Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: vrr_00    22/04/2024    0 recensioni
Non c'è occasione migliore della Vigilia di Natale per presentare il proprio fidanzato ai genitori.
Speciale Natale 2018 - Wattpad
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Clan Hyuuga, Hidan, Kakuzu, Tsunade
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Hidan iniziava a essere ansioso al pensiero di dover andare a cena dai genitori di Hanabi che, quel pomeriggio, lo aveva chiamato per comunicargli l'invito e una serie infinita di raccomandazioni su come comportarsi, soprattutto con suo padre, un uomo piuttosto severo e all'antica.

All'inizio aveva risposto scherzosamente alla lista infinitesimale di avvertimenti e consigli su come avrebbe dovuto presentarsi, esporsi, comportarsi, al cospetto di Hiashi Hyuga, una delle figure più potenti e ricche di tutto il paese.
''Devo dare del 'Voi' come nel Medioevo'?'' Aveva sghignazzato, mentre sorseggiava, stravaccato sul divano, una birra, guardando la partita di hockey che stavano trasmettendo in tv.
La ragazza dall'altra parte del telefono aveva sospirato, ammonendolo e continuando a elencargli altre istruzioni che lui, distratto dalla partita, non aveva minimamente ascoltato.
In realtà non aveva seguito sin dal principio il discorso della fidanzata che avevano iniziato a parlare a raffica, senza fermarsi un istante.
Quando lo aveva chiamato per dargli la notizia non aveva avuto chissà quale reazione, non era solito farsi problemi e paranoie, al contrario di Hanabi che, invece, sembrava piuttosto agitata e lui non ne capiva il perché, anzi iniziava ad essere piuttosto infastidito dal sentirsi continuamente dire cosa dovesse fare quella sera.
All'ennesimo 'mi raccomando', Hidan non ci aveva più visto: prendeva tutte quelle istruzioni come una mancanza di fiducia e di rispetto nei suoi confronti.
Sapeva che il padre di Hanabi fosse un uomo di vecchio stampo, la ragazza gliene aveva parlato già in passato, non c'era bisogno che continuasse a ribadirglielo fino a quando non lo avesse incontrato.
''Cazzo, Hanabi, ho capito! Mi stai trattando come un idiota!'' Aveva risposto rabbioso, facendo ammutolire la Hyuga, mettendosi seduto e passandosi una mano tra i capelli argentei, controllando che fossero in ordine.
Aveva assottigliato gli occhi magenta, osservando con attenzione il replay di un fallo, cercando minuziosamente di capire se effettivamente ci fosse stato un comportamento scorretto da parte di un giocatore.
''Mi dispiace, Hidan, non era mia intenzione offenderti...'' Aveva iniziato a dire l'altra, mortificata e resasi conto di stare assillando il compagno, nonostante una parte di lei fosse convinta che le raccomandazioni con lui non sarebbero mai bastate: conoscendolo avrebbe comunque fatto di testa sua, rischiando di rovinare tutto; l'unico modo per farlo comportare come lei, o meglio come i suoi genitori avrebbero voluto si comportasse, era sommergerlo con le sue ansie, in modo da farlo innervosire e successivamente fargli venire anche a lui ansia.
Perché Hidan era così: realizzava tutto all'ultimo, si rendeva conto di essere in una situazione seria, solo quando ormai ci era già dentro da un pezzo.
''Voglio solo che sia tutto perfetto.'' Aveva concluso Hanabi, speranzosa che il fidanzato comprendesse le sue ansie e gli desse la certezza che si sarebbe comportato nei migliori dei modi.

L'albino aveva abbandonato la schiena contro lo schienale del divano, buttando la testa all'indietro e osservando il soffitto bianco sopra di sé.
Sapeva che se non avesse fatto una buona impressione alla famiglia di Hanabi la loro relazione rischiava di concludersi quella sera stessa.
Essere discendenti di famiglie così potenti e antiche aveva i suoi difetti; uno di questi era dover mettere il futuro del Clan davanti a tutto, persino alla propria libertà e felicità.
I matrimoni combinati, anche tra membri della stessa famiglia, la divisione tra casata principale e secondarie, erano tradizioni, imposizioni, che erano state tramandate da generazione in generazione, nonostante i tempi fossero cambiati.
Hiashi aveva combinato, qualche anno prima, il matrimonio di Hinata, la sorella maggiore di Hanabi, non chè prima genita; il Capoclan aveva dato in sposa la figlia, che non si era minimamente ribellata al volere del padre, all'ultimo discendente di una delle più potenti e famose famiglie di tutto il paese: Toneri Otsuksuki.
Anche Hanabi, rischiava di avere il futuro già scritto.
Suo padre progettava l'unione del Clan Hyuga con quello Uchiha, un altro potente e antico Clan, da tempo.
Quando le aveva detto che stava organizzando un incontro con Fugaku Uchiha, per combinare il matrimonio tra lei e il figlio minore Sasuke, un coetaneo della sorella che aveva sempre considerato un morto in piedi proprio come suo cugino Neji, Hanabi aveva capito che era giunto il momento di uscire allo scoperto con Hidan, sperando che suo padre ritirasse la proposta.
Hiashi che voleva che le figlie avessero un futuro agevolato e soprattutto che il cognome Hyuga continuasse a essere tenuto alto, non era stato molto contento di sapere che sua figlia si frequentasse con uno sconosciuto, di sangue non nobile, almeno fino a quando non gli era stato detto che Hidan era figlio adottivo di Tsunade Senju, l'ultima discendente del suo Clan, che si era allontanata da Konoha da tempo, facendo perdere le sue tracce.
La donna essendo l'ultima diretta discendente dei Senju, i fondatori di Konoha, nonché nemici giurati degli Uchiha, era sempre stata circondata da diversi pretendenti che ambivano ai suoi soldi.
Tsunade, però, donna indipendente, non ché medico di successo e grande giocatrice d'azzardo a tempo perso, la sua dote l'aveva quasi tutta sperperata in sale d'azzardo.
Ovviamente ciò non lo sapeva nessuno, a parte Hidan, che viveva con la bionda e giovanile donna dall'età di dieci anni, quando l'aveva tirato fuori da un orfanotrofio.
Hidan doveva la vita a quella donna, nonostante il loro rapporto fosse conflittuale per via dei loro caratteri piuttosto forti: se non l'avesse adottato lei, probabilmente, non l'avrebbe fatto nessuno.
Sin da piccolo Hidan era stato piuttosto iperattivo, un vero demonio, camuffato da angelo; il suo aspetto candido aveva sempre mascherato la sua indole tutt'altro che pura.
Solo qualcuno con polso e pazienza, un carattere forte e combattivo, come Tsunade Senju, avrebbe potuto prendersi carico di crescere un bambino sopra le righe come Hidan che, da quella tettona ludopatica rifatta, come la chiamava lui, ne aveva prese un bel po' (e tutt'ora continuava a prenderle).

Hiashi aveva preso in considerazione, scoperto che il cognome di quell'Hidan era Senju, la possibilità di lasciare che la figlia continuasse a frequentarlo a patto che glielo avesse fatto conoscere al più presto.
Perché Hiashi, nonostante il cognome prestigioso, quel ragazzo non sapeva minimamente chi fosse, a differenza di Sasuke Uchiha, che, invece, conosceva molto bene e trovava un ottimo partito per la figlia.
Se quel ragazzo non gli fosse piaciuto, avrebbe ufficializzato l'accordo con gli Uchiha: in entrambi i casi Hanabi si sarebbe unita a una famiglia di alto rango e ciò gli bastava.
Ovviamente Hidan non sapeva nulla dei piani che l'uomo aveva per il futuro di Hanabi che aveva evitato di metterlo al corrente del possibile matrimonio combinato con Sasuke, altrimenti quella cena sapeva che si sarebbe trasformata in una strage.
''Non ti preoccupare bambina, mi comporterò come si deve.
So trattare con i vecchi scorbutici.'' L'aveva tranquillizzata lui, tirando le labbra in ghigno di sghembo, stiracchiandosi la schiena.
''Certo, Hidan, non ho da preoccuparmi se stasera tratterai mio padre come tratti tua madre e il suo compagno.'' Aveva risposto retoricamente Hanabi che, chiusa nella sua stanza, stava consumando il pavimento di parquet di legno di ciliegio a furia di camminare avanti e indietro per il nervosismo.
Davvero non voleva sapere come sarebbero finita quella cena se Hidan, con la sua boccaccia larga, avesse osato rivolgersi a suo padre in maniera sgarbata e inserendo dopo ogni parola un'imprecazione; probabilmente sarebbe stato divertente all'inizio, ma sarebbe finita maniera tragica: a suo padre sarebbe venuto un infarto, suo cugino avrebbe alzato le mani, sua madre sarebbe svenuta, sua sorella scoppiata a piangere, mentre lei avrebbe annegato la sua disperazione nell'alcool.
Hidan aveva colto l'ironia nelle parole di Hanabi; nonostante cercasse di sdrammatizzare la situazione che sembrava essere piuttosto pesante, la ragazza continuava a essere dubbiosa e preoccupata per quel dannato incontro.
Il ghigno sul volto dell'albino andò a dissolversi, mutando in un'espressione seria.
''Ti prometto che sarò serio e non dirò nulla di inopportuno.'' Le disse con serietà, iniziando a sentire una fastidiosa sensazione a livello dello stomaco, come se qualcosa si stesse formando al suo interno.
Le parole di Hidan pronunciate con un tono di voce più posato, riuscirono finalmente a far tirare un sospiro di sollievo ad Hanabi che sorrise dolcemente dall'altra parte del telefono.
Hidan scherzava sempre e prendeva tutto con leggerezza, poteva sembrare un ragazzo superficiale e sciocco, ma in realtà, quando voleva, era molto profondo e sapeva essere serio e ponderato; ovviamente questo accadeva molto, molto, raramente, era quasi un miracolo, ma non era impossibile.
Ma lei lo amava così come era, un po' fuori di testa e spensierato; se avesse voluto un ragazzo banale e senza personalità si sarebbe già lasciata mettere l'anello al dito da Sasuke Uchiha.
''Grazie. Ti amo.'' Aveva risposto, sedendosi sul letto e dando un attimo di tregua ai suoi poveri piedi che per tutta la durata della chiamata non avevano fatto altro che sfregare sul pavimento freneticamente.
L'altro invece aveva spento la tv, la partita era ormai finita, alzandosi dal divano e sorridendo lievemente al sentire quelle due parole che gli avevano solleticato dolcemente l'orecchio.

''Allora ci vediamo stasera alle otto; sarò puntuale.'' Disse, lanciando un'occhiata all'orologio appeso alla parete del salotto, che segnava le quattro del pomeriggio; aveva ben quattro ore per concentrarsi e prepararsi psicologicamente a passare una serata noiosa, tra le mura di Villa Hyuga.
''Va bene, ci conto.
Indossa il maglione che ti ho regalato.'' Hanabi si era abbandonata del tutto sul letto, spostando gli occhi grandi e chiari, simili a due perle, da un lato all'altro della stanza, senza troppo interesse.
''Cosa?! No! Quel coso è orribile!'' Aveva detto lui, senza mezzi termini, ripugnato all'idea di indossare quel disgustoso maglione di lana, con una trama natalizia, che non sopportava.
''Aspetta... brutta bastarda! Me l'hai regalato perché sapevi che sarei dovuto venire a cena da te per quest'occasione!'' Aveva aggiunto, dopo un secondo di riflessione.
In effetti ci era rimasto molto male, per non dire che si era davvero incazzato, quando la ragazza gli aveva regalato quell'indumento natalizio, sapendo che lui odiasse quella festa, più delle altre ricorrenze Cristiane, non essendo conforme al Cristianesimo.
''Diciamo che ci ho visto lungo...'' Aveva ridacchiato lei, ricordando l'espressione disgustata sul volto di Hidan quando aveva visto il pesante maglione di lana rossa e verde, con alcuni accenni di bianco.
Quel ragazzo non era per nulla bravo a fingere ed era fin troppo espressivo, in più non si faceva problemi a essere schietto e a dire cosa pensava.
Di fatti il pensiero rivolto a quel capo di abbigliamento l'aveva fatto subito sapere alla giovane Hyuga che non aveva potuto trattenersi dal ridere nel vedere quanto se la fosse presa il ragazzo.
''Sei un pezzo di merda!
Vuoi anche che mi metta a cantare quelle merdose canzoncine di Natale mentre faccio il presepe?! Vaffanculo stronza!'' Aveva inveito contro il telefono, iniziando a gesticolare teatralmente, con un'espressione cruce sul volto; con quel maglione addosso sarebbe stato ridicolo.
''HIDAN MODERA I TERMINI; RAZZA DI ALBINO ERETICO O TI STROZZO CON LE LUCI DELL'ALBERO!'' La voce profonda di Tsunade aveva echeggiato in tutta la casa, arrivando forte e chiara anche da Hanabi.
''STAI ZITTA VACCA BIONDA!
E POI NOI NON ABBIAMO UN ALBERO DI NATALE: L'ULTIMO L'HO BRUCIATO QUANDO AVEVO QUINDICI ANNI!'' Le aveva risposto urlando a sua volta Hidan, sbattendo i piedi a terra e avendo cura di allontanare il telefono, per salvaguardare l'udito della fidanzata che nonostante la premura dell'albino era rimasta lo stesso stordita dalle urla.
''COME MI HAI CHIAMATO!?
BRUTTA MERDA ANEMICA TI FACCIO PRENDERE COLORE A SUON DI CEFFONI SULLA BASE DI 'JINGLE BELLS' SE NON LA SMETTI!'' Tsunade aveva risposto agli insulti del figlio con una minaccia, facendo finalmente ammutolire Hidan che aveva percepito il passo pesante della donna lungo il corridoio.
Tsunade era una forza della natura, la ammirava davvero tanto per la sua determinazione e indipendenza; era anche una donna molto bella e giovanile, nonostante avesse già una cinquantina di anni ne dimostrava un bel po' di meno.
Certo, qualche ritocco se l'era fatto per avere una pelle così liscia e omogena, ma aveva comunque una buona base di partenza.

