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Autore: Nyhal92    03/04/2024    3 recensioni
"Un essere eterno avrebbe mai potuto dimenticare?
Quanto tempo sarebbe dovuto trascorrere in modo che i ricordi si annebbino, che le sensazioni diventino confuse, che figure si mescolino ad uno sfondo incerto?
Crowley se lo chiedeva ogni giorno, da migliaia di anni.
Si era dato una risposta lapidaria: Mai.
Odiava questa parola. Troppo umana. Per i mortali poteva anche avere un significato, d'altronde avevano una concezione di tempo così limitata che era naturale nella loro breve vita schiantarsi continuamente contro il muro dell'impossibilità.
Ma per lui era diverso. Si era accorto che ogni cosa che potesse sembrare così definitiva non lo era mai davvero, che quel “mai” aveva un potere assoluto solo in un certo, corto o lunghissimo che sia, periodo di tempo.
E quindi continuava a sperare, in cuor suo, che un giorno avrebbe dimenticato la sua caduta."
La storia di un demone che non si sarebbe mai potuto liberare di ricordo. Un angelo che non lo avebbe mai lasciato in balia dei suoi incubi. Era così dolce la speranza quando era Aziraphale ad offrirgliela.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un essere eterno avrebbe mai potuto dimenticare?

Quanto tempo sarebbe dovuto trascorrere in modo che i ricordi si annebbino, che le sensazioni diventino confuse, che figure si mescolino ad uno sfondo incerto?

Crowley se lo chiedeva ogni giorno, da migliaia di anni.

Si era dato una risposta lapidaria: Mai.

Odiava questa parola. Troppo umana. Per i mortali poteva anche avere un significato, d'altronde avevano una concezione di tempo così limitata che era naturale nella loro breve vita schiantarsi continuamente contro il muro dell'impossibilità.

Ma per lui era diverso. Si era accorto che ogni cosa che potesse sembrare così definitiva non lo era mai davvero, che quel “mai” aveva un potere assoluto solo in un certo, corto o lunghissimo che sia, periodo di tempo.

E quindi continuava a sperare, in cuor suo, che un giorno avrebbe dimenticato la sua caduta.

Non così definitivamente da non ricordare le sue origini, ma abbastanza da far riaffiorare quelle sensazioni più raramente, in modo meno vivido.

Era stato un essere meritevole di una punizione. Almeno questo è ciò che aveva pensato Dio. Non era mai stato d'accordo con Lei. Ma la cosa che più contava ora, era che sarebbe stato sempre perdonato dall'unico essere di cui gli fosse mai davvero mai importato.

E ogni giorno che passava, si rendeva conto quanto il suo giudizio fosse l'unico che gli stava davvero a cuore.

 

“Caro, perdonami...io, non so bene come affrontare la situazione, ma devo dirtelo...”

Era una bellissima mattinata di inizio estate. Un angelo e un demone erano seduti al tavolino esterno del loro cottage sperduto nelle campagne londinesi. Il sole splendeva e gli usignoli cantavano beati, accompagnati nella loro melodia da altri innumerevoli specie diverse di uccellini inebriati dal ritorno del caldo. Un forte odore di lavanda andava a coprire quello delle numerose piante e fiori che crescevano rigogliose come un nuovo Eden. E proprio come in quel giardino, due innamorati, soli e lontani dal mondo, si godevano il loro sacro rituale della colazione.

Una pace così immobile da far pensare che sarebbe stata eterna come gli esseri che se la stavano vivendo.

Fino a quella frase, incerta, carica di apprensione e dubbio.

Aziraphale si massacrava le mani, le intrecciava, poi le allontanava portandole sulle cosce e muovendole nervosamente su e giù.

Crowley lo guardava con la testa inclinata da un lato, il sopracciglio alzato.

“Angelo...”

“Io temo che.... si insomma, che, a volte, non troppo spesso in verità... ma si alcune volte... tu sogni la tua caduta”

Crowley non era stupito. Succedeva da sempre, ci era abituato. D'altronde anche gli umani hanno degli incubi e vivono comunque bene. Ci si sveglia, ci si alza, si torna razionali e la giornata prosegue normalmente. Per lui era diventata la stessa cosa.

