Mason
Browne si è figurata
un’infinità di possibili
scenari nel piombare in un nuovo ateneo, direttamente al secondo anno e
quando
le
lezioni sono già cominciate da un pezzo, ma mai avrebbe
pensato di trovare ciò
che ha di fronte in quel momento.
La stanza assegnatale è completamente al buio, nonostante sia ancora giorno: le tapparelle, accuratamente serrate, non lasciano filtrare neanche un raggio di sole e tutto ciò che illumina quella che, da lì ai prossimi anni, sarà la sua camera è il chiarore che irrompe dal corridoio dove sta ancora sostando.
Eppure è sicura di non aver
avuto diritto ad una
singola, quindi: o la
segreteria l’ha informata male o la sua coinquilina
è la figlia di Dracula.
Quello che è certo
è il fatto che, in quel momento,
dentro non ci sia nessuno.
Sbuffa appena: non che si aspettasse
un’accoglienza in
pompa magna, ma un minimo di sforzo sarebbe stato quantomeno apprezzato.
Entra e, quasi con stizza, tira con forza il nastro della serranda, facendo entrare la luce calda del pomeriggio.
La stanza è modesta,
più lunga che larga: di
fronte a lei, sul fondo, c’è una
piccola scrivania.
Una? Per due persone? Che inizio
splendido.
Sulla destra c'è
un’altra porta
che immagina essere quella
del bagno. Tornando verso l’ingresso, attaccati alle
rispettive pareti, ci sono
due letti singoli: uno mostra un nudo materasso, l’altro
è accuratamente
rifatto.
Vicino alla finestra
c’è un cucinino dotato di
lavandino, un paio di piastre ad induzione e un piccolo frigorifero.
Non c’è
polvere in giro, il che significa che qualcuno deve aver pulito: allora
la sua
coinquilina è un’entità reale.
Si volta verso l’armadio
alla sua sinistra e il grosso
specchio, posto su entrambe le ante, riflette la sua immagine: ha gli
occhi
verde mare leggermente arrossati, il viaggio è stato lungo e
non ha riposato
molto; i lunghi capelli ramati sono raccolti in uno chignon un
po’ scompigliato
ma, tutto sommato, ha ancora un’aria presentabile. Sorride
alla sua immagine
riflessa: c’è ancora una prova del nove da fare.
Lo apre e, come immaginava, lo trova
per
circa metà pieno
di abiti: lo stile è sport-rock e prevalentemente sui toni
del grigio e
del nero.
«Wow… »
Soffia appena fuori dalle labbra: non sa dire
perché ma ha come la netta sensazione che da quella
convivenza non scaturirà
granché di buono.
«Non lo sai che la
curiosità uccide il gatto?»
Una voce divertita la fa sobbalzare
sul posto. Chiude
l’anta sinistra e si volta con la sua miglior faccia di
bronzo. «Da qualche
parte dovrò pur mettere i miei vestiti.»
La ragazza che ha di fronte schiude le
labbra in un
largo sorriso, mostrandole una dentatura candida che, in
contrapposizione alla
sua pelle bruna, quasi risplende. «Certo, perché
non stavi per
niente curiosando fra le cose della tua compagna di stanza.»
La mette nel
sacco, spostandosi distratta un ciuffo di riccioli castano scuro dagli
occhi.
«Ma tranquilla, quella compagna di stanza non sono
io.» La rassicura,
porgendole una mano. «Sono Khadijah Adiyeme, rappresentante
del corpo
studentesco. Benvenuta alla Silas, puoi chiamarmi Dijh.»
«Mason Browne.»
Risponde, ricambiando la stretta,
decisamente più rilassata. «Puoi chiamarmi
Mace.» Sospira. «Perdonami se ti
sono sembrata una ficcanaso, ma sono entrata in questa stanza ed era
così buia
che non ero, poi tanto, sicura di avere una coinquilina.»
«Schmidt è un
tipo… particolare.» Le confessa Khadijah
con un’espressione divertita sul viso.
Mace si ritrova a sorridere a sua
volta. «Questo non
mi rincuora…»
L’altra ride apertamente.
«Non essere troppo
preoccupata: è un tipo solitario ma, che io sappia, non ha
mai mangiato
nessuno. Un genio della chimica, estremamente portata per
gli sport,
insomma,
una in gamba.» Le spiega. «Segue un po’
di regole tutte sue ma capita quando
sei la figlia del rettore.»
«Ah.» È
tutto quello che riesce a dire in risposta: la
vede sempre più buia. Scuote il capo e riporta
l’attenzione sulla ragazza che
ha di fronte. «E tu in che cosa sei un genio?»
È decisamente troppo sveglia
per non esserlo.
«Uh-uh…»
Apprezza Khadijah. «Abbiamo una certa
perspicacia qui.» Si complimenta. «Informatica: ma
non chiedermi di bypassare i
sistemi di sicurezza della Silas,» La ammonisce.
«Non prima di aver almeno
fatto finta di diventare mia amica.»
Si ritrovano a ridere assieme.
«Non so perché ma
ho come l’impressione che non dovrò
fingere con te.» Le dice sincera.