Rideva ancora, nonostante fossero passati mesi dal primo incontro con Hidan e successivamente con Tsunade, quando pensava a come li avesse conosciuti.
Lei, a differenza di sua sorella che per paura del padre non aveva mai osato uscire dalle righe, fare ciò che desiderava e godersi la vita, aveva sempre fatto un po' quello che voleva alle spalle del severo genitore e dal cugino Neji che, come un buon cane da guardia, le aveva sempre tenute d'occhio.
Più furba, scaltra e amante del pericolo, Hanabi che davanti ai genitori appariva una ragazza dolce, pura e con sani principi morali, in realtà era tutt'altro.
Era sempre stata più vivace e aperta di Hinata, ma nessuno avrebbe mai immaginato che fosse stata davvero così tanto aperta in tutti i sensi possibili.
Durante l'adolescenze ne aveva combinate di tutti i colori alle spalle della sua famiglia, riuscendo sempre a cavarsela anche nelle situazioni più difficili, a volte coperta da Hinata, l'unica con cui si era sempre confidata che, nonostante fosse contrariata e spaventata dai suoi comportamenti ribelli, l'aveva sempre aiutata; tutt'ora, nonostante fosse ormai maggiorenne, sua sorella continuava ad assisterla.
Era fortunata ad avere un così buon rapporto on Hinata che, oltretutto, era l'unica a conoscenza della sua relazione con Hidan che, nonostante non apprezzasse come persona, ritenendolo una brutta influenza per la sorellina già abbastanza piantagrane, aveva accettato; era contenta che almeno lei avesse sfruttato al meglio la sua libertà e che si fosse innamorata davvero, almeno una volta nella sua vita.
Per Hidan e Hanabi era stato amore, o meglio attrazione sessuale, a prima
vista.
Si erano conosciuti a un rave, grazie al loro amico in comune Deidara, non ché migliore amico e batterista della band Metal di Hidan: gli Akatsuki.
Perché sì: Hidan era un cantante e un chitarrista, che sognava di sfondare nel mondo del Metal, con qualche buon risultato almeno a livello locale.
La povera Tsunade si era pentita amaramente di aver permesso a Hidan di poter iniziare a suonare uno strumento, quello che doveva essere un hobby, un passatempo per tenerlo occupato e frenare la sua iperattività, con il tempo era diventato uno strumento di tortura per le sue povere orecchie quando il figlio aveva incominciato ad appassionarsi a un genere fastidioso, rumoroso e discusso come il Metal.
Anche Hanabi apprezzava quel genere musicale accattivante e aggressivo che gli aveva fatto conoscere sempre l'amico, Cupido per quanto riguardasse loro due, Deidara.
Quando aveva visto Hidan sul palco per la prima volta, urlare la squarciagola, stuprare la chitarra elettrica, aveva pensato che, assolutamente, quel ragazzo doveva essere aggiunto alla sua lista delle cose da fare.
Lo stesso era stato per lui che poco ci aveva messo poco a farle capire che voleva portarsela a letto, ammagliato dalla bellezza angelica di quella ragazza che, proprio come lui, in realtà era un demonio.
E così, dopo un paio di drink, di canne e due tirate di cocaina, erano finiti a casa del ragazzo eccitati e carichi di adrenalina.
Con l'alcool e la droga assunta, era stata dura guidare fino a casa, per Hidan, che era anche stato spompinato a dovere per tutta la durata del tragitto; era stato un miracolo che non avesse fatto alcun incidente.
Tra un bacio e l'altro, qualche palpata frettolosa, erano finiti sul divano, ormai incapaci di trattenere i loro istinti animali.
Purtroppo, però, tutta l'eccitazione dolorosa accumulata nelle loro parti intime, durante la serata, andò a scemare in fretta quando alcuni gemiti fin troppo rumorosi giunsero alle loro orecchie.

Hidan, che era sul punto di infilarsi dentro Hanabi con un colpo secco di bacino, si gelò sul posto e impallidì, nonostante la sua carnagione fosse già piuttosto chiara, quando realizzò che non solo non erano in casa da soli, che Tsunade fosse a casa e non all'ospedale per un turno di notte, ma bensì che la donna fosse a sua volta in compagnia e se la stesse spassando alla grande.
''Oh si, Kazu! Mungimi come una vacca.
Fammi muggire! Spingi più a fondo il tuo cazzone, riempimi con il tuo latte condensato...'' Avevano sentito chiaramente urlare dall'altra parte della casa, forte e chiaro; quella frase era stata quella più significativa, Hanabi, e probabilmente anche Hidan, la ricordava perfettamente, riusciva persino a ricordare le sfumature della voce di Tsunade, nonostante fossero passati ormai mesi dall'accaduto.
La reazione di Hidan non fu delle migliori: risvegliatasi dallo stato di shock, si era alzato barcollante dal corpo della ragazza, rimettendosi il pene, ormai afflosciatosi, nei pantaloni e aveva iniziato inveire bestemmie e insulti, come se durante quella sera le sue corde vocali non si fossero sforzate abbastanza, dirigendosi verso la stanza da cui erano emesse quelle urla oscene.
''TSUNADE, SCHIFOSA MILF, IO TI DENUNCIO PER ATTI OSCENI IN PRESENZA DI TUO FIGLIO!
E TU RAZZA DI FRANKESTEIN TOGLI SUBITO LE MANI DALLE MAMMELLE PENDENTI DI MIA MADRE O GIURO CHE FACCIO UN FALÒ CON TUTTI I TUOI MERDOSI SOLDI!'' Il richiamo di Hidan aveva messo fine alla serie di ansimi e gemiti, ma aveva dato il via a una serie di insulti tra le due parti.
''MA CHE OH!
MA PORCA DI QUELLA LAIDA MAIALA DI SAKURA, AGGUANTACAZZI, CON LA FOSSA DELLE MARIANNE AL POSTO DEL CULO, SI PUÒ SAPERE- OH PER JASHIN, CHE SCHIFO! COPRITEVI VECCHI RUGOSI!'' Dopo aver pronunciato la frase tra una bestemmia e un conato di vomito alla vista di sua madre a pecorina e il suo compagno alle spalle che la sorreggeva per il seno, aveva sbattuto la porta e se era tornato in salone da Hanabi, sedendosi di fianco a lei sul divano, con le mani nei capelli e la scritta 'voglio morire' stampata in fronte.
''Rimarrò traumatizzato a vita...
La candeggina...
Ho bisogno di lavarmi gli occhi con della fottuta candeggina.'' Aveva balbettato, con gli occhi magenta sgranati e velati da uno strato lucido.
Hanabi aveva guardato quello che rimaneva del ragazzo più figo e sexy che avesse mai incontrato in tutta la sua vita, ancora in stato confusionario, iniziando a pensare che fosse il caso di andarsene: quella sera non avrebbe concluso ormai più nulla.
''HIDAN, QUESTA È LA VOLTA BUONA CHE TI UCCIDO SUL SERIO.'' La stessa voce femminile che fino a poco prima era rotta e lussuriosa, aveva rimbombato minacciosa in tutta la casa, facendo venire i brividi di paura alla ragazza che si era alzata di scatto in piedi decisa a scappare il più lontano possibile da quel manicomio.
Tsunade Senju, una donna dai capelli biondi piuttosto spettinati, il rossetto rosso sbavato, vestita solo di una vestaglia da notte maculata che non riusciva a coprire nemmeno un terzo del suo prorompente seno, era apparsa avvolta da un'aura nera nella stanza principale, scagliandosi verso l'albino velocemente.
Hanabi ancora con il cervello in tilt, aveva osservato i seni della bionda, saltellare su e giù, da metà busto alla gola, a rallentatore, ritrovandoseli, poi, praticamente in faccia.
''CHE CAZZO MAMMELLAWOMAN! TI SEMBRA IL MODO DI PRESENTARSI?!'' Le mani di Hidan erano andate a coprire le perle che Hanabi aveva al posto degli occhi e l'aveva tirata verso di sé prima che la sua faccia venisse risucchiata nella fessura formatasi tra le tette di Tsunade.
''SMETTILA DI URLARE, BIANCANEVE O TI SOFFOCO CON QUESTE TETTE.'' Aveva risposto a tono la bionda, facendo poi un grosso respiro per calmarsi, sapendo che se avessero continuato a urlare in quel modo a quell'ora di notte, prima o poi qualche vicino, nonostante ormai le liti tra i due fossero il miglior spettacolo comico sulla faccia della terra, si sarebbe lamentato e si sarebbero ritrovati la polizia in casa.
Anche Hidan aveva smesso di urlare; ora, tratteneva il fiato e digrignava i denti, fissando dal basso la madre che lo stava sovrastando con la sua imponente figura.

''Credevo avessi il turno in ospedale e invece ti ritrovo a farti sodomizzare da quell'ammasso di cicatrici.'' Aveva borbottato poi, con un leggero broncio, inorridito al ricordo di quello che aveva visto poco prima.
''E io credevo che tu andassi a morire in qualche fosso stasera e invece ti ritrovo a casa con- Hidan lasciale la faccia la stai soffocando.'' Si premurò la donna, accortasi finalmente della presenza della giovane Hyuga che ancora con le mani di Hidan in faccia era immersa nel buio.
''Sei mezza nuda, anzi, sembri una donna delle caverne.'' Puntualizzò lui, non volendo che la ragazza si traumatizzasse più di quanto già non fosse.
''E che saranno mai un paio di tette?!
Anche lei ce le ha e mi sembra anche piuttosto grosse!'' Questo era stato il primo complimento che Tsunade aveva fatto ad Hanabi che scoppiò a ridere, non riuscendo più a trattenersi.
La risata genuina di Hanabi lasciò un attimo interdetti madre e figlio che si lanciarono uno guardo complice: d'altronde la ragazza era fatta e ubriaca, il giorno seguente non avrebbe ricordato nulla e probabilmente non l'avrebbero nemmeno più vista, come il resto delle ragazze che Hidan si era scopato.
Le aveva quindi lasciata libera, sospirando ormai calmatosi e tornato in sé.
Hanabi aveva sbattuto le palpebre un paio di volte fino a quando non era riuscita a mettere a fuoco l'ambiente circostante.
Quando Tsunade aveva visto per intero la ragazza non aveva potuto far a meno che fare una smorfia di assenso a Hidan: suo figlio aveva buon gusto quando si trattava di donne, ma Hanabi era davvero la più bella tra tutte quelle che avesse visto.
''Oh cazzo, Hidan! Ti stavi per scopare una Hyuga!'' Aveva poi esclamato Tsunade, portandosi una mano alla bocca, contornata di rossetto sbavato di un rosso scarlatto che faceva pendat con le sue unghie laccate con il medesimo colore.
Hanabi sentendosi presa in causa, si era presentata suscitando ancor più sgomento da parte della donna.
''Piacere signora, il mio nome è Hanabi.'' Le aveva detto, biascicando un po' e alzandosi in piedi per poterla guardare in faccia senza avere le sue enormi tette d'intralcio.
Sperava che anche le sue all'età di quella signora rimanessero altrettanto in buono stato.
''Piacere mio di avere la figlia del Capoclan Hyuga in casa, spero che mio figlio non ti abbia passato qualche malattia venerea.'' Aveva risposto lei, guardando male il ragazzo che aveva sbuffato sonoramente, abbandonato sul divano.
Hanabi aveva sorriso debolmente, intontita, barcollando un poco: alzarsi di scatto non era stata una buona idea.
''Stai seduta cara, mettiti comoda.
Io ti porto un bicchiere d'acqua.'' L'aveva fatta sedere subito la dottoressa, vedendola cedere: non ci teneva a doverla portare in ospedale e avere problemi con suo padre, il Capoclan.
''Fai due, tette a caciotta.'' Aveva aggiunto Hidan, lanciando un'occhiata di scherno alla donna, prestando poi attenzione ad Hanabi che, seduta di fianco a lui, lo fissava sorridente, per nulla imbarazzata o scioccata dall'accaduto.
Tsunade tornata con l'acqua aveva dato un paio di botte in testa ad Hidan che aveva ricominciato a insultarla e prendersela con lei per avergli traumatizzato l'esistenza.
Quando anche il compagno di Tsunade aveva fatto la sua comparsa, se l'era presa anche con lui.