“Succede angelo, sono solo incubi, li fanno tutti” cercò di chiudere la questione.

“Ma per te non è solo un sogno Crowley...” parlare di questo argomento lo metteva a disagio, perfettamente cosciente di quanto fosse delicato, cercava di scegliere le parole con delicatezza, ma aveva paura che la sua accortezza non fosse sufficiente “non stiamo parlando di proiezioni mentali e basta, questo è...un ricordo”

“Si... vero...Devo essermene dimenticato” quella del demone era una battuta amara. “magari fosse davvero così” si ritrovò a pensare tra sé e sé.

“Caro, per me è uno strazio sentirti urlare, soffrire, piangere. Mi cerchi, mi stritoli in cerca di conforto e io non... non so cosa fare Crowley”. una smorfia di dolore gli piegava la bocca dell'angelo e oscurava i suoi occhi lucidi.

Il demone sapeva domare in modo razionale tutta la questione di quel ricordo.

Tuttavia, le rare volte in cui si concedeva una dormita nei lunghi millenni, spesso quei pensieri lo tormentavano nella veste di sogni vividi. Perché era esattamente come diceva l'angelo. Non si tratta solo di incubi, ma di un vissuto reale.

Ormai sapeva come gestire quella situazione, sapeva farci i conti da solo.

Ma ora Aziraphale era coinvolto, e tutto prendeva irrimediabilmente una piega diversa.

Ora quel suo dolore stava investendo anche il suo amato.

“Lo hai sempre sognato?”

“Angelo non so che dirti. Sono incubi, spesso nemmeno mi ricordo di averli fatti quando mi sveglio” mentì spudoratamente “non ho mai dormito con qualcuno accanto che potesse fare il resoconto di quello che ho nella testa mentre dormo. Forse è successo spesso, forse mai, forse sono comparsi per un periodo e spariranno presto, non ne ho idea. Non è davvero un problema.”

rispondeva con una finta noncuranza, ma in realtà Crowley era nervoso. Perché le sue erano tutte menzogne. Perché lo sognava da sempre e lo avrebbe sognato per sempre e voleva tenere il suo angelo lontano dalla sua dannazione.

Sarebbe bastato tornare a non dormire più, o farlo separatamente.

Gli si strinse il cuore solo al pensiero di privarsi del piacere di svegliarsi accanto a lui.

Cambiò posizione in modo nervoso, sprofondando e contorcendo le gambe sotto il tavolo.

“è successo già dalle prime notti. Avevi smesso, ma è ricominciato. Ed ho paura...si, in un certo senso... ho paura che non smetterà mai

Di nuovo quella parola a cui aveva sempre pensato. Tuttavia pronunciata da Aziraphale era ancor più terrificante.

“Mi dispiace, deve essere mostruoso vedermi in quel modo, come ti senti quando ho queste crisi?” lo sguardo era basso, il tono insicuro. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi in questa situazione, a dover necessariamente affrontare l'argomento con le spalle al muro.

“Oh Crowley, non ha importanza come mi possa sentire io. Stiamo parlando di te, sei tu che soffri in modo disumano” l'angelo teneva gli occhi spalancati, si era avvicinato sempre di più fino a toccargli delicatamente la mano poggiata sul tavolo, carezzandola con attenzione, come se un solo tocco potesse recare turbamento invece che sollievo.

“No Aziraphale. Sono millenni che succede e so come gestirla. Il problema è che non so come evitare di scaricarti addosso tutto questo” il demone era fermo, non aveva scansato la mano ma neppure era riuscito a rispondere a quel contatto.

“quindi non è colpa mia? Ti è sempre accaduto, è una sofferenza che ti porti dietro da sempre?”

