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Autore: Kimando714    03/04/2024    0 recensioni
La vita a quasi trent’anni è fatta di tante cose: eventi felici ed eventi che ti mandano in crisi, successi ed insuccessi, traguardi personali e lavorativi, vecchi legami che cambiano e nuovi che nascono … Giulia è convinta di saper navigare il mare di contraddizioni che la vita le sta per mettere di fronte, e così lei anche il gruppo storico di amici. Ma la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, e non sempre sei pronto a ciò che ti pone davanti. E forse, il bello dell’avventura, sta proprio in questo.
“Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera” - Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale
[Terza e conclusiva parte della trilogia “Walf of Life”]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 24 - THIS IS ME



 
Ma tu chi sei
Che cosa vuoi
E come mai mi pensi
Non sono io
Nemmeno lei
Ma i cieli sono immensi [1]
 
Scrollare le foto nella galleria del suo cellulare non era mai stato così doloroso prima. Ma prima era tutto diverso, e in quel dopo non sembrava esserci spazio per la serenità.
Almeno non per lei.
Giulia tirò su con il naso, le lacrime silenziose che le rigavano il viso ma che non aveva nemmeno tentato di frenare. Sarebbe stato inutile, comunque.
Le foto che le erano passate davanti agli occhi appartenevano ad anni passati. Avrebbe potuto cominciare anche con foto risalenti a dieci anni prima, ma Filippo sarebbe stato ugualmente presente.
Lei con lui.
C’era sempre almeno una foto di lui per ogni mese di ogni anno per gli ultimi undici anni. Era il suo punto fermo, ciò che nel tempo non cambiava mai. Potevano esistere mille variabili, ma Filippo c’era sempre stato – e forse non ci sarebbe stato più, d’ora in avanti.
Si chiese se anche lei aveva foto di Filippo, foto scattate con lui in momenti particolari, o semplici scatti rubati mentre era distratto nel fare qualcos’altro. Un moto di rabbia le squarciò il petto nell’immaginarsi una scena simile, fin troppo simile a qualcosa che aveva vissuto lei in prima persona.
Si era sempre divertita a fotografare Filippo a tradimento, immortalarlo quando lui neanche se ne accorgeva, fermando nel tempo attimi di naturalezza tale che non sarebbe mai stata replicabile con foto programmate, decise a tavolino. Erano quelle a cui era più affezionata, e il solo pensiero che qualcun altro potesse condividere con lei quella sorta di privilegio la faceva sentire senza più fiato nei polmoni.
Si chiese se anche Filippo in quel momento, mentre era steso sul divano letto nel salotto – di quella che prima o poi avrebbe smesso di essere la loro casa-, stava riguardando loro vecchie foto. Una parte di lei sperava che fossero foto di loro – di Giulia e Filippo-, e non foto con Linda. Forse sperava che non ne esistessero proprio, di quel genere.
In cuor suo sapeva che quella speranza c’era, e ci sarebbe sempre stata. Durante il giorno era più semplice soffocarla, ma alla notte diventava vulnerabile, meno attenta. Era più facile ammettere che l’amore che provava per lui poteva cambiare, ma non se ne sarebbe mai andato del tutto.
Nemmeno se non avrebbe mai più scattato foto a Filippo.
 


Camminò lentamente verso la camera, di ritorno dal bagno, la mente ancora intontita dal sonno e dal sogno che aveva fatto. Più un ricordo che un sogno, si ritrovò a correggersi tra sé e sé Giulia, mentre finalmente raggiungeva la soglia della stanza da letto.
Il sole del mattino illuminava la stanza. Sarebbe stata una bella giornata invernale, quella, ne era sicura: dalla finestra intravedeva un bel cielo terso, senza nuvole, un giorno pieno di luce e forse nemmeno troppo freddo.
Il silenzio regnava ancora nell’appartamento, forse perché le gemelle stavano ancora dormendo. A quel pensiero si ritrovò ad invidiarle profondamente: aveva dormito malissimo quella notte, il sonno agitato e leggero, tant’è che alle sei era già sveglia, e tutti i tentativi di riaddormentarsi erano stati inutili.
Ora si ritrovava con dolori per tutta la schiena, lungo le gambe, e la generale sensazione di essere un rottame. Quando fece per distendersi di nuovo a letto, per pensare con calma a cosa l’aspettava durante quella domenica di metà Febbraio, le fitte che le partirono dalle spalle e poi su per il collo le fecero chiudere gli occhi per qualche secondo. Detestava i dolori cervicali con tutta se stessa.
Gemette per il dolore ancora una volta, stavolta per la schiena acciaccata, mentre cercava pian piano una posizione che non le dolesse troppo. Non era facile muoversi già di per sé, e il grembo sempre più evidente non le semplificava le cose.
Ci fu un leggero bussare che avvertì qualche attimo dopo, e quando alzò gli occhi alla porta aperta non si sorprese di trovare Filippo sulla soglia: doveva essere stato mattiniero anche lui, ma anche piuttosto silenzioso. Giulia non si era minimamente accorta di non essere l’unica sveglia in casa.
-Tutto ok?- Filippo glielo chiese a mezza voce, per non svegliare le bambine, ma con un sottotono allarmato che a Giulia non sfuggì. Doveva aver udito i suoi lamenti di poco prima.
-Sì, ho solo la schiena rigidissima- spiegò, buttando fuori un sospiro esasperato – E non parliamo dei piedi gonfi-.
Era stata un’impresa mettersi le ciabatte per andare in bagno – urgenze della sua vescica costantemente premuta dal peso del bambino.
“Le vere gioie della gravidanza, oh sì”.
-Vuoi un massaggio?- Filippo fece un passo avanti, sorridendole – Se mi ci metto sono davvero bravo-.
Giulia fece finta di pensarci qualche secondo, ma in realtà aveva bisogno di una soluzione quanto prima – qualsiasi soluzione.
Lo guardò minacciosa per qualche secondo, puntandogli un dito contro:
-Se mi blocchi la schiena ancor di più salti il pranzo-.
Filippo non sembrò affatto scoraggiato: rise sommessamente, camminando verso il letto.
-Accetto il rischio, ma non succederà-.
Giulia cercò di mettersi a sedere, lasciandogli spazio tra sé e la testiera. Filippo scostò il cuscino prima di prendere posto a sua volta sul materasso, allungando lentamente le mani verso Giulia.
Era qualcosa a cui lei si stava riabituando pian piano – quel contatto fisico che era mancato per un anno intero. Giulia percepì la pressione dapprima leggera dei polpastrelli di Filippo su di sé. C’era il tessuto del suo pigiama a fare da barriera tra le loro pelli, ma avvertì comunque un brivido lungo la schiena.
-Fa male qui?-.
Filippo aveva appena raggiunto un nodo di muscoli sulla sua scapola sinistra, e non appena premette con più convinzione Giulia sussultò per il dolore.
-Sì- esclamò, lasciandosi andare ad un altro lamento – Oddio, proprio lì-.
-In effetti hai davvero i muscoli molto rigidi- ponderò Filippo, e anche se non poteva vederlo Giulia era sicura che l’avesse detto tenendo la fronte aggrottata – Hai dormito bene stanotte?-.
Giulia assunse un’espressione confusa:
-Perché me lo chiedi?-.
Filippo sbuffò appena:
-Magari è dovuto a quello. Sai, una posizione strana, o insolita … -.
Giulia si morse il labbro inferiore per qualche istante, sia per silenziare i possibili gemiti di dolore mentre Filippo continuava cautamente il massaggio, sia per l’indecisione che la stava attanagliando. Si schiarì la gola dopo poco, prima di parlare:
-Credo di essermi un po’ agitata- disse vaga.
-Per qualche motivo particolare?-.
Era probabile che Filippo si stesse riferendo a qualche possibile disturbo causato dalla gravidanza. Doveva ricordarsi dei mesi in cui era incinta di Caterina e Beatrice: in quel periodo aveva avuto il sonno particolarmente turbolento, sia per i loro movimenti nella sua pancia – non sempre propriamente piacevoli e sopportabili-, sia per tutta la serie di disturbi che gli ormoni potevano provocare.
Ma stavolta non era quello il problema.
-Stavo sognando- ammise Giulia dopo qualche altro attimo di esitazione – Ricordando, in realtà. Qualcosa legato allo scorso anno-.
Si era mantenuta imprecisa anche se in realtà ricordava abbastanza bene ciò che aveva sognato, e anche l’episodio accaduto nella realtà. Doveva essere passato un anno quasi preciso da quel giorno, una banalissima giornata di Febbraio dell’anno prima in cui si era ritrovata sconfitta dallo sconforto e dalla tristezza per tutto ciò che stava succedendo nella sua vita.
-Vuoi parlarne?-.
La domanda di Filippo cadde nel vuoto per un po’ di tempo, prima che Giulia alzasse le spalle:
-Non ne vale la pena-.
“Abbiamo già detto tutto quel che c’era da dire in merito”.
Filippo non si fermò dal toccarla, anche se avvertì il suo essere più tentennante. Era come se le stesse chiedendo tacitamente se poteva continuare o no, e Giulia non si sottrasse al contatto.
-A volte sembra che il dolore non mi lasci in pace nemmeno mentre dormo- si lasciò sfuggire dopo diversi minuti di silenzio – Ma in realtà va meglio, ora. Molto meglio-.
Filippo sembrò meno teso:
-Dici in generale?-.
-Anche-.
Quando Filippo si alzò per cambiare posizione sul letto, sedendosi di fronte a lei per cominciare a massaggiarle anche i piedi, Giulia si sentì per un attimo sotto pressione. Era difficile, a volte, esternare con Filippo tutto ciò che le passava per la mente, ma era qualcosa a cui si stava sforzando di riabituarsi.
Si erano promessi di parlarsi per davvero, stavolta: aveva intenzione di non sottrarsi a quel giuramento.
-Ormai Lorenzo ha fatto capire che non vuole avere nulla a che fare con noi, e forse è decisamente meglio così … - Giulia sospirò, lo sguardo perso in un punto indefinito davanti a sé – Però mi sto riabituando a te, qui a casa. Prima era come se vivessimo comunque in due posti differenti … Ora è un po’ come prima-.
“Come prima, ma diverso”.
Era stata del tutto sincera mentre lo diceva.
Ripercorse velocemente con la memoria gli ultimi mesi, ritrovando nei suoi ricordi prove di ciò che aveva appena affermato.
Era stato caotico quando Filippo aveva annullato il suo imminente trasferimento, ed era stato complicato tornare a vivere ufficialmente tutti insieme come prima. Era come se all’improvviso il muro che li aveva divisi fosse crollato fin nelle fondamenta, e Giulia si era dovuta riabituare a tutto ciò che era mancato per quasi un anno intero.
Non era stato facile farlo soprattutto quando, allo stesso tempo, aveva dovuto anche far fronte ad una gravidanza inaspettata, alla paura che Lorenzo potesse ricomparire – cosa che, invece, non era successa- e farle del male, alla paura che tutto non potesse più funzionare.
A distanza di due mesi poteva dire che, nonostante le premesse, le cose erano andate tutto sommato bene.
Stavolta non evitò il contatto visivo con Filippo: cercò i suoi occhi, e li trovò proprio nel momento in cui anche lui aveva alzato il viso nella sua direzione, smettendo con il massaggio e concentrandosi unicamente su di lei.
-Non credo che dimenticherò mai del tutto quel che è successo l’anno scorso, Filippo. È una ferita troppo grande per essere sepolta nella memoria- Giulia parlò a mezza voce, ma con determinazione – Però … -.
-Lo so, e non mi aspetto che tu lo faccia-.
Con suo stupore, prima che potesse anche solo entrare nel vivo di quel che voleva dire, Filippo l’aveva interrotta. La guardava intensamente, in un’espressione di dolore misto a colpevolezza, mischiati a qualcosa che ricordava a Giulia la rivalsa.
-Non saremo mai più gli stessi dopo l’anno scorso- disse ancora Filippo, con voce che non incespicava – Ma farebbe strano pensare che nonostante tutto potremmo cercare di capire come potrebbero andare le cose ora, con una diversa consapevolezza?-.
Era palese che non avesse ancora finito di dire la sua, ma la tentazione che ebbe Giulia di dirgli che si era domandata la stessa cosa negli ultimi due mesi fu davvero forte.
-L’anno scorso, ad un certo punto, ho pensato davvero che sarebbe stato meglio per entrambi se avessimo preso strade separate, ma negli ultimi mesi … - Filippo stavolta parve più incerto, ma di un’esitazione che sembrava più provenire dalla paura che non dal dubbio – Non sono rimasto solo per darti una mano. Ovviamente la tua salute, e quella del bambino, viene prima di tutto, ma non è il solo motivo per cui sono rimasto e per cui voglio rimanere.-.
Giulia avvertì il proprio respiro farsi più veloce, il battito del cuore accelerato. Non si sentiva così agitata da un bel po’ di tempo, perché quella era un’agitazione ben diversa da quella che aveva provato nell’ultimo anno. Non era l’ansia dovuta alla paura che aveva avuto quando aveva scoperto di essere incinta, o quando aveva varcato la soglia di casa di Lorenzo per dargli la notizia.
E poteva essere una sensazione fisicamente simile a quella che provava negli attimi di rabbia verso Filippo stesso, così comuni un anno prima, ma non era nemmeno lontanamente paragonabile ad ora.
“Dillo e basta”.
Era agitata per l’aspettativa, perché dentro di sé aveva atteso quel momento ogni giorno, e perché quegli ultimi due mesi erano stati il periodo in cui si era pian piano rialzata dal torpore apatico in cui era caduta da troppo tempo.
-Ti amo ancora-.
Filippo lo disse con voce così sommessa, come se avesse la gola chiusa, che se non fosse stato per il completo silenzio in cui si trovavano Giulia non sarebbe riuscita ad udirlo nemmeno da quella misera distanza.
-Forse in maniera diversa. Meno trasognata- Filippo lo disse con un mezzo sorriso malinconico – Però ti amo ancora-.
Quando Giulia si sporse per prendergli il viso tra le mani lo vide trasalire per la sorpresa.
-Stavo per dire, prima che mi interrompessi, che anche tra di noi le cose sono migliori. E … -.
Giulia si morse il labbro inferiore.
Ci sarebbero state molte cose che avrebbe voluto dirgli – o forse solo una che le racchiudeva tutte-, ma si rese conto che per lei non era ancora arrivato il momento giusto per dirle.
“Ma arriverà”.
Nel frattempo, però, poteva partire da quelle più semplici.
-Non vuoi più la separazione, vero?-.
Filippo la guardò con occhi sgranati per i primi secondi, prima di scuotere debolmente il capo. Giulia gli sorrise:
-Nemmeno io-.
Era stato un lento avvicinarsi. Sarebbe stato del tutto errato affermare che si erano ritrovati così vicini solo negli ultimi minuti. La verità era che la distanza si era accorciata sempre di più ogni giorno, fino a quando non le era più sembrato sbagliato essere lì di fronte a lui, a farsi toccare e a toccarlo di rimando.
Erano state tante cose – Filippo che aveva dimostrato davvero di volerci essere, di volerla aiutare, che non gli importasse della relazione con Lorenzo, che in realtà fosse già affezionato al bambino che stava portando in grembo, che ci tenesse sul serio-, e anche se le ferite non si sarebbero mai del tutto rimarginate, era una sua scelta anche quella di dare una seconda chance dopo aver avuto la prova che poteva essere una possibilità.
Quando si ritrovò a baciare Filippo, dopo più di un anno dall’ultima volta, le parve un po’ come se fosse un loro secondo primo bacio. Erano sensazioni che ricordava, ma erano allo stesso tempo anche nuove, diverse.
Fu un bacio breve, decisamente differente da certi che erano stati abituati a scambiarsi, ma bastò.
-Non credo di essere pronta a ricominciare nel vero senso della parola, non subito- Giulia glielo sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, sentendosi molto più vulnerabile di quel che si sarebbe aspettata. Fu una sensazione che la abbandonò non appena Filippo le sorrise di rimando.
-Prendiamocela con calma. Nessuna fretta di fare nulla-.
A Giulia sembrò un giusto compromesso.
 
Sembra quasi la felicità
Sembra quasi l'anima che va
Sogno che si mischia alla realtà
Puoi scambiarla per tristezza ma
E' solo l'anima che sa
Che anche il dolore passerà [2]
 
“Forever isn’t for everyone
Is forever for you?”
 
*
 
Quasi trent'anni per amarci proprio troppo
La vita senza avvisare poi ci piovve addosso
Diglielo in faccia a voce alta di ricordare quanto eravamo belli
E di aspettare perché potremmo ritornare [3]
 
I bambini stavano facendo più disordine del dovuto – ma era un risultato che Giulia si era del tutto aspettata, durante quel pranzo collettivo.
Osservò le sue figlie giocare con Davide, il cugino che non vedevano così spesso quanto avrebbero voluto, ma che ogni volta in cui si trovavano insieme si aggregava a loro per fare le peggio marachelle.
“Chissà se saremmo state così anche io ed Ilaria, se non fossimo nate a così tanti anni di distanza l’una dall’altra” si ritrovò a domandarsi Giulia, mentre osservava i bambini cercare di colpirsi a vicenda con il purè che avevano sul piatto. Si sentiva stranamente calma, mentre erano rispettivamente Ilaria e Filippo a cercare di dissuaderli – senza troppi risultati.
-Ma come li avete educati, questi bambini?- sbuffò Anita, che stava osservando inerte i tre nipoti che pian piano distruggevano la tavolata e il pranzo che aveva preparato. Ritrovarsi a Borgovento era sempre un po’ come incontrare il proprio passato e il presente insieme: Giulia ricordava quei pranzi della domenica tutti riuniti, i suoi genitori e sua sorella, ed ora erano ancora loro ma con l’aggiunta di Filippo, Ettore, Caterina, Beatrice e Davide.
Una tavolata che si era ingrandita un bel po’.
-Mamma, sono bambini piccoli- rispose Ilaria, cercando di far rimettere seduto composto il suo quasi treenne, che però non accennava a smettere di ribellarsi – È normale che giochino così-.
-Sembrano dei demoni- fu il nuovo commento di Anita, che scosse il capo con aria rassegnata.
Carlo intervenne con tono bonario:
-Lasciali fare, poi sistemeremo-.
Il momento di silenzio – riservato solo agli adulti, perché i bambini non stavano affatto desistendo- lasciò Giulia da sola con la sua ansia interiore. Si era ripetuta mille volte di restare calma in quella giornata, che sarebbe andato tutto bene, che Filippo era finalmente lì con lei – e, strano a dirsi, non avevano ricevuto troppe domande in merito, fino a quel momento-, e che non c’era alcun motivo per agitarsi.
Ma di fatto il suo stomaco era chiuso, la fame scomparsa, e ora nemmeno più i giochi delle sue figlie e di suo nipote riuscivano a distrarla da quell’atmosfera da momento decisivo.
-Giulia, tu non finisci?-.
La voce di Ettore la fece sussultare debolmente. Non si era accorta di essersi astratta così tanto da aver la forchetta in mano ma completamente inutilizzata, il resto della sua pasta lasciata nel piatto e ignorata a favore dei suoi pensieri.
-Sì, sì- Giulia scosse il capo, imbarazzata – Mi ero distratta-.
-Sei distratta da quando sei arrivata- le fece notare sua sorella, con una punta di sospetto nella voce. Era da quando Giulia era entrata in casa dei suoi genitori che Ilaria la osservava con cipiglio dubbioso: era come se avesse captato qualcosa di insolito, e Giulia si era stretta un po’ di più nei suoi vestiti pesanti e larghi che nascondevano la pancia già un po’ visibile della gravidanza.
-Un po’ di stanchezza- intervenne Filippo – Le gemelle sono state un po’ capricciose negli ultimi giorni-.
Non era vero, e la stanchezza c’era ma era dovuta a tutt’altra cosa.
Fu in quel momento, prima ancora di pensare, che Giulia proruppe nelle parole che avrebbero cambiato il corso di quel pranzo in famiglia:
-Vi dobbiamo dire una cosa-.
Era una conversazione che aveva già affrontato, una settimana prima, ma con persone diverse e con reazioni che sarebbero state sicuramente diverse. Giulia cercò però di consolarsi nel ricordo che, in fin dei conti, parlare con i suoi amici non era stato così traumatico come aveva sospettato. Forse sarebbe stato lo stesso con la sua famiglia.
 


-Sicura di stare bene? Sei piuttosto pallida- Pietro la stava studiando attentamente, con la fronte aggrottata come a domandarsi cosa ci fosse dietro l’aspetto un po’ malaticcio di Giulia – Meglio che ti siedi prima di svenire di nuovo-.
-Quanto sei galante- gli rispose Giulia, la voce trasudante di ironia.
Nonostante il sarcasmo, però, fece esattamente come le aveva suggerito Pietro: si sedette sul primo posto libero che trovò, un angolo del divano sopravvissuto al caos generato dai bambini nel salotto.
Gestire la festa di compleanno di bambini che si aggiravano tra i cinque e i due anni non era per niente semplice, e se ne stava accorgendo proprio in quel momento. Anche se oltre a lei erano presenti anche Filippo, Pietro, Alessio, Caterina e Nicola era comunque piuttosto difficile sfuggire agli strilli felici dei più piccoli. Era stata un’idea di Giulia organizzare quella festicciola per il quarto compleanno di Caterina e Beatrice e, nonostante tutto, vederle felici mentre giocavano e correvano in giro per la casa con Francesco, Christian, Federica, Giacomo e Giorgio valeva molto di più di tutto il resto. Persino della sua fatica dovuta alla gravidanza.
Fu quell’ultimo pensiero a rimanerle in testa. I bambini erano tutti distratti, seduti sul pavimento del salotto intenti a giocare a Labirinto – o, almeno, i più grandi stavano giocando, con gli altri ad osservarli-, ma erano i suoi amici ora ad interessarle.
Poteva essere l’occasione giusta per averli lì tutti riuniti, e metterli al corrente di alcune cose.
-Potete rimanere un attimo qui?- disse, lanciando un’occhiata a Filippo come a volergli dire di affiancarla, restarle accanto – Vi dovremmo dire una cosa-.


 
Si sentì gli occhi di tutti puntati addosso. Persino i bambini si erano un po’ quietati, forse percependo il cambio d’atmosfera che era appena avvenuto. Li osservò con la coda dell’occhio, in parte tranquilla sapendo che non avrebbe detto nulla che le sue figlie non sapessero già: spiegare una gravidanza a due bambine di quattro anni era decisamente diverso che dare la notizia a degli adulti, ma Giulia era sicura che avessero capito ugualmente.
-Ecco … - iniziò a dire, schiarendosi la voce – A Dicembre sono successe un po’ di cose-.
-Ce ne siamo accorti- fece Anita, che sembrava forse la più agitata tra tutti.
Ettore fu più diplomatico:
-Vuoi spiegarci meglio come mai sei finita in ospedale?-.
Giulia annuì:
-In un certo senso- disse, gesticolando e poi decidendo di costringersi a fermarsi, posando le mani sulle proprie gambe – Dicevo … Sono successe un po’ di cose, ma in realtà è una storia molto più lunga-.
“E voi ne saprete comunque solo una minima parte”.
Prese un sospiro profondo, il cuore che ora aveva cominciato a batterle velocemente. L’attimo dopo avvertì una mano di Filippo intrecciarsi alle sue, in un tacito moto d’incoraggiamento.
-Il fatto è che sono incinta-.
Per un lungo attimo nessuno disse nulla. I bambini si erano definitivamente calmati, e neppure loro stavano parlando.
Quando Giulia azzardò a dare un’occhiata al resto della tavolata non si stupì affatto di trovare tutti con occhi sbarrati.
-Cosa?- il primo a parlare fu Carlo, in poco più che un sussurro strozzato.
Ma prima che Giulia potesse dire qualcosa, fu Ilaria a farlo:
-Avevo il mezzo sospetto che fosse quello il motivo per il quale eri stata ricoverata-.
L’occhiata che si scambiò con sua sorella fu molto più carica di significato di quel che avrebbero potuto intuire gli altri osservandole dall’esterno. Era sicura che Ilaria avesse intuito molto più degli altri, sapendo di Lorenzo. Giulia era sicura che la loro conversazione sarebbe proseguita in un secondo momento, e in un luogo più appartato, dove avrebbero potuto parlare loro due da sole e in pace.
-Non era successo nulla di particolarmente grave, in realtà- si sforzò di dire – Sono svenuta per il troppo stress e per un calo di pressione, ma la gravidanza procede bene. Stiamo bene entrambi-.


 
-Cosa?-.
Il primo a parlare, con voce piuttosto alta per poter sovrastare le voci eccitate dei bambini a qualche metro di distanza, fu Pietro. Aveva gli occhi sgranati per la sorpresa, lo stupore incredibile con cui aveva accolto la notizia della gravidanza di Giulia.
Non che per Alessio, l’unica altra persona oltre a lui ancora all’oscuro di tutto, fosse molto diverso:
-Ma … - iniziò a dire, spostando lo sguardo interrogativo da Giulia a Filippo – Scusate, ma non eravate sul punto di separarvi?-.
Erano già arrivati al tasto dolente della conversazione, ma Giulia si era più o meno preparata psicologicamente ad affrontarlo. Con Filippo ne avevano parlato diverse volte negli ultimi giorni, ed ora che si erano chiariti e riavvicinati, era anche il momento giusto per parlarne ad Alessio e Pietro.
-Non è di Filippo- si ritrovò a dire, ugualmente provando una stretta al cuore nonostante non si sentisse così ansiosa come aveva prospettato – Ho frequentato il fratello di Caterina per diversi mesi l’anno scorso. Ed è successo questo-.
Subito gli sguardi attoniti di Pietro ed Alessio si mossero verso Caterina, che si ritrovò ad allargare le braccia con fare rassegnato:
-Non guardatemi così stupiti. Sono così calma perché lo sapevo già-.
-Anche io. Ovviamente- disse Filippo.
Nicola si ritrovò a sospirare a fondo:
-Io l’ho scoperto quando quel bastardo è venuto a casa nostra per minacciare sua sorella-.
Giulia annuì. Quando era venuta a saperlo da Caterina – diverse settimane dopo il suo ricovero- aveva preso la notizia nel modo peggiore possibile: piangendo a dirotto per un giorno intero, preda della paura. A Filippo e Caterina erano servite diverse ore per tentare di calmarla.
-Ha minacciato anche me- mormorò, a mezza voce – Non vuole il bambino-.
-Cosa?- Alessio stavolta aveva un’espressione feroce stampata in viso – L’hai denunciato, vero?-.
Giulia scosse il capo:
-No, anche se adesso un po’ me ne pento. Ma mi basta che non si sia più fatto vedere, ora come ora-.


 
-Ma quindi … - Anita si era ripresa, ma lo sguardo che passò tra Giulia e Filippo fece presupporre che la vera domanda riguardasse più loro due, che non la gravidanza in sé.
-Non è questo il punto- Giulia liquidò in fretta quella questione. Non era passato nemmeno un mese da quando lei e Filippo avevano deciso di riprovarci: era troppo presto per poter dire qualcosa di ufficiale a chiunque.
-Oggi volevamo darvi la notizia- le venne in aiuto Filippo.
Strinse un po’ più forte la mano di Giulia, nascoste sotto al tavolo dalla vista degli altri. In un certo senso fu proprio quel gesto a darle un po’ più di coraggio, quel che le serviva per non scappare via di fronte agli occhi indagatori dei suoi genitori.
-Sono cambiate molte cose negli ultimi mesi e probabilmente ne cambieranno ancora nei prossimi- si ritrovò a mormorare.
Sua madre la guardò stranita:
-Ma vi separate lo stesso?-.
-Abbiamo accantonato l’idea- ammise Giulia, senza però entrare nei particolari – Ma stiamo prendendo le cose con calma-.
Filippo annuì, in accordo:
-Intanto pensiamo alla gravidanza-.


 
 -E voi due, ora?-.
Pietro lo domandò con sincera curiosità nella voce. Avevano passato gli ultimi minuti a sviscerare la questione riguardante Lorenzo, ed era inevitabile che ora si passasse a quella. Giulia se l’era del tutto aspettato, già da quando era corsa voce che Filippo non si sarebbe più traferito altrove.
-Voglio dire, fino a Dicembre stavate andando ad abitare in due case diverse- si affrettò ad aggiungere Pietro – Erano mesi che mi chiedevo se vi foste riconciliati all’improvviso-.
-Più o meno è andata così- replicò Filippo, semplicemente – Niente più separazione. Ci riproveremo … E ci saremo noi per il piccolo che nascerà-.
Era rimasto in piedi fino a quel momento, tenendosi vicino al divano dove Giulia era ancora seduta. Ora, invece, si mosse nella sua direzione, andando a sedersi accanto a lei.
Le lanciò un sorriso che fece sentire Giulia al sicuro.
-È fortunato che avrà un sacco di zii e zie e cugini acquisiti che gli vorranno bene, e anche due sorelle- Filippo parlò con dolcezza – E due persone che lo cresceranno e lo ameranno moltissimo-.
Giulia avvertì i propri occhi farsi lucidi, ma non smise di sorridere di rimando a Filippo.


 
Con una rapida occhiata Giulia osservò di nuovo le facce che aveva intorno. Anita e Carlo sembravano ancora pochi convinti, ma di contro sua sorella e Ettore apparivano più tranquilli. Di certo avrebbero ripreso quella conversazione di nuovo, quando le cose con Filippo avrebbero assunto un contorno più definito – e un mese non sarebbe certo bastato per quello.
-Speriamo bene- sospirò infine Anita.
-Dai su, che le cose potrebbero andare molto peggio di così- Ettore fu il primo a sorridere, dopo diversi minuti pieni di tensione – Se siete felici voi, lo siamo anche noi-.
Forse non erano ancora arrivati a quello stadio, rifletté Giulia, ma ora potevano lavorarci su.


 
-Non ero pronto ad avere così tante notizie stasera- sbuffò Alessio, che si passò una mano sul viso come se fosse davvero esasperato da quel che aveva sentito.
Giulia gli scoppiò a ridere in faccia.
-E chi è mai pronto?- gli chiese, mentre si alzava, le forze finalmente recuperate – Su, Raggio di sole: non vi abbiamo dato brutte notizie. In fin dei conti non è andata così male-.
E lo pensava davvero: c’erano un sacco di cose che nell’ultimo anno erano andate storte, ma forse per la prima volta dopo troppo tempo la fortuna cominciava a girare nel verso giusto.
 
*
 
-Attenti a non correre troppo!-.
Pietro accelerò il passo a sua volta, riuscendo a stare dietro a Giacomo e a Giorgio senza problemi. Aveva decisamente le gambe più lunghe di entrambi, e sarebbe stato così ancora per un po’ di anni.
Li osservò mentre correvano verso l’entrata dell’appartamento, la porta d’ingresso già spalancata da Giada, piuttosto consapevole che, come sempre, i due bambini si sarebbero messi a correre a perdifiato appena avrebbero intravisto il corridoio del secondo piano.
-Dovete smetterla di correre così forte!- Giada lo disse con voce ferma, probabilmente indecisa se rimproverarli subito o aspettare un paio di minuti – Prima o poi finirete per cadere e farvi male-.
Ovviamente non venne ascoltata. Le risate di Giacomo e Giorgio riempivano l’aria molto di più delle voci di Pietro e Giada, uno allarmato e l’altra più spazientita che altro. Si infilarono nello spazio della porta, in movimenti incredibilmente precisi per bambini di rispettivamente tre anni e mezzo e uno e mezzo.
Stavolta Pietro non li seguì, non oltre la soglia. Osservò le loro teste castane sparire verso il salotto, senza avere nemmeno il tempo di salutarli decentemente – forse aveva ancora qualche minuto di tempo, prima di dover riprendere il cammino verso la sua, di casa.
-Sono un bel po’ carichi di energia- commentò Giada, ancora voltata nella direzione in cui i suoi figli erano appena scomparsi – Pensavo sarebbero tornati più stanchi-.
-Lo pensavo anche io- ammise Pietro. Era stato un lungo pomeriggio, quello che avevano appena passato insieme loro tre: aveva pranzato lì da Giada, prima di uscire da solo con Giacomo e Giorgio. Avevano fatto una lunga passeggiata per Venezia, fortunati com’erano stati per aver trovato una giornata così soleggiata.
Era stata una giornata lunga, intensa, e piuttosto impegnativa.
“E non è ancora neanche lontanamente finita”.
-Entra, dai- Giada lo invitò dentro l’appartamento come faceva sempre, ogni volta che era Pietro ad uscire da solo con i bambini. Poteva trattarsi anche solo di cinque minuti, giusto il tempo degli ultimi saluti fino al weekend successivo, ma lui accettava sempre. D’altro canto le cose pian piano erano migliorate: quei cinque minuti erano una delle tante dimostrazioni.
Ma stavolta dovette scuotere il capo, conscio che il tempo stringeva.
-Non posso- le disse, con espressione di scuse – Ho i tempi un po’ stretti. Devo passare da casa prima di uscire di nuovo. Con gli altri-.
Non c’era bisogno che specificasse chi intendeva. Giada sapeva perfettamente, senza ulteriori dettagli, che così dicendo comprendeva gli amici di una vita.
Lo disse con una vena di agitazione nella voce. Quella sera non sarebbe stata una sera come le altre, perché stavolta sarebbe toccato a lui parlare di qualcosa che riguardava se stesso a Filippo, Giulia, Nicola, Caterina e Alessio.
-Oh, serata collettiva?-.
Pietro annuì alla domanda di Giada:
-Sembra di sì, dopo un po’ di tempo siamo riusciti ad organizzarci tutti insieme- spiegò, la voce che gli tremava appena, esitante nell’aggiungere quell’ultimo dettaglio che premeva per uscirgli dalla bocca.
Non aveva idea di come avrebbe potuto reagire Giada nel dirle quel che aveva in progetto per quella sera. Forse l’avrebbe presa male, ricordando la sera in cui aveva detto la stessa cosa a lei. O forse era passato sufficiente tempo per risanare certe ferite che dovevano averle fatto male per un bel po’.
In qualsiasi caso, forse, doveva solo smetterla di pensare troppo – soprattutto di cosa potevano pensare di lui gli altri- e agire di più per sé.
Prese un sospiro profondo, e in un attimo fatto di puro istinto disse:
-Stasera ho intenzione di fare coming out con loro-.
Osservò l’espressione tutto sommato tranquilla di Giada passare ad una di completa sorpresa. Non che gli fosse difficile immaginare che potesse esserlo: aveva del tutto previsto una reazione simile.
E forse, in parte, sorpreso lo era anche lui.
-Davvero?- gli chiese lei subito.
Pietro annuì:
-Credo sia arrivato il momento-.
Era stata la stessa cosa che aveva detto a Martino una settimana prima, quando gli aveva annunciato che per quel sabato non si sarebbero visti perché doveva incontrare i suoi amici – non solo per passare una serata tranquilla in loro compagnia, per una volta senza figli di mezzo, ma anche proprio per dare loro quella notizia. Un po’ come era successo con Alice a Dicembre, anche Martino gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene.
“Speriamo abbiano ragione”.
-Ero convinta lo sapessero già- disse Giada, sommessamente come se stesse pensando, cercando di ricordare qualcosa che potesse confermare quella sua impressione.
-No, non lo sanno- Pietro stavolta dovette scuotere la testa – Non ero ancora pronto-.
-E ora lo sei-.
Quella di Giada non era una domanda, come se avesse preferito completare per lui quella frase. Ma aveva ragione, si rese conto Pietro: era davvero giunto il momento giusto. O almeno così credeva, così gli aveva fatto credere Martino, e lo stesso valeva per Alice.
In qualsiasi caso lo avrebbe scoperto tra non molte ore.
-Sono piuttosto sicura che andrà tutto bene- Giada gli lanciò un mezzo sorriso – Saranno contenti che tu decida di aprirti con loro-.
Non sembrava a disagio nel parlare di quell’argomento. Non c’erano state altre occasioni per sviscerarlo, né Pietro ci aveva mai provato prima di quel giorno, fin troppo conscio di come era andato il suo coming out con lei. Era una piacevole sorpresa ritrovarla piuttosto serena, a tratti quasi incoraggiante.
Forse le cose stavano davvero cambiando.
-È quello che spero-.
-Ti vogliono bene- Giada lo guardò come se si fosse appena dimenticato una cosa ovvia – E sono anche persone intelligenti, dopotutto-.
Dall’atmosfera leggermente piena d’ansia dell’inizio ora a Pietro sembrò quasi una conversazione del più e del meno.
-Dopotutto?- ripeté ironico, un sopracciglio alzato e la risata mal trattenuta mentre osservava Giada roteare gli occhi al cielo.
-Non avevi detto di essere di fretta?-.
Stavolta Pietro rise sul serio.
-Ora vado- la rassicurò, facendo un passo indietro come a dimostrare le sue stesse parole – Dai un bacio ai bambini da parte mia-.
-Va bene- Giada lo tenne osservato ancora qualche secondo, una mano già alla maniglia della porta d’ingresso, pronta a chiuderla – Buona fortuna per dopo-.
Anche se non lo disse a voce, Pietro si ritrovò a pensare che ne avrebbe avuto davvero bisogno.
 
*
 
-Qualcuno mi porti il mio cocktail-.
Pietro si voltò verso Caterina, seduta alla sua sinistra: aveva un’aria piuttosto disperata, il capo appoggiato sulla spalla di Nicola, che la affiancava da quel lato del tavolo, e lo sguardo fisso davanti a sé.
Pareva una scena piuttosto comica, e si sarebbe sicuramente messo a ridere nell’osservarla, se solo non fosse stato troppo agitato anche solo per provare qualsiasi altra emozione.
-Hai così tanta voglia di bere?- le chiese invece, incrociando le braccia sopra il tavolo.
Caterina alzò le spalle:
-È da troppo tempo che non bevo qualcosa di vagamente alcolico- borbottò – Stasera ho voglia di spassarmela, per una buona volta-.
Pietro la guardò perplesso, ma preferì non dire nulla che potesse spezzare i suoi sogni di gloria. Sembrava che dovesse muoversi a fare coming out, perché di certo l’idea di farlo con qualcuno di ubriaco al loro tavolo non doveva essere la migliore in assoluto.
Perlomeno non c’era la confusione che ci sarebbe stata se ci fossero stati anche i bambini: a quanto pareva, Nicola e Caterina avevano lasciato Francesco alle cure di Alice, per una serata in compagnia di Christian e Federica. E non era andata poi male neanche alle gemelle di Giulia e Filippo, che erano rimaste a casa in compagnia degli zii materni e del cugino, in visita a Venezia per un po’ di giorni.
Era anche per quel motivo che aveva deciso che quella sarebbe stata la sera giusta per il suo coming out. Non aveva idea quando si sarebbe ripresentata un’occasione del genere, con il loro gruppo tutto riunito senza le distrazioni che sicuramente derivavano dai figli presenti.
-Ecco qua-.
La voce di Filippo lo fece voltare, stavolta alla sua destra, proprio nel momento in cui lui e Giulia erano finalmente giunti di ritorno. Tenevano in mano due bicchieri a testa – le loro ordinazioni più quelle di Nicola e Caterina.
-Oh, finalmente- Caterina non attese che pochi secondi prima di allungare le mani verso il calice che le stava allungando Giulia, gli occhi riaccesisi di entusiasmo.
-Sembra che tu non beva nulla da secoli- commentò Nicola, che aveva preso ciò che gli stava allungando Filippo con molta più calma e pacatezza.
-Posso voler essere felice di una serata un po’ più leggera rispetto alle solite?- replicò sulla difensiva Caterina.
“Non sarei poi tanto sicuro che sarà più leggera del solito” si ritrovò a pensare Pietro.
-Almeno voi vi potete permettere qualcosa di non analcolico- sbuffò Giulia, che si stava sedendo lentamente, una mano posata sul grembo che cominciava a farsi evidente sotto il maglione pesante – Io non potrò ancora per un bel po’ di tempo-.
-Berremo anche per te, non preoccuparti- la prese bonariamente in giro Filippo, che si guadagnò un’occhiataccia da parte di lei.
Era ancora un po’ strano vederli di nuovo così complici, ammise Pietro. Ma ne erano successe talmente tante, ormai, che in realtà non avrebbe dovuto sentirsi stupito affatto. Era strano, ma bello: sembravano sulla strada giusta per sistemare le cose tra loro, e di certo quello non poteva che essere un bene, soprattutto nello stato in cui si trovava Giulia.
Pietro lanciò loro un’ultima occhiata, prima di girarsi leggermente verso il bancone in fondo alla sala del bar, alla ricerca di una testa bionda piuttosto famigliare. Immaginava che con Alessio sarebbe arrivato anche il suo drink – non che gli importasse particolarmente molto di quello, al contrario di Caterina.
Quando però gli sembrò finalmente di individuarlo, in mezzo alla calca di gente che stava ordinando ed altri che stavano direttamente consumando lì le loro bevande, il sorriso nervoso che aveva stampato sulle labbra si congelò all’istante.
Era stato davvero convinto che l’ansia gli avrebbe impedito di provare qualsiasi altra emozione quella sera, ma invece la punta di gelosia che avvertì in quel momento lo smentì in pieno.
Alessio era al bancone, già con un calice in mano – probabilmente il prosecco di Pietro-, e in attesa della sua ordinazione. Sarebbe stato uno scenario del tutto normale, se non fosse stato per la presenza di fianco a lui: un uomo apparentemente coetaneo – piuttosto attraente, dovette ammettere Pietro con una certa riluttanza-, un po’ troppo vicino e un po’ troppo sorridente in direzione di Alessio. Stavano anche evidentemente parlando, e Pietro dovette frenarsi per diversi secondi per non alzarsi e spegnere la sua curiosità andando direttamente ad ascoltare.
Si costrinse a rimanere seduto lì, cercando di fare finta di nulla, probabilmente riuscendoci molto male. Cercò di ascoltare la conversazione che si era appena avviata tra Giulia, Caterina, Filippo e Nicola, ma con gli occhi rimase incollato su Alessio, e al tizio che con tutta evidenza ci stava provando spudoratamente.
Ci vollero almeno un altro paio di minuti prima che Alessio ricevesse anche il suo ordine, potendosene andare dalla zona del bancone – ed appiedare l’altro. O almeno, così sperava Pietro.
“E se gli ha chiesto il suo numero?” si ritrovò a pensare, “E se Alessio glielo ha dato?”.
Non che in quel caso avrebbe potuto farci molto: non stava certo a lui stabilire chi potesse frequentare Alessio, anche se solo per una notte o per il resto della vita.
Virò lo sguardo altrove, ma Alessio non ci impiegò molto a raggiungere il loro tavolo. Con la coda dell’occhio, Pietro lo vide arrivare a passo lento, stando attendo a non spandere, dirigendosi prima verso di lui che non al suo posto, all’altra estremità del tavolo.
-Scusa se ci ho messo un po’- fu la prima cosa che Alessio gli disse non appena fu abbastanza vicino per farsi sentire da Pietro – C’era un casino di altra gente in fila a ordinare-.
-E qualcuno sembra averne anche approfittato- commentò Giulia sibillina. A quanto pareva Pietro non era stato l’unico ad essersi accorto del flirt che Alessio aveva appena ricevuto.
-Ti riferisci a quel tipo?- Alessio fece una smorfia, mentre faceva il giro del tavolo per andarsi a sedere al suo posto – Anzi, a Edoardo. Si è pure presentato-.
-E basta?- fece Caterina – Non ti ha offerto da bere?-.
Alessio si sedette sospirando a fondo, come se non ci tenesse troppo a proseguire ancora con quella conversazione:
-Sì, e mi ha anche detto un paio di altre cose-.
Pietro poté immaginarne un paio, ma non disse niente. Giulia, invece, non riuscì a trattenere una risata maliziosa. Fu proprio a lei che Alessio rivolse un’occhiataccia:
-Non domandarmi cosa, non te lo dirò mai-.
In tutta risposta, lei gli fece una linguaccia:
-Come sei pudico-.
-Vuole solo fare un po’ il misterioso- replicò Nicola, che però aveva un sorriso piuttosto divertito stampato in faccia.
-O magari ti sta prendendo un po’ in giro- Filippo si rivolse a Giulia, come a volerla consolare da quella mancanza di gossip che Alessio stesso aveva appena impedito.
-Magari entrambe le cose- disse lui, alzando le spalle.
Sembrava un po’ a disagio, ora, come se davvero volesse cambiar argomento il prima possibile – come se volesse dimenticare il prima possibile delle avances ricevute da quel tale.
Pietro non poteva che concordare: più ripensava alla scena, più sentiva la nausea crescere. Anche se, doveva ammettere, non sarebbe mai stata quanta quella che sentiva all’idea di quel che sarebbe venuto di lì a poco.
 


-Sta scalciando un po’ troppo-.
Giulia lo disse strizzando gli occhi, probabilmente dolorante nel punto del grembo su cui stava tenendo entrambe le mani.
Erano passate almeno un paio d’ore da quando erano arrivati in quel locale, ma era la prima volta che Pietro la vedeva un po’ in crisi per quelli che dovevano essere i primi calci del bambino. Forse era una sensazione a cui doveva ancora tornare ad abituarsi.
-È agitato- commentò Filippo, posando una mano a sua volta accanto a quelle di Giulia. Stava sorridendo, però, come se anelasse il poter percepire i movimenti del bambino nel grembo.
-Che poi è confermato che è un maschio?- chiese Caterina, d’un tratto incuriosita.
Giulia annuì, il volto un po’ meno contratto dal dolore:
-Sembrerebbe di sì dall’ultima ecografia-.
Anche Alessio stava rivolgendo gli occhi al suo pancione, Pietro se ne rese conto quando spostò lo sguardo su di lui. Non stava dicendo nulla, limitandosi ad osservare in silenzio, perso in pensieri a lui celati.
-Volete qualcos’altro?- Nicola interruppe l’atmosfera di calma che si era creata in pochi secondi, alzandosi rumorosamente dalla sua sedia – Sto andando a ordinare-.
Prima ancora di poter mettere insieme i propri pensieri, Pietro si ritrovò a parlare:
-In realtà … -.
“E ora?”.
Vide Nicola – e anche tutti gli altri- girarsi verso di lui in attesa che concludesse ciò che aveva iniziato a dire, ma Pietro tacque inevitabilmente.
Era da almeno un’ora che ripeteva a se stesso che tra poco sarebbe arrivato il momento ideale per iniziare a parlare. Ma aveva sempre rimandato, l’ansia che gli impediva di prendere parola una volta per tutte, e non si stava rendendo conto del tutto di cosa lo avesse spinto a fermare Nicola proprio in quel momento.
Si sentiva gli occhi di tutti addosso, e fu come fare una prova di come sarebbe stato quando avrebbe fatto coming out sul serio, quando tutta l’attenzione sarebbe stata irrimediabilmente su di lui.
“Dì qualcosa, cazzo”.
Ma quelli erano gli amici di una vita. Gli amici che l’avevano visto al massimo e al minimo, che l’avevano visto nelle condizioni peggiori e in quelle migliori.
E non se ne erano mai andati, nemmeno dopo tutto quel tempo.
Era inutile continuare a rimandare qualcosa che, in fondo, non vedeva l’ora di dire anche solo per togliersene il peso dalle spalle.
Si schiarì la gola, consapevole di star arrossendo, ma cercando di non tradirsi con la voce tremante:
-Non è che potresti aspettare qualche secondo prima di andare?-.
Nicola aggrottò la fronte:
-Come mai?-.
“Ci siamo”.
Pietro si passò la lingua sulle labbra secche. Si sentiva gli sguardi di tutti ancora addosso, ma cercò di non farci troppo caso: forse così sarebbe stato più semplice parlare.
-Dovrei dirvi una cosa- mormorò, la sua voce che rischiava di perdersi tra le note della canzone che la radio accesa nel locale stava passando.
Caterina fu la prima a parlare, subito dopo:
-Ci dobbiamo preoccupare?-.
Lo aveva detto scherzando, ma con una evidente vena preoccupata – forse un po’ troppo influenzata da tutte le volte che, nell’ultimo anno, quella frase era stata seguita da brutte notizie.
Ma per quella sera non ce ne sarebbero state, o almeno così Pietro sperava che la vedessero anche loro.
-Non credo- disse inizialmente incerto, prima di prendere un respiro profondo e proseguire –  No, non dovete preoccuparvi-.
Quando si ritrovò ad alzare gli occhi, fu istintivo cercare per primi quelli di Alessio. Era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma quando si rese conto dello sguardo di Pietro alla ricerca del suo, fu un sorriso incoraggiante che gli rivolse.
-Ehi, sta tranquillo- Alessio era dall’altra parte del tavolo, esattamente all’estremità opposta, ma gli parlò come se gli fosse di fianco pronto a sussurrarglielo – Qualunque cosa sia siamo qui-.
“E ci rimarrete?”.
Qualcosa gli diceva che era ora di scoprirlo – e qualcos’altro ancora gli diceva di sì.
Nicola si era seduto di nuovo, ed esattamente come tutti gli altri lo stava guardando in attesa ma in silenzio.
Pietro li guardò uno ad uno per diversi secondi, prima di cercare di regolarizzare il proprio respiro.
-È che fa un po’ strano essere arrivato a stasera per dirlo. Per dirvelo- cominciò, quasi faticando a trovare le parole, come fossero intrappolate in un groviglio che difficilmente avrebbe districato – Mi sono ripetuto tra me e me il discorso che vi avrei fatto non so neanche quante volte, ma adesso nemmeno lo ricordo-.
Sotto al tavolo, lontano dalla vista di chiunque, teneva le mani giunte, le dita di una che stringevano quelle dell’altra. Non si era sentito così nervoso nemmeno quando aveva parlato ad Alice.
Era una sensazione diversa anche rispetto a quella che l’aveva smosso quando l’aveva detto a Giada. Con lei c’era stato il dolore a scuoterlo.
Stasera era diverso: non c’era dolore, solo voglia di aprirsi. Di farsi vedere per quello che era.
-Forse ci penso da anni, in realtà- confessò a mezza voce – Ma non credo ci sia un modo oggettivamente giusto per dirlo, quindi lo dirò e basta-.
Prese un sospiro profondo, stavolta, e non riuscì a non abbassare gli occhi.
-Non avete idea di quante volte mi sia immaginato questo momento-.
“Così tante volte e così tanti scenari di voi che mi voltavate le spalle”.
Cercò di allontanare quei ricordi. Erano immagini dettate dalla paura.
E non voleva dire che non avesse paura anche in quel momento, ma era una paura diversa. Aveva ancora la sensazione che nessuno di loro se ne sarebbe andato.
-Il momento in cui vi avrei detto quel che è stato il mio più grande segreto per tutta la vita, e anche quello per cui mi vergognavo di più in assoluto-.
Sentì un groppo in gola formarsi a quelle parole – a quei ricordi-, ma respirò ancora, ed ancora una volta, fino a quando non fu sicuro di esserseli lasciati alle spalle tutti quanti.
 
I am not a stranger to the dark
"Hideaway," they say
"'Cause we don't want your broken parts"
I've learned to be ashamed of all my scars
"Runaway," they say
"No one'll love you as you are" [4]
 
Chi gli stava intorno doveva aver capito l’importanza del momento. Pietro non riuscì però a interpretare le espressioni dei suoi amici: c’era chi, come Caterina, Nicola e Filippo, non lasciava trasparire alcuna emozione, né di apprensione né di curiosità. Erano in semplice attesa, di qualunque cosa stesse per avvenire. E poi c’era Giulia, che teneva la fronte aggrottata, se per i calci del bambino o per lo sforzo che stava facendo per comprendere cosa volesse dire Pietro non lo sapeva.
Alessio era quello che lasciava trasparire meno in assoluto ciò che gli stava passando per la testa. E fu proprio lui che Pietro cercò di nuovo, e anche se stavolta non gli sorrise trovò qualcosa nei suoi occhi che gli fece capire che lo stava ascoltando, che era lì e che ci sarebbe rimasto.
Le parole stavolta vennero a Pietro con naturalezza:
-Però se sono qui a parlarvene stasera è solo perché finalmente ho capito-.
 
But I won't let them break me down to dust
I know that there's a place for us

For we are glorious
 
Si era immaginato sempre quegli ultimi secondi prima del suo coming out come momenti pieni di tensione. Di disagio, a tratti. Attimi in cui avrebbe preferito nascondersi altrove piuttosto che doverli vivere.
Si stava rendendo conto che si era sempre sbagliato: non sentiva il bisogno di scappare e nascondersi, anche perché era ciò che aveva fatto per troppo tempo, e quello era il momento di spezzare quella fuga continua una volta per tutte.
Era il momento di gettare a terra la maschera, ma non si sentiva nemmeno teso come all’inizio. Sapeva cosa dire, e forse non sarebbe riuscito a dirlo al meglio possibile, ma ci avrebbe provato. E sarebbe andato bene ugualmente.
-Ho capito che non c’è niente di sbagliato in me, che non sono io che dovrei sentirmi inadeguato, o non accettarmi per quello che sono- disse con una convinzione che non avrebbe creduto possibile nemmeno un anno prima – E ci sarebbero mille altre cose da dire, ma magari quelle ce le terremo per un’altra volta, o finiremmo per restare qui fino a domattina-.
Si concesse una risata sommessa, vagamente nervosa, e forse fu quello il segnale che fece distendere anche i nervi agli altri. Si arrischiò ad un’altra veloce occhiata, e probabilmente fu proprio quel gesto a donargli la calma necessaria per proseguire.
-Sono gay-.
Sentì le spalle rilassarsi, il peso che finalmente se ne andava completamente, anche nell’ultima parte che rimaneva a gravargli sulla schiena.
-Ho ignorato questa parte di me per così tanto tempo che ad un certo punto pensavo quasi di essere riuscito a cancellarla, ma non era vero- disse ancora, e stavolta non riuscì del tutto a ignorare il groppo in gola che avvertì a quelle parole – Ci sono solo stato peggio, e non avrei mai dovuto farlo. Perché è quello che sono. Sono gay. Ma rimane pur sempre solo una delle parti che già conoscete di me, perché alla fine sono sempre io. Sono sempre Pietro-.
Con gli occhi lucidi arrischiò un sorriso, passando lo sguardo su ognuno di loro.
-E ora sapete che sono anche gay-.
“È così che ci si sente?”.
 Non aveva idea di come si sentivano gli altri dopo il coming out. Magari qualcuno era più terrorizzato di prima. Anche lui era stato convinto per lunghissimo tempo che sarebbe andata così, se mai un giorno avesse trovato sufficiente coraggio per arrivare a quel punto.
La verità era che si sentiva terribilmente bene.
 
When the sharpest words wanna cut me down
I'm gonna send a flood, gonna drown them out

I am brave, I am bruised
I am who I'm meant to be, this is me
 
Passò qualche secondo – qualche lungo secondo in cui gli sorse il dubbio che, forse, non sarebbe andata liscia come sperava e come si aspettava-, prima che qualcuno degli altri parlasse. Forse stavano attendendo di capire se il suo monologo fosse realmente concluso, ma poi ci pensò Giulia a togliere ogni incertezza: quando gli fece un breve applauso, Pietro si voltò nella sua direzione, e la vide sorridere apertamente, gli occhi illuminati.
-Se riuscissi ad alzarmi da questa sedia verrei ad abbracciarti- gli disse subito dopo, cercando di sporgersi dalla sua sedia sopra il tavolo, ma comunque troppo distante da Pietro.
Lui si ritrovò a ridere senza nemmeno rendersene conto.
-Va bene lo stesso, farò finta che tu l’abbia fatto-.
-Davvero pensavi che l’avremmo presa male?-.
Stavolta era stata Caterina a parlare. Pietro si rese conto che anche se non stava piangendo, aveva comunque gli occhi velati di commozione. Gli mollò una pacca sul braccio, con fare scherzoso.
-Sei un idiota- sbuffò, però con una vena di ironia.
Pietro sorrise anche a lei, prima di spostare lo sguardo un po’ più in là, su Nicola. Lui lo stava già guardando, con rilassatezza:
-Beh, posso dire di essere un po’ sorpreso?- iniziò a dire, gesticolando appena, segno che in realtà era più agitato di quello che dava a vedere – Però questo non vuole assolutamente dire che sia qualcosa di negativo. Penso di poter parlare a nome di tutti dicendo che per noi questo non cambia niente-.
-No, affatto- gli dette ragione Filippo, che posò una mano su una di Pietro, stringendola appena – Neanche io me l’aspettavo, ad essere sincero, ma va bene così. Sono solo contento che tu abbia deciso di volercelo dire-.
-E che ora ti senta a tuo agio- aggiunse Caterina.
Pietro non seppe bene cos’altro dire. Forse aveva semplicemente finito le parole, ma non gli sguardi di riconoscenza.
Giulia prese il suo calice – pieno di qualcosa di analcolico che Pietro già non ricordava più-, elevandolo in aria, sopra le loro teste:
-Propongo un brindisi- disse, con voce stridula – Oddio, sono così contenta!-.
Filippo scoppiò a ridere sguaiatamente, ma ciò non gli impedì di sporgersi verso Pietro:
-Adesso sì che non potrai più evitare le sue battute su ogni ragazzo figo che incrocerai-.
Incredibile ma vero, a Pietro andava bene persino quel dettaglio, ma fece ugualmente finta di non poterne già più alla sola idea:
-Cazzo, non ci avevo pensato-.
Fu mentre prendeva anche il suo bicchiere, che Pietro riportò gli occhi sulla persona che gli stava di fronte. Alessio non aveva ancora detto nulla, limitandosi ad un silenzio lungo e a tratti frastornante, ma quando Pietro lo guardò lo vide sorridere.
Passarono pochi secondi prima che Alessio si rendesse conto che lo stava guardando, e quando ricambiò lo sguardo, l’espressione che gli rivolse rimase per Pietro totalmente enigmatica.
Non rimase troppo a rifletterci, non in quel momento, non quando si sentiva davvero, e finalmente, libero da ogni catena.
 
Look out 'cause here I come
And I'm marching on to the beat I drum
I'm not scared to be seen
I make no apologies, this is me
 
*
 
Martino gli aveva sempre detto che un coming out non avrebbe dovuto sconvolgere nessuno. L’ideale sarebbe stato dire a chiunque “Ehi, sono gay!” e poi continuare come se nulla di strano fosse stato detto.
Pietro rifletté, mentre si accendeva la sigaretta, che era praticamente ciò che era successo quella sera: al loro tavolo avevano parlato di mille cose diverse prima del suo coming out, poi c’era stato quel momento in cui si era confidato a cuore aperto forse per la prima volta in tantissimo tempo, e poi erano tornati alla conversazione di prima come se nulla davvero fosse cambiato. Sapeva che tutti loro avevano capito, ma Nicola aveva detto bene: sapere che era gay non avrebbe cambiato il loro rapporto o il loro modo di porsi nei suoi confronti.
Fece un tiro con la sigaretta, avvertendo tutta la tensione che aveva accumulato quel giorno e i precedenti lasciare il suo corpo. Era uscito un paio di minuti prima per fumare, prendersi qualche attimo di pace e di solitudine per razionalizzare tutto ciò che era successo fino a quel momento.
Non era solo lì fuori – più di qualcuno lo stava imitando, sigarette in mano e nuvole di fumo che si intravedevano nel buio della notte-, ma stava respirando un’atmosfera di calma di cui prima si era dovuto privare. Era piuttosto probabile che fosse dovuto al peso che si era tolto dal petto dopo tutto quegli anni.
Non si voltò quando avvertì la porta d’ingresso del bar aprirsi, a pochi metri da lui: dava per scontato fosse qualcun altro venuto a prendersi una pausa per fumare, o per una boccata d’aria fresca dopo ore passate nel calore a tratti soffocante del locale. Quando però percepì una presenza accanto a lui, un po’ troppo vicina, Pietro si girò d’istinto: non trasalì solo perché riconobbe all’istante il viso di Alessio.
-Ti posso fare un po’ di compagnia?- gli chiese subito lui.
Pietro annuì:
-Certo-.
Non poteva dirsi troppo stupito di vederlo lì, perché era da dopo il coming out che aveva l’impressione che Alessio avrebbe tentato di avvicinarglisi in un momento in cui sarebbero stati da soli. Forse lo conosceva troppo bene per non poter prevedere le sue mosse.
Ed era lì, ora, di fronte a lui con le mani strette nelle tasche del cappotto, a guardarlo mentre Pietro faceva l’ennesimo tiro con la sigaretta, voltando il viso per non fargli arrivare il fumo in faccia.
-Lo so che prima sono stato un po’ silenzioso, ma non pensare male- fu di nuovo Alessio a parlare, dopo qualche secondo di silenzio – È che preferivo parlarti da solo-.
-Lo immaginavo- ammise Pietro – È molto da te questa cosa-.
Alessio fece una risata sommessa:
-Già-.
Non sembrava teso, né nient’altro che potesse far presupporre qualcosa di negativo in arrivo. Pietro rimase in silenzio, in attesa, lasciando che fosse lui stavolta a parlare.
Alessio, però, non parlò subito. Si limitò di nuovo ad osservarlo, per secondi che a Pietro parvero troppo lunghi – carichi di curiosità-, con i suoi occhi azzurri che non lasciavano trasparire nulla. Forse Pietro non era sorpreso di vederlo lì, ma di sicuro sarebbe stata una sorpresa ciò che aveva da dire Alessio
Lo sentì sospirare a fondo, dopo qualche altro attimo, come se Alessio si fosse finalmente preparato a parlare:
-Lo so che non è sempre facile accettarci per ogni nostro lato. Però stasera è stato un bel passo avanti- gli disse, stavolta con un sorriso meno trattenuto – Dovresti essere molto fiero di te stesso-.
Pietro non poté non ammettere di essere molto sollevato.
-Un po’ comincio ad esserlo, credo-.
-Da quanto … - Alessio si passò la lingua sulle labbra, esitante – Da quanto hai capito di essere gay?-.
Era una domanda difficile a cui rispondere, ma Pietro capiva perché gliela stesse ponendo. Forse stava giungendo a conclusioni che, però, era ancora troppo presto per poterle affrontare.
-Un bel po’ di tempo- tergiversò Pietro – Più o meno da quando ho iniziato a frequentare Giada-.
Un po’ si sentì in colpa per quella mezza bugia, ma non poteva dire ad Alessio che, in realtà, i primi sospetti li aveva avuti ben prima di Giada – e a causa sua. Non era quello il momento per dirlo.
Fece un altro tiro di sigaretta, prima di aggiungere qualcosa:
-È per questo che l’ho lasciata, due anni fa. Ero arrivato ad un punto in cui non potevo più ingannarla e stare con lei-.
Alessio lo guardò con occhi stupiti:
-Quindi lei lo sa già-.
Pietro annuì, buttando fuori una boccata di fumo.
-Come ha reagito?-.
A quella domanda di Alessio un po’ gli venne da ridere, ma si rese conto che sarebbe stata una risata piuttosto amara.
-Piuttosto male, all’inizio- ammise, senza giri di parole – Non che possa darle del tutto torto … Il mio coming out con lei, mentre era incinta, ha reso decisamente tutto più difficile-.
“E Fernando era appena morto”.
Non si era mai ritrovato a ripensare attentamente a quella sera. Quella era la prima volta che accadeva, e non fu una bella sensazione ricordare il viso sconvolto di Giada, la sua rabbia, e il senso di vuoto che Pietro aveva avvertito – per la paura di quel passo, per il dolore che provava per Fernando, per tutto il resto.
Ricordava anche, però, il primo sentore di liberazione che aveva provato subito dopo, soffocato in parte da tutto ciò che in quel periodo stava andando male.
Alessio sbuffò piano:
-Non sono molto sorpreso-.
-Però ora va meglio- replicò Pietro – Credo cominci a comprendere meglio tutta la situazione, ora che è passato un po’ di tempo-.
-Il tempo aiuta ad essere più obiettivi, in effetti- Alessio abbassò lo sguardo per qualche secondo, sospirando a fondo.
Per un po’ nessuno di loro disse nulla. Pietro lo trovò un silenzio sereno, non uno di quelli che mettono in imbarazzo: si sentiva sufficientemente a suo agio in presenza dell’altro da non avvertire il bisogno di riempire quei vuoti, come se bastasse anche solo la sua presenza come sostitutivo delle parole.
Aveva quasi finito la sigaretta quando Alessio si schiarì la gola:
-Posso farti una domanda?-.
Non c’era abbastanza luce per poterlo dire con certezza, ma Pietro ebbe l’impressione che fosse un po’ arrossito.
-Mi devo preoccupare del tipo di domanda?- lo punzecchiò, ma Alessio non sembrò sciogliersi.
-No, è che … - fece schioccare la lingua, quasi fosse annoiato dalla sua stessa esitazione – Mi stavo chiedendo una cosa-.
Sembrava ancora piuttosto indeciso se desistere o meno, ma dopo qualche secondo parlò di nuovo:
-Hai … - Alessio si bloccò di nuovo, prima di prendere un lungo respiro – Voglio dire, ti sei già frequentato con qualcuno? Con un uomo?-.
“Oh cazzo”.
Pietro sperò ardentemente che neanche Alessio riuscisse a distinguere il colore paonazzo che doveva esserci sul suo viso in quell’istante. Per un attimo i volti di Fernando e di Martino gli balenarono in testa, ma no, non poteva dirglielo così. Quella sarebbe stata una conversazione troppo lunga – e troppo imbarazzante-, e quella era stata una serata già abbastanza complicata.
-Veramente … - iniziò a dire, senza ancora avere una minima idea di come rispondere, ma si interruppe non appena si accorse di una figura che si stava avvicinando a loro, alle spalle di Alessio.
-Ah, ci si rivede-.
Pietro non l’aveva visto propriamente in viso la prima volta – era voltato di tre quarti e di fronte al bancone, troppo distante per coglierne i dettagli-, ma gli bastò la faccia esasperata che fece Alessio quando si voltò a sua volta verso il nuovo arrivato per capire chi fosse.
-Sei ancora dell’idea di non volermi dare una chance?- il tizio – Edoardo, come ricordò Pietro dopo qualche secondo, con un’ondata di nausea-, si era avvicinato ad Alessio in pochi passi, con un sorriso malizioso e sornione stampato in viso. Era parecchio alto – persino più di Pietro stesso-, e Alessio dovette alzare il volto per poterlo inquadrare per bene.
-Mi spiace, ma sono ancora non interessato- gli disse, mantenendo un tono tuttavia cortese, ai limiti del formale, quasi stesse declinando un’offerta di lavoro e non qualcuno che lo stava annoiando con i suoi flirt non richiesti.
Per un attimo la delusione si dipinse sul viso di Edoardo – Pietro giudicò che dovesse avere qualche anno in più, forse sui trentacinque anni, con la barba folta e scura quanto i capelli lunghi e ricci-, ma il ghigno tornò subito dopo, anche se meno convinto quando posò gli occhi oltre le spalle di Alessio, direttamente su Pietro.
-Vedo che però hai trovato compagnia- commentò, studiandolo – Non male, ma io sarei stato meglio-.
Pietro trattenne a stento uno sbuffo divertito.
“Se ne sei convinto tu”.
Alessio gli si fece più vicino, quasi a sfiorarlo. Pietro non seppe interpretare quel gesto – se fosse stato qualcosa di inconscio, per sentirsi meno vulnerabile, o qualcosa di calcolato per convincere ancora di più Edoardo che avesse già trovato compagnia, non ne aveva idea.
-A me va bene anche così- Alessio tagliò corto, prima di voltarsi di nuovo verso Pietro, dando un finale a quella conversazione surreale. Edoardo sembrò capire l’antifona, e con un’ultima risata amara Pietro lo osservò allontanarsi, sparire esattamente come era comparso, ma stavolta allontanandosi definitivamente dalla zona del bar.
Alessio, però, non ripristinò la distanza che c’era tra loro prima del suo arrivo. Ora che si era di nuovo girato verso di lui, Pietro si rese conto che l’aveva terribilmente vicino. Se solo ci fosse stata un po’ più luce avrebbe potuto provare a contare le sue lentiggini sul naso.
-Pensavo e speravo se ne fosse andato- sospirò Alessio, roteando gli occhi al cielo.
-A quanto pare no- Pietro gli lanciò un sorriso dispiaciuto – Vuoi rientrare?-.
Sapeva che Edoardo se ne era andato, e che molto probabilmente non si sarebbe rivisto, ma ormai l’atmosfera lì fuori era del tutto rovinata.
Alessio annuì subito:
-Meglio, non vorrei cambiasse idea e tornasse indietro-.
 
*
 
Non era mai stato in quel parco, almeno da quel che ricordava. Alessio cercò di far spazio ai ricordi, mentre camminava seguendo Pietro, ma nella sua memoria quel posto non trovò alcun riscontro.
“C’è sempre una prima volta per tutto”.
Era un luogo insolito dove vedersi, il parco delle Rimembranze, almeno per loro due: nell’ultimo anno era capitato spesso per lui di fermarsi a casa di Pietro – quello che ai tempi dell’università era stato anche suo, in un certo senso-, o che Pietro venisse da lui per dargli una mano con i bambini in sere in cui Alice mancava. Ed era capitato anche di uscire insieme, magari per bere qualcosa o per una semplice passeggiata, ma non si erano mai ritrovati a camminare per quella zona di Venezia.
-Non è male qui- commentò a voce, mentre continuava a guardarsi intorno. Poteva essere un parco come un altro – pieno di alberi, di altre persone che camminavano o correvano, degli schiamazzi dei bambini, di coppie sedute alle panchine, di amici che parlavano animosamente-, ma era piuttosto sicuro che altrove non avrebbe potuto dare una lunga occhiata verso la laguna e al sole che stava pian piano tramontando. Le giornate stavano cominciando ad allungarsi, ma non ancora a sufficienza per arrivare alla sera con ancora la luce solare.
-Non ci sei mai venuto prima?- gli chiese Pietro, voltandosi indietro verso di lui.
-No- ammise Alessio, con una punta di rammarico – Tu sì?-.
A quella domanda Pietro non rispose. Non subito, almeno.
Continuò a camminare fino a quando non raggiunse una panchina, una delle poche libere, aspettando che Alessio lo raggiungesse prima di sedersi.
C’era un’atmosfera strana, si ritrovò a pensare Alessio, come se fosse carica d’attesa. Non aveva idea di cosa potesse aspettarlo, o se fosse qualcosa direttamente legato al coming out che Pietro aveva fatto sei giorni prima.
Forse doveva solo avere pazienza per scoprirlo.
Pietro non si girò verso di lui quando iniziò a parlare: tenne lo sguardo dritto davanti a sé, perso nell’orizzonte che avevano di fronte, i raggi aranciati del sole che stava scendendo che si riflettevano sulle acque della laguna.
-Io sì, ci sono già stato-.
Pietro sospirò a fondo, come se stesse facendo d’un tratto fatica a parlare.
-Solo una volta, in realtà- aggiunse dopo qualche secondo – Esattamente due anni fa. È il posto in cui ho visto Fernando per l’ultima volta, pochi giorni prima che se ne andasse-.
Alessio era stato sul punto di chiedergli, sia per cortesia che per curiosità, in quale altra occasione fosse stato in quel parco. Era evidente, ancora prima di sapere la risposta, che fosse un ricordo legato ad un evento particolare.
Ora capiva.
Si schiarì la gola, gli occhi che dardeggiavano sulla figura di Pietro:
-Sei sicuro di volere rimanere qui?-.
Era forse una domanda stupida, perché in fin dei conti non si erano ritrovati lì per caso. Pietro gli aveva proposto quell’uscita pomeridiana un paio di giorni prima, e quando era passato a prenderlo sotto casa, mezz’ora prima, era stato lui a fare strada. Alessio si era lasciato guidare, senza troppi pensieri, anche se aveva percepito da subito un’atmosfera diversa dal solito. Si era chiesto se potesse essere un po’ d’imbarazzo dovuto al post coming out – e sarebbe stato pronto a fargli capire che non c’era assolutamente bisogno di sentirsi a quel modo, men che meno con lui-, ma ora capiva.
-Sì, non ho scelto questo posto a caso. È che ti volevo parlare di una cosa- Pietro, stavolta, non evitò ancora il suo sguardo, e si voltò verso di lui – Ti ricordi quando, due anni fa, dopo il funerale, ero venuto da te per farti gli auguri di compleanno?-.
Alessio annuì: lo ricordava fin troppo bene. Ricordava anche le occhiaie scure sotto gli occhi di Pietro, i cerchi rossi intorno agli occhi, l’aria stravolta e il suo senso di colpa per non essergli stato sufficientemente accanto.
-Sì. Me li avevi fatti in ritardo- disse, prima di darsi mentalmente dell’idiota – Non che fosse un problema-.
Si morse il labbro inferiore, scuotendo appena il capo per quella pessima frase che gli era appena uscita.
Come se poi all’epoca gli fosse importato degli auguri di compleanno.
Pietro, però, rise sommessamente:
-È vero, ero arrivato tardi-.
Passarono alcuni secondi prima che parlasse di nuovo, stavolta più seriamente:
-Mi avevi detto che se avessi avuto bisogno di parlare con qualcuno tu ci saresti stato-.
-Me lo ricordo- Alessio gli si fece impercettibilmente più vicino – Vale ancora come promessa-.
Non era del tutto sicuro di cosa volesse parlargli Pietro, a proposito di Fernando. C’erano stati momenti, in quei due anni, in cui Alessio aveva avuto l’impressione che Pietro avrebbe voluto parlarne, ma non l’aveva mai fatto. Nemmeno dopo la sera in cui aveva letto la lettera che Fernando gli aveva lasciato.
Alessio aveva solo potuto rispettare il suo silenzio, facendosi domande a cui non aveva potuto trovare risposta.
-Credo sia arrivato quel momento-.
Pietro si stava stringendo le mani in grembo, sopra il cappotto. Era nervoso, nonostante l’apparenza calma, Alessio ne era sicuro. Forse lo conosceva troppo bene per non poterne rendersene conto.
-Forse perché finalmente posso essere sincero su tutto-.
Quasi senza pensarci Alessio allungò una mano verso di lui. Fu sul punto di posarla sopra il dorso della sua, o magari di prendere tra le sue dita entrambe le mani di Pietro, ma all’ultimo preferì posarla invece sulla sua spalla.
-Non devi farlo per forza- gli mormorò.
-Lo so- Pietro alzò il viso al cielo – Ma voglio farlo-.
Doveva star rivivendo un po’ la sensazione che l’aveva portato al suo coming out, ponderò Alessio. O, almeno, quella era la sua impressione: Pietro sembrava determinato, come se sentisse dentro di sé che era arrivato il momento giusto. Doveva essergli servito diverso tempo per accumulare la forza necessaria per parlare anche di Fernando, a pochi giorni di distanza dal coming out.
-Fernando è stato una delle prime persone a sapere di me. Che fossi gay- Pietro iniziò finalmente a parlare, evitando ancora lo sguardo di Alessio – In realtà la prima è Alberto, forse te lo ricordi vagamente dalla nostra vacanza in Puglia-.
Alessio annuì quando Pietro gli lanciò un’occhiata fugace. Se lo ricordava eccome Alberto: Alessio dovette reprimere un ghigno divertito nel ricordare certe situazioni imbarazzanti che si era ritrovato a vivere proprio con Pietro durante quella vacanza, e di cui Alberto era stato diretto testimone.
-Con Alberto non era stato facile parlare, forse perché ero ancora terrorizzato che mi potesse giudicare nonostante fossi suo amico … Anche con Fernando lo ero, ma in maniera diversa- Pietro aveva preso a gesticolare, forse per il nervosismo e l’ansia – Perché sapevo che anche lui era gay, e quindi di certo non mi avrebbe voltato le spalle, però ammetterlo di fronte a qualcun altro che viveva la mia stessa situazione … Non lo so, era quasi più destabilizzante-.
 
Why did I want to hide my precious self like this?
What was I so afraid of?
Why did I hide my true self?

I may be a bit blunt, I may lack some things
I may not have that shy glow around me
But this is me [5]
 
“Ma può essere anche confortante”.
Alessio tacque, però. Quella non era la sua storia, e ci sarebbe stata sicuramente qualche altra occasione per parlarne, ma ora era Pietro che stava parlando. E per quanto poteva essere sempre difficile affrontare una conversazione del genere, per Pietro sarebbe rimasto.
-Quando glielo hai detto?- gli chiese.
Pietro alzò le spalle, la fronte aggrottata:
-Doveva essere l’inizio del 2018. Mi aveva invitato da lui, e io ero andato- disse, prima di arrossire e abbassare la voce – E mi ha baciato. È stata la prima volta che mi ha baciato-.
Alessio rimase intontito per qualche secondo, una strana sensazione che si stava facendo spazio in lui. Cercò di ignorarla, qualsiasi cosa fosse, ma non riuscì a ignorare anche la sua immaginazione.
Aveva sempre pensato che Fernando potesse avere interesse in Pietro, ma non si era mai soffermato a pensare che potesse essere in un qualche modo ricambiato.
Sapere che c’era stato qualcosa tra di loro lo lasciò stranito, in un modo che non seppe interpretare.
-Non ne avevo idea- commentò con voce malferma.
Non riuscì a capire se Pietro dovesse aver percepito il suo disagio e aver deciso di ignorarlo, o se non ci avesse fatto caso. Quando riprese a parlare era ugualmente nervoso:
-Già. Fa strano pensarlo, perché in realtà l’ho sempre considerato come un amico. Un fratello-.
Alessio annuì tra sé e sé. Quello non era difficile da pensare, invece. L’aveva persino intuito, ad un certo punto, e forse la prova maggiore era stata vedere Pietro completamente distrutto dopo la sua morte.
S’immaginò un giovane Pietro in difficoltà nel capire se stesso, intrappolato in una relazione che probabilmente lo metteva ancor più a disagio, alla ricerca disperata di comprendersi e di trovare qualcuno che potesse aiutarlo. Fernando doveva essere stato un aiuto prezioso, più di quanto sarebbe stato chiunque altro.
-Non ci siamo avvicinati per il sesso o qualcosa di simile … C’era affetto tra di noi. Del tipo più puro- Pietro lo disse sorridendo, con malinconia – Per lui c’era anche altro, ma non mi ha mai fatto pesare la condizione diversa di quel che provavamo. Gli volevo bene-.
-Si capisce da come ne parli- mormorò Alessio, con sincerità – Gli vuoi ancora bene-.
Pietro sbuffò piano:
-Come non potrei? Non so se ce l’avrei fatta se non ci fosse stato lui-.
Alessio si chiese se si era mai posto il dubbio di andare a parlare con lui, prima ancora che con Fernando. Era una domanda egoista? Dettata dalla gelosia che ancora in parte provava?
Era probabile, ma non riuscì ad evitare il peso che provò al petto.
-Mi ha aiutato anche nei momenti in cui avrebbe potuto benissimo voltarmi le spalle e andarsene. Ma non l’ha mai fatto. C’è stato fino all’ultimo- Pietro parlò a mezza voce, come se stesse parlando più a se stesso ora – Forse aveva paura che sarei stato io ad andarmene. Forse è per quello che non mi aveva detto dell’HIV e poi dell’AIDS-.
-Credo che la depressione abbia giocato un ruolo troppo importante, Pietro- Alessio gli si fece un po’ più vicino, e le loro braccia ormai si sfioravano – Non puoi sapere come sarebbero andate le cose se non ci fosse stata quella variabile. Magari te l’avrebbe detto-.
-Forse. Ma non potremmo comunque saperlo, no?- soppesò Pietro – All’inizio ero furioso per questa cosa. Però in fondo capisco anche che abbia voluto proteggermi, oltre che essere fenato probabilmente per la depressione-.
Rimase in silenzio per un po’ dopo quelle parole, sotto gli occhi di Alessio. Aveva provato ammirazione una settimana prima, quando Pietro aveva finalmente deciso di aprirsi con lui e gli altri, ma ora riusciva forse per la prima volta a capire fino in fondo cosa doveva aver passato per tutto quel tempo.
E capì anche cosa doveva aver vissuto Fernando.
Osservò Pietro stringere i pugni, quasi fosse in preda al dolore lui stesso:
-Non sarebbe dovuto morire da solo, però. Quello non sarebbe dovuto succedere-.
“No, probabilmente no”.
-Non so che dire. Credo che se provassi a dire qualsiasi cosa sarebbe fuori luogo e inutile- disse Alessio, voltandosi verso Pietro rivolgendogli un sorriso a tratti dispiaciuto – Però sono sicuro che non ti abbia portato rancore nemmeno per un attimo. E non dovresti farlo nemmeno tu-.
Pietro annuì qualche secondo dopo:
-Adesso va un po’ meglio. Il tempo non cancella i ricordi, però li rende più sopportabili-.
Alessio gli avrebbe dato ragione, ma rimase in silenzio. Gli posò una mano su una gamba, delicatamente per dare il tempo e il modo a Pietro di scostarla se il contatto l’avesse infastidito – ma non lo fece. Si voltò invece verso di lui, finalmente recuperando il contatto visivo che aveva evitato per gran parte della loro conversazione.
-Sei una bella persona, Pietro. Fernando lo sapeva- Alessio stavolta gli sorrise davvero, senza tracce di tristezza – Lo sa-.
“E lo so anche io”.
-Ti va di rimanere ancora un po’ qui?- Pietro lo mormorò con voce a malapena udibile.
Alessio alzò le spalle:
-Perché no?-.
Staccò gli occhi da Pietro solo quando lo vide fare lo stesso, puntando gli occhi davanti a sé. Alessio lo imitò: il tramonto stava arrivando, il cielo che si tingeva sempre più di rosso e di arancione, i toni caldi che li circondavano come in un abbraccio.
Quando Alessio si accoccolò contro Pietro, lasciando che il suo capo scivolasse nell’incavo tra il collo e la spalla, avvertì il corpo di Pietro lasciarsi andare al contatto. Si lasciò cullare dal suo respiro regolare, dal suo profumo famigliare, e dalla vicinanza che in quel momento, ne era sicuro, stava cercando anche lui.
-Grazie per avermelo detto-.
Anche se non poteva vederlo in faccia, Alessio era sicuro che Pietro stesse sorridendo.
-Grazie per avermi ascoltato-.
 
My arms, my legs, my heart, my soul
I wanna love in this world
Shining me, precious soul of mine
I finally realized so I love me
Not so perfect but so beautiful
I'm the one I should love
 
*
 
“Credo ci siano persone che ti aiutano a diventare la persona che sei, e non puoi che essergli grato anche se non faranno parte della tua vita per sempre” - Bojack Horseman


Il sole era quasi completamente calato, ma Pietro avrebbe saputo riconoscere il percorso da compiere anche nel buio pesto. Ormai conosceva fin troppo bene i sentierini di sassi bianchi che si diramavano per tutto il cimitero di San Michele.
Mancava mezz’ora all’orario di chiusura, ma quello sarebbe stato un tempo più che sufficiente per quello che era venuto a fare. Con una mano teneva stretto un bel bouquet di fiori che aveva comprato prima di salire sul traghetto per arrivare fino a lì, i gigli bianchi che risaltavano in quella luce che dall’arancione stava virando al blu serale.
Non dovette camminare ancora a lungo prima di arrivare alla sua meta. Accanto alla lapide dove si era fermato di fronte non c’erano fiori ormai appassiti da buttare, segno che prima di lui doveva essere passata un’altra persona non tanto tempo prima. Forse Giulia, forse qualcun altro ancora.
Pietro sorrise malinconicamente nel leggere le lettere dorate che formavano il nome di Fernando. Era un gesto che faceva ogni volta che arrivava lì, ma che aveva preso l’abitudine di compiere solo da un anno.
Si chinò per posarvi i fiori davanti, sistemarli in modo che i petali fossero bene aperti, ma che non andassero a coprire la foto di Fernando che c’era accanto al suo nome. Pietro si fermò ad osservarla, come faceva sempre: Fernando lì sorrideva apertamente, con i suoi occhi castani allegri e i capelli ribelli ad incorniciargli il viso, giovane come sarebbe sempre stato.
-Avevi ragione-.
Pietro lo disse ad alta voce, nel silenzio che lo circondava. 
All’inizio, le prime volte, gli aveva fatto strano provare a parlare ad alta voce sapendo che non avrebbe ricevuto nessuna risposta. Aveva paura di farsi udire da qualcun altro venuto a visitare le altre tombe, o di sentirsi troppo stupido per riuscirci. 
Si era abituato, ormai, al disagio che si poteva provare nell’avere nelle vicinanze qualche sconosciuto a cui le sue parole non erano rivolte, e anche il senso di stupidità verso se stesso era venuto meno.
Quella sera, però, era da solo lì intorno. E aveva qualcosa da dire, e forse Fernando non gli avrebbe mai più risposto come poteva fare un tempo, ma ogni volta che se ne andava da quel posto aveva come l’impressione di aver comunque ricevuto una risposta – solo in maniera meno convenzionale.
Si rimise dritto mentre continuava a guardare il viso di Fernando nella foto, sorridendo ancora:
-Ma questo lo sapevi già, no?-.
Fernando a quella sua domanda retorica avrebbe sicuramente riso sotto i baffi. Magari l’avrebbe anche preso in giro con qualche nomignolo ironico in spagnolo.
-Hai sempre saputo che ce l’avrei fatta. Che sarei uscito dall’armadio- Pietro sorrise più apertamente al ricordo di quella frase, a Fernando che gli intimava di “rompere quell’armadio” – Sono piuttosto sicuro che ti sia goduto per bene la scena con una certa soddisfazione-.
 
Like a passerby who comforted and told me
It isn’t that easy to forget a memory worth a handspan
Even as time passes
I’m still held back in the place where
We dance under the orange sun [6]
 
Gli sembrò quasi di udire la risata divertita – ma anche soddisfatta- di Fernando nelle orecchie. Era un ricordo così vivido che per un attimo credette davvero di poterla ascoltare un’ultima volta ancora.
-Fa strano pensare che finalmente sia arrivato il giorno in cui non devo più nascondermi, però è anche bello. Molto più bello di quanto non avrei mai creduto. Sono contento di averlo fatto, di aver trovato il coraggio- Pietro prese un profondo respiro.
Sentì gli occhi pizzicare, ma ricacciò indietro le lacrime.
“Niente più lacrime”.
Sapeva che Fernando glielo avrebbe detto. 
“Non è tempo di piangere questo, solo di sorridere”.
Pietro gli avrebbe dato ragione, una volta tanto.
-Se non avessi incontrato certe persone nella mia vita probabilmente non sarei mai arrivato al coming out di una settimana fa- stavolta lo sussurrò, la voce a malapena udibile – Ma se non avessi incontrato te di certo non lo avrei mai fatto-.
 
Together with no shadow below us
No separation was meant to be
Let’s meet at the memory that was once beautiful
 
Gli piaceva pensare che, ovunque fosse, Fernando lo sapesse già. Fosse consapevole di quanto gli doveva. 
Lo immaginò mentre gli dava una pacca amichevole su una spalla, intimandogli di smetterla con quelle frasi sdolcinate, e che se ce l’aveva fatta era solo per merito suo.
E Pietro lo avrebbe corretto di nuovo, perché se ora stava finalmente vivendo la sua vita era davvero anche per merito di Fernando.
-Mi manchi ogni giorno-.
C’era un sorriso, stavolta, sulle sue labbra mentre lo diceva. E non c’erano più lacrime a rigargli il viso, niente più dolore opprimente al petto.
C’era solo l’affetto che non avrebbe mai smesso di esserci.
-Però lo so che ci sei. Ci sei sempre-.
Pietro si chinò ancora una volta, allungando un braccio per poter lasciare una carezza sulla foto. Ne toccò il vetro che la proteggeva, ma in un modo o nell’altro fu comunque un modo per poterlo toccare ancora una volta.
-So che vorresti avere qualche altro dettaglio più succoso, ma credo che mi terrò gli aneddoti per il giorno in cui ci rivedremo- disse ancora, mentre si rialzava. 
“E ci rivedremo davvero, prima o poi”.
Nell’ultima luce aranciata del tramonto, quando il sole stava per calare definitivamente, osservò ancora per qualche secondo il sorriso che Fernando aveva nella foto. Gliene rivolse un altro a sua volta, un sorriso che forse non era mai riuscito a compiere allo stesso modo in quel cimitero, prima di quel giorno.
-Ci si rivede, amico mio-.

We lay down face to face
And share stories that aren’t sad
Say goodbye to sad endings
I’ll meet you forever in this memory






 
[1] Patty Pravo - "Cieli immensi"
[2] Luca Carboni – “Malinconia”
[3] Tiziano Ferro – “Potremmo ritornare”
[4] The Greatest Showman Ensemble - "This is me"
[5] BTS - "Epiphany"
[6] IU feat. Suga - "Eight"
*il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente ai rispettivi cantanti e autori.
 
NOTE DELLE AUTRICI
Proseguiamo con questo capitolo, ambientato alcuni mesi dopo dagli ultimi eventi del 23, in compagnia di Giulia e Filippo ... Stanno cercando di riprendersi, Giulia in particolare, e di risanare il loro rapporto. Filippo ama ancora Giulia! E visto come sono andate le cose in questa prima scena, dalla dichiarata voglia di accantonare la questione "separazione" e il bacio scambiato tra i due, sembrano essere sulla buona strada.
Quello tra Giulia e Filippo è stato in bacio dalle sensazioni conosciute ma anche nuove, come è nuovo il futuro che li attende. Prima sfida di questo futuro: essere sinceri con tutti quanto prima! Ed è così che, nel giro di una settimana, i due si sono dati alla pazza gioia a suon di rivelazioni, con gli amici di una vita prima e con la famiglia di lei poi. Le reazioni sono variopinte e variegate, ma un pensiero accomuna tutti: l'importante è che Giulia e Filippo siano felici.
Ma le rivelazioni non sembrano essere finite per questo capitolo: dopo anni di conflitti personali e momenti bui, Pietro ha fatto coming out con il suo gruppo di amici. Di certo un evento storico, calcolando quanto tempo gli è servito per compiere questo suo personale percorso e decidere di mettersi completamente a nudo di fronte ai suoi amici più stretti. E Giada aveva ragione sulle loro possibili reazioni: c'è chi è stato un po' meno sorpreso e chi invece proprio non se l'aspettava, ma da parte di tutti ovviamente c'è stato un sentimento di vicinanza, contenti che finalmente Pietro si sia sentito sufficientemente a suo agio per parlare apertamente del suo orientamento. 
E alla fine, dopo qualche giorno dal suo coming out ufficiale, Pietro ha raccontato ad Alessio diverse cose su quello che era davvero il suo legame con Fernando. Ed è proprio da lui, di fronte alla sua tomba, che si conclude questo capitolo, dove Pietro racconta degli ultimi avvenimenti finalmente con un sorriso stampato in viso.
Insomma, questo capitolo sancisce diversi cambiamenti... Cos'altro succederà nei prossimi?
Inizieremo a scoprirlo mercoledí 17 aprile!
Kiara & Greyjoy
 
   
 
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