Hanabi aveva riconosciuto quell'uomo alto e muscoloso, con lo sguardo cruce e la faccia sfregiata, l'aveva visto un paio di volte con suo padre e ricordava che quando era più piccola era rimasta piuttosto spaventata dalla sua figura cupa.
Non pensava che un uomo come Kakuzu Kita, così serio e posato, potesse essere l'amante di una donna altezzosa e provocante come la Senju; in realtà si chiedeva come, dato il comportamento poco amichevole del figlio che trattava sia la madre che lui senza un minimo di rispetto, non lo avesse ancora strozzato.
''Kuzu, sappi che non ti accetterò mai come padre.'' Aveva ribadito Hidan, puntellando il petto del mastodontico dell'uomo che con i suoi occhi insanguinati lo guardava dall'alto, trattenendosi nell'ucciderlo e toglierselo una volta per tutte dai piedi.
''E io non ti accetterò mai come essere vivente utile.
Toglimi quel dito di dosso o te lo ficco nel tuo orifizio.'' Aveva replicato pacatamente, con estrema calma e un linguaggio per nulla scurrile, non adatto a Hidan, il quale si sentiva raggirato e trattato come un idiota quando quel vecchio spilorcio di un contabile gli parlava in quel modo e con tutta quella tranquillità, quando in realtà sapeva benissimo che lo odiava a morte e lo avrebbe voluto vedere sottoterra, ucciso da lui stesso.
''Parla come mangi... anzi, parla come quando inculi mia madre: lì non ti trattieni con le parolacce, eh!'' Soffiò, ghignando, Hidan, ricevendo un grugnito di risposta.
Successivamente l'attenzione dell'albino si era rispostata su Hanabi che sembrava essersi ormai ripresa e iniziava a essere lucida, oltre che a sentire un grande bruciore allo stomaco, per via dell'alcool, oltre che a un gran senso di fame.
Così, Hanabi, aveva fatto la conoscenza nei migliore, o nel peggiore, dei modi, ancora non lo sapeva, di Hidan e di sua madre.
Dopo quella nottata per nulla propizia sessualmente, i due erano finiti al McDonald's a soddisfare il bisogno di cibo spazzatura che richiedeva il loro corpo distrutto dalla festa.
Tornati (quasi) sani e lucidi si erano messi a parlare del più e del meno, poi Hidan si era scusato per quello che era accaduto e l'aveva riaccompagnata a casa.
Nonostante non avessero fatto sesso e non avessero ottenuto l'appagamento fisico che avevabo cercato, entrambi si erano trovati bene l'uno con l'altra durante quel breve attimo in cui avevano parlato, capendo che c'era affinità tra di loro.
Così con la promessa di rivedersi per concludere ciò che realmente non avevano nemmeno iniziato, avevano incominciato a frequentarsi, prima solo per il sesso, poi per quell'affinità che nessuno dei due aveva mai trovato con nessun altro; così dall'attrazione fisica, erano passati a quella mentale e infine emotiva, rendendosi conto che erano entrambi l'uno innamorato dell'altra.
I litigi, per lo più per sciocchezze, durante quei mesi non erano mancati, ma erano sempre riusciti a superare le difficoltà e avevano iniziato a fare coppia fissa.

''Hanabi? Ci sei ancora? Scusa, ma la latteria bionda continuava a urlarmi addosso.''
Hidan l'aveva chiamata, riportandola alla realtà e facendola rendere conto di essersi persa la litigata tra madre e figlio che, solitamente, erano piuttosto esilaranti.
Il rapporto amore-odio tra Hidan e Tsunade l'aveva sempre molto affascinata, a volte persino invidiava la completa sincerità con cui quei due si parlavano, senza mezzi termini e filtri: quello che pensavano dicevano, non importava se ferisse l'altro o meno, l'importante era non avere segreti e accettare l'uno i difetti e gli sbagli dell'altra.
Magari avesse potuto anche lei essere così sincera e spontanea con i suoi genitori senza rischiare di essere trattata come la pecora nera della famiglia, il disonore del clan e venir tenuta rinchiusa in casa per tutto il resto della sua vita.
Invece doveva fingere, essere falsa, mentire, con il costante senso di colpa per star facendo qualcosa alle loro spalle e la paura di essere scoperta, perché i suoi genitori non avrebbero mai accettato quello che le interessava, le piaceva realmente.
''Sì, ci sono.
Allora siamo d'accordo per stasera?'' Gli aveva risposto, sorridendo teneramente, mentre i suoi occhi erano fissi sul soffitto di un bianco candido che gli ricordava tanto il colore dei capelli del suo ragazzo.
''Sì, sì. Come hai deciso tu...'' Aveva borbottato lui, chiudendosi la porta della camera, in cui si era rifugiato per non continuare a essere infastidito dalle urla di sua madre, alle spalle.
''Perfetto.
A dopo, allora.'' L'aveva salutato, allungando il braccio verso l'alto, aprendo e chiudendo il pugno, come per afferrare qualcosa, immaginandosi di passare le dita tra la chioma perfettamente acconciata del ragazzo, scompigliandogliela.
''A patto che tu indosserai il mio regalo.'' Aveva in seguito sghignazzato Hidan, prima di buttarsi sul letto, rotolandosi su di esso sino a trovare la posizione ottimale.
Hanabi, che pensava di aver messo fine alla conversazione, tirò le labbra in un sorriso malizioso, riabbassando il braccio.
''Non credo ci sarà l'occasione di vedermelo indosso sta sera, almeno che tu non voglia spogliarmi davanti alla mia famiglia.'' Ribattè lei, lanciando istintivamente un'occhiata verso il comododino in cui era nascosto il regalo che Hidan le aveva fatto.
''Il solo sapere che lo hai indosso mi basta e, poi, bhe... potrei anche farlo.
Non sfidarmi, baby.'' Le aveva risposto lui, mordendosi il labbro inferiore e immaginandosi il corpo perfetto della sua ragazza coperto appena, nei punti giusti, da quei miseri pezzi di stoffa rossa che componevano quel completino intimo provocatorio, sentendo una scaica di eccitazione percorrergli il corpo.
Lei ridacchiò al commento di Hidan, sapendo benissimo che, per quanto fuori di testa potesse essere, non si sarebbe mai spinto tanto oltre: era troppo geloso e possessivo per fare una cosa del genere; solo lui aveva il permesso di vederla nuda e in quello stato di benessere fisico e mentale che raggiungevano quando facevano sesso.
''Va bene, va bene.'' Aveva acconsentito lei, mettendosi seduta sul letto, sentendo bussare alla porta.
''Adesso devo andare, ci vediamo stasera.'' L'aveva salutato di nuovo, guardandosi in giro distrattamente, aspettando una risposta dall'altro, prima di attaccare.
''Ciao bambola, a stasera.'' Rispose Hidan, stiracchiandosi sul letto, aspettando che fosse lei a mettere fine alla chiamata.

Rimasto da solo, in silenzio, tra le mura della sua stanza, il ragazzo aveva iniziato a ripensare a ciò che Hanabi gli aveva detto e che lui aveva ignorato, a cui non aveva dato peso; non si riferiva solo alle raccomandazioni fattagli pochi minuti prima ma anche ai racconti sulla sua famiglia che gli aveva fatto in passato e lo avevano lasciato basito.
Non poteva di certo definire la sua famiglia normale, d'altronde sia lui che Tsunade sapevano di essere due scoppiati fuori di testa e ne andavano anche parecchio fieri, però anche la famiglia di Hanabi non scherzava nell'essere strana.
A volte la giovane Hyuga sembrava davvero stressata ed esasperata dalla sua famiglia così chiusa e opprimente e ciò non era positivo per la sua salute: per fuggire dallo stato di repressione in cui veniva costretta a vivere quando era tra le mura di casa, si sfogava abusando, a volte in maniera esagerata, di alcolici e stupefacenti.
Ovviamente Hidan era l'ultimo a poterle fare la predica, d'altronde lui era il primo a farne uso e a procurargli il tutto, però gli dava parecchio fastidio comunque perché, secondo lui, non era possibile che una persona per poter avere un attimo di libertà fisica e mentale dovesse ricorrere a drogarsi.
Per lui l'alcol e la droga erano solo strumenti per enfatizzare ancor di più le sensazioni positive, che portavano a uno stato di benessere, con sè stessi e con gli altri, superiore; usandole solamente per questo scopo, una volta ogni tanto, non diventavano una dipendenza, o almeno non per lui, essendo in pace con sé stesso e non avendo chissà quali grandi problemi.
Era invece convinto che, usate come le utilizzava Hanabi, per scopo evasivo, per estraniarsi da una realtà che non appaga, potevano diventare qualcosa di pericoloso, che porta a una vera e propria ossessione, un bisogno primario, per cui si avrebbe fatto di tutto pur di averne un po'.
Lui, di certo, non voleva che la sua ragazza diventasse una tossicodipendente per colpa di come la trattava la sua famiglia di antiche teste di cazzo, come era solito definirle lui.
Più volte le aveva suggerito di mandare tutti a quel paese e iniziare una vita sua, lontano da quella setta di bigotti che portavano il suo stesso cognome, di ribellarsi e dare l'esempio ad altri suoi parenti di nuova generazione che erano, come lei, costretti a seguire il volere del Clan.
Hidan era sempre stato un ragazzo rivoluzionario, che puntava a sovvertire tutto quello che andava contro le sue ideologie; quando si trattava di mettersi in gioco per andare contro a sistemi ritenuti scorretti era il primo a fomentare la rivolta.
Ma Hanabi, pur non essendo una codarda e avendo un gran carattere, non aveva mai voluto seguire il suo consiglio, nonostante sapesse che ci sarebbe stato lui a sostenerla e a ospitarla in caso di abbandono del Clan.
Per quanto potesse odiare quelli che erano gli usi, le idee e i modi di agire del Clan rimanevano pur sempre la sua famiglia e lei non voleva rovinare i rapporti con i suoi genitori e soprattutto con sua sorella; se avesse agito in maniera così sconsiderata il legame tra lei e Hinata si sarebbe spezzato: suo padre avrebbe fatto di tutto pur di impedirle di interagire di nuovo con lei, con qualsiasi altro membro del Clan, per non parlare di quello che avrebbe potuto fare per rovinarle la vita.
E siccome anche Hidan faceva parte di essa non voleva assolutamente che lui fosse messo in mezzo a questioni familiari, almeno fino a quando i suoi genitori non lo avrebbero accettato come suo fidanzato e, lei sperava in cuor suo, anche come futuro genero.
Una volta sposati, una volta che sarebbe diventata sua moglie, allora sì che avrebbe potuto far della sua vita quel che voleva, ormai non più sotto il dominio del padre, nonostante quest'ultimo sarebbe comunque rimasto ben presente.
Ma, ovviamente, queste erano solo fantasie di una ragazza desiderosa di libertà: prima di poter parlare di matrimonio con Hidan sarebbe dovuto passare ancora un bel po' di tempo.
D'altro canto, lui non si era mai esposto così tanto e lei poteva ben capirlo: ad appena ventiquattro anni, nel bel mezzo di una possibile carriera da musicista, il suo primo pensiero non era di certo quello di sposarsi con lei che, invece, indottrinata sin da bambina per essere data in sposa non appena raggiunta la maggior età, che ormai aveva superato da un paio di anni, iniziava già a pensarci.
Hidan aveva sospirato, con il telefono ancora tra le mani, iniziando a percepire quel fastidio alla bocca dello stomaco che gli veniva quando l'ansia iniziava a prendere possesso del suo cervello.
Era ancora troppo presto per iniziare a prepararsi per la serata, ma non abbastanza per non iniziare a prepararsi psicologicamente a quello a cui sarebbe dovuto andare in contro.

Capì di essere del tutto nel panico quando iniziò ogni minuto a guardare l'orologio che sembrava non voler scandire più il tempo.
Da una parte era contento di potersi godere ancora qualche ora di pace prima dell'evento, dall'altra, invece, voleva che l'ora prestabilita arrivasse al più presto, per potersi togliere il peso, sperando ciò accadesse in maniera positiva.
Aveva davvero paura di poter commettere qualche errore fatale e che i genitori di Hanabi, di conseguenza, potessero reagire male impedendogli di vedere loro figlia: al solo pensiero gli prudevano le mani dal nervoso e l'ansia si espandeva ancor più nel suo corpo.
I livelli di ansia nel suo corpo avevano raggiunto l'apice nel momento in cui aveva parcheggiato l'auto e si era recato davanti all'entrata principali della maestosa villa in cui gli Hyuga abitavano.
Con il volante stretto tra le dita aveva lanciato un'occhiata all'Abre Magique, l'unico pino che la sua vista sopportasse, appeso allo specchietto, in cui si era successivamente specchiato, dondolare da un lato all'altro, decidendo che sarebbe sceso dalla macchina solo quando si sarebbe fermato.
Non era la prima volta che vedeva quell'enorme struttura da lontano, gli era capitato, anche se raramente, di riportare Hanabi a casa e aveva potuto constatare che a quella famiglia i soldi uscivano proprio dal culo.
Quella sera, però, la lussuosa e imponente villa, gli era sembrata una casa degli orrori in cui non sapeva quale genere di mostri avrebbe potuto incontrare e, soprattutto, che cosa avrebbero potuto fargli.
Il cancello principale si era aperto per farlo entrare, emettendo un fastidioso cigolio, che lo fece pentire di essere arrivato con ben venti minuti di anticipo; anzi, in realtà si era proprio pentito di aver dato conferma di disponibilità quella sera.
L'albino non era di certo un codardo, ne si faceva intimorire dalle persone con qualche anno in più di lui e con un pessimo carattere, sua madre e Kakuzu ne erano l'esempio, più che altro aveva paura di sé stesso, di come avrebbe potuto reagire nel caso la situazione fosse diventata insostenibile per lui che di pazienza e di abilità nel trattenere la rabbia, come qualsiasi altra emozione, non ne aveva.
Per una volta, per la prima volta in tutta la sua vita, avrebbe voluto essere un'altra persona, con un carattere meno temperato e la capacità espressiva di un sasso: almeno così avrebbe potuto fare una bella impressione a quel gruppo di gente che non sapeva come si utilizzassero i muscoli facciali.
La maestosa villa era addobbata, come la maggior parte delle case durante quell'odioso periodo, con luci intermittenti.
Per fortuna, pensò Hidan, che con tutti quei soldi che possedevano non avevano riempito l'immensa casa di decorazioni pacchiane e pupazzi di renne e Babbo Natale ma si erano solo limitatati ad abbellirla con alcune luci bianche fredde, che pendevano lungo il cornicione del tetto.

