopotutto, non aveva mai provato del vero astio contro di lei. Perché, insomma, non aveva trovato la forza di ribellarsi, invece di ridursi a mero strumento della perfida patente?
Ah, se solo quella volta che sua madre lo aveva esortato a dirle la verità, dopo che Iriza aveva accusato Candy di averlo picchiato per punirlo di aver maltrattato il suo cavallo che l’aveva disarcionata, mentre, in realtà, era stato il misterioso amico dell’orfanella (in seguito rivelatosi Albert) e la stessa Candy lo aveva rinfacciato di schernirsi di essersele fatte dare da una ragazzina, pur di metterla in cattiva luce davanti a sua madre! E lui, stimolato nell’orgoglio, era in effetti stato lì lì per spiattellarle la verità… ma una minacciosa occhiata della malefica congiunta lo aveva “richiamato all’ordine” e il ragazzo aveva dovuto, anche quella volta, curvare meschinamente il capo.
Tornando a tutte le occasioni perse nel dimostrare quantomeno la sua indipendenza dal giogo di Iriza, rimanendo il suo funzionale complice nella guerra contro la graziosa orfanella, il “povero” Neal continuava a rivoltarsi nel letto, fino al punto di cadere dal medesimo…
“Dannazione…!” bofonchiò, semiaddormentato. Poi, imprecando, si tirò su in piedi e guardò cupamente il letto mezzo sfatto, privo di alcuna voglia di rientrarci.
Sospirando, si avvicinò alla finestra e tirò le tende. Era ancora notte fonda.
*Quasi quasi vado a farmi due passi in giardino… magari mi sbolle la rabbia e mi viene sonno, tanto da poter dormire!*
Detto fatto, si rivestì velocemente, uscì dalla stanza e scese dabbasso. Dopo aver recuperato la chiave del portone, lo aprì per uscire all’aperto. Una folata di vento gelido lo investì in pieno, ma non mutò la sua risoluzione. Infilò le mani nelle tasche del cappotto, si sistemò la sciarpa attorno al collo e s’incamminò lungo il vialetto principale del parco.
Uscire di casa in piena notte era decisamente una cosa fuori dell’ordinario per un tipo come lui, che certo non brillava per coraggio fisico. Ma, dopotutto, il parco era circondato da un’alta muraglia sormontata da punte di ferro e i cancelli erano mantenuti rigorosamente chiusi. Passo dopo passo, si allontanò quindi sempre più dall’abitazione, rimuginando gli avvenimenti della giornata e soffermando il pensiero sulla decisione che sua madre gli aveva riferito mentre stavano rincasando da quel ricevimento disastroso e cioè che la famiglia Legan si sarebbe presto trasferita in Florida per gestire la nuova catena di alberghi che avevano acquisito.
“Vedrai che la lontananza ti farà dimenticare quella smorfiosa di Candy e inoltre potrai incontrare tante nuove ragazze, molto migliori di lei!”[3] gli aveva profetizzato la sorella.
Davvero una bella soluzione! Ma lui lo sapeva bene che sarebbe andata molto diversamente: libera dalla sua infausta presenza, l’oggetto dei suoi desideri avrebbe tranquillamente potuto tornare da quel maledetto attore o magari mettersi con lo zio William, dato che costui si era rivelato essere proprio quel giovane misterioso col quale la biondona aveva convissuto negli ultimi tempi, pur conoscendolo con il solo secondo nome.
Maledizione, ormai non c’erano proprio più speranze! Purtroppo aveva sbagliato tutto nella sua vita e non esistevano rimedi: lei lo detestava troppo per lasciare spazio alla pur minima possibilità di avere un giorno un rapporto normale fra loro. Anche la nascita di una semplice amicizia sarebbe stata praticamente impossibile. Figuriamoci un flirt…
L’unica soluzione sarebbe stata quella di ritornare indietro nel tempo… che assurdità!