“Come puoi anche solo pensare che sia colpa tua? Non c'entri niente. Non c'entravi niente finché non ti ci sei ritrovato inconsapevolmente in mezzo. Credimi, da solo non è così tragica come pensi” e dicendolo portò la mano in tasca, lontano dal suo amore, in una chiusura fisica ed emotiva tragicamente evidente.

“Crowley” le parole erano basse, sofferte “Urli, ti contorci, piangi, mi stringi fino a soffocarmi. La prima volta ne sono rimasto traumatizzato. Ho cercato di alleviare il tuo dolore con la mia presenza, con le mie parole, ma niente riusciva ad arrivare nella tua testa. Non mi sentivi, non mi ascoltavi. Cercavo di svegliarti ma avevi sempre gli occhi chiusi, serrati. È come se avessi tra le mia braccia il tuo corpo ma tu fossi da un'altra parte” il principato aveva ormai la voce incrinata, gli occhi sempre più lucidi e il fiato corto “Ho cercato di fare dei miracoli, non funzionavano mai. Poi, a volte dopo minuti, altre volte dopo ore, ti spegni completamente. Finisce tutto all'improvviso. E il giorno dopo ti svegli, e parliamo, come se non fosse successo niente.

Per questo non ti ho mai detto nulla. Perché non sapevo se era un tuo modo di far finta che non fosse mai accaduto o, nel caso contrario, avevo paura che soltanto affrontando l'argomento ti avrei spinto di nuovo in quei luoghi oscuri. Quindi ho deciso di starti vicino come potevo in quei momenti, piangendo e disperandomi con te.”

Crowley si sentì sprofondare. Quando dormiva da solo e si ricordava di aver sognato la sua dannazione si risvegliava in posizioni strane, ma non poteva immaginarsi che il suo corpo fosse così attivo. Non aveva la più pallida idea di come sarebbe risultato dall'esterno. Avrebbe preferito che chiunque altro lo avesse visto, ma non il suo angelo.

“Perché allora me ne parli ora?” Non riuscì mai a ricambiare lo sguardo, il suo era sempre in basso, a cercare disperatamente il coraggio tra le mattonelle. Si pentì di non sapere nemmeno dove fossero i suoi occhiali neri.

Aziraphale prese un gran respiro, rinunciò a cercare i suoi occhi dorati, quindi si guardò le mani che lontano da quelle di Crowley erano tornate a tormentarsi “Perché mi è venuta in mente una cosa”

Crowley vinto dalla curiosità, tornò a fissare in volto il suo amore.

“Potrebbe essere una sciocchezza, qualcosa che non ha senso, che non può aiutarti davvero. Ma in questi mesi ho pensato a mille soluzioni. Questa, per quanto può sembrare stupida, è quella più... tecnicamente...sensata diciamo.”

“Angelo, mi dispiace. Scusa non dovevo coinvolgerti, non mi aspettavo che...”

“Crowley, non provarci nemmeno!” l'angelo sbottò, interrompendo quella serie di scuse illogiche.

“Non ho intenzione di ascoltare niente del genere. Io non posso nemmeno immaginare cosa hai provato. Mi basta questo spiraglio che mi hai inconsapevolmente aperto per avermi fatto capire fin troppo. Per favore, permettimi di aiutarti”

“Angelo non puoi aiutarmi perché non puoi sapere. Dovrei raccontarti ma non puoi chiedermi una cosa del genere...” il demone era sfiancato. Non sarebbe mai arrivato il coraggio di descrivere quel momento.

“No, non devo chiederti nulla”

Il demone era confuso. Come poteva un angelo lontanamente immaginare cosa significasse esattamente essere dannato?

“Parli spesso. Tra le grida. E mi sono appuntato tutto ciò che potevo. A volte sono solo parole, altre frasi sconnesse, alle volte è il mio nome”

Il rosso si sentì violato. Sapeva che il biondo non aveva nessuna colpa, ma il fatto che lui conoscesse qualcosa che non avrebbe mai voluto dirgli, lo fece scoppiare di rabbia.