Hidan odiava il Natale e tutto quello che lo riguardasse: le luci psichedeliche che venivano appese il primo Novembre, le canzoncine che parlavano di amore e di amicizia, le persone che, pur non essendo credenti, magicamente, durante la festività, diventavano le persone più caritatevoli e Cristiane, osannando la nascita di Gesù.
Natale, come qualsiasi altra ricorrenza, era soltanto una mera scusa per fingersi buoni e credenti, per godersi un po' di tempo libero, per sperperare i propri soldi in regali e ingozzarsi di cibo.
Non capiva perché le persone dovessero essere tanto ipocrite e false; non c'era bisogno di alcuna festa, alcuna scusa, per fare quella lista di cose che, la maggior parte delle persone, si riduceva a fare durante quel periodo.
Questo era il pensiero del cinico e non credente Hidan che sin da bambino, quando era in orfanotrofio, quella festa l'aveva sempre vista come una presa in giro.
In quel periodo della sua vita l'aveva disprezzata perché vedeva il modello della famiglia felice, con i bambini che ricevevano doni dai genitori, un'utopia, qualcosa che lui non avrebbe mai potuto vivere di persona.
Di conseguenza, essendo sempre stato un bambino capriccioso e dispettoso, se lui non poteva essere felice e godersi quella festa, nemmeno chi lo circondava l'avrebbe fatto.
Poveri i bambini che erano stati in comunità con lui che scoprirono a tempo non debito che Babbo Natale non era nient'altro che una presa in giro; per non parlare di chi gestiva la struttura che avevano dovuto fermare la sua furia distruttrice diverse volte, evitando che il bambino desse fuoco all'albero di Natale.
Una volta adottato e cresciuto, il suo essere eretico e il disprezzo per la festa non erano sopariti, anzi, avevano assunto un significato più profondo e sensato.
Tsunade non aveva perso la voglia di festeggiare il Natale e non si era arresa subito alle manie di distruzione di Hidan, nemmeno quando, dopo appena due anni di convivenza con il bambino, tornata a casa dal lavoro, una sera, aveva trovato l'albero distrutto, il Babbo Natale di stoffa, che durante il Natale usava come fermaporta, impiccato sulla scala con le luci e le statuine del presepe con tutte le teste bruciate.
E, mentre lei disperata, guardava con gli occhi sgranati, le palle, che una volta erano state sull'albero, frantumate al suolo, Hidan, a quei tempi dodicenne, era in cima alla scala, con un ghigno sadico sul volto, il cartone di latte in una mano e una fetta di panettone nell'altra.
Nemmeno gli anni successivi, una volta cresciuto e diventato ancor più furbo e pericoloso, la donna aveva smesso di tentare di addobbare un minimo la casa, nonostante finesse sempre per ritrovarla sottosopra.
Si era convinta di dover escludere il Natale dalla sua vita, solo quando il ragazzo, quindicenne, aveva dato fuoco all'abete, che fortunatamente aveva avuto l'accortezza di portare fuori in giardino, insieme a tutte le decorazioni natalizie trovate in giro.
Quel gesto estremo, oltre che avergli fatto rischiare di finire con i servizi sociali, gli aveva anche portato a una grande quantità di bernoccoli sulla sua testa albina.
Da quel giorno si era dato una calmata, anche perché, lui, nonostante tutto, con Tsunade si trovava bene e non voleva, proprio quando aveva accettato la sua imponente e opprimente presenza, nonché figura materna, finire di nuovo in comunità.

Hidan aveva fatto un grosso respiro, soffiando fuori dalle narici una nuvoletta di aria calda, giunto ormai davanti alla porta di Villa Hyuga, sulla quale era appesa una ghirlanda verde e rossa che augurava all'ospite un buon Natale.
Si era dato un'ultima sistemata ai capelli, anche se realmente non ne avessero alcun bisogno in quanto erano ben ricoperti di cera e lacca, tirai perfettamente all'indietro, mettendosi ben dritto sulle spalle e tirando le labbra in un sorriso appena accennato che aveva pensato fosse il giusto equilibrio tra l'essere serio e la voglia di morire.
In una mano teneva una bella stella di Natale che sua madre si era premurata di prendergli in modo da non farlo presentare a mani vuote; menomale che ci aveva pensato lei, oppure si sarebbe ridotto a portare in dono una cassa di birra da due soldi alla famiglia della fidanzata.
Con l'altra libera aveva suonato il campanello che sentì echeggiare all'interno della casa, poco percepì dopo un rumore di passi e del vociare sempre più vicino.
Ed ecco che la porta venne finalmente spalancata da Hanabi che, sorridente, gli aveva fatto cenno di entrare.
Quando l'aveva vista, così bella dentro al suo vestito nero attillato che la fasciava perfettamente nei punti giusti e si era ricordato che, sotto quello strato ti tessuto, c'era della biancheria intima piuttosto provocante, una buona parte della sua ansia era scemata, andando a trasformarsi in eccitazione che, però, ben presto venne repressa, quando vide alle spalle della fidanzata il resto della famiglia con i loro occhi spenti e perlacei, fissarlo insistentemente.
Allineati uno in fila all'altro, i componenti della famiglia Hyuga lo stavano squadrando da capo a piedi, nemmeno fosse un extraterreste: non avevano mai visto un albino?
Ritirò la sua insinuazione quando vide, a fianco di quella che era Hinata, un ragazzo con la medesima carnagione candida e i capelli bianchi, che, come un intruso in quel gruppo di cloni, lo fissava con i suoi occhi azzurro cielo con delle sfumature bluastre e un sorriso finto, ancor più del suo.
''Mamma hai visto?! Anche lui è bianco bianco!'' Una bambina paffuta, che non aveva notato inizialmente, aveva tirato il lembo della gonna di Hinata, indicandolo e fissandolo con i suoi due grandi occhi azzurri e un sorriso raggiante in volto.
Quella doveva essere la figlia di Hinata e di quell'uomo albino anche se, Hidan, non aveva trovato poi chissà grande somiglianza con l'ultimo; nemmeno gli occhi, nonostante fossero dello stesso colore, erano simili gli uni agli altri.
Hanabi aveva preso successivamente parola, notando la faccia spaesata del fidanzato che, probabilmente, in panico, aveva iniziato a studiare in silenzio la sua famiglia.
''Mamma, papà: lui è Hidan.'' L'aveva presentato, solenne, guardando prima in direzione dei suoi genitori e poi nella sua, facendogli cenno con gli occhi di spiccicare parola.
''Buonasera signore e signora Hyuga; è un piacere per me fare la vostra conoscenza.'' Aveva detto lui, dopo essersi schiarito la voce e fatto un paio di passi avanti in direzione dei due, con Hanabi al suo fianco che gli si era attaccata al braccio e, praticamente, l'aveva obbligato ad avvicinarsi di più.
''Il piacere è nostro; sai, Hanabi recentemente ci ha parlato tanto di te.'' Gli aveva risposto la signora che sembrava Hinata versione cinquantenne.
Lui sorrise debolmente, lanciando un'occhiata impaurita alla fidanzata, domandandosi che cosa esattamente avesse detto sul suo conto.
''Ah! Questa è per lei.'' Si era ricordato di dire Hidan, allungando la pianta rossa verso la donna che lo aveva ringraziato del pensiero, sorridendogli di rimando.
Hidan, da gentiluomo gigolò quale era, si stava per far scappare un complimento per il bell'aspetto della donna; fortunatamente si trattenne perché, altrimenti, avrebbe dovuto estendere l'apprezzamento anche alle altre due donne e i due uomini Hyuga presenti, avendo tutti quanti gli stessi lineamenti.
La parte più difficile arriva ora: doveva conquistare il rispetto del padre di Hanabi e del cugino Neji, il cane da guardia delle due sorelle.
''Signor Hyuga.'' Aveva detto, allungando la mano pallida verso l'uomo con i lunghi capelli bruni, leggermente ingrigiti verso le tempie, che scettico aveva ricambiato il gesto, stringendogliela.
Hidan aveva stretto la mano il più forte possibile per far capire all'altro che non era affatto intimorito dalla sua presenza e che non era una femminuccia senza attributi.

''Lui invece è mio cugino Neji, anche se in realtà è come un fratello maggiore per me e Hinata.'' Aveva introdotto l'uomo dalla folta chioma mora e lo sguardo serio, Hanabi, spostando poi gli occhi sulla sorella che stava, anch'ella osservando la scena condividendo l'ansia della più piccola.
L'albino strinse anche al cugino la mano che sembrava volergliela rompere, tanto gliel'avesse stretta; quello era un vero e proprio avvertimento: una mossa falsa e sarebbe finito nei guai.
Hidan ricambiò l'occhiata di astio del moro con una confusa e pensierosa: aveva come l'impressione di aver già visto quel tipo da qualche parte e, no, non era una sensazione indotta dal fatto che assomigliasse ad Hanabi, era proprio sicuro di aver visto proprio lui, anche se non e ricordava l'occasione.
Hinata l'unica che avesse mai conosciuto di tutta la famiglia Hyuga, arrossì notevolmente quando arrivò il suo turno; essendo molto timida e facilmente influenzabile da qualsiasi carineria nei suoi confronti, aveva preso la stessa colorazione della stella di Natale che Hidan aveva portato, quando le era andata in contro per salutarla in maniera meno formale degli altri.
''Ti trovo bene Hinata, era da tanto che non ti vedevo.'' Le disse, avvicinando il viso al suo, facendo scontrare i loro zigomi prima da un lato e poi dall'altro.
L'aveva sentita perfettamente tremare e balbettare qualcosa per via di quel contatto troppo intimo che non si era di certo aspettata di ricevere.
L'albino stava ghignando mentalmente per quella reazione prevedibile e che aveva istigato volutamente; in realtà non conosceva poi molto Hinata, l'aveva vista un paio di volte quando era venuta a prendere Hanabi, ma l'aveva inquadrata subito, grazie anche ai racconti della sorella.
Nonostante fosse felicemente fidanzato, gli piaceva essere desiderato e saper di avere potere sul genere femminile; con Hinata, poi, era estremamente semplice farsi desiderare: bastava uno sguardo un po' più ammiccante del normale, una parola pronunciata in modo più lento e con tono più basso e il gioco era fatto.
Tutto questo ovviamente era solo per divertimento, perché le reazioni di Hinata, più di quelle delle altre donne, erano estremamente esagerate e buffe: aveva già una Hyuga al suo fianco e l'amava e la rispettava come mai aveva fatto con nessun altra; non si sarebbe mai azzardato a tradirla o anche solo pensare di farlo.
''Ciao, io sono Himawari!'' La bambina che aveva addocchiato qualche minuto prima, si era fatta avanti, guardandolo dal basso con un sorriso un po' sdentato e storto e le guanciotte arrossate.
Per essere la figlia di Hinata non era così timida e silenziosa come aveva immaginato, anzi sembrava piuttosto energetica e dalla parlantina facile.
C'era solo un piccolo problema: Hidan odiava i bambini non era proprio in grado di averci a che fare.
Era un po' come la questione del Natale: li trovava inutili, rumorosi e fastidiosi; insomma, dei distributori ambulanti di feci, lacrime e urla.
Ma, d'altronde, non poteva essere biasimato, nonostante questo suo pensiero potesse risultare incoerente visto che anche lui era stato bambino, uno dei più fastidiosi e rumorosi, era la verità o almeno in parte.
''Ciao bambina.'' Si era limitato a dire, abbassando un poco il capo verso di lei e cercando di essere il più naturale possibile nel parlare in modo pacato.
''Non sono una bambina! Ho dieci anni, io!'' Ribattè spiccata la giovane Hyuga, incrociando le braccia al petto, con fare superiore e espressione solenne in volto, come se con quell'affermazione avesse potuto stupirlo.
Lui aveva annuito con le labbra tese, trattenendosi nel pinzarle con le dita le guance paffutelle e tirargliele fino a farle diventare viola.
''Lui invece è Toneri, il marito di Hinata.'' Aveva presentato l'ultimo rimasto, l'uomo albino dalla chioma folta e bianca, con un sorriso stampato in volto, che a Hidan parve piuttosto viscido.
Quando Hanabi aveva pronunciato la parola 'marito', sapendo che in realtà quello non era che un estraneo per Hinata, aveva lanciato uno sguardo alla suddetta, notando che si era rabbuiata e aveva abbassato lo sguardo sulla figlia, facendole, successivamente, una carezza tra i capelli del medesimo colore dei suoi.
Hidan aveva stretto la mano del suddetto notando che la sua stretta, diversamente da quella dei due Hyuga, non era per niente forte e sicura, anzi, sembrava piuttosto fiacca.
Il ragazzo aveva guardato negli occhi l'uomo, che non aveva per nulla un espressione cupa e seriosa, tutt'altro, era piuttosto rilassata; ben presto capì perché: guardandolo meglio, i suoi occhi erano vacui e persi, probabilmente il marito di Hinata, il genero che Hiashi aveva scelto, non era poi così perfetto come lui pensava.
Da consumatore di sostanze stupefacenti non ci aveva messo molto a capire che Toneri avesse assunto, in una quantità non trascurabile, qualche pastiglia di buona qualità; non sapeva se essere sollevato o meno nel sapere che in quella famiglia, all'apparenza rigida e impeccabile sotto ogni aspetto, in realtà non era poi, almeno nella sua totalità, così.
A questo punto, il giovane albino, non poté che domandarsi se durante il corso della serata non avrebbe scoperto qualche altro aneddoto interessante, qualche altro lato nascosto, dei membri della famiglia Hyuga.

