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Autore: Tynuccia    20/04/2024    1 recensioni
[Gundam SEED Freedom] Annotandosi mentalmente di fare una caccia alle streghe in un secondo momento, Yzak schioccò la lingua contro il palato, accigliandosi. "Ti sembro il tipo di uomo a cui interessa un accidente dei pettegolezzi da shampiste?".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dearka Elthman, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelosia
 
 
 
Uno dei tratti di Yzak che Dearka preferiva era la capacità di essere attento in qualsiasi frangente, anche quando i suoi lineamenti apparivano sul limite di sfaldarsi per la noia, o per il fastidio. Anche ora, mentre si apprestava a concludere il proprio rapporto, il suo migliore amico sembrava sull'orlo di una crisi di nervi, come sempre, salvo che, dopo un rapido momento di silenzio, andò a stropicciarsi gli occhi stancamente e gli rispose, punto per punto, alle perplessità che erano emerse.
 
"Direi che è tutto", borbottò altri cinque minuti dopo l'albino. "Possiamo riaggiornarci domani per le questioni meno impellenti. È già tardi".
 
Dearka si mise pigramente sull'attenti, lieto di essere finalmente libero di andarsene a casa a godersi il meritato riposo. Un lieve tic al labbro del suo superiore, però, lo spinse a chiedere: "C'è qualcos'altro?".
 
Yzak sbuffò. "Shiho. Dov'è?". Non ricordava di averle dato dei permessi, e solitamente passava sempre per il suo ufficio prima di uscire. La sua assenza, pertanto, gli risultava totalmente bizzarra.
 
Il biondo non riuscì a resistere ad un sogghigno, perfido quasi. Incrociò le braccia sul petto e si appoggiò al muro, pronto a godersi la sfuriata, tanto più che non lo riguardava in prima persona. "Oh, giusto. Eri in riunione quando è successo", replicò. "È stata convocata dai Compass per un problema ad un Mobile Suit. Nello specifico, da Albert Heinlein".
 
L'altro batté un paio di volte le palpebre, giusto per lasciar sedimentare le parole, quindi picchiò un pugno sulla scrivania, che fece tintinnare gli oggetti su di essa. "Quel maledetto Capitano maniaco! Cosa voleva da lei?".
 
Dearka sospirò, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiargli a ridere in faccia. "Te l'ho detto, questioni robotiche", parafrasò, giusto per non essere ripetitivo. La situazione tra lui ed il Maggiore era apparentemente tranquilla, ma sotto la superficie si celava l'intervento di Ezalia durante il colpo di stato. Yzak andava ripetendo di averla fulminata con lo sguardo perché non era il momento migliore per giocare a fare la Cupido di una certa età, ma il biondo Coordinator sapeva, a differenza dell'altro, che la sua espressione furente nasceva dall'istinto protettivo che nutriva nei confronti di Shiho. Che non si fosse ancora accorto dei propri sentimenti era poco sorprendente, ma probabilmente quell'involontaria intromissione di Heinlein avrebbe potuto smuovere le acque in maniera interessante. Schioccò la lingua contro il palato. "Certo, quel tipo è una specie di dio per lei. Sarà stata contenta, hm?".
 
La faccia di Yzak non avrebbe potuto diventare più rossa di così. "Non fa parte dei Compass, e sono già le dieci di sera, Cristo santissimo!", abbaiò, puntualizzando la propria stizza con ripetuti colpi di pugni sulla scrivania. Davanti all'atteggiamento impassibile di Dearka, si risolse a scattare in piedi. "Vado a prenderla".
 
"Tutto questo perché...?". La voce del suo migliore amico scemò, ma l'intonazione lasciava poco spazio all'immaginazione. 
 
"Perché altrimenti domani sarà esausta, e non performerà come suo solito", spiegò l'albino, indossando in fretta e furia l'impermeabile sopra l'uniforme.
 
"E cosa cambia rispetto a quando sei tu a farla lavorare fino a tardi?", domandò innocentemente Dearka, lo sguardo, ironico, puntato su di lui.
 