“Aziraphale, basta. Sei stato spettatore di cose che non avresti mai, MAI dovuto ascoltare.” era davvero troppo, per quanto gli dolesse il cuore al pensiero, c'era una sola la cosa da fare:

“Non dormiremo più insieme. Mi dispiace per tutto ciò che hai dovuto vivere fin'ora, ma la soluzione è semplice, l'adotteremo da subito”. Fece per alzarsi, quando Aziraphale gli prese il polso, in modo disperato, deciso, possessivo.

“No Crowley. Ragionando in modo egoistico, non rinuncerò mai a svegliarmi accanto a te. In modo altruistico, io voglio... no, DEVO aiutarti.”

Allentò la presa, prima che Crowley potesse dire qualcos'altro, poggiò le sue labbra delicatamente su quelle del suo amato.

Sapeva di caffè, e di cenere.

Il demone rimase immobilizzato per un breve tempo, poi portò le sue braccia a stringere il collo del biondo, aprendo la bocca e portando la sua lingua a cercare quella dell'altro con disperazione.

L'angelo cinse con le sue braccia la vita stretta del rosso, cercando la pelle sotto la camicia. Bruciava come sempre. “Sto bruciando, sto bruciando” le parole che Crowley urlò quella notte risuonarono violente e terribili nella mente dell'angelo, tanto da fargli liberare le lacrime che aveva cercato di ricacciare durante tutta la discussione.

La sua idea era folle, forse inutile, ma avrebbe tentanto ogni cosa per il suo amore.

Quando il demone si staccò, fissò i suoi occhi d'ambra arrendevoli in quelli del suo salvatore. O almeno sperava lo diventasse presto. Era così dolce la speranza quando era Aziraphale ad offrirgliela.

“va bene, dimmi che vuoi fare, angelo”.

 

 

“Te lo ricordavi così faticoso?”

“Decisamente no, altrimenti non ti avrei mai assecondato”.

Crowley ed Aziraphale stavano volando. Le ali spiegate come non facevano da un tempo irragionevolmente lungo.

“Ci siamo accomodati un po' troppo sulla nostra natura umana, non trovi caro?”

“Decisamente. E pensare che quando eravamo entrambi angeli, non avevamo neppure il modo per farle riposare”

“Non c'era neppure la gravità contro cui combattere però”

“nkg...hai ragione”

Stavano andando così in alto, che la curvatura terreste era nettamente visibile.

Londra sotto di loro era sparita, si erano spostati verso nord est, in modo che ci fosse soltanto il mare aperto nel loro campo visivo.

“Possiamo fermarci?”

L'angelo aveva il fiatone. Si fermò per guardare in basso.

“Si... direi di si”

“Si gela angelo. Almeno tu, copriti per bene”

“Oh no. Voglio sentire ciò che senti tu. Lo stiamo facendo insieme.”

Lassù, l'idea di Aziraphale sembrava davvero molto più folle di quanto non lo era sembrata seduti in giardino.

Erano in cielo. Il vento era fortissimo, strattonava i vestiti beige e neri con violenza. Le ali gigantesche e affaticate per lo sforzo continuavano a muoversi con vigore per cercare di tenere i due esseri ancestrali fermi.

“Sei pronto amore mio?”

“Sono pronto.”

Si abbracciarono. Le gambe incrociate le une sulle altre, Crowley portò le sue mani gelide sul volto dell'angelo, mentre lui aveva le braccia che gli circondavano in modo gentile ma sicuro la vita.

In cielo le differenze di altezza si annullavano, tanto che il demone guardava il suo angelo dal basso, il suo volto all'altezza del suo collo. Si concentrò sul suo naso, sorrise nel constatare che da quel punto di vista era ancora più particolare.

L'angelo diede un bel battito d'ali, le loro posizioni da verticali divennero orizzontali, con Crowley sopra, il suo petto completamente poggiato su quello del suo amato.

“Bene. Ora lasciati andare caro. Fidati di me”

“L'ho sempre fatto.” Il demone fece un lungo respiro. Le sue ali smisero di muoversi, si richiusero, poggiandosi delicatamente sulla schiena a godersi il riposo dopo tanto sforzo.