''Non stiamo qui davanti all'entrata, avanti, andiamo ad accomodarci.'' Aveva suggerito la signora Hyuga, facendo strada al resto dei presenti che la seguirono in massa.
Hanabi aveva trattenuto per un braccio il fidanzato con la scusa di farsi lasciare il giubbotto.
''Non hai messo il maglione, bugiardo.'' Aveva detto a denti stretti, a bassa voce, osservando il fidanzato con le sopracciglia crucciate
Hidan aveva alzato le spalle ghignando.
Di fatti, il ragazzo, non aveva seguito l'istruzione della fidanzata e non aveva indossato quell'orribile maglione Natalizio, che in realtà aveva fatto sparire qualche giorno prima, buttandolo nel caminetto.
Si era limitato a indossare un maglione nero, uno dei pochi indumenti sobri, senza borchie, teschi, squarci o scritte incomprensibili, sopra dei jeans del medesimo colore: era in lutto per il suo spirito Natalizio.
Si era convinto di aver fatto bene a mantenersi sul nero: se avesse indossato qualcosa di colorato e sgargiante avrebbe stonato tra gli Hyuga che, proprio come lui, erano rimasti sulle tonalità scure; la bambina, la più eccentrica con il suo vestitino rosso con i ponpon bianchi che la faceva sembrare un elfo di Babbo natale, aveva osato un po' con i colori.
''E tu? Hai indossato quello che ti ho chiesto o no?'' Le aveva chiesto, allora, lui, con tono suadente, allungando la mano che le aveva messo intorno a un fianco verso la sua natica, fasciata in quel vestito piuttosto aderente.
Hanabi gli aveva quasi staccato il braccio, facendo presa su un nervo, facendo quasi contorcere il fidanzato dal dolore; a volte Hidan si dimenticava che, nonostante l'apparenza innocua, la fidanzata, in realtà, era ben capace di difendersi avendo praticato arti marziali.
''Sì, ma tanto non avrai occasione di controllare di persona.
Adesso andiamo.'' Rispose la mora, allentando la presa sul suo arto e trascinandolo nell'immensa sala da pranzo di casa sua.
A Hidan per poco non venne accecato quando i suoi occhi si mossero, curiosi, nella stanza, decorata piuttosto vistosamente con ogni genere di addobbo d'orato e luci a intermittenza.
L'albero era enorme, il più grande e rigoglioso che avesse mai visto, ed addobbato con sfere, che dovevano essere piuttosto delicate e costose, di vetro; la stella in cima ad esso, sembrava una di quelle palle da discoteca riflettenti, che catturano le luci per farle poi ridisperdere nell'ambiente: Hidan aveva bisogno degli occhiali da sole, di un po' di benzina, di un accendino e di una mazza da baseball per rendere quel soggiorno più vivibile e meno psichedelico.
Anche la tavola era imbandita con ogni genere di decorazione Natalizia possibile: la tovaglia rossa, il centrotavola di vischio con al centro un'enorme e rossa candela, che a Hidan pareva un cero, le posate d'argento, i piatti segnaposto d'orati; tutto era estremamente curato nei minimi dettagli, non c'era niente fuori posto.
Hidan non potè che sentirsi un po' a disagio dinanzi a tutto quello sfarzo; non che lui fosse povero, Tsunade era una Senju e con il suo lavoro guadagnava bene, nonostante sperperasse un po' di denaro nel gioco d'azzardo, però, di certo, la sua ricchezza non era di certo paragonabile a quella degli Hyuga.
Una volta accomodati a tavola iniziò l'interrogatorio.
Hidan sapeva, si era preparato psicologicamente, durante il pomeriggio, a dover rispondere in maniera completa e senza usare imprecazioni al posto delle virgole, a tutte le domande che gli avrebbero fatto i parenti di Hanabi.
Il problema, però, non stava tanto nel dover mantenersi calmo e rilassato, anche davanti alle domande più scomode e complicate, nonostante già questo, per lui, non fosse poi così semplice come voleva far credere, ma bensì mentire, non essere sé stesso, doversi inventare frottole plausibili sul momento, in base anche a quello che Hanabi aveva detto in precedenza sul suo conto, era questo il vero problema.
Hidan sapeva di non essere per nulla bravo a dire dicerie, ne tantomeno a inventarsele: tutte le volte che aveva provato a inventare una scusa, era stato bloccato nell'immediato, tradendosi con le espressioni facciali; non c'era niente da fare, era un caso perso, lui era troppo spontaneo e trasparente per comportarsi in maniera falsa.
Il ragazzo era accerchiato: a capotavola, alla sua sinistra, sedeva Hiashi, con la visuale migliore sulla tavolata che lo osservava di profilo, con i suoi occhi attenti.
Davanti a lui, dal lato opposto, c'era Neji, il cugino-cane da guardia delle due sorelle che, da quando Hidan aveva avuto quella sensazione di averlo già incontrato altrove e lo continuava a osservare pensieroso, si era mostrato più docile e aveva smesso di ringhiare, insospettendolo ancor di più e facendogli intuire che, allora, davvero, avevano già avuto il piacere di incontrarsi e, a quanto pareva dallo stato ansioso del moro, anche in un'occasione non molto piacevole.
Fortunatamente aveva Hanabi al suo fianco che gli trasmetteva un po' di sicurezza.
Avrebbe preferito essere collocato in mezzo alle donne, al posto dell'altro albino che, in completo stato di trans, non si stava minimamente godendo la bella presenza delle signore.

''Allora, Hidan, Hanabi ci ha detto che stai facendo pratica presso lo studio legale di Kakuzu Kita e che tua madre è Tsunade Senju.'' Aveva dato il via all'interrogatorio Hiashi, puntandogli addosso i suoi occhi perlacei, leggermente contornate da occhiaie e rughe.
''Hah! Sì è-è vero.'' Rispose lui, voltandosi appena verso Hanabi con uno sguardo impanicato e carico di confusione: davvero gli aveva detto che lavorava con quel bestione di Kakuzu? Perchè non si era inventata che lavorava come commesso in un supermercato?
Non credeva, di certo, che avesse detto ai suoi genitori che non lavoraase e cercasse di sfondare nel Metal, ma non pensava nemmeno che gli avesse detto una cosa simile; non era del tutto una bugia, però aveva un grosso peso: qui non c'era in gioco solo il suo nome ma anche quello di Kakuzu che lo avrebbe ammazzato se avesse detto qualcosa di compromettente nei suoi confronti.
Tsunade aveva insistito che lui, finite le superiori, frequentasse l'università, nonostante il ragazzo avesse altre aspettative per il futuro, perché, tutto sommato, anche se poteva non sembrare, Hidan andava piuttosto bene a scuola, impegnandosi ben poco.
Non aveva potuto obiettare, non ci era riuscito quella volta, perché aveva capito quanto sua madre ci tenesse a offrirgli la possibilità di andare a una delle migliori università del paese che gli avrebbe sicuramente dato uno sbocco sicuro in ambito lavorativo.
Così il ragazzo, nonostante continuasse a sperare di sfondare in ambito musicale e di fare della sua passione un lavoro, si era arreso al volere della madre, mettendosi a studiare giurisprudenza, un po' controvoglia e senza troppa enfasi.
Quel tipo di lavoro non credeva che avrebbe fatto per lui, non si sentiva adatto, era un impiego troppo serio e monotono per un ragazzo arzillo e vivace come lui.
Aveva iniziato a odiare ancor di più quel mestiere quando la Senju, gli aveva presentato il suo amante, Kakuzu, avvocato piuttosto conosciuto, con una buona fama in ambito lavorativo, ma pessima per quanto riguardasse i rapporti intrapersonali.
Tsunade era stata furba, aveva architettato un buon piano: non aveva deciso di scoparsi l'uomo solo per capriccio, nonostante ciò che avesse in mezzo alle gambe fosse già un grande, buon, motivo per cui ci andasse a letto, ma anche perché, così facendo, avrebbe potuto far praticare suo figlio nello studio dell'avvocato; insomma aveva preso due piccioni, uno dei due anche bello grosso, con una fava.
Secondo i suoi piani, tutto sarebbe andato per il meglio: lei avrebbe avuto la sua dose di sesso settimanale senza coinvolgimento emotivo e suo figlio un possibile lavoro, se avesse seguito alla lettera le indicazioni di Kakuzu che, essendo molto serio e fiscale, era la persona più adatta per affiancarlo e metterlo in riga.
Purtroppo la bionda dottoressa non aveva pensato che quei due non potessero andare d'accordo e arrivare a odiarsi: Hidan era riuscito a far andare fuori di testa un uomo che di autocontrollo ne aveva da vendere.
Nonostante i continui tentativi di Tsunade per farli andare d'accordo e spingerli a continuare a lavorare insieme, il rapporto fra i due non era migliorato, anzi era andato a peggiorare quando Hidan era venuto a conoscenza del fatto che sua madre si facesse piacevolmente scopare da quel vecchio spilorcio.
Hidan, il tirocinio da Kakuzu lo aveva sospeso da un bel po' e Hanabi lo sapeva; la ragazza sapeva benissimo che l'esperienza fatta in quell'ufficio non era stata delle migliori e che non avrebbe dovuto tirar fuori quegli episodi del passato davanti ai suoi genitori.