Un bagliore improvviso squarciò in quel momento le tenebre e un tuono fragoroso ruppe il silenzio notturno. Prima ancora di potersi riprendere dalla sorpresa (o meglio, dalla fifa, diciamo la verità) il nostro ragazzaccio realizzò che aveva iniziato a piovere a catinelle… cosicché, si mise a correre imprecando per tornare verso il palazzo. Era arrivato quasi a metà percorso, quando un altro lampo improvviso, seguito dallo scoppio assordante di un altro tuono, lo gettò letteralmente nel panico e decise di rifugiarsi sotto un albero, ignorando che quella era la mossa peggiore che potesse fare.[4]
Non dovette infatti trascorrere nemmeno un minuto, quando il grosso platano, sotto il quale si era riparato, venne colpito dalla folgore successiva e, in un unico brevissimo istante, l’intero universo che circondava quello sciagurato scomparve letteralmente nel nulla… e tutto quanto si fece tenebra…
***
Dopo un lasso di tempo imprecisato, lentamente le tenebre si dissolsero… il malcapitato individuo si ritrovò avvolto nel buio e nel silenzio, in apparente posizione orizzontale, non avvertendo tuttavia nessun dolore nel proprio corpo, se non una sorta di torpore che stava piano piano affievolendosi…
*Ecco…* pensò *…sono morto! Doveva andare così… e in fondo devo ammettere che me lo merito… Candy sarà contenta, adesso: non mi avrà più tra i piedi e potrà finalmente vivere felice con quel maledetto attorucolo da strapazzo…* concluse, amaro, ricordandosi di aver saputo, giorni prima, che il suo “rivale” si era infine separato dalla bella Susanna.
*È dunque questa la morte?* si chiese ancora *Rimanere immersi nelle tenebre per l’eternità…?*
Si era appena fatto questa domanda, quando una sottile lama di luce squarciò quel buio che lo circondava e una sagoma dall’apparenza umana si delineò nel chiarore subentrato.
*Dev’essere il Diavolo che viene a prendermi* si disse, mestamente, quell’anima prava *era troppo comodo cavarsela così a buon mercato!*
Rimase tuttavia perplesso quando il supposto diavolo, rischiarato dalla luce apparsa dietro di lui, assunse ben presto le fattezze di una ragazza vestita da cameriera, che sorpassò il suo momentaneo “giaciglio” per arrestare i suoi passi a poca distanza, alzando le braccia verso un qualcosa che si rivelò essere un cordone, la cui azione su di esso provocò un leggero fruscio, al quale succedette la scomparsa totale del buio circostante…
Fu così che Neal Legan poté rendersi conto di trovarsi coricato in un letto decisamente confortevole, all’interno di una camera ammobiliata elegantemente.
“Buon giorno, signorino Neal” gli rivolse la parola quella giovane domestica “spero che abbia riposato bene. Ha bisogno di qualcosa?”
L’interpellato sgranò tanto d’occhi, riconoscendo in quella persona la giovane Dorothy che da diversi anni era al servizio della sua famiglia presso la residenza estiva di Lakwood, nello Stato del Michigan.
*E TU COSA CI FAI QUI??!!!* avrebbe voluto gridare, per reagire alla sua sconvolgente sorpresa. Riuscì però a trattenersi e scosse la testa con decisione.
“Allora mi ritiro. La signora Sarah e la signorina Iriza m’incaricano di riferirle che l’aspettano giù per la colazione. Col suo permesso…” la giovane s’inchinò e gli voltò le spalle, tornando verso la porta e richiudendola dietro di sé.
Subito dopo il giovane Legan, che si era alzato a sedere di scatto dopo aver riconosciuto la sua interlocutrice, si lasciò ricadere sul guanciale, chiudendo gli occhi per poi riaprirli e richiuderli più volte.