«Mi fa molto
piacere.» Ricambia l’altra. «Bene, Mace,
che dici? Hai ancora un po’ di energie per fare un giro del
campus o preferisci
prenderti un po’ di tempo per riposare e sistemare le tue
cose?»
Mason ci riflette un attimo: è davvero stanca, il viaggio
l’ha sfiancata e
quello che vorrebbe in quel momento è solo farsi una doccia,
però, declinare
l’invito di Dijh le sembra quanto mai scortese. «Va
bene, andiamo.»
Quando
ritorna in camera, dopo due ore
di visita e
chiacchiere, Mason è ufficialmente distrutta. Della sua
coinquilina, ancora,
non c’è traccia.
Raccoglie quel che resta delle sue
forze per prendere
il minimo indispensabile dalla borsa: si prepara il letto e,
finalmente, si
infila sotto il getto caldo dell’acqua e, come un fiume
impossibile da placare,
molteplici pensieri cominciano a scorrerle in testa.
Il campus sembra ottimo, sulla carta, almeno. I professori paiono incredibilmente preparati, i laboratori hanno tutti macchinari all’avanguardia e ci sono decine e decine di club ai quali iscriversi. Sorride ad occhi chiusi: entrare in quello di Krav Maga sarà la prima cosa che farà l’indomani. Dijh è veramente simpatica e in gamba, è certa che si integrerà bene, nonostante tutto. Tuttavia, davvero non si spiega perché il suo tutore - Larry Marks - abbia insistito così tanto per farle lasciare la propria università e trasferirsi in questa nuova città, con la scusa del suo nuovo lavoro. Non che non sia contenta di aver seguito l’uomo che l’ha cresciuta e a cui deve tutto ma, da una parte, è un po’ stizzita che non si sia fidato nel lasciarle vivere la sua vita lontano da lui: insomma, pensava di essere diventata grande abbastanza da essersi guadagnata la sua autonomia.
Sospira: almeno le ha lasciato la
possibilità di vivere lì al dormitorio.
Quando decide che è inutile
rimuginare su qualcosa
che, ormai, non può più essere cambiato, ha
già il pigiama infilato, i lunghi
capelli rossi asciutti e sta mangiando uno degli snack preconfezionati
che le
sono rimasti dal viaggio.
È conscia del fatto che sia una cena tutt’altro che salutare ma alzarsi dal materasso è, ormai, fuori discussione: avrà modo di provare la mensa e il gradevolissimo caffè della biblioteca a partire dal giorno successivo.
Una leggera vibrazione al suo fianco
le notifica il messaggio che le
è appena
arrivato sul cellulare: è Marks, vuole sapere
com’è andata. Non ha granché
voglia di spiegare, perciò riassume velocemente quel che
è successo, senza
perdersi in troppi fronzoli.
Spegne lo schermo e posa il
dispositivo direttamente
sul petto, sotto alle mani incrociate. Lancia un’ultima
occhiata al letto
ancora vuoto al suo fianco, sbuffando appena.
Al diavolo pure la sua coinquilina.
Chiude
gli occhi. Non ci vuole molto: la stanchezza
della giornata la accompagna rapidamente in un sonno profondo.
E niente, l'ho fatto:
dopo tante one shot, ho cominciato una long su The 355 ma in un
universo alternativo. Per questo dovete ringraziare (?) una mia, non più tanto, recente visione della web serie canadese del 2014: Carmilla. Sì, scoprire cose con anni e anni di ritardo è la mia specialità. XD Complice la velocità dei suoi episodi, i momenti esilaranti al limite del non-sense, i personaggi singolari e la chimica fra le due protagoniste, mi ha completamente catturata. E, giorno dopo giorno, immaginare una storia simile per Mace e Marie è diventata quasi una necessità. Data la natura così diversa dei due canon di partenza (il film da cui sono tratti i personaggi e la web serie per il filo conduttore degli avvenimenti) non so bene come spiegare che cosa sia uscito (e uscirà) da questo connubio. Quel che è certo è che la mia intenzione è di creare qualcosa che sia un mix fra le due cose. Questa storia sarà un po' la mia comfort zone di questo periodo, perciò spero che mi perdonerete se mi lascerò andare a qualche licenza poetica - se così vogliamo chiamarle - per quei momenti non particolarmente logici che ogni tanto arriveranno perché, diciamolo, alcune situazioni alla Carmilla non ho alcuna intenzione di lasciarmele scappare! Perciò, se vi steste chiedendo se le ragazze saranno sempre sgnacchere e super cazzute, la risposta è sì ma non saranno ai livelli del film poiché, sebbene manterranno le loro caratteristiche, qui non saranno spie e avranno vent'anni (a parte colei che li avrà solo in apparenza, s'intende). Come dite? Avranno meno traumi? Questo non credo. ù_ù Mi rendo conto che questo prologo sia piuttosto rapido ma spero che abbia comunque saputo catturare la vostra curiosità. Qualunque segno del vostro passaggio vorrete lasciarmi sarà immensamente apprezzato. A presto, Cida |