''Conosco l'avvocato, ma non mi ha mai parlato di un apprendista, tantomeno sapevo che Tsunade avesse un figlio.'' Commentò Hiashi, cercando di tirar fuori qualche informazione utile che gli sarebbe servita per valutare lo stato economico e sociale dell'albino.
''Diciamo che gli do una mano in studio santuariamente quando... quando non sono troppo preso a studiare!'' Rispose lui, inventandosi una scusa plausibile, sperando che l'uomo non andasse a fondo della questione.
''In realtà rimangono sempre tutti molto stupiti di sapere che sono suo figlio adottivo, nessuno immaginerebbe mai che quella donna sia in grado crescere un bambino.'' Continuò, Hidan, pensando al caratteraccio di quella tettona di sua madre.
Il signor Hyuga fece un'espressione stranita a proposito di ciò, ma prima he potesse chiedere spiegazioni Hanabi si intromise, evitando che Hidan infamasse sua madre.
''Hidan si riferiva al fatto che Tsunade è molto impegnata all'ospedale, sai, è un primario.
Eppure, nonostante sia sola e molto impegnata è riuscita a crescerlo nei migliore dei modi senza fargli mancare nulla.'' Spiegò la ragazza, sorridendo e osservando poi l'espressione contrariata di Hidan che su quello che aveva appena detto aveva molto da ridire.
''Capisco...
Quindi sei all'ultimo anno di università; che intenzioni hai per il futuro?'' La domanda di Hiashi fu diretta e mirata allo scoprire che intenzioni avesse quel ragazzo, oltre che con sua figlia, anche per quanto riguardasse il lavoro.
Hidan deglutì, sentendosi gli occhi di tutti puntati addosso; aveva bisogno di inventarsi qualcosa di abbastanza esaudiente per non farsi più fare domande che riguardassero il lavoro.
Era sbagliato dire tutte quelle bugie, soprattutto se avessero funzionato e avrebbe convinto i genitori di Hanabi di essere un buon partito: non poteva di certo fingere per tutta la vita di essere un'altra persona.
''Sicuramente continuerò per un paio di anni almeno a fare pratica nello studio di Kakuzu, credo che da lui potrei imparare molto sul mestiere, d'altronde è uno dei migliori sul campo.
Poi mi piacerebbe rilevare una mia attività e arrivare al suo stesso livello.'' Sparò a raffica, l'albino, mettendo di nuovo in mezzo il compagno di sua madre a cui, oltretutto, aveva fatto fin troppi complimenti per rendere la frase più completa e credibile possibile.
Hanabi aveva trattenuto il fiato durante tutto il tempo in cui Hidan aveva parlato, sperando che riuscisse a cavarsela in qualche modo; rimase molto soddisfatta di come Hidan stesse gestendo la situazione.
Gli strinse una mano sotto al tavolo, facendogli capire che stava andando bene.
Hidan apprezzò il gesto di supporto, nonostante fosse tutta colpa di Hanabi se si fosse cacciato in quel guaio.
Hiashi non ebbe tempo di prendere di nuovo parola, nonostante la risposta del ragazzo l'avesse in parte convinto del fatto che avesse una buona capacità espositiva e delle basi solide di partenza per la costruzione di una buona carriera lavorativa.
''Adesso basta parlare di lavoro, suvvia. Parlaci un po' di te, dei tuoi hobby, di come vi siete conosciuti tu e Hanabi.'' La moglie dell'uomo era più interessata a sapere ce cosa avessero in comune lui e la figlia.
La tortura di Hidan era appena iniziata: nemmeno quello che voleva sapere la donna poteva essere raccontato senza bugie.
I due fidanzati si scambiarono un'occhiata complice, rendendosi conto di essere nella merda fino al collo.
''Hanabi, ma come, non hai detto proprio nulla di noi due ai tuoi genitori?'' Aveva chiesto alla ragazza, con finto tono sorpreso, deciso a far patire anche lei, in modo che provasse lo stesso peso e panico che provava lui nell'inventarsi il tutto sul momento.
''In effetti no; abbiamo scoperto giusto un paio di giorni fa che voi due vi state frequentando e non ne capiamo il motivo.'' Si era permesso di intromettersi nel discorso Hiashi che sospettava da tempo che le uscite sempre più frequenti della figlia non fossero con le amiche; eppure, Neji, incaricato di tenerla d'occhio non gli aveva mai riferito di alcuna frequentazione con un ragazzo e ciò lo aveva tranquillizzato perché sapeva che il nipote era affidabile.
Quando si era trattato di tenere sotto controllo Hinata non aveva mai tralasciato alcun dettaglio e non si era fatto scrupoli a tradire la fiducia e l'amicizia della ragazza, in quanto prima di essere suo cugino, era il fedele nipote, nonché figlio adottivo di Hiashi che gli aveva promesso che alla sua morte sarebbe stato lui a capo del Clan.

''Ho preferito aspettare a informarvi della nostra relazione perché volevo accertarmi, io per prima, che fosse stabile.'' Rispose prontamente Hanabi, che quest'affermazione da parte del padre se l'era aspettata.
Il capoclan aveva lanciato uno sguardo a Neji, facendogli intendere che in seguito gli avrebbe chiesto spiegazioni sul perchè lui non fosse a conoscenza di questa relazione che ormai durava da mesi.
Neji aveva ricambiato l'occhiata di Hiashi, intercettando anche quella di Hidan, che gli fece immediatamente girare la testa di lato, verso il fondo della tavola.
L'albino continuava a guadarlo con insistenza per cercare di far riemergere i ricordi che gli avrebbero fatto capire dove diavolo avesse già visto quel ragazzo, di qualche anno più grande di lui, dai capelli lunghi e lisci, un'acconciatura non comune per un uomo.
''Allora? Come vi siete conosciuti? Io e Hinata siamo molto curiose.'' Aveva insistito la signora Hyuga che aveva guardato la figlia maggiore seduta al suo fianco che aveva seguito le conversazioni molto attentamente, sperando che davvero Hidan e Hanabi se la cavassero.
Lei era l'unica che conoscesse davvero la verità ed era certa che se fosse venuta a galla sarebbe scoppiata una faida familiare che avrebbe portato a un grande scandalo.
''Ci siamo conosciuti a un concerto-'' Hidan si interruppe in tempo, prima che ci pensasse Hanabi a farlo, pronta a stritolargli la mano.
Ormai, però, il danno era fatto; Hidan aveva involontariamente nominato la musica e adesso si sarebbe dovuto preparare a sfoggiare il suo repertorio di insulti e imprecazioni.
''Al concerto di Sakura Haruno!'' Aveva concluso Hanabi, quasi urlando, nominando l'unica cantante, l'unica persona, che non avrebbe mai dovuto nominare davanti al suo ragazzo.
Di fatti ad Hidan non venne per poco un attacco di dissenteria, vomito e non gli iniziò a uscire sangue da tutti gli orifizi nel sentir pronunciare quel nome e all'immaginarsi al suo concerto a cantare le sue canzoncine d'amore da verginella immacolata.
Quella ragazza era in assoluto la cantante peggiore sulla faccia della terra: era stonata, usava l'autotune più di quanto usasse dentifricio e spazzolino visto che i suoi denti erano più gialli e incrostati del cesso dei bagni chimici ai rave a cui partecipava e il suo alito uccideva tutti quelli in prima fila ai suoi concerti, per non parlare dei contenuti delle sue canzoni.
Tutte uguali, che parlavano solo ed esclusivamente della sua delusione d'amore, di quanto fosse triste e depressa, di quanto facesse male essere rifiutata dall'amore della propria vita che per anni aveva amato incondizionatamente.
Hidan non voleva sapere chi fosse e come avesse fatto a sorbirsi per anni, quel povero perseguitato, il suo alito fetente e la sua voce gracchiante.
Eppure, nonostante quel roito rosa facesse pena a cantare, era diventata famosa, perchè, ovviamente, tutte le ragazzine dai dieci ai sedici anni che avevano avuto grandi quantità di storie d'amore intense e finite male durante la loro lunga ed emozionante vita e avevano il cuore spezzato, la osannavano come se fosse la regina dei cuori spezzati e dell'alitosi.
Povera, pura, casta, vergine e dolce Sakura, detta anche PinkyeResilent, nome d'arte che faceva riferimento alla sua capacità di affrontare e superare con la testa alta un periodo difficile, che soffriva così tanto perchè il suo amato amore platonico non glielo aveva mai buttato dentro.
Menomale, si ripeteva Hidan, perchè se la sua bocca era una fogna, non voleva immaginare che cosa avesse in mezzo alle gambe; probabilmente la sua vagina sapeva di pesce dato che lei era una cozza.
Eppure qualcuno doveva averla deflorata perchè non era possibile che quella ragazza nel giro di coì poco tempo fosse diventata così famosa in tutto il paese: a testa alta non aveva affrontato proprio nessun periodo buio, lei la testa l'aveva tenuta bassa tra le gambe di qualche produttore discografico cieco, sordo e senza capacità olfattive che l'aveva pubblicizzata.
Lui, invece, che era tutto il contrario di quella ciuccia piselli raccomandata, era appena conosciuto in città e dintorni da quei pochi amanti del genere che lo seguivano.
Perché diamine Hanabi aveva dovuto dire che si erano incontrati proprio al suo di concerto? Se fosse stato realmente così non sarebbero sopravvissuti per raccontarlo.
La faccia di Hidan era un misto tra odio, voglia di morire e istinto omicida nei confronti di Hanabi che si era beccata un pizzicotto sulla coscia da parte del ragazzo, che aveva allontanato la mano dalla sua, davvero contrariato e irato.
''Davvero? Ti piace quel genere musicale così profondo e sentimentale? Allora sei un ragazzo molto emotivo e comprensivo.''
Hidan avrebbe tanto voluto prendere la bottiglia di vino davanti a lui, tracannarsela tutta d'un fiato e successivamente spaccarla in testa alla madre di Hanabi che aveva osato dire quell'eresia.

Hinata e Hanabi si erano guardate dopo aver osservato la faccia di Hidan contorcersi sempre di più in una smorfia di disgusto.
Hanabi aveva rovinato tutto con le sue stesse mani; stava andando tutto bene, se solo non si fosse fatta prendere dal panico per paura che Hidan avesse potuto pronunciare il nome di qualche band Metal, sarebbe filato tutto liscio.
La situazione peggiorò ancor di più quando Himawari iniziò a canticchiare il ritornello di una delle canzoni di Sakura, saltellando sulla sedia.
''IL MIO CUORE BATTE PER TEEEE, TORNA DA MEEEE, IO TI RAGGIUNGERÒOOOO... SONO CAMBIATA, SONO CRESCIUTA PER TEEEEE, HO FATTO CRESCERE I CAPELLI COME PIACE A TEEEEE!''
La palpebra dell'occhio destro di Hidan aveva iniziato impercettibilmente a traballare, dentro di sé, mentalmente, stava immaginando di squartare il ventre di Sakura, tirarle fuori gli intestini e impiccarla con essi; le sue urla di dolore sarebbero state l'unica melodia accettabile prodotta dalla sua gola.
Quella bambina sarebbe cresciuta molto, molto male, se avesse continuato ad ascoltare quello schifo di musica.
Padre, nonno e nonna, avevano applaudito, fomentando la bambina a continuare a cantare per loro.
''Himawari, p-perchè non reciti la tua filastrocca di N-natale se proprio vuoi esibirti?'' Aveva suggerito Hinata, facendo mettere a sedere la bambina che per poco non era salita in piedi sul tavolo durante la sua scadente esibizione.
''Va bene, mammina!'' La bambina aveva seguito con piacere l'incoraggiamento della mamma ed era corsa via dalla stanza per un istante per andare a prendere il foglio in cui c'era scritta la sua poesia di Natale.
Le due sorelle avevano tirato un sospiro di sollievo apparente; in realtà stavano andando di male in peggio: Hidan stava iniziando a cedere lentamente al richiamo delle bestemmie ad alta voce.
Himawari era tornata fin troppo velocemente dalla sua cameretta, con un foglio tra le mani e un grande sorriso stampato sul volto.
Si era sistemata la frangetta e aveva tossicchiato per schiarirsi la voce, iniziando poi a recitare la poesia che aveva scritto a scuola.
''La neve è bianca, il mio papà di più.
Il pino è verde, l'erba del presepe di più.
Il vestito di Babbo Natale è rosso, il naso di Rudolf di più.
Il panettone e il pandoro sono buoni ma i biscotti che faccio con la mamma lo son di più.
Il Natale è la festa più bella di tutti ma se non la festeggi con la tua famiglia non lo è più!''
Himawari era stata sommersa di applausi e complimenti, a cui Hidan si era dovuto unire nonostante quella poesia facesse davvero schifo, ma sempre meno delle canzoni di Sakura: almeno in quelle quattro righe aveva parlato di quattro soggetti diversi e l'aveva recitata con un minimo di enfasi, ma, cosa più importante, non aveva ucciso nessuno con il suo alito.
Hidan masochista di prima categoria a cui piaceva farsi del male fino in fondo, aveva deciso di analizzare frase per frase, la breve ma intensa e disgustosa poesia.
Non sapeva se sentirsi preso in causa o meno: la prima frase era una sorta di presa in giro? Quella bambina stava prendendo per il culo suo padre?
Nel dubbio Hidan una strisciata di neve se la sarebbe anche fatta, magari l'avrebbe fatto calmare un poco.
Il pino lo avrebbe volentieri bruciato e ci avrebbe arrostito sopra, molto volentieri, i marshmellow mentre l'erba del presepe se la sarebbe fumata, anche quella, per rilassarsi.
Il panettone e il pandoro gli facevano schifo, erano troppo stopposi e avevano entrambi lo stesso sapore con la differenza che il primo aveva dentro quella frutta disidratata che si incastra sempre tra i denti.
Un bel e buon biscottone a Hinata glielo avrebbe fatto volentieri vedere lui e lo avrebbe anche inzuppato nel suo latte con molta gioia.
L'ultima frase evitò di commentarla perchè il suo pensiero su quella festa era ormai lo stesso da quando aveva memoria.
''Hima, vieni qui dal nonno, bambina mia.'' La chiamò Hiashi, sorridendo alla nipote e aprendo le braccia aspettando che la suddetta gli corresse incontro.
Terrificante, davvero terrificante, era stato per Hidan vedere quell'uomo così serio e inespressivo, tirare la sua faccia rugosa in sorriso spontaneo.
''Hidan ti è piaciuta la mia poesia?'' Domando la piccola Hyuga al ragazzo, seduta sulle gambe del nonno che la contemplava amorevolmente.
''Oh, sì...
Davvero bella, complimenti per le rime.'' Aveva risposto lui, cercando di essere meno falso possibile, sorridendo e facendole segno con il pollice insù che era stata davvero brava.
In realtà avrebbe tanto voluto toglierle quel sorrisino compiaciuto dal volto, sputandole in faccia la realtà: faceva schifo a scrivere poesie e Babbo Natale non esisteva.
Se mischiando i geni di un albino e quelli di una Hyuga usciva davvero un bambino così ritardato, Hidan, che già non voleva avere figli, stava valutando l'idea di farsi una vasectomia.