Dorothy, la loro fedele cameriera, che veniva a svegliarlo… sua madre e sua sorella che lo aspettavano di sotto… la sua stanza (sì, adesso la riconosceva) nella villa di Lakewood… no, decisamente qualcosa non quadrava!
Ricordava bene che, soltanto poche ore prima, era andato a coricarsi nella sua stanza della loro residenza di Chicago… che poi, non riuscendo a dormire per le impressioni subite in quella maledetta giornata, era uscito a passeggiare nel parco, dove era stato sorpreso dal temporale ed era stato colpito da un fulmine… sì, lo ricordava perfettamente!
E allora come mai si ritrovava ancora in vita e per di più in perfetta salute? Ma, soprattutto, come ci era finito nella villa di Lakewood? E poi, anche Dorothy… com’era possibile che presentasse ancora l’aspetto di una ragazzina, quando ormai doveva essere già una donna, fatta e finita, avendo oltretutto qualche anno di età in più della stessa Candy?
*Probabilmente sto sognando* concluse, meditabondo *ma certo: mi sono immaginato in sogno di uscire di casa durante la notte e di essere colpito da un fulmine, in giardino… e adesso sto sognando di essere nella nostra villa di campagna!*
Subito si diede un pizzicotto, ma il dolore sembrava del tutto realistico. Inoltre, quella sembrava proprio la sua stanza… e nei sogni, aveva letto da qualche parte, le cose ci sembrano simili a quelle che già conosciamo. Ma non sono mai esattamente uguali![5]
Si alzò a fatica da quel letto e si avvicinò ad una sedia, dov’era appoggiata la sua vestaglia. Dopo averla indossata si diresse verso la porta, la varcò e percorse il corridoio fino al bagno, dove si chiuse dentro, si avvicinò al lavandino e aprì completamente il rubinetto dell’acqua fredda. Dopo essersi strofinato energicamente l’epidermide, alzò gli occhi verso lo specchio e mancò poco che non cadesse a terra dallo sgomento… avendo visto la sua faccia ringiovanita di almeno dieci anni!
“Non… non è possibile…!” mormorò. Per poi ripetere, gridando “NO, NON È POSSIBILE…!!!”
D’impulso sferrò un pugno al vetro che subito si crepò, macchiandosi di sangue e ancora avvertì un tangibile dolore. Osservò le nocche ferite e se le portò alla bocca, constatando il sapore metallico del sangue… no, decisamente non stava sognando!
“Calma, Neal, calma… non perdere la testa: ci dev’essere una spiegazione. C’è senz’altro! Adesso torni in camera, ti vesti, vai a farti una buona colazione, poi esci a prendere una boccata d’aria... e vedrai che le cose torneranno a sembrarti normali. Forse hai semplicemente avuto un vuoto di memoria… e non ricordi che, dopo quel maledetto ricevimento, siete tornati tutti a Lakewood per trascorrere un periodo di riposo. Sì, sì… dev’essere così. Per forza!”
Detto questo tornò nella sua stanza, dove raccolse i suoi indumenti e li indossò, muovendosi come un automa. Quindi scese al piano terra e raggiunge la sala da pranzo, dove trovò la sua famiglia, occupata a consumare la colazione.
Al rumore dei suoi passi, il signor Legan abbassò il giornale che stava consultando: “Buongiorno, figliolo!” lo salutò, guardandolo bene in faccia.
Ed ecco il secondo shock: i capelli e i baffi del padre erano grigio scuro, anziché bianchi! Dopo avergli risposto con un cenno del capo, il povero Neal si voltò verso la madre, constatando che anche lei era notevolmente ringiovanita… come anche la sua sorellona, intenta a mangiare senza nemmeno degnarlo d’uno sguardo. Indossava infatti quel vestito estivo arancione dalle maniche corte che il fratello ricordava bene di quando l’aveva buttato via, dopo che aveva iniziato a starle stretto. Ad ogni modo, cercando di non badare a quel dannato formicolio che avvertiva crescere per tutto il corpo, si sedette al suo posto, mentre Dorothy gli sistemava la sedia.
“Grazie…!” si ritrovò a rispondere d’impulso alla domestica che, per parte sua, sgranò gli occhi dalla sorpresa: quando mai lo aveva ringraziato, prima di allora?
Anche Iriza squadrò perplessa il fratello come se gli fosse spuntata un’altra testa, mentre la signora Sarah si limitò a piegare il capo: forse suo figlio stava finalmente imparando un po’ di buone maniere!
Anche l’interessato, da parte sua, era rimasto abbastanza stupefatto dal suo stesso gesto, attribuendone la colpa al proprio stato d’animo alterato.
“Sbrigatevi a finire” disse la signora “fra poco dovrebbe arrivare quella ragazzina dalla Casa di Pony!”
Per poco Neal non sputò tutto il caffellatte che stava sorseggiando. Tossicchiò, pulendosi col tovagliolo e domandò, con finta indifferenza: “Chi è che deve arrivare?” la voce gli uscì piuttosto roca, essendo già in preda a un sinistro presentimento.
“Quell’orfana che abbiamo assunto per farmi da dama di compagnia” precisò la sorella “non te lo ricordi più?”
“Beh… ma…” balbettò l’altro, mentre la testa cominciava a girargli.
“Io devo andare.” annunciò il signor Raymond, alzandosi, dopo avere ripiegato il giornale.
“Neal, vieni un attimo con me: devo dirti una cosa!” gli ordinò Iriza mentre si alzava pure lei.
Il “fratellino” la guardò, turbato, prima di posare lo sguardo sul quotidiano che il padre aveva posato sul tavolo.
“Io… sì, vengo…” confermò poi, con voce tremula.
“Sbrigati, mi è venuta un’idea: raggiungimi nella terrazza di sopra!”
“Va bene…!” sibilò ancora Neal, afferrando il giornale con mano tremante.
Dovette passarsi più volte la mano sugli occhi, prima di poter mettere a fuoco i piccoli caratteri stampati sotto il titolo della testata: venerdì 13 Aprile 1910
Il povero Neal afferrò terrorizzato un bicchiere, ma era talmente agitato che l’oggetto gli schizzò via dalle mani sudate, infrangendosi sul pavimento. Impugnò allora la caraffa d’acqua e se la versò in bocca, bevendo a garganella (per fortuna, anche sua madre aveva appena lasciato la stanza). Quindi si diresse barcollando verso il bagno più vicino (ce n’era uno per ogni piano della casa), dove tornò ad aprire il rubinetto lasciando scorrere l’acqua affinché diventasse quasi gelata, quindi vi cacciò sotto la testa intera. La scosse poi furiosamente, come se fosse un cane, tornando infine a contemplare il proprio volto imberbe, sconvolto vieppiù dalla conferma testé ricevuta.
Per quanto fosse incredibile, inimmaginabile, illogico e fantascientifico… Neal Legan era tornato indietro nel tempo… e, per di più, non in un momento qualsiasi della sua insignificante esistenza: ma proprio in quello stesso medesimo giorno in cui aveva - o meglio avrebbe - conosciuto la piccola Candy!
 
[1] Come tutti sanno, il nome originale del personaggio sarebbe Elise. Tuttavia, grazie a un banale errore di translitterazione, per gli spettatori italiani dell’anime, è diventato Iriza. Dico grazie perché ritengo che mai un errore si sia rivelato in seguito così funzionale nell’identificare un personaggio con quelle caratteristiche!
[2] Anche perché le ricordava il suo primo amore, incontrato da bambina sulla Collina di Pony, mentre a lui la dolcissima Candy ricordava la madre…
[3] Per esempio una certa Karen Klies… non avrebbero formato una brutta coppia, secondo me!
[4] È noto che la linfa degli alberi attira pericolosamente i fulmini.
[5] O almeno è questa la mia esperienza diretta!
  
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