"Ogni cosa", soffiò Yzak, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo. "Tanto per cominciare, lei lavora per me. Con un fottuto contratto e tutto il resto".
 
"Quindi non è perché sei geloso marcio che qualcuno possa aver monopolizzato la Hahnenfuss?", lo provocò ancora Dearka, un sopracciglio alzato.
 
"Geloso? Io? Assolutamente no", si intestardì Yzak, ormai intento ad aprire la porta con in viso un'espressione comicamente scandalizzata.
 
Il biondo alzò gli occhi al cielo. Per quanto tempo passasse, la cocciutaggine di Yzak lo sorprendeva come se fosse stata la prima volta. "Vengo con te. Potrebbe scapparci il morto".
 
*
 
I meccanici presenti guardarono con un sopracciglio alzato la bizzarra coppia appartenente a ZAFT sfilare per i corridoi, ma nessuno fu tanto stupido da questionare la presenza del Tenente Colonnello Joule. Tutt'al più che sapevano perfettamente che una dei suoi sottoposti stava lavorando con il Capitano Heinlein.
 
Yzak e Dearka si fermarono su una delle passerelle che sovrastavano l'hangar, e quest'ultimo si appoggiò alla ringhiera, producendo un fischio. "Capelli e occhi chiari, pallidi e con un carattere di merda... Shiho deve avere una tipologia di uomo che la attizza".
 
"Prego?", borbottò l'altro, incapace di levare lo sguardo dai due ingegneri sotto di loro. Fu come uno strano déjà-vu, Shiho intenta a recepire informazioni su un Mobile Suit con le sopracciglia aggrottate per la concentrazione. Solo che, ora, il suo maestro era un'altra persona.
 
Dearka fece spallucce. "Insomma, è lo stesso motivo per cui tendo a portarmi a letto ragazze dai corti capelli castani e occhi azzurri".
 
Un rantolo lasciò la gola dell'albino. "Non so perché mi ostino ad ascoltarti", ringhiò. "E comunque stai dicendo stronzate, come tuo solito. Shiho non è così".
 
Senza lasciarsi abbattere, Dearka gli tormentò un fianco con un gomito. "Pensaci. Magari è stufa del fatto che non te la fili di pezza, e ha deciso di trovare sollazzo tra le braccia di un sostituto. Che sia indubbiamente simile a te la dice lunga".
 
Yzak finse di non capire, ma tornò a fissare i due, una sensazione sgradevole che si espanse nel petto, fino alla bocca dello stomaco. Era normale che una ragazza graziosa come Shiho trovasse un fidanzato, ed era il primo a doversi incolpare per aver respinto l'idea che era venuta in mente a sua madre a bordo dell'Eternal. Egoisticamente avrebbe preferito continuare con quel modus operandi, per cui lui e Shiho rimanessero superiore e sottoposta, cristallizzati in quella relazione dai confini tremuli, ma la prospettiva, mai contemplata, che lei potesse preferire un altro lo lasciava con un sentimento mai provato prima. E che non gli piaceva. Affatto.
 
*
 
Albert Heinlein era sempre stato uno dei suoi miti. 
 
Le sue coetanee probabilmente avevano i muri tappezzati da foto di idol e attori prestanti, e sebbene lei non si fosse spinta così in là dall'avere la faccia austera di Heinlein nella propria camera, l'ammirazione che provava nei suoi confronti era smisurata.
 
Essendo lei stessa nel campo dell'ingegneria, il fine genio del Coordinator l'aveva sbalordita in più occasioni, e una parte di sé rimpiangeva il destino che non li aveva mai voluti imbarcati sulla stessa nave durante le due guerre. Già ai tempi in cui aveva frequentato l'Accademia, il suo nome era rispettabile, e prima ancora di finire nella squadra Joule si era ritrovata a fantasticare di poter lavorare con lui. Niente di malizioso, semplicemente la sua curiosità scientifica che reclamava a gran voce - ironicamente, per una ragazza quieta come lei - l'opportunità di apprendere come una spugna da una fonte tanto autorevole.
 
Sebbene fosse stato trasferito ai Compass, Heinlein deteneva comunque un enorme ascendente sul dipartimento di sviluppo di ZAFT, in quanto era capace di creare macchine in grado di avvantaggiare enormemente la fazione in caso di combattimento. Il tutto, senza il supporto di nessuno. 
 
Quando, qualche ora prima, le era arrivata la comunicazione da parte dei Compass con una richiesta di aiuto su un nuovo equipaggiamento di sua invenzione, non le era quasi sembrato vero. Solitamente non avrebbe abbandonato l'ufficio per nessuna ragione al mondo, ma le congiunzioni astrali avevano voluto che fosse straordinariamente scarica di lavoro, e l'unico ostacolo era rappresentato dalla momentanea assenza del Comandante, impegnato in una delle solite riunioni.
 
Era stato Dearka a darle il permesso, promettendole che avrebbe avvertito lui il loro superiore, e con l'adrenalina a mille per un'opportunità simile si era recata al quartier generale dei Compass per offrire i propri servigi al suo idolo di sempre. 
 
Heinlein l'aveva accolta con un mero cenno del capo e l'aveva condotta nell'hangar dove, senza troppi giri di parole, le aveva illustrato il problema, come se fossero colleghi da anni, ma Shiho non era così ingenua da non sapere che quell'essere catapultata direttamente sul lavoro era semplicemente una questione di ottimizzazione dei tempi. 
 
Pratico e spiccio, Heinlein si era dimostrato perfettamente all'altezza delle sue aspettative e, abituata com'era al temperamento del Comandante, Shiho non aveva badato troppo ai suoi modi spigolosi. 
 
"Capitano, se posso permettermi", disse improvvisamente la ragazza, interrompendolo mentre pensava ad alta voce in maniera irritata.
 
Heinlein la guardò brevemente, come sorpreso di non essere solo, quindi annuì. "Qualche opinione a riguardo?".
 
"Sì. Mi stavo chiedendo se non si potesse aggirare il problema con un altro stratagemma", ragionò Shiho, gli occhi rivolti al prototipo. "Sarebbe possibile aggiungere un cockpit?".
 
Heinlein si portò una mano chiusa a pugno davanti alla bocca, soppesando attentamente quella proposta. "Capisco. Avere uno spazio per il pilota potrebbe risolvere dei problemi che potrebbero presentarsi, difficilmente risolvibili dal controllo da remoto". 
 
"Se dovessi recapitare questo equipaggiamento a qualcuno che per me è importante, penso che preferirei portarglielo di persona, con le mie stesse mani", continuò lei, il tono di voce basso. Se i suoi cari fossero stati su un Mobile Suit, in attesa di rinforzi, avrebbe fatto di tutto per assicurarsi che la missione fosse un successo privo di intoppi. Sotto lo sguardo inquisitorio dell'uomo, Shiho sobbalzò leggermente. "Chiedo scusa. Ho detto qualcosa di poco scientifico". Sapeva di per certo che il Capitano disprezzava gli ingegneri che si fossero fatti trasportare dal sentimento, e scusarsi per aver spaziato troppo con la mente — con il cuore, le sembrò l'unica cosa sensata.
 
Heinlein, però, ancora apparentemente immerso nei suoi pensieri, scosse leggermente il capo. "No, è un suggerimento valido. Per quanto la scienza e la tecnologia possano avanzare, sono le decisioni umane a decidere l'esito di una battaglia".
 
"Eh?". Shiho fu sorpresa di vederlo sorridere gentilmente.
 
"Accetterò la tua visione nel suo complesso", continuò lui. "Sarebbe meglio iniziare a lavorarci su per implementare la tua idea al progetto originale. Shiho Hahnenfuss, grazie mille".
 
Il volto della giovane si tinse di scarlatto. Era cosa nota che Heinlein non si prendesse la briga di imparare i nomi di coloro che non reputava degni della sua attenzione, e il fatto che l'avesse chiamata in maniera tanto chiara la riempiva di orgoglio. 
 
"Inoltre", fece poi Heinlein, "sembra che abbiamo un pubblico". Sollevò il capo, lo sguardo neutrale. "Non è carino parlare delle persone alle loro spalle".
 
Shiho lo seguì a ruota e, naso all'insù, si stupì di trovare sul ballatoio il Comandante e Dearka. Confusa, decise comunque di mettersi sull'attenti. 
 
"Non è carino neppure rubare le sottoposte altrui!", berciò Yzak, sporgendosi dalla ringhiera.
 
"Oi, stai attento, finirai per cadere", lo redarguì Dearka, divertito dalla scelta peculiare di parole.
 
Heinlein si voltò appena verso Shiho. "Raggiungiamoli". E, con un tono tanto autoritario, non era di certo una proposta. Quando gli furono di fronte, il più anziano di loro digitò qualcosa sul palmare. "Shiho Hahnenfuss, puoi tornare a casa. Hai fatto una proposta utile, potrò lavorarci domani con la mia squadra".
 
Il fatto che, come previsto, Shiho si fosse contraddistinta per acume riempì Yzak d'orgoglio. Ma, ciò detto, c'era comunque qualcosa che sentiva di dover mettere in chiaro. "Capitano Heinlein. Preferirei che evitasse di pretendere un aiuto dai miei collaboratori senza permesso".
 
"È una risorsa senz'altro utile al dipartimento di sviluppo. Non è forse il Tenente Colonnello Joule a monopolizzarla eccessivamente?", replicò Heinlein, serafico nel suo modo di porsi impassibile.
 
Percependo l'ira del suo superiore, Shiho si piazzò tra di loro, agitata. "Capitano! Presto servizio all'Intelligence per mia volontà, gliel'assicuro".
 
"Lo so. Ho solo fatto una battuta che mi sembrava divertente". Le labbra di Heinlein si incurvarono verso l'alto, ed emise un risolino monotòno, lasciando spiazzati gli altri tre. "Beh, come ho già detto, Shiho Hahnenfuss è libera di tornare a casa, qui abbiamo finito".
 
"Allora noi andiamo", annunciò, con foga, Yzak. "Capitano, la prossima volta veda di non oltrepassare i limiti e scelga qualcuno del suo stesso team per risolvere i suoi problemi!". E, senza aggiungere altro, afferrò il braccio di Shiho, trascinandola via con sé.
 
Rimasti soli, Dearka esalò un sospiro e si portò una mano alla nuca. "Quell'idiota. Se ne è fuggito senza pensare che così mi ha lasciato a piedi", commentò, incapace di combattere contro l'ilarità della situazione, quindi si voltò verso Albert. "Mi dà un passaggio lei?".
 
Heinlein lo squadrò con un'occhiata neutra. "No", rispose brevemente, prima di lasciare l'hangar a sua volta.
 
Imprecando tra i denti, Dearka prese il cellulare e cominciò a cercarsi un taxi.
 
*
 
"Comandante, le chiedo scusa".
 
Intento a guidare, Yzak spiò curiosamente la sua sottoposta, non potendo distogliere l'attenzione dalla strada. "Per cosa?".
 
"Penso che lei sia arrabbiato perché ho deciso di testa mia di lasciare l'ufficio mentre era in riunione".
 
Lui sospirò. "Essendo una richiesta del Capitano Heinlein, che ti è di grado superiore, c'era poco che potessi fare. Non hai agito male, nella mia ottica. Inoltre, gli sei stata utile. Dovresti esserne orgogliosa".
 
Shiho si morse l'interno della bocca, abbassando lo sguardo sul proprio grembo. "Però il Comandante mi è sembrato molto turbato, prima. Come potrei essere felice di qualcosa che ho fatto, se è servita soltanto ad innervosirla?".
 
Ovviamente dall'esterno sembrava parecchio contraddittorio. Yzak prese un respiro, le dita strette attorno al volante. "Ce l'avevo con Heinlein, non con te", assicurò con voce più calma di quanto non si fosse aspettato. Maledetto Dearka, e maledetto Heinlein. Viveva così comodamente nella sua bolla, ed ora si era lanciato in qualcosa di così simile ad una scenata di gelosia (seppure a livello lavorativo) che perfino qualcuno di disattento come lui poteva rendersi conto di cosa avesse dimostrato. Si era accorto, dei suoi sentimenti per lei, già da parecchio tempo, ma aveva preferito nascondere la testa sotto la sabbia, come uno struzzo, e non dare troppo adito alla cosa. Che cosa ne avrebbe ricavato, se non infiniti grattacapi e la possibilità di ritrovarsi con un cuore spezzato? A volte lo accusavano di non averlo neanche, un cuore, e in fin dei conti gli andava bene così. Inoltre, anche Shiho non doveva magonarci troppo sopra, e la sua reazione di fronte allo sguardo di Ezalia - terrorizzata, spaurita, fottutamente agitata - gli suggeriva che, per quanto potesse magari fantasticare su loro due al di là di Comandante e sottoposta, non fosse del tutto pronta a smuovere le acque.
 
Quel pensiero lo rese inquieto, esattamente come si sentiva prima di una battaglia nello spazio.
 
A tirarlo via dalle sue elucubrazioni, ci pensò Shiho. "Posso essere sincera?". Lui mormorò un verso di assenso. "Ho creduto che, forse, facendomi vedere con un altro uomo, avrei dissipato quelle voci che girano". 
 
"Voci?", le fece eco lui, un sopracciglio sollevato e con un'immensa voglia di accostare e poterla guardare in faccia, la sensazione di una svolta importante nella conversazione imminente.
 
Shiho esitò qualche istante, le mani raccolte in grembo. "Quelle secondo cui la signora Ezalia voglia farci sposare".
 
L'auto si riempì di uno strano e teso silenzio. Le intenzioni di sua madre erano palesi, ma che addirittura se ne parlasse era un vero e proprio affronto. Annotandosi mentalmente di fare una caccia alle streghe in un secondo momento, Yzak schioccò la lingua contro il palato, accigliandosi. "Ti sembro il tipo di uomo a cui interessa un accidente dei pettegolezzi da shampiste?".
 
Lei non si scompose particolarmente, perché il suo tono era pacato rispetto alle sue parole. "Non saprei", ammise di rimando con un filo di voce. "Il gossip nell'esercito l'ha coinvolta più volte, e non l'ha mai accolto bene, ma erano tutti nomi di donne sconosciute. Adesso è un po' diverso".
 
Touché, pensò l'albino, ammirando come sempre le sue doti di freddo ragionamento. "Ti darebbe tanto fastidio? Se le voci fossero vere, intendo", sentì se stesso chiedere, totalmente a sorpresa, e le sue orecchie parvero scottare. Un semaforo rosso gli permise, finalmente, di concedersi il lusso di voltare il capo e guardarla. Se le sue orecchie erano scarlatte, il viso di lei stava andando a fuoco, e i suoi occhi erano sgranati.
 
Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche istante. “Perché siano vere, dovremmo prima parlarne”, decretò poi Shiho in un quieto sussurro, quando il semaforo tornò verde. 
 
“E infatti ne stiamo parlando”.
 
Lei sobbalzò e squittì, e Yzak non poté fare a meno di trovarla fin troppo carina, suo malgrado. “Eh?? In macchina? Comandante, è crudele prendermi in giro in questo modo!”.
 
Forse non con il migliore dei tempismi, ma a Yzak uscì una di quelle rare risate che, in altre circostanze, le scaldavano il cuore. “Sono serio, invece”, assicurò, avvertendo il suo sguardo su di sé. “Posso essere onesto? Potrei essere brutale”. La sentì confermare con un verso, e sapeva comunque che la sua era una domanda retorica. Il Maggiore non gli avrebbe mai impedito di parlare, e sapeva perfettamente di quali cattiverie lui fosse capace. “Lo odio. Questo”. E fece un cenno a indicare entrambi. “Io e te. In un contesto che non sia lavorativo”.
 
Shiho percepì nitidamente il groppo che le si formò in gola. La stava rifiutando? Senza che nemmeno lei si fosse potuta dichiarare propriamente? “E allora perché ne stiamo parlando?”, riuscì comunque ad obiettare, sperando non si notasse il tremolio della sua voce. 
 
Yzak prese un respiro profondo. “Non lo so”, ammise candidamente. “Forse perché ci sono troppe aspettative, e non da parte nostra. Ci ho pensato, di tanto in tanto. Ultimamente forse troppo spesso. Saremmo una splendida coppia, e con te sto bene. Benissimo. Ma si snaturerebbe tutto quello che è bello. Non potrei rinunciarvi, e si creerebbe una situazione aliena, dove non sarei in controllo. E Dio solo sa quanto io detesti essere passivo”. Essendo arrivato a destinazione, tirò il freno a mano, reclinando il capo contro il poggiatesta, ma non trovando il coraggio di voltarsi a guardarla. “Senza contare che sei una persona troppo buona — troppo pura per accontentarti di qualcuno marcio come me”.
 
Fu quell’ultima frase che fece risvegliare Shiho. O, meglio, il Maggiore Hahnenfuss. Con la tenacia con cui asseriva di voler lavorare con e per lui fino alla fine dei suoi giorni, la ragazza si risentì. “Lei non è marcio”, replicò, enfatica nel suo difendere il Comandante, anche dal Comandante stesso. “Se le sono rimasta vicina per tutti questi anni è perché la penso diversamente”.
 
Le labbra sottili di Yzak si incurvarono appena, ma senza gioia. Evitò di controbattere, del resto sapeva che era impossibile farle cambiare idea. “Quando però ti ho vista con Heinlein, prima, ho sentito una pletora di emozioni a me estranee, e avrei voluto torcergli il collo per aver osato avvicinarsi troppo a qualcuno che mi piace tanto”, continuò invece. “Dearka dice che sono geloso. Forse ha ragione, ma guai a te se glielo vai a riferire”.
 
“Non lo farò”, confermò Shiho, che in quel momento era confusa all’ennesima potenza. Non gli era indifferente, questo l’aveva capito, e non sopportava la vista di lei con altri uomini, ma allo stesso tempo non voleva fare passi falsi. “Quindi, in tutto questo, non posso dire la mia?”, si azzardò a mormorare.
 
Yzak mosse il collo per guardarla. “Prego”.
 
Lei si stropicciò le mani, e avrebbe volentieri distolto lo sguardo, ma si ritrovò come ipnotizzata dai begli occhi azzurri del suo superiore. “Lei mi piace molto, ma anche a me fa paura dover cambiare le dinamiche tra di noi. Dovrei rivoluzionare il modo in cui la percepisco, Comandante, e permettermi libertà che trovo impensabili. Non so se ne sarei capace”. 
 
L’albino non poté dirsi sorpreso. “Quindi siamo d’accordo che sarebbe un errore”, gli uscì, quasi sconfitto, perché il suo braccio si allungò in sua direzione, le dita a scostarle i capelli dal volto. Che lei non si spostasse, però, fu una novità. Particolarmente gradevole. 
 
“Una follia”, assicurò la ragazza, abbandonandosi sotto il suo tocco inaspettatamente leggero. 
 
Evidentemente Yzak Joule era destinato ad un’esistenza costellata da fallimenti, valutò, nell’istante in cui le sostenne una guancia, guidandola gentilmente verso di sé. Ma, quando le loro bocche si incontrarono, ebbe la certezza matematica di non aver mai fatto qualcosa di così giusto in vita sua. 
 
Sospirò al contatto con le sue labbra morbide, alla sensazione inebriante del suo profumo che lo avvolgeva, all’entusiasmo con cui lei rispose a quel bacio. Si ritrovò a circondarle la vita con le braccia, trascinandosela in grembo per averla ancora più vicina e intrecciare le dita fra le sue ciocche scure e setose — ora poteva affermarlo con cognizione di causa. Sentiva la pressione delle sue curve premute contro di sé, e qualcosa lo spinse ad approfondire, violarle la bocca con la lingua per farla contorcere ulteriormente, ma furono interrotti dal clacson, premuto inavvertitamente dalla schiena di lei, che sobbalzò spaventata.
 
Si allontanarono, mantenendo il contatto visivo, e divisero una risata contenuta, e imbarazzata. “Questa era una delle cose impensabili?”, indagò Yzak, un sopracciglio alzato in un’espressione divertita. 
 
“Al secondo posto”, confermò Shiho, le guance arrossate. 
 
“E al primo?”, non riuscì a non chiedere lui, il cuore galoppante ed un bizzarro calore al basso ventre. 
 
La ragazza gli sorrise. “Chiamarla per nome, Comandante. Mi sembra ovvio”.
 
Nuovamente l’albino scoppiò a ridere, ma questa volta in maniera più genuina. Forse passava davvero troppo tempo con Dearka ed aveva pensato a qualcosa di molto peggio. 
 
Lieta che fosse così rilassato, benché gli fosse in braccio in una maniera che rompeva i suoi rigidi schemi mentali, Shiho si schiarì la gola. “Il DEEP Arms”, disse, come sempre nostalgica nei confronti del suo primo Mobile Suit. “Nessuno avrebbe scommesso che quell’unità avrebbe potuto funzionare. Era un cavallo azzoppato in partenza. Ma ci abbiamo lavorato, insieme, ed è andato tutto bene. È sopravvissuto a Jachin Due, e io pure. Contro ogni aspettativa, ce l’abbiamo fatta”. Fece una pausa, rendendosi conto di non essere abituata a vomitare quella mole di parole. “Forse questo, che lei odia, potrebbe rivelarsi un successo in egual misura”.
 
Yzak sbuffò lievemente, le mani sulla sua schiena. “Sei poco corretta, Hahnenfuss. Sai quanto mi piacciono le sfide”. 
 
“Non voglio costringerla”, replicò in un sussurro, che si trasformò in un sospiro quando lui tornò a baciarla. “Ma mi renderebbe felice”. 
 
L’albino decise che si era sbagliato. Non era poi così pura, se dopo neppure cinque minuti stava già esercitando un ricatto emotivo in piena regola, ma il suo discorso sul DEEP Arms non faceva una piega e, in fin dei conti, non voleva passare per un capo-tiranno che non pensava alla felicità dei suoi sottoposti. O alla sua, per quanta paura provasse; o per quanto gli costasse anche solo ammetterlo con se stesso. “Quindi, Maggiore Hahnenfuss”, riprese a parlare, distratto dalle sue labbra gonfie per merito suo, “possiamo dire che le voci sono vere?”.
 
Shiho ci mise qualche secondo ad annuire, prima di spostarsi e tornare sul sedile del passeggero. “Oppure, prima di sbandierarlo ai quattro venti, potremmo vedere come va”.
 
Yzak fu contemporaneamente sollevato e indignato che si fosse allontanata, ma si limitò ad uscire dall’auto e andò ad aprirle la portiera, aiutandola con galanteria, le loro dita intrecciate. “Secchiona”, commentò semplicemente, facendola ridere. “Intanto ci vediamo domani”.
 
Lei si portò sull’attenti. “Grazie del passaggio, Comandante. Le auguro una buona serata”. Ma, dicendolo, esibì un sorriso più morbido del suo solito. 
 
“Buonanotte”. Yzak si appoggiò alla macchina, guardandola mentre si allontanava. Quel maledetto di Heinlein, in fin dei conti, aveva fatto un favore ad entrambi. 
  
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