Il tempo sembrava non trascorrere mai e la famiglia di Hanabi continuava a tartassarlo di domande di qualsiasi genere a partire da che cosa facesse nel tempo libero, se praticasse qualche sport, fino ad arrivare alle domane più serie e complesse a cui aveva avuto qualche difficoltà a rispondere.
Oltre ai due coniugi si era aggiunto anche Neji che sembrava essere tornato il cane da guardia di inizio serata, facendogli domande ancor più mirate di quelle di Hiashi.
Ma ben presto, dopo che Hidan capì dove avesse incontrato quel Neji, qualche tempo prima, il ragazzo tornò sottomesso e rimase in silenzio per il resto della serata, senza più fargli domande scomode.
Era bastata un'occhiata ammiccante per fargli subito cambiare atteggiamento: con quello sguardo Hidan gli aveva fatto capire che aveva ricordato il loro incontro, nonostante le condizoni in cui era stato quel giorno non fossero state delle migliori.
Quel ragazzo dai capelli lunghi e mori lo aveva trovato nel letto del suo amico Kiba una sera, durante una festa a cui era stato invitato.
Inizialmente, troppo strafatto, lo aveva scambiato per Hanabi e aveva quasi spaccato il naso al suo vecchio amico, dimenticatosi che fosse gay.
La sua mente aveva, poi, eliminato il ricordo, dato che quella sera si era calato di tutto e di più e, tutt'ora faceva fatica a ricordarsi esattamente cosa avesse fatto.
Hanabi era seriamente preoccupata per Hidan che pian piano stava cedendo e iniziava a mostrarsi sempre meno composto e tranquillo, perdendo tutta la calma e la sicurezza di cui aveva fatto scorta per quella serata che sapeva sarebbe stata pesante.
La ragazza, però, nonostante tutto, era davvero stupita di quanto il suo irascibile e volgare fidanzato si stesse impegnando a far bella figura davanti alla sua famiglia reprimendo il suo irruento carattere; in qualche modo, così facendo, le stava davvero dimostrando quanto tenesse a lei e fosse disposto a far di tutto per averla al suo fianco; non poteva non essere onorata e felice di essere così importante per Hidan che, sicuramente, si meritava una ricompensa per tutti i suoi sforzi.
Il decanter con all'interno il vino rosso, posto proprio davanti al suo posto, lo attirava sempre di più; in effetti Hidan iniziava ad avere la gola secca, ma quel vecchio Hyuga non gli aveva ancora offerto da bere, quindi era obbligato a soffrire in silenzio la sete.
Un cameriere vestito in giacca e papillon, alto, biondo e con due grandi occhi azzurri, si era avvicinato al capofamiglia chiedendogli con discrezione se potesse iniziare a servire la cena.
Hiashi aveva annuito e aveva fatto cenno alla nipotina di andare ad accomodarsi a tavola.
Finalmente si iniziava a mangiare, ma, soprattutto a bere; l'albino avrebbe potuto avere, finalmente un po' di pace con il cibo in bocca.
D'un tratto, dal nulla, calò il silenzio e tutti i commensali, avevano unito le mani davanti al viso, con i gomiti appoggiati sul bordo del tavolo, chiudendo gli occhi.
Hidan non ci poteva credere: davvero doveva mettersi a fare la preghiera prima del pasto?
Hanabi gli diede una gomitata amichevole vedendolo incerto sul da farsi, fomentandolo a fare lo stesso; non gli stava chiedendo di pregare davvero, nemmeno lei lo faceva, doveva semplicemente mimare il gesto.
Hidan sospirò e fece come richiesto, godendosi un po' di silenzio.
I suoi occhi magenta rimasero chiusi per ben poco tempo; nella sua tasca dei jeans il telefono aveva vibrato per l'ennesima volta durante la serata e lui aveva colto l'occasione per dare un occhiata ai messaggi.
''Come va la festa? Siete già arrivati al dolce? ;-)'' Quel messaggio, da parte del suo migliore amico Deidara, che durante tutto il pomeriggio gli aveva fatto da supporto morale, caricandolo al massimo per la serata, come era solito fare anche prima delle esibizioni, gli aveva appena fatto ricordare di essersi portato dietro qualcosa che avrebbe reso l'atmosfera meno pesante.
''Hidan tieni questa: è il mio regalo di Natale.'' Gli aveva detto il biondo, sorridendo beffardo e lasciando nelle mani dell'amico una bustina ben piena di una polvere bianca.
L'albino aveva sgranato gli occhi osservando la gran quantità di cocaina che il suo amico gli stava regalando.
''Perché fai quella faccia amico? È zucchero a velo da mettere sul panettone, per rendere la serata più dolce; sia mai che in casa Hyuga non ne abbiano.'' Aveva continuato il ragazzo, notando l'espressione poco convinta dell'amico che, però, dopo quest'ultima affermazione aveva sorriso furbamente a sua volta, decidendo che in caso estremo e se avesse avuto occasione, avrebbe fatto uso della sostanza stupefacente.

L'occasione per utilizzarla gli si presentò e lui la colse ben volentieri, esasperato e giunto al limite di sopportazione.
Velocemente, dopo aver controllato che tutti avessero davvero gli occhi chiusi e fossero concentrati nella preghiera, aveva rovesciato tutto il contenuto della bustina del contenitore di vetro trasparente in cui era contenuto il vino dandogli una leggere mescolata per far sparire la polvere bianca rimasta in superficie e lasciando poi fare al liquido il resto.
Il cameriere biondo, sullo stipite della porta, seguito da un altro paio di persone, aveva osservato la scena in silenzio, lasciando fare Hidan che, accortosi successivamente di essere stato colto in fragrante dalla servitù, aveva temuto il peggio.
Fortunatamente, la fortuna aveva tirato dalla sua parte: il ragazzo gli aveva sorriso complice e gli aveva fatto segno, portandosi un dito davanti alla bocca che non avrebbe detto una parola.
Hidan tirò un sospiro di sollievo e ringraziò con un cenno del capo il complice che a quanto pareva voleva divertirsi a vedere la famiglia Hyuga sotto gli effetti della cocaina.
Avrebbe dato una bella svolta alla serata, non c'erano dubbi.
Fatto ciò si unì per i secondi restanti alla preghiera, fino a quando Hiashi non diede il permesso di rialzare il capo dal tavolo.
La cena venne servita: vennero portare in tavola decine e decine di portate intervallate le uno dalle altre dal cambio rigoroso delle posate e dei piatti.
Hidan non aveva mai mangiato così bene e tanto nemmeno al ristorante.
Sornione, aveva sorriso compiaciuto quando il vino da lui alterato aveva iniziato a fare il giro del tavolo venendo apprezzato da tutti i presenti, compresa la bambina che, in un momento di distrazione della madre, aveva preso un sorso di alcolico dal suo bicchiere.
In effetti Hinata si era distratta parecchie volte durante la cena, perdendosi nei movimenti del biondo cameriere che, successivamente, Hidan aveva scoperto si chiamasse Naruto, grazie alla piccola Himawari che lo continuava a chiamare per attirare la sua attenzione.
Hidan capì che c'era qualcosa dietro a quei giochi i sguardi che si scambiavano quei due e che, a quanto pareva, solo lui aveva notato, nonostante fosse palese che entrambi si cercassero con gli occhi.
Hinata guardava Naruto con estrema dolcezza, ma anche desiderio e lo stesso valeva per l'altro che con i suoi enormi occhi blu si soffermava a osservare prima lei e poi Himawari con cui un paio di volte scherzò amorevolmente.
Fu in quel momento, nel momento esatto in cui gli occhi di Naruto si incontrarono con quelli di Himawari che Hidan capì tutto: quella bambina non era figlia di Toneri ma bensì del cameriere.
I loro occhi blu erano vivaci, energici, pieni di gioia, al contrario di quelli di Tonore che erano vacui e senza capacità di reazione.
Quei due, guardandoli meglio, erano troppo simili, era chiaro che fossero padre e figlia.
L'albino lanciò un'occhiata a Hinata che si voltò verso di lui, smettendo di fissare Naruto, diventando rossa come un peperone e buttandosi a capofitto sul bicchiere di vino in cui tentò di annegare la sua colpa.
Quindi era così: la primogenita di Hiashi, quella che non si era mai ribellata al volere del padre, che aveva sempre seguito alla lettera qualsiasi cosa le venisse imposta di fare, aveva sgarrato e aveva commesso anche lei un peccato, forse il suo unico ma che, probabilmente, continuava a ripetere tutte le volte che ne aveva occasione.
Chissà se lui era stato l'unico ad accorgersi di questa relazione extraconiugale o se in realtà tutti ne fossero a conoscenza, ma facessero finta di niente.
Chissà se Naruto sapeva che quella fosse sua figlia, sangue del suo sangue o se non lo avesse ancora capito.
Le sorelle Hyuga non erano così pure e caste come il padre credeva che fossero.
L'uomo, di fatti, le guardava come se fossero due esseri ingenui e delicati, da proteggere dal resto del mondo; esattamente, quell'uomo come pensava che Hinata avesse concepito Himawari?
E cosa credeva che avessero fatto, durante tutti quei mesi di frequentazione, lui e Hanabi, quando lei ''rimaneva a casa di una sua amica a dormire''?

Più Hidan beveva il vino, che si era dovuto versare da solo dato che il capofamiglia non glielo aveva offerto, più l'ansia e l'agitazione sparivano insieme ai freni inibitori e alle buone maniere; il ragazzo però era tranquillo, non era più di tanto preoccupato di sgarrare dato che anche il resto dei presenti sembrava essersi ammorbidito e stava iniziando a lasciarsi andare tra un bicchiere e l'altro.
Il clima in quella sala da pranzo si era sicuramente scaldato e l'aria che aleggiava era meno pesante e tesa dell'inizio.
Tutto sembrava proseguire, finalmente, per il verso giusto.
Mancava l'ultima portata, il dessert, la cena si stava concludendo, ben presto Hidan sarebbe stato libero di andarsene a casa a completare l'opera di distruzione del suo cervello con un altro paio di bicchieri e una bella canna; avrebbe gradito anche la compagnia di Hanabi, ma, purtroppo, sapeva bene che quella sera non avrebbe avuto alcuna possibilità di sfiorarla... o forse sì?
Il ragazzo aveva guardato di sottecchi la fidanzata, con le guance un po' arrossate e gli occhi lucidi, ridere e conversare tranquillamente con il cugino che si era lasciato, anche lui, parecchio andare, e il padre che, ormai, aveva abbandonato del tutto la sua espressione seria.
All'albino piaceva rischiare, piaceva sentire l'adrenalina scorrere nelle vene, non era il tipo di persona che si fermava davanti ad alcun ostacolo quando voleva ottenere qualcosa: i parenti della fidanzata, riuniti intorno a loro, non avrebbero fermato la sua smania di controllo.
Una volta che l'idea malsana di toccare la fidanzata in modo furtivo e inadatto per quel tipo di situazione gli era balzata in testa, non ci aveva pensato due volte a metterla in atto: non avrebbero fatto sesso, non avrebbe ottenuto esattamente quel che voleva, ma sarebbe stata già una piccola soddisfazione e, in più, si sarebbe vendicato di Hanabi.
La mano pallida di Hidan scivolò velocemente sotto alla tovaglia, abbastanza lunga per aiutarlo a non essere scoperto, fino al ginocchio di Hanabi che sobbalzò appena quando sentì l'arto gelido del ragazzo tra le sue gambe.
Gli aveva lanciato uno sguardo assassino e supplicante allo stesso tempo nonostante sapesse che quello non sarebbe bastato per fermare il fidanzato, bensì lo avrebbe invogliato ancor di più a procedere.
Hidan, di fattin procedette per il suo percorso, risalendo nell'interno coscia, venendo con piacere assecondato e facilitato da alcuni movimenti di Hanabi che aveva divaricato appena le gambe e si era tirata più su il vestito.
La ragazza aveva ceduto subito al tocco del compagno, nonostante sapesse di star correndo un grosso rischio nel farsi infilare le mani tra le gambe da Hidan nel bel mezzo della cena, dopo che aveva persino bevuto e si sentiva davvero fin troppo rilassata per solo un paio di bicchieri.
Le dita di Hidan erano così fredde e al contatto con la sua pelle calda le fecero venire i brividi; non sapeva come fosse possibile che quel ragazzo avesse sempre le mani ghiacciate anche se si trovava in un ambiente caldo.
Non le dava fastidio, bensì le piaceva quella sensazione di freschezza improvvisa e destinata a durare ben pochi secondi dato che una volta giunte tra le sue gambe, quelle mani, ci mettevano ben poco a scaldarsi.
Hidan non era affatto bravo a fingere, ma quando si trattava di non farsi scoprire a compiere gesti del genere, diventava un gran attore.
Con disinvoltura, senza alcun problema, come se ciò che stesse compiendo fosse un atto naturale e che faceva tutti i giorni, conversava con Hiashi del più e del meno, mentre masturbava la sua dolce e casta figlia sotto i suoi stessi occhi.
Hanabi iniziava ad avere qualche problema nel rimanere impassibile sotto il dominio delle dita di Hidan che stavano iniziando a muoversi con più insistenza e facendo più pressione nelle sue parti intime.
Si era dovuta portare una mano davanti alla bocca per trattenere un urletto compromettente che aveva rischiato di sfuggirle dalle labbra.
Ora faticava a rimanere seduta composta sulla sedia: aveva la schiena inarcata all'indietro e di tanto in tanto compieva qualche movimento spastico che la faceva ripiegare in avanti, sul tavolo.
Sempre più spesso era costretta a fare grossi e profondi respiri o, addirittura, allontanare per un istante la mano di Hidan quando si sentiva che era giunta al limite di sopportazione e avrebbe potuto emettere gemiti poco consoni.
L'altro se la ghignava, rideva internamente, perché non era lui quello che stava soffrendo ed era sotto il controllo del volere di qualcun altro; rideva, un po' per il vino, un po' per la cocaina, perché nessuno dei presenti si era accorto minimamente di ciò che stava accadendo; ognuno era nel suo mondo, nessuno dava importanza a ciò che li circondava.

''Hanabi, tesoro, ti senti bene?
Hai un espressione di dolore dipinta sul voto.'' La madre della giovane, si era voltata di scatto verso la figlia, notandola stringere gli occhi e mordersi il labbro violentemente, nel tentativo di trattenere un gemito.
''S-sto bene, mamma-'' Aveva balbettato lei, in panico, ritrovandosi gli occhi di tutti addosso e non essendo preparata a dare spiegazioni del suo strano comportamento.
Hidan, da bravo fidanzato e gentiluomo, era corso in suo soccorso.
''Sicura di star bene, Hanabi?'' Si era sporto più verso di lei, portandole la mano libera vicino al viso per farle una carezza, mentre con l'altra, approfittando dell'essersi avvicinato di più, aveva compiuto un movimento brusco ed era andato più a fondo con le dita, portando, finalmente la ragazza all'orgasmo che per poco non si era contorta in maniera inumana sulla sedia.
''Secondo me hai la febbre continui a tremare.'' Con una falsa espressione seria, ma gli occhi che brillavano di lussuria e malizia, aveva salvato di nuovo la ragazza che ormai alle stremo delle forze si era abbandonata contro lo schienale della sedia, respirando affannosamente.
Hanabi lo avrebbe volentieri preso a sberle in quel momento, per quello che le aveva appena fatto passare, nonostante fosse stato molto appagante e piacevole era anche stato parecchio rischioso.
''Ho detto che sto bene, davvero; sono solo accaldata per il vino.'' Si era schiarita la voce, rimettendosi composta e guardando il fidanzato di sottecchi, progettando la vendetta.
Lui aveva fatto lo stesso, pulendosi le dita intrise di umori nella tovaglia, nonostante avrebbe preferito assaporare l'essenza della ragazza.
''In effetti questo vino è davvero gustoso e più forte di quanto pensassi.'' Era intervenuto Hiashi, con il bicchiere sotto al naso, facendo un attenta analisi organolettica del prodotto, non trovando alcun difetto o alterazione né gustativa né olfattiva.
Hidan iniziava a faticare a contenere le risa, si era anche scambiato uno sguardo complice con il cameriere che alle spalle dell'uomo era in piedi, immobile, in attesa di ordini e cercava di trattenere anche lui stesso le risate.
Dopo quel breve attimo di pausa, le domande ricominciarono.
Hidan sospirò, infastidito da tutto quell'interesse da parte di Hiashi della vita di sua madre e di Kakuzu; sapeva che quell'uomo voleva sondare il terreno per capire che cosa lui potesse offrire a sua figlia ma le sue domande, ora, iniziavano a essere davvero troppo invadenti, anche perché non riguardavano più Hidan ma bensì le due figure alle sue spalle.
''Non deve essere stato facile crescere senza una figura paterna, immagino che Kakuzu sia come una sorta di padre per te, una figura di riferimento.'' Aveva detto il Capoclan, rigiranosi il bicchiere tra le dita.
Hidan non era sciocco, ne tantomeno, diversamente dagli altri presenti, era stato sopraffatto dall'effetto del vino e della cocaina; sapeva dove voleva andare a parare quell'uomo con una domanda del genere: voleva scoprire, sapere, se ci fosse un legame tra Tsunade e Kakuzu.
Per quanto non sopportasse quell'energumeno che sua madre si era tirata in casa, non aveva intenzione di spifferare dettagli della vita privata ne dell'uno ne dell'altra, tantomeno avrebbe inventato bugie per proteggere la loro privacy.
Fin quando si trattava di mentire su ste stesso, cosa che già non lo faceva entusiasmare per nulla, non si tirava indietro se la causa era buona, ma quando si iniziava a parlare di altre persone esterne alla questione e non presenti, non ci pensava proprio a mentire.
Le domande scomode e davvero fin troppo invadenti di Hiashi lo stavano facendo davvero infuriare, non si trattava più, ora, di conoscere lui, con quelle insinuazioni voleva solo impicciarsi nella vita di altre persone potenti per scoprirne i punti di forza ma, soprattutto, quelli deboli.
Hidan aveva buttato giù, d'un fiato, tutto il vino rimasto sul fondo del suo bicchiere, corruciando le sopracciglia e alzando il mento verso l'alto con fare superiore: era giunto il momento di ribattere, era stanco di limitarsi a rispondere semplicemente alle domande di quel vecchio.
Non voleva rovinare tutto, non arrivato a ormai fine serata, voleva solo dimostrare al signor Hyuga che aveva i controcoglioni e non aveva affatto paura di lui e del suo cognome.

''No, affatto, Kakuzu non è nient'altro che un datore di lavoro, per me.
Un uomo del genere, così dedito al lavoro, serio e sena scrupoli, che non si fa problemi nell'utilizzare i metodi più subdoli per avere quello che vuole, come ben lei sa, non potrà mai essere una buona figura paterna.'' Hidan aveva guardato con aria di sfida, negli occhi, il padre di Hanabi che aveva ben colto il significato di quella frase che non aveva descritto esclusivamente Kakuzu, che tutti conoscevano per la sua fama di boia nei tribunali, ma bensì anche lui che proprio come il compagno di Tsunade, si comportava in maniera piuttosto invasiva e opprimente per ottenere le informazioni che desiderava.
Il silenzio era calato nella stanza, nessuno aveva detto più una parola.
Hanabi aveva schiuso le labbra di poco e si era voltata verso Hidan che ormai aveva raggiunto il suo limite massimo di sopportazione nel dire menzogne e di reprimere la sua personalità.
''Io credo, invece, che servirebbero più padri come lui per educare in modo corretto i figli. D'altronde sono gli uomini che hanno il compito di portare avanti la famiglia.'' Ribattè lo Hyuga, incrociando le braccia e ricambiando, a testa alta, lo sguardo duro e irriverente di Hidan che al sentir pronunciare quelle parole si crucciò ancor di più.
Quella era per caso un'offesa nei confronti di Tsunade? Stava insinuando che la donna non era stata in grado di crescerlo ed educarlo come si deve da sola? Credeva che quella donna, Tsunade Senju, non fosse abbastanza di polso per crescere da sola un bambino?
Tsunade aveva fatto più di quanto un uomo severo e inflessibile avrebbe potuto fare con una testa di cazzo come lui.
La rabbia ribolliva nello stomaco di Hidan insieme all'intruglio di vino e cocaina, pian piano tutta la sua pazienza stava venendo disciolta in quel liquido corrosivo e acido presente nel suo corpo.
Solo lui poteva permettersi di insultare o prendersi gioco di Tsunade e dei suoi modi di fare, nessun'altro poteva permettersi di mettere in dubbio la sua persona.
''Quale metodo migliore se non quello del pugno di ferro c'è per crescere i propri figli; reprimere le loro personalità, le loro idee e i loro sogni imponendo il proprio volere su di essi.
Facendo così, certo, si conquista il loro amore, la loro stima e la loro fedeltà...
Già, un genitore del genere è così sicuro del bene che i suoi figli gli vogliono che non li tiene controllati a distanza tramite terzi, perché, logicamente, quando si prestabilisce in maniera così perfetta la vita di qualcun altro, quest'ultimo non ha la minima intenzione, nemmeno il pensiero, di evadere dal mondo, che gli è stato creato intorno come una gabbia.''
Hidan stava sostenendo il confronto con Hiashi in maniera più tranquilla che conoscesse, appellandosi al suo ultimo briciolo di stabilità emotiva e mentale; non credeva di aver mai trattenuto così tanto la sua rabbia e di aver avuto uno scontro verbale in maniera tanto diplomatica, senza mettersi a urlare, insultare e minacciare l'avversario.
Hanabi a sua volta era sorpresa di quanto il ragazzo avesse espresso il suo pensiero sul Capoclan in modo così tranquillo ma era comunque preoccupata dalla degenerazione della situazione: prima o poi uno dei due avrebbe ceduto e avrebbe alzato la voce scatenando il putiferio che lei aveva sperato, visto come erano andate le cose fino a quel momento, di evitare.
Lo Hyuga sembrava essersi sentito preso in causa, colpito fino in fondo da quelle parole.
Aveva guardato prima una figlia e poi l'altra domandandosi se, davvero, avesse fomentato le due a compiere atti di ribellione alle sue spalle, educandole in maniera tanto rigida.
Aveva guardato poi il nipote, nonché figlio adottivo, per trovare un appoggio, un supporto, da parte sua, ma Neji aveva tenuto gli occhi fissi su Hidan, riconoscendo che ciò che stava dicendo era la pura e cristallina verità.
Lui stesso aveva rischiato e aveva trasgredito agli ordini dello zio per avere un assaggio di libertà, quella che nemmeno lui aveva mai avuto durante quegli anni, costretto a far da portavoce per ottenere il titolo di Capoclan in un futuro lontano andando contro le due sorelle, le sue due cugine, a cui voleva un gran bene.
''Tu, ragazzo, come ti sei permesso di mettere in dubbio il mio operato?!'' Aveva perso le staffe l'uomo che aveva puntato un dito contro all'albino che ancora seduto compostamente al suo posto aveva alzato ancor più il mento verso l'alto sfacciatamente, sapendo di essere il vincitore di quella guerra.
Galvanizzato dal fatto di aver trattenuto così tanto il suo carattere irruente e sfacciato fino a quel punto, aveva deciso che, ormai rovinato tutto, era il momento di lasciarsi andare e distruggere tutto per bene, nel migliore dei modi.
''Non ho iniziato io a mettere in dubbio l'operato di qualcuno, bensì TU, Rapunzel dai capelli grigi.'' Hidan si era sporto in avanti, andando con il viso contro il dito dell'uomo che lo aveva ritirato immediatamente.
''Hidan adess-'' Hanabi aveva tentato, invano, di placare il ragazzo che ormai aveva iniziato a dare aria alla bocca.
''No, Hanabi, fammi finire dolcezza, lo sto facendo per il tuo bene.'' L'albino si era scrollato di dosso la mano della ragazza che gli aveva afferrato un braccio nel tentativo di fermarlo.
Per il suo bene? Lei non era del tutto convinta di questa affermazione; facendo così avrebbe distrutto la loro relazione, suo padre gli avrebbe impedito categoricamente di rivederlo e l'avrebbe segregata in casa per il resto della sua vita, sotto il controllo di quell'Uchiha che non aveva nemmeno mai visto in vita sua; sempre se a suo padre non sarebbe venuto un infarto e non sarebbe morto in quel momento.

''Senti, caro, giuro mi spiace, ma tua figlia ti ha detto un po' troppe cazzate: Kakuzu non lo sopporto, odio il suo lavoro merdoso e non ho intenzione di diventare un avvocato.
Non ho una posizione, ma so tante posizione e credo che a Hanabi piaccia così.
Mi fa schifo quella puttana rosa con la faccia da scorfano che al posto delle mentine si ciuccia i cazzi e, di fatti, il suo alito ne risente, la sua musica fa cagare a spruzzo persino gli stitici e io sono un fottutissimo metallaro che suona in una band e vuole spaccare i culi di voi figli di puttana che ci costringete a vivere in questo mondo chiuso e senza futuro.
Non sono il genero adatto per voi, vi è capitato un fottuto bad boy; non si può andare d'accordo perché non piaccio a voi e voi non piacete a me.''
Hidan si era alzato in piedi e aveva dato sfogo alla sua rabbia repressa: tra una imprecazione e l'altra aveva sputato in faccia la realtà, aveva mostrato chi fosse veramente, facendo rimanere tutti a bocca aperta.
Hinata aveva fatto appena in tempo a tappare le orecchie alla figlia che, però, aveva sentito abbastanza parole scurrili che aveva memorizzate per poterle iniziare a ripetere a raffica una dopo l'altra.
La signora Hyuga aveva le mani davanti alla bocca e gli occhi sgranati, aveva iniziato a recitare l'Ave Maria e guardava il marito sperando che non schiattasse dato che l'uomo era sbiancato in volto dopo aver sentito quella miriade di bestemmie e non aveva aperto bocca.
L'unico che aveva fatto qualcosa di utile, prendendo iniziativa, insieme a Hanabi, era stato Neji che si era alzato in piedi insieme alla cugina e avevano trascinato via Hidan prima che la situazione degenerasse ancor più.
Arrivati d'avanti alla porta di ingresso, Neji aveva lasciato i due fidanzati da soli, in modo che fosse Hanabi a sbrigare la situazione.
La mora, che non sapeva ancor bene cosa pensare dell'accaduto e che era molto più preoccupata dello stato fisico del padre piuttosto che delle ripