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Autore: StormLight94    04/04/2024    1 recensioni
[Post serie tv Loki, non tiene conto dell'ultimo episodio]
Loki e Sylvie hanno deciso di vivere una nuova linea temporale tutta per loro. Ma le cose non possono andare sempre bene, soprattutto se il passato chiede la resa dei conti.
Dal testo:
« Cosa ci fa quello lì? » domandò guardando Sylvie negli occhi e indicando l'oggetto. « Avevamo detto che non lo avremmo mai più usato. »
« Teoricamente sì, se non fosse che i sensi di colpa ti stanno distruggendo. »
Loki rimase spiazzato. Cosa voleva dire?
« Se continui ad ignorarli presto prenderanno il sopravvento. E finirai per soccombere alla parte più oscura di te. » continuò lei osservandolo attentamente.
Loki si sentì morire. Piuttosto che rivivere tutto quello che aveva passato si sarebbe fatto uccidere da Thanos mille e altre mille volte.
Non era pronto per affrontare tutto di nuovo. Il suo passato stava tornando per chiedergli la resa dei conti e lui non era pronto.
Ma lo sarebbe stato mai?

[Questa storia la trovate anche se wattpad]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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parte I
Parte I
        L’Inizio            


"Lei mi ha raccolto da per terra coperto di spine Coi morsi di mille serpenti, fermo per le spire Non ha ascoltato quei bastardi e il loro maledire Con uno sguardo mi ha convinto a prendere e partire"
Maneskin-Torna a casa


L’aria gelida lo fece rabbrividire.

Oltre la coltre di nebbia tre figure erano in piedi e, anche se non poteva vederle, sapeva benissimo chi fossero.
I loro ghigni malvagi erano l’unica cosa chiara ai suoi occhi.
« Sei stato bravo ad arrivare fin qui, principe degli Æsir » disse la figura centrale. Avrebbe fatto gelare il sangue a chiunque. Era incurvata su se stessa e una grossa mantella nera l’avvolgeva.
« Vedo…la profezia adempiersi. » alla sua destra un essere alto e snello si copriva gli occhi con le mani per non vedere. Le mani sembravano quelle di un cadavere.
« Ripetici: cos’è che vuoi? »
L’ultima figura, alla sinistra di quella centrale, teneva tra le dita ossute un lungo filo di cotone nero.
Il principe sorrise.
« Quello che sono venuto a fare qui è molto semplice. » negli occhi verdi balenava una scintilla di ciò che già pregustava grazie ai suoi gloriosi propositi.  « Quello che voglio è la vendetta. Voglio morte e distruzione. »
Le norne gli si avvicinarono e si misero in cerchio intorno a lui. Il loro ghigno divenne, se possibile, ancora più malvagio di prima.
« Vieni con noi allora. »
Immediatamente Loki si trovó su un’altura da cui poteva vedere tutto il regno di Asgard nel suo splendore. Gli alti pinnacoli del palazzo erano illuminati dal sole in tutta la loro gloriosità.
All’improvviso il cielo si annuvolò e una pioggia di fuoco cadde al suolo distruggendo ogni cosa sotto di esso.
« Questo è ciò che avrai. » disse una delle tre Norne.
Loki sorrise malvagiamente mentre il grande palazzo si sgretolava e collassava su se stesso. La gente urlava e si disperava nel vano tentativo di trovare scampo a quella distruzione.
Loki rise, una risata malvagia e folle. Sentiva il seiðr scorrere potente nelle vene, una potenza che non aveva mai provato prima.
Godeva nel vedere Asgard bruciare.
Presto dalle ceneri sarebbe sorto il suo nuovo regno, dove i Giganti del Ghiaccio avrebbero prosperato. Era il legittimo re di Jotunheim e ora anche di Asgard.
Una donna con sontuosi abiti regali gli si affiancó.
« Mio signore, il regno è tuo finalmente. »
« Nostro. » la corresse Loki, crogiolandosi in quelle parole. « Ciò per cui abbiamo lottato così duramente ora sta per essere nostro. Asgard è caduta finalmente e un nuovo sovrano l’attende. »
Le offrì la mano. 
« Mia signora, sarai al mio fianco come mia regina? »
La donna gli porse la mano piccola e delicata. « Sarò sempre al tuo fianco, mio re. »

Loki si svegliò di soprassalto, ansimante.
Era stato un altro dannato incubo. Un incubo che avvertiva terribilmente reale. Riusciva a sentire ancora le urla in lontananza delle persone che morivano e l’odore pungente  di bruciato.
Gli ci vollero un paio di secondi per rendersi conto di dove si trovasse. Non gli era mai capitato di fare un sogno così tanto nitido.
Sylvie era seduta lì accanto e lo guardava preoccupata.
« Ho cercato di svegliarti, ma non mi rispondevi. » disse lei seria. I capelli biondi scompigliati incorniciavano un viso teso.
Loki si guardò attorno e vide che era tutto in disordine, come se fosse passato un uragano. Sylvie lo precedette rispondendo alla sua domanda, come se gli avesse letto nella mente.
« Ho sentito tremare tutto, per questo mi sono svegliata. C’erano oggetti in aria e altri che cadevano. »
L’Æser si accorse solo ora di sentire il seiðr scorrere dentro di lui, forte e chiaro, come se lo avesse appena usato.
Era stato lui a combinare quel disastro?
Sospirò e con un gesto della mano rimise tutto in ordine.
Decise poi di alzarsi. Non sopportava più stare lì, la camera da letto era diventata improvvisamente troppo opprimente, soffocante.
« Dove stai andando? » chiese Sylvie guardando i muscoli della schiena del dio. Era teso, constatò. Perfino dalla poca luce che c’era si capiva come fosse rigido. Un leggero strato di sudore imperlava la pelle diafana.
« Ho bisogno di prendere aria. » rispose Loki secco. Prese una maglia e la indossò. « Torna a dormire. Mi dispiace averti svegliata. » ammorbidì di un poco il tono della voce, realizzando che alla fine Sylvie non centrava nulla. Non voleva risponderle male, ma quella situazione stava diventando pesante. Svegliarsi continuamente nel cuore della notte in preda a incubi terrificanti gli dava parecchio fastidio. Ora, per di più, aveva usato il seiðr involontariamente.
Richiuse la porta dietro di sè e prese un grosso respiro.
Non gli piaceva quello che stava succedendo, aveva un brutto presentimento.
L’aria fresca di quella notte di mezza estate fu un toccasana per i suoi nervi tesi. Avevano scelto bene dove andare a vivere dopo tutto il casino con la TVA. Mobius non era molto convinto a far andare due varianti libere per lo spazio tempo come se nulla fosse -due varianti imprevedibili voleva aggiungere-. Secondo lui dovevano restare lì, a indagare sulla nuova concreta minaccia in arrivo. Infondo erano due risorse preziose, quasi indispensabili, a motivo dei loro poteri. Alla fine però aveva ceduto. Gli disse che dopotutto un po’ di libertà se la meritavano. Loki giurò che a convincerlo a lasciarli andare fu l’occhiataccia tremenda che Sylvie gli lanciò all’idea di dover restare chiusa lì dentro per chissà quanto tempo. Sylvie doveva essere libera perché il suo essere non contemplava l’idea di dover stare chiusa in un luogo tanto austero.
Era da sempre cresciuta libera di compiere le sue scelte senza impedimenti. Di certo, non sarebbe stato un detective coi baffi brizzolato a dirle cosa poteva o non poteva fare.
Alla fine la scelta ricadde su Midgard, il posto più tranquillo -e insulso- dei Nove Regni. Loki non lo aveva mai apprezzato particolarmente come luogo. Gli umani risultavano troppo stupidi e inutilmente petulanti e fastidiosi. Si arroccavano il diritto di essere superiori a tutto quando non avevano alcun tipo di abilità o poteri particolari. Inoltre erano mortali. Una noia, insomma.
Midgard però nei suoi difetti era un posto che se non ti esponevi particolarmente potevi vivere una vita effettivamente piacevole.
Per cui la scelta era ricaduta nell’anno 2010, in un luogo non ben precisato del Nord America. Prima dello S.H.I.E.L.D., degli Avengers, di tutto quanto.
Un ramo si spezzò e udì in lontananza l’ululato di un lupo.
Non aveva una meta ben precisa. Gli piaceva percorrere un sentiero ben delineato che si immergeva nel bosco. I suoni della natura sembravano sempre accoglierlo benevolmente.
Si addentrò sempre di più nel bosco.
Più camminava e più avvertiva nell’aria qualcosa di nostalgico, di familiare.
Man mano che la vegetazione si infittiva, sentì una morsa attanagliargli lo stomaco. Quel bosco sapeva di casa.

« Non devi avventurarti da solo nel bosco. È pericoloso. » Frigga lo rimproverò duramente mentre gli disinfettava le ferite. Da come premeva sul taglio sopra l’occhio, Loki capì che era molto arrabbiata.
« Ma io…» provò a giustificarsi, ma lo sguardo di sua madre lo fece ammutolire immediatamente.
« Silenzio! » urlò.
Loki non riuscì a finire la frase perché gli occhi di Frigga lo fissavano con severità.
Vedeva in lei rabbia e preoccupazione.
Era andato da solo nel bosco per dimostrare che era coraggioso anche lui come Thor e Sif. Non lo portavano mai con loro perché lo consideravano troppo un impiccio, piccolo e gracile com’era.
Quindi un giorno decise che era arrivato il momento di far vedere a tutti che era diventato forte.
Ma la sua baldanza durò poco dato che inciampò in un ramo e battè la testa su una roccia. Rimase ore al freddo e al buio mentre Odino stava per dichiarare guerra a tutti i Nove Regni per paura che qualcuno lo avesse rapito. Tutto il palazzo si era mosso per cercarlo finché il capo delle guardie non lo riportò in braccio al trono di Odino. Il piccolo bimbo tremava e gli stava salendo la febbre.
Prima che il padre degli dèi potesse dire qualcosa Frigga lo precedette e ordinò che  lo portassero nelle sue stanze. L’ultima cosa che Loki vide fu suo padre tenersi la fronte con la mano in un chiaro segno di delusione.