Anche il biondo fermò le sue, ma le posizionò a formare una conca sotto di loro, come a creare una culla per entrambi.

 

Chiusero entrambi gli occhi. E la caduta ebbe inizio.

 

Erano molto in alto, ma Aziraphale aveva fatto delle prove, non sarebbe durata più di 5 minuti.

Si era lanciato varie volte, prima di proporre il tutto a Crowley.

Doveva innanzitutto capire quanto tempo avrebbe impiegato prima di raggiungere la terra. Aveva intuito dalle parole sconnesse del demone durante i suoi incubi che quella verso l'inferno era stata discesa eterna. Non sapeva se si trattava della sua percezione o del tempo reale, ma di sicuro lui doveva giocare sugli opposti e per questo, la loro, doveva durare abbastanza da far imprimere nettamente le varie sensazioni sulla pelle e nella mente, ma allo stesso tempo doveva essere rapida, fugace, immediata.

Una volta trovato il giusto compromesso, si dedicò alla posizione delle ali. Aveva fatto mille tentativi prima di capire quale fosse l'effetto desiderato Doveva trovare una posizione comoda, quasi materna, che non arrestasse la discesa ma che allo stesso tempo la rallentasse un po'. Il suo obiettivo era quello di alleggerire la sensazione di vuoto allo stomaco che aveva consumato le viscere a Crowley mentre sprofondava verso l'inferno.

Forse questa era stata la parte più complessa. La prima volta, aveva semplicemente provato una caduta libera. Oltre alla sensazione immediata di dover vomitare, dopo pochissimi metri aveva cominciato a virare in modo incontrollato, aveva spalancato le ali per fermare quella spirale pericolosissima e per poco non gli si spezzarono tutte. Gli fecero male per settimane intere e la cosa più complicata era stata nasconderlo a Crowley.

Quello stesso demone che ora era aggrappato disperatamente al colletto della sua camicia, il suo volto incastrato all'attaccatura del collo, le gambe artigliate alle sue.

Il primissimo attimo dopo l'interruzione del battito delle ali era stato talmente intenso da far sobbalzare entrambi.

Il cuore si arrestò mentre si spostava dal centro del petto alla gola.

Crowley non disse niente, mentre Aziraphale liberò un leggero singulto, che divertì il demone.

Quando ebbero il coraggio di riaprire gli occhi, Crowley allentò la presa, staccandosi leggermente dal corpo dell'angelo, trovando il suo viso preoccupato e teso. I suoi occhi e non la sua bocca chiedevano in un modo disperato come stesse.

Il demone fece un cenno, mostrando un sorriso timido ma stranamente rilassato. Incredibile come a quella risposta silenziosa il volto del Principato cambiò immediatamente. Crowley vide distintamente un guizzo nei suoi occhi, le rughe distendersi, il suo sorriso di luce irradiare gioia.

Era freddissimo, l'aria li feriva in modo violento, togliendo la sensibilità alle mani e congelando ogni centimetro di pelle che veniva scosso da brividi incontrollati.

Tremavano e il contatto dei loro corpi amplificava la sensazione di impotenza nel cercare di placare le membra incastrate tra di loro che vibravano insieme.

Aziraphale provò a strusciare le sue mani sulla schiena del demone, cercando di donargli un poco di calore almeno su quella ristrettissima area, ma Crowley mosse il suo capo da destra a sinistra e da sinistra a destra velocemente.

Lui voleva sentire quel freddo insinuarsi tra i pori, impossessarsi della sua pelle, scivolare sulla ossa fino a sedimentarsi in ogni organo. Lo sentiva e si beava del dolore che gli provocava, degli spasmi che lo sconquassavano da capo a piedi senza la possibilità di poterli controllare.

Sperava che quel gelo potesse spegnere per sempre la sensazione del fuoco sulle ali, il bruciore che era partito dalle sue mani e che si era insinuato nelle vene fino a toccare ogni parte del suo corpo. La puzza di fumo, cenere, pelle arsa era così intensa da farlo tossire e starnutire, nella illogica speranza di cacciare via dal naso e dalla sua bocca quegli odori nauseabondi.

Invece ora respirava a pieni polmoni, buttava dentro tutta l'aria possibile che si gettava con violenza addosso a lui.

Non c'era nessun odore lassù. Non riusciva a percepire nemmeno quello del suo angelo. Per questo si avvicinò di nuovo con il volto, incastrando il suo naso nell'incavo tra l'orecchio e la mascella.

E inspirò forte. E si perse nell'odore della cannella, di libri stampati, di te, di legno. Di casa e di amore.

Sorrise di nuovo, beato,tra i suoi pensieri.

Non stavano effettivamente cadevano, piuttosto scivolavano.

Percepiva che si stavano muovendo in modo veloce, ma controllato, sicuro, delicato.

Aziraphale sotto di lui lo osservava attento e premuroso. Cercava di decifrare ogni movimento, ogni espressione, ogni tocco. Era stupito dal fatto che per quanto la situazione fosse così diversa, Crowley aveva lo stesso modo di muoversi, di cercarlo, di godersi il momento esattamente come faceva la mattina appena sveglio dopo una notte senza incubi.

Lo teneva forte sulla vita perché altrimenti la velocità li avrebbe portati a dividersi e comprese immediatamente l'esigenza di Crowley di perdersi nell'immensità dell'azzurro sotto di loro, sopra di loro, attorno a loro e, sopratutto, dentro Aziraphale.

Prima fissò il suo sguardo negli occhi del suo angelo. Ebbe la sensazione che in cielo, questi brillavano in modo più inteso. Saranno stati i raggi del sole che si infrangevano sulle sue iridi, ma era convinto che non li avesse mai visti così trasparenti. Forse più si avvicinavano al paradiso più acquisivano una consistenza celestiale? Come se non avessero una loro tonalità, ma specchiassero perfettamente il cielo che li stava dolcemente accompagnando nella discesa.

Girò il collo, portando lo sguardo in alto. Non c'era una sola nuvola. Non avrebbe mai saputo che Aziraphale le aveva miracolosamente allontanate tutte oltre l'orizzonte. Crowley sapeva che stavano inesorabilmente scendendo, ma ciò che lo sorprese, era che la totale assenza di qualunque punto di riferimento che non gli faceva percepire la discesa. Come se il cielo si fosse gettato insieme a loro, come se li stesse seguendo, unendosi al loro abbraccio.

 

Il paradiso era ancorato, intoccabile, distante e irraggiungibile mentre Crowley cadeva.

C'erano tante nuvole che cambiavano tonalità. Le attraversava tutte ad una velocità sconvolgente e vedeva mille sfumature impossessarsi dell'etere intorno a lui.

Celeste, blu, viola, rosso, nero.

Scendeva e mano a mano un caleidoscopio di colori vividi gli feriva la retina. Cambiavano repentinamente, di un'intensità innaturale, colori violenti, lampi accecanti che s'insinuavano nei suoi occhi come un coltello piantato al centro della sua pupilla. E questo coltello lo sentiva abbassarsi, poi si alzarsi, fino ad aver creato una fessura che quasi lo divise in due.

Faceva male, a nulla serviva chiudere le palpebre perché tanto quelle luci erano state impresse per sempre nella retina. E quando li chiudeva aveva la percezione che il suo corpo sparisse, quindi tornava a spalancarli, cercando disperatamente appigli che non esistevano.

Ma ora stringeva a se un corpo morbido, gentile, forte. Tangibile come quel sentimento che li aveva portati lì, a cercare insieme di affrontare qualcosa di talmente radicata nella sua natura da sembrare intoccabile.

L'ultimo sguardo di Crowley si rivolse al mare sotto di lui, oltre le ali del suo angelo.

Come il cielo immutabile, anche quella immensa distesa d'acqua mantenne per tutta la durata del loro volo lo stesso identico colore.

Quello che incantava il demone, erano i vari riflessi brillare assecondando il pacato movimento delle onde.

Uno scintillio continuo, ipnotizzante, vivo.

 

Nel campo visivo di Crowley, c'era soltanto un'immobile pozza nera che s'avvicinava inarrestabile.

Allo stesso modo di come vedeva nettamente il Paradiso allontanarsi, l'Inferno correva verso di lui.

Una paura lacerante dovuta solo alla mancanza di ogni briciolo di speranza. Non avrebbe mai, in nessun modo potuto evitare di toccare quella macchia sempre più grande che inghiottiva ogni luce e ogni materia, come un buco nero.

 

Non vedeva l'ora di immergersi in quella distesa, esattamente come si buttava senza timori negli occhi scintillanti del suo amato.

Ad un tratto, una forte risata esplose ad interrompere quel silenzio.

Per quei lunghi minuti, le orecchie dei due innamorati non avevano sentito altro che il soffio violento dell'aria sul loro timpano, talmente forte da coprire ogni loro respiro.

Ma ora il demone rideva, in un modo raro, quasi inedito.

Se durante la caduta le sue grida si univano a quelle di migliaia di anime dannate e a botti, tuoni e suoni che sembravano sputati dalle viscere di una terra devastata, ora le sue risa danzavano all'unisono con quelle di Aziraphale. Solo loro due, nessun altro suono intorno a loro.

Si bloccarono solo quando la bocca di Crowley andò ad unirsi a quella dell'angelo.

Un bacio dolce, a fior di labbra. Tocchi leggeri, una carezza soave. Una delicata ricerca immediatamente conclusa. Chiusero gli occhi, gustandosi la pelle sensibile gelida ma reattiva.

Aziraphale aveva portato una mano sul collo, lo sfiorava in modo delicato, il pollice carezzava una per una le vertebre cervicali fino ad arrivare all'incavo sotto la nuca.

Con il braccio, lo continuava a tenere fermo sotto di lui, lasciando che i loro ventri si toccassero, muscoli tesi su morbida carne.

Il demone carezzava delicatamente la guancia liscia dell'angelo, tenendo il mignolo sotto la mascella e il pollice a sfiorargli con dedizione il naso. L'altra mano sul torace, a cercare tra la pelle e i vestiti il battito accelerato. Non importa quante volte avessero volato, ogni volta che lo facevano insieme, il loro cuore batteva all'impazzata.

 

Si godettero quel momento sospeso, come se fossero immobili in un letto invece che persi nel cielo. La magia s'interruppe solo quando l'odore forte si salsedine fece rinvenire l'angelo, che spalancò di nuovo le ali per rallentare la caduta in prossimità dell'acqua.

Quando s'immersero, per la prima volta si separarono. Sentirono milioni di aghi pungerli nello stesso momento in ogni punto del loro corpo. Il mare era gelido come il cielo, ma l'impatto era stato delicato, calcolato.

 

Crowley cadde violentemente nella pozza, sentendo nettamente tutte le ossa del suo corpo spezzarsi. Un dolore lancinante e indescrivibile gli tolse ogni facoltà mentale o fisica per qualche tempo. Aprì la bocca per cacciare un urlo ma subito s'insinuò con violenza dentro di lui quella melma oscura, il cui vomitevole sapore gli fece serrare immediatamente le labbra.

Nonostante la totale incapacità di muoversi, il demone cercò in tutti i modi di uscire.

Ma non c'era altro che un nero immateriale e dalla consistenza densa. Provava a spostarsi, ma non sapeva dove andare, non vedeva nulla, non aveva riferimenti, non aveva la minima possibilità di conoscere da che parte doveva spingersi per uscire.

Invocò la morte, pregandola di usarlo per rivendicare il suo potere su questa maledetta terra immortale. Lei non rispose alla chiamata, costringendo il demone ad essere vigile e lucido. Non avrebbe mai saputo quanto tempo era stato immerso lì dentro. Sapeva solo che non era rimasto un solo attimo fermo, incapace di arrendersi. L'oscurità lo stava inghiottendo.

 

Immerso nel mare, Crowley aprì gli occhi sott'acqua per godersi quella luce quasi innaturale che lo abbracciava.

I raggi del sole penetravano la superficie e si muovevano scomposti assecondando le onde. Aziraphale indossava con eleganza i riflessi che si poggiavano delicatamente sugli abiti chiari mentre nuotava scomposto per raggiungere di nuovo il demone.

Il demone aveva preferito rimanere immobile, lasciando che il suo corpo venisse lentamente spinto verso il basso. Le sue membra morbide, alla totale mercé delle correnti, i suoi capelli rossi danzavano con eleganza, puntando verso l'alto e lasciandosi condurre dall'acqua che s'insinuava tra di loro.

Si abbandonò completamente in quella sensazione di pace, di stasi. Senza il minimo desiderio di riaffiorare.

Avrebbe potuto stare così per sempre, mentre osservava il suo amore raggiungerlo lentamente e in modo goffo, ostacolato da tutti i vestiti.

L'angelo senza accorgersi si posizionò tra il demone e i raggi del sole. E in quel momento Crowley si convinse di star osservando la cosa più vicina a Dio.

La sua figura era tutta circondata da un alone di luce che solo il sole catturato dal mare poteva offrire.

I suoi ricci si muovevano leggiadri. Tra quei fili bianchi s'insinuavano mille riflessi , illuminandoli di una luce primordiale. Si doveva perdere l'azzurro degli occhi tra il colore dell'acqua, invece esattamente le sue iridi avevano amplificavano la tonalità del cielo, ora rilucevano esattamente dello stesso intenso colore che li circondava.

Era ammaliato Crowley. E felice. Davvero felice.

Aziraphale lo prese delicatamente, cercando di portarlo in superficie.

Ma l'altro lo prese di nuovo per il colletto spingendolo verso di lui rubando un altro bacio.

Era strano tra l'acqua che si insinuava salata tra le loro bocche, i movimenti resi difficili dagli abiti e dalle correnti che li spingevano a destra e a manca. Ma loro si lasciavano cullare, delicati e potenti come solo due esseri eterni come loro possono essere.

 

Quella notte, nessun incubo tormentò il demone. Neppure il giorno seguente, e quello successivo.

Ogni cosa è una questione di tempo e quei due ne avevano davvero tanto a disposizione.

Quando un giorno, d'un tratto nel letto Crowley iniziò a contorcersi e grugnire, Aziraphale capì immediatamente cosa stava succedendo.

Il demone aveva gli occhi serrati, respirava a fatica, si toccava insistentemente la schiena ed urlò disperatamente il nome a lui più caro.

L'angelo si mosse immediatamente, ricordando ogni movimento e ogni sensazione di quella giornata indimenticabile.

Con il minimo sforzo lo portò sopra di se.

Cominciò a carezzargli il collo, piano, mentre con un braccio lo teneva fermo sulla vita.

Il corpo del demone si accomodò sulle forme generose nel suo amato, come un gatto in una confortevole cuccia.

Un piccolo miracolo per abbassare la temperatura.

I brividi presero il controllo del corpo del demone, che continuava a tenere gli occhi chiusi che si rilassavano mano a mano.

E infine labbra su labbra. Poggiate, incastrate tra i respiri.

Come per magia, il demone rilassò i muscoli, si abbandonò a quel contatto sicuro, amorevole.

Il respiro si stabilizzò tra piccoli spasmi dovuti al freddo.

Aziraphale ne approfittò per accarezzargli delicatamente i capelli, poggiare un bacio sul marchio, toccargli gentilmente tutta la schiena.

Aveva avuto ragione, sorrise dolcemente fiero di sé.

 

Forse un essere eterno non avrebbe mai potuto dimenticare.

Ma un essere eterno avrebbe per sempre ricordato.

E un angelo avrebbe trascorso l'eternità accanto ad un demone riempiendogli la mente e il cuore di bellezza e amore.

 

   
 
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