Camminò per un bel po’. Aveva bisogno di pensare, di riflettere.
Non capiva perché da diverse notti si svegliava in preda ad incubi terribili. Ogni frammento del suo passato più doloroso emergeva con prepotenza, ricordandogli la vita difficile che ha avuto.
Una vita di gelosia e invidia all’ombra di un fratello perfetto, invincibile, bellissimo e amato da tutti.
Perché la sua mente riportava alla luce i ricordi più dolorosi che a fatica cercava ti tenere lontano? Perché proprio adesso che aveva imparato a tenere a bada secoli di odio e malvagità, il suo subconscio riportava alla luce tutto ciò che lo avevano reso ciò che era? Il dio dell’Inganno che godeva nel vedere star male gli altri.
Ma lui non era più quello che si era autoconvinto di essere.
Adesso aveva un motivo valido per dimostrare a tutti che no, non godeva nel vedere gli altri soffrire. Ma la loro sofferenza gli permetteva di non essere ignorato,di vivere per un momento l’attenzione che bramava.
Ora non era più in cerca di costanti attenzioni.  Non era più il bambino impaurito e debole che cercava con disperazione ogni più piccolo briciolo di approvazione da parte di suo fratello e suo padre.
Ora non si sentiva più solo e non amato.
Ora aveva qualcuno al suo fianco che lo aveva accettato così com’era.
Forse perché infondo Sylvie era se stesso e come può un dio così egocentrico e ambizioso non amarsi?
Zitto.
Ammutolì subito quel pensiero.
Se Sylvie aveva scelto di vivere una nuova linea temporale con lui, era perché aveva deciso di scrivere una nuova storia in cui loro erano i protagonisti.
Loro e solo loro.
Quando le prime luci dell’alba iniziarono ad allontanare il buio della notte, Loki decise che era giunto il momento di tornare indietro.
Arrivato a casa entrò cercando di non fare rumore. Sylvie stava sicuramente ancora dormendo.
Il silenzio lo avvolgeva in una morsa a lui piacevole. Fin da bambino aveva preferito la notte silenziosa asgardiana al trambusto tipico nelle vie di una cittadina fin troppo allegra per i suoi gusti. Mentre tutti dormivano a lui piaceva sgusciare silenzioso per i corridoi freddi del palazzo e rifugiarsi nell’unico posto in cui nessuno poteva giudicarlo o osservarlo: la biblioteca.
Anche in quella piccola baita nel bosco dove avevano deciso di rifugiarsi dopo aver sistemato la Sacra Linea Temporale, Loki aveva deciso che una parete doveva contenere i suoi libri.

« Cosa te ne fai di tutti questi vecchi libri polverosi? » disse Sylvie con le braccia incrociate mentre lo osservava sistemare accuratamente quell’unico angolo di casa con tanta meticolosità. Ne prese uno e lo girò più volte. « Tra l’altro è scritto in una lingua incomprensibile » bofonchiò appoggiandolo malamente sulla pila di libri disposta in modo disordinato. « Questa lingua incomprensibile è asgardiano antico. » rispose Loki con sufficienza, non distogliendo lo sguardo dalla libreria. « Thor non l’ha mai imparata. Stupido com’era era già tanto se sapesse formulare una frase senza sbagliare i verbi. » prese il libro voluminoso e lo esaminò aprendo la copertina. « Posso insegnartelo se vuoi. »
Sylvie sospirò. « Non credo possa mai servirmi. Infondo ad Asgard io e te non potremo mai tornarci »

Accese la lampada accanto alla poltrona e si sedette. Dalla finestra semiaperta entrava una brezza piacevole.
Quando si svegliava nel bel mezzo della notte, la routine era sempre la stessa: alzarsi senza fare rumore, uscire e camminare per un tempo indefinito. Poi tornare a casa, raggiungere la libreria e scegliere a caso uno dei libri riposti.
Questa volta aveva tra le mani un libro insolitamente poco voluminoso per i suoi standard. La copertina nera era circondata da una cornice dorata.
L’Edda poetica.
Chissà perché aveva scelto proprio questo. Erano secoli che non lo apriva.
Aprì delicatamente la copertina e i suoi occhi si posarono su una frase scritta a mano con una grafia elegante e molto curata, fin troppo familiare.
“Buona guarigione, piccolo mio”.
Si ricordava bene quando gli venne regalato quel libro. Da piccolo era sempre stato cagionevole di salute, perciò mentre Thor imparava a impugnare le prime armi e a sellare i cavalli,lui era relegato nelle sue stanze a fare l’unica cosa che gli era concessa fare: leggere. Perciò sua madre si assicurava che avesse sempre qualche libro nuovo tra le mani, ognuno con una dedica speciale solo per lui.
Sorrise amaramente.
“Non sono ancora guarito.” Pensò. “Non del tutto”.
Mentre leggeva il suo orecchio allenato notò subito i leggeri passi al piano di sopra arrivare fino alle scale che portavano al piano di sotto. Erano delicati, come se non volessero far sentire la loro presenza. Si fermarono in cima alle scale e non si mossero.
« Puoi scendere se vuoi. » le disse senza alzare gli occhi dal libro.
Sylvie sospirò e scese un gradino alla volta avvolgendosi nella calda vestaglia.
Lo osservò ancora assorto nella lettura.
« Va meglio? » chiese con tono piatto. Loki avvertì subito il leggero fastidio nel pronunciare quelle parole, ma lasciò perdere. Sapeva già perché era stizzita.
« Credo…di sì. » disse alla fine, senza distogliere lo sguardo dalla pagina. Sylvie rispose con un freddo “bene” prima di andare in cucina a prepararsi un caffè.
Gli portò una tazza fumante e si sedette a gambe incrociate sul divano.
« Pensi che ignorare il problema possa risolverlo? » domandò lei dopo un lungo silenzio.
Loki alzò gli occhi al cielo, sospirando. « Ne abbiamo già parlato. Non è nulla, sono solo stupidi incubi. »
Sylvie alzò un sopracciglio perplessa. « Stupidi non direi proprio, dato che usi il seiðr senza rendertene conto. »
Loki chiuse malamente il libro che aveva e lo lanciò sul tavolino posto davanti. Abbandonò la tazza con il caffè non ancora toccato e si alzò di scatto.
« Cosa vuoi che faccia? » chiese allargando le braccia, irritato. Odiava dover cercare la risposta a qualcosa che non capiva. Sopratutto se quel qualcosa riguardava lui.
Sylvie andò in cucina a prendersi un pezzo di torta. Offrì una fetta anche all’Æser, ma quest’ultimo rifiutò. Non aveva fame, i pensieri e i dubbi gli avevano chiuso lo stomaco.
« Non ti piacerà quello che sto per dirti. » riprese Sylvie masticando un boccone di torta. Fece poi una smorfia quando appurò che non aveva un buon sapore e allontanò il piatto. « Ma se vuoi cominciare a stare meglio dovresti iniziare a parlarne. »
Il dio degli Inganni la guardò torvo. Non gli era piaciuto per niente sentirsi dire quelle parole perché sapeva che erano vere. Non le aveva mai parlato né dei suoi incubi, né del disagio che stava provando. Tutto ciò che lo turbava lo stava trattenendo dentro di sé, chiuso ermeticamente nello strato più profondo del suo essere. Questo però significava esplodere prima o poi. Sperava solo di non ferirsi troppo.
« Parlarne non risolverà un bel niente. » disse dopo un lungo silenzio in cui aveva contemplato lo sguardo serio di lei. Quegli occhi azzurri lo stavano scrutando fin dentro le viscere, solo per scovare il più piccolo indizio di ciò che Loki stava prepotentemente nascondendo. Non tollerava più quegli occhi così penetranti e distolse lo sguardo.


                  *


Ogni cosa in quel momento sembrava fosse messa lì apposta per distrarla. Il masso non restava in aria per più di qualche secondo prima di ricadere pesantemente a terra. Aprí un occhio e constatò che Loki la stava guardando severamente.

« Sei distratta. Concentrati. » la rimproverò visibilmente infastidito.
Sylvie sbuffò esausta. Era ormai tardo pomeriggio e avevano passato l’intera giornata  a sollevare oggetti di varie dimensioni e muoverli in lungo e in largo. Era stanca e voleva finire la lezione al più presto, ma Loki non aveva nessuna intenzione di smettere.
Seduto a gambe incrociate di fronte a lei le ordinò di chiudere gli occhi.
« Quel masso non si sposterà da solo.» continuò mentre osservava Sylvie corrucciare lo sguardo in un’espressione di massima concentrazione.
« È troppo pesante. » mormorò lei sentendo una goccia di sudore scivolarle lungo la tempia.
« È pesante perché non ti stai concentrando a dovere. »
« O forse perché ho un pessimo insegnate. » sibilò Sylvie soffermandosi per bene sulla parola pessimo.
Dopo diversi minuti di silenzio e concentrazione il masso si mosse appena e a quel punto Sylvie si arrese. Appoggiò i palmi sull’erba dietro di sé e guardò il cielo.
« Sono esausta. »
« Per oggi basta così. Ma domani esigo più concentrazione da parte tua. » disse Loki alzandosi e sgranchendosi le gambe indolenzite dalla lunga posizione seduta.
« Invece di sgridarmi potresti farmi vedere come si fa. »
Sylvie si passò le mani nei capelli per dare una sistemata alla piega mossa e allungò le braccia verso l’alto nel tentativo di dare sollievo alla schiena e al collo.
Loki sospirò e chiuse gli occhi.
« Non è difficile usare il seiðr, ma non devi perdere la concentrazione. » un vento improvviso si insinuò tra loro due scompigliando i capelli di entrambi. Le foglie danzavano intorno a loro. « Devi svuotare la mente e lasciare che il potere scorra liberamente. Devi solo guidarlo. »
Il masso iniziò a sollevarsi da terra abbandonando lentamente il suolo.
 « Non pensare a come indirizzarlo, lascia che sia lui a guidarti. »
Sylvie non poté non rimanere affascinata dalla maestria con cui Loki usava il suo potere. Non c’erano sbavature o forzature, era come se fosse nato per usare il seiðr.
« E quando serve usalo. »
In una frazione di secondo il masso di roccia esplose in particelle microscopiche, lasciando nell’aria solo pulviscolo.
« Visto? Non è difficile. » disse rivolgendo a Sylvie un sorriso sghembo.
« Facile per te. Hai passato tutta la vita a studiare questa roba. » borbottò lei.
« Sei stata tu a voler imparare. »
« Avrei preferito un insegnante migliore. »
Loki le prese una mano e girò il palmo verso il suolo. Si mise dietro di lei e appoggiò poi la mano sopra la sua. Aveva la mano gelida.
« Senti il seiðr che scorre? » chiese sussurrandole all’orecchio aiutando Sylvie a connettersi con il suo potere. La ragazza annuì.
« Allora lascialo andare, non fermarlo. »
Sylvie chiuse gli occhi e lasciò che Loki la guidasse. Poteva percepire i minuscoli insetti muoversi tra i fili d’erba, gli uccelli volare ai loro nidi, scoiattoli arrampicarsi su, tra i rami degli alberi.
Era tutto improvvisamente chiaro. Anche se non vedeva percepiva la vita scorrere intorno a lei.
Ora che Loki era dietro di lei e l’aiutava risultava molto più semplice. Sorrise sentendolo così vicino. Loki mosse appena le dita sopra la sua mano e un’onda si propagò verso il basso, disperdendosi subito dopo.
Sylvie rise. « É strano. Fa quasi il solletico. »
Nella risata di Sylvie c’era qualcosa che a Loki mancò. Il suo studio della magia non era stato così spensierato come quello di Sylvie. Lui aveva dedicato anima e corpo allo studio dell’unica cosa per cui si sentiva davvero portato. Non era mai stato un gioco per lui, né un momento di spensieratezza. Si ricordava solo della rabbia e delle innumerevoli lacrime versate.
Voleva abbandonarsi anche lui in una risata, ma non ci riusciva. Nella testa risuonavano solo le risate sprezzanti dei bambini che lo prendevano in giro perché non combatteva come un vero guerriero.

« Guardatelo, non sa neanche maneggiare una spada. »
« Invece di combattere usa i trucchetti di magia! »
« Come fa a essere fratello di Thor uno così? »

Loki abbandonò la mano della ragazza e le diede le spalle, pronto per andarsene.
« Ehi, ma che ti prende? » chiese Sylvie non capendo quel repentino cambio di programma.
« Si è fatto tardi. Andiamo. » le disse avviandosi verso casa senza neanche aspettarla.
Sylvie sospirò rassegnata e lo seguì. Certe volte capirlo era un’impresa impossibile.


Non si parlarono molto durante la cena. Loki era troppo distratto, assorto nei suoi pensieri.
In silenzio sistemarono la cucina e poi si misero sul divano. Sylvie gli prese un braccio e se lo mise dietro la nuca, accoccolandosi poi al suo petto. Lo aveva sentito distante tutto il giorno e si accorse solo ora quanto gli fosse mancato. Quando il dio degli Inganni pensava non lasciava spazio a nessuno, neppure a lei.
Loki prese ad accarezzarle i capelli distrattamente, mentre con l’altra teneva aperto un libro.
Sylvie però lo teneva d’occhio. Era più pallido del solito e le occhiaie nere gli conferivano un’aria esausta.
Cosa c’è dentro la tua mente in questo momento?
Più lei si avvicinava più lui si ritraeva. E anche quando la toccava lo sentiva distante.
Perché non mi parli?
Seduti sul divano avevano solo la luce del fuoco ad illuminarli. Loki appariva assorto nel suo libro ma capì subito che in realtà non stava capendo niente di quello che stava leggendo.
Guardami.
Sylvie avvicinò lentamente la mano verso la sua ma non ricevette ricambio. Neanche se ne era accorto.
Dio, quanto voleva usare i suoi poteri per entrargli nella mente. L’unico al mondo a cui non poteva avere accesso era proprio l’uomo  seduto in parte a lei. Troppo forte la sua mente per sottostare ai suoi capricci.
Assurdo come potesse guardare dentro chiunque tranne…se stesso.
Si protese verso di lui per vedere cosa stesse leggendo, ma le parole erano in una lingua per lei incomprensibile.
« Mi chiedevo…» cominciò lei ad un certo punto. « Quando eravamo su Lamentis-1, che canzone stavi cantando? »
« Come mai ti è venuto in mente adesso? »
« Non lo so…mi è venuto in mente così e basta. Poche volte ti ho visto così allegro. »
Loki finalmente distolse lo sguardo dal suo libro. « infatti è meglio se non ti ci abitui. » sorrise lui. Tornò a leggere come se avesse concluso l’argomento.
« Sul serio. » Sylvie non si arrendeva facilmente. « Che cosa hai cantato? »
Loki chiuse il libro e lo abbandonò sul tavolino poco distante. Poi fece spallucce.
« È una vecchia canzone asgardiana. Tutti i bambini la conoscono. »
Sylvie incrociò le braccia. « Già, a me non hanno fatto in tempo ad insegnarmela a quanto pare. »
Loki pose le mani in avanti per tranquillizzarla. « Okay, okay…se vuoi te la faccio sentire. »
Si schiarì la voce e inizió a cantare. La voce era bassa, ma calda.

I stormsvarte fjell, jeg vandrer alene
Over isbreen tar jeg meg frem
I eplehagen står møyen den vene
Og synger "når kommer du hjem?"

Sylvie chiuse gli occhi. Improvvisamente un ricordo lontano le passó la mente. Aveva già sentito questa canzone, da qualche parte. Era forse una canzone che sua madre le cantava prima di andare a dormire?

Men trærne danser og fossene stanser
Når hun synger, hun synger kom hjem
Men trærne danser og fossene stanser

Una lacrima silenziosa scivolò lungo la guancia rosea di lei. Sentiva una voce femminile cantarla, ma non riusciva a ricordare il suo volto.

Når hun synger hun synger kom hjem
Men trærne danser og fosserne stanser

Loki asciugò la sua lacrima con il pollice. Era molto vicino, riusciva a sentire il suo respiro sulle sue labbra.
Anche Sylvie cantò con un sussurro le ultime parole.

Si ferma alla fine, aspettando,
E cantando, ‘Quando torni a casa? 

Loki accennò un sorriso. « Vedi? Qualcuno te l’aveva insegnata. »
Sylvie annuì. « Ora me lo ricordo. » con il palmo della mano si asciugò l’occhio umido.
« Più che una canzone per bambini sembra più un riferimento alla tua vita. » continuò lei.
Loki sapeva cosa voleva dire. Non fu un caso che scelse proprio quella da cantare a Sylvie su Lamentis. In Asgardiano lei era l’unica che poteva comprenderlo. Poche parole furono sufficienti per rivelare la sua emotività.
« Già, sembra sia fatta apposta vero? Forse per quello mia madre me la cantava spesso. »
« Una canzone che parla di isolamento e solitudine autoimposto. Qualcuno che ha voltato le spalle ad Asgard e adesso non può più fare ritorno nell'unico posto che ha mai considerato come “casa” »
Loki sospirò. « Asgard non è mai stata casa mia. »
« E qual è casa tua allora? »
Loki si morse il labbro inferiore. Cos’era casa sua ora? Avrebbe risposto indubbiamente Sylvie, ma era così davvero?
Poteva considerare una vita con lei in un angolo sconosciuto di Midgard come il suo rifugio sicuro?
« Ti rifiuti di credere che non ti importi nulla del regno che hai perduto e della tua famiglia, ma non è così. »
Sylvie sapeva che per Loki Asgard sarebbe stata sempre casa sua, anche se si ostinava ad ammettere il contrario.
L'Æser voleva difendersi, ma si sentì impotente. Le sue parole stavano iniziando a scavare in una corazza che aveva iniziato a mostrare le prime crepe.
« Perché se fossi stata al posto tuo, avrei fatto di tutto per tenermi stretta tutto quello che avevo. » disse lei assottigliando lo sguardo.
Loki non rispose. Cosa poteva dire? Era difficile dare una spiegazione, forse perché neanche lui sapeva darsi una motivazione.
Ma era anche vero che le loro vite vissute avevano preso due vie completamente opposte. Lei era stata strappata dalla sua vita e dai suoi affetti, lui non ne aveva mai fatto parte.
Il suo non era un odio infondato. Ciò che aveva passato lo aveva reso così.
Dopo una lunga pausa Loki riprese a parlare .
« Se fossi stata al mio posto avresti agito nel mio stesso identico modo. Perché io e te siamo la stessa persona. »
Sylvie scosse la testa in segno di dissenso.
« Sbagli. »
Loki aprì la mano e immediatamente l’immagine di un regno bellissimo apparve tra il palmo e le dita.
Gli occhi di Sylvie si meravigliarono. Sembrava fatto di luce, i palazzi brillavano tanto erano maestosi. La cura dei dettagli era maniacale.
« Asgard era un regno dove se eri forte e bello eri amato da tutti. Thor era quello perfetto, quello a cui tutti aspiravano. Io ero il fratello più piccolo che non aveva preso nulla della forza e della bellezza tipica della famiglia reale. Ho passato tutta la vita a chiedermi perché fossi così diverso. »
Le abitazioni della proiezioni si dissolsero per lasciar posto alla magnificenza del più grande e antico palazzo dei nove regni.
« È stato dopo anni che ho scoperto di appartenere alla razza peggiore dei nove regni. Mio padre non era Odino, Padre degli dei, ma Laufey, re dei giganti di ghiaccio. »
Sylvie non parlò. Sapeva anche lei di essere stata adottata ma non conosceva il resto della sua storia.
« Da una parte mi sentii sollevato perché finalmente avevo capito perché non mi sono mai sentito parte di Asgard. D’altra parte però, non sono mai stato considerato come un figlio, ma come semplice merce di scambio. Una pedina da usare per meri fini politici. Avermi preso non è stato un atto di pietà verso un neonato morente, ma come l’avidità di un sovrano che ha visto in me solo uno strumento per potersi alleare con i giganti di ghiaccio. »
Asgard iniziò a perdere la sua bellezza e i palazzi iniziarono a frantumarsi. « Nessuno mi ha mai mostrato considerazione, perché tutti sapevano chi ero davvero. Thor era troppo stupido per rendersi conto di quello che la gente pensava davvero e quel vecchio guercio godeva nel vedermi sofferire. » Asgard fu avvolta dalle fiamme. « E questa è la fine che si è meritata. »
Sylvie ammutolì.
Ogni volta che si toccava quel tasto dolente Loki cambiava espressione. Capiva che per lui era ancora una ferita aperta, pulsante e dolorosa. E capì anche perché non riusciva più a dormire. I sensi di colpa lo stavano logorando.
« Se non affronti ciò che ti ha fatto soffrire, non riuscirai mai a passare oltre, Loki. »
Quella frase arrivò a Loki come una secchiata di acqua gelida. Tutto ciò che riguardava il suo passato era stato apertamente ignorato da entrambi sotto tacito accordo. Rivangare ciò che lo aveva portato ad essere quello che era, erano secoli di rancori, odio, lacrime e sofferenza.
Secoli in cui tutto ciò che provava era stato costretto a chiuderselo dentro perché non è ammissibile che il fratello più piccolo del potente e amatissimo erede al trono provasse un odio così viscerale nei suoi confronti.
Un dolore che con il tempo gli ha solcato l’anima di profonde e inguaribili ferite sanguinanti.
Loki chiuse il pugno e fece sparire l’illusione. I suoi occhi erano taglienti, di uno spietato freddo calcolatore.
Sylvie non poté più tirarsi indietro. « Dimmi almeno cosa è stato a farti diventare così. Come puoi odiare chi ti ha dato tutto? » era fatta. Ora era spacciata sul serio, ma non demorse. « Hai avuto tutto nella vita. Un palazzo lussuoso e accogliente, i privilegi di un principe, una famiglia che ti amava…». Non finì la frase che la mano di Loki avvolse il suo polso in una stretta forte e dolorosa. La tirò verso di sé e Sylvie si trattenne dal gemere.
La sua voce era così bassa che non sembrava neanche lui.
Nei suoi occhi c’era il fuoco.
« Non ti azzardare mai più a parlare di cose che non sai.» ogni parola era veleno che la sferzava con un colpo secco. « Tu non puoi sapere cosa ho vissuto io! »
Sylvie riuscì a liberarsi dalla sua presa e si alzò di scatto.
« E allora dimmelo! Dimmi cosa è successo, dimmi perché sei così avvelenato! »
Loki era furibondo. In una frazione di secondo era di fronte a lei.
« A volte faccio veramente fatica a credere che io e te siamo la stessa persona. Perché sei così dannatamente stupida che-»
Uno schiaffo gli sferzò la guancia. Sylvie sentì il palmo bruciargli. La pelle del viso di Loki iniziò subito ad arrossarsi.
« Sei un ingrato. Io sto facendo tutto per te e tu mi ripaghi in questo modo. Se nessuno ti vuole chiediti il perché! »

« Già Loki, chiediti perché nessuno ti vuole. Sei stato abbandonato e poi ripudiato. Tutti hanno paura di te perché porti solo morte e desolazione. Avrei fatto meglio a lasciarti morire su quell’altare gelido, invece di portarti con me.
Il tocco di una mano gelida lo fece trasalire. Anche se incappucciato sapeva bene chi era la figura che vedeva davanti.
Cercò di indietreggiare ma le gambe erano bloccate. Attorno a loro solo il nero assoluto.
« Impossibile…» mormrò guardandosi attorno e cercando una via d'uscita. Si sentiva in trappola.
« Sei stato una delusione per tutti quanti e tua madre è morta per il dolore di averti come figlio. »
La figura si tolse il cappuccio e mostrò il viso sfigurato. L’unico occhio rimasto era di un intenso azzurro pietrificante.
« Dovevi morire tu non lei. »

Loki cadde sulle ginocchia e appoggiò i palmi delle mani per terra.
Stava tremando.
Sylvie si spaventò nel vederlo così.
Ma che diavolo succede?
Provò ad avvicinarsi cautamente ma l’uomo davanti a sé urlò e un'onda d’urto verde si sprigionò dal suo corpo colpendo tutta la stanza.
Vetri in frantumi e oggetti volati ovunque.
Dopo il buio.

Poco alla volta Loki riuscì ad aprire gli occhi. La testa gli faceva male da morire. Riconobbe la stanza di casa sua e il morbido divano su cui era sdraiato. Sylvie stava raccogliendo frammenti di vetro con la scopa e quando si accorse che Loki era sveglio si fermò.
« Ben svegliato. » disse con voce piatta. C’era una certa apprensione nella sua voce.
« Cos’è successo? » mormorò con un filo di voce passandosi una mano sulla fronte.
« Non lo so, dimmelo tu. »
Sylvie si avvicinò lentamente per poi sedersi su un angolo del divano. Si tormentava le dita delle mani.
Loki puntò i gomiti e alzò metà busto. Il dolore alle tempie martellava senza sosta.
Poche volte si era sentito così debole.
Delicatamente la ragazza gli prese una mano tra le sue. Era gelida. Si sentiva in colpa perché aveva voluto a tutti i costi tirare fuori un argomento che non doveva interessarle.
Il Loki che aveva davanti non era il Loki malvagio, assettato  di potere che tutti quanti temevano. Non era nemmeno il Loki che aveva quasi distrutto New York, costringendo un gruppo di eroi a coalizzarsi per fermarlo. Non era nemmeno il freddo Loki sprezzante di tutto e tutti.
No, quello che aveva davanti era un uomo che aveva smascherato la sua parte debole e fragile. In quel momento le sembrava solo qualcuno da proteggere.
Solo nel momento in cui riuscì a mettere bene a fuoco quello che aveva intorno, Loki si accorse di cosa c’era appoggiato sul tavolino di fronte a loro.
Il Tempad.
Loki ebbe un sussulto.
« Cosa ci fa quello lì? » domandò guardando Sylvie negli occhi e indicando l'oggetto. « Avevamo detto che non lo avremmo mai più usato. »
« Teoricamente sì, se non fosse che i sensi di colpa ti stanno distruggendo. »
Loki rimase spiazzato. Cosa voleva dire?
« Se continui ad ignorarli presto prenderanno il sopravvento. E finirai per soccombere alla parte più oscura di te. » continuò lei osservandolo attentamente.
Loki si sentì morire. Piuttosto che rivivere tutto quello che aveva passato si sarebbe fatto uccidere da Thanos mille e altre mille volte.
Non era pronto per affrontare tutto di nuovo. Il suo passato stava tornando per chiedergli la resa dei conti e lui non era pronto.
Ma lo sarebbe stato mai?
Sarebbe stato in grado di affrontare secoli di dolore e ripercorrere ciò che lo avevano reso così?
Il dio degli Inganni e delle Malefatte.
Il mostro dagli occhi verdi.
Lingua d'argento.
Il dio del Male
Questi erano alcuni dei nomi che gli erano stati affibiati nel corso degli anni e quando, per tutta la vita, ti chiamano così, alla fine ti convinci che quello che dicono sia vero.
E ti si appiccica addosso e ti impregna l'anima anche se non vorresti.
Ma Loki aveva deciso che si sarebbe scrollato di dosso ciò che Asgard gli aveva fatto credere di essere. Ma più ci provava, più si accorgeva che non c'era via di scampo a ciò che ormai era diventato parte di lui.
Sarebbe sempre stato ciò che Asgard voleva che fosse.
Per questo non poteva tornare indietro nel tempo. Non poteva dimostrare a quei finti dèi belli e potenti -o almeno questo è quello che credevano- che avevano ragione.
Non voleva dimostrare a sé stesso che era irrecuperabiile come avevano sempre pensato.
« Se…se dovessimo invece far finta di niente? Alla fine sono solo incubi, no? » disse. Ignorare e fare finta di niente era decisamente l'arma migliore.
Sylvie assottigliò lo sguardo e il volto si incupì.
« Oggi hai distrutto casa nostra, domani potrebbe essere mezza America. I tuoi poteri stanno crescendo a dismisura e non riesci più a controllarli. »
Loki fece un sorriso sghembo. Se c'era una cosa che non poteva mai e poi mai succedere era perdere il controllo dei propri poteri. Si era allenato duramente per evitare di lasciarsi soppraffare dal seiðr. Non si sarebbe mai piegato alla forza di qualcun altro, motivo per cui aveva allenato la sua mente a resistere a qualsiasi forza esterna. Niente e nessuno sarebbe mai riuscito a piegarlo al suo volere. E di questo ne andava molto fiero.
« Su questo devo dissentire, cara la mia Sylvie. Io ho sempre avuto pieno controllo sui miei poteri. »
« Sei diventato blu. » tagliò corto lei, incrociando le braccia al petto.
Loki non riuscì più a dire una parola. Era sconvolto.
Per un momento pensò che lo stesse prendendo in giro, ma lo sguardo serio e preoccupato di Sylvie gli confermarono che era tutto vero.
Aveva perso il controllo sulla sua forma umana e aveva preso l’aspetto di quell'orribile razza a cui apparteneva. La sua stirpe di appartenenza aveva preso il sopravvento su di lui.
Sì guardò il braccio. Riflessi blu scorrevano sotto la sua pelle bianca.
Un’espressione di puro orrore si dipinse sul suo viso.
« Dobbiamo risolvere la faccenda, e in fretta anche. »


Angolo dell'Autrice:

Non so esattamente cosa mi abbia spinta a ritornare su questo sito dopo anni di assenza, ma ehi eccoci qua di nuovo. Diciamo che quando l'ispirazione chiama è giusto darle ascolto no?
A dire il vero mi mancava scrivere, è sempre stata una valvola di sfogo e averlo trascurato per anni un po' mi dispiace.
Comunque, tornando a noi, ci sono delle precisazioni da fare.
La prima è che la fanfiction è ambientata dopo la serie tv Loki, quindi è necessario averla vista (non teniamo conto dell'ultimo episodio ovviamente)
La seconda cosa è che il personaggio di Loki in questa storia NON tiene conto dei film da Ragnarok in poi. Se avete visto la serie saprete perché.
E la terza è che non so con quale frequenza verrà aggiornata. Ma grazie alle vostre preziosissime recensioni potrei avere lo stimolo per essere più costante.
A presto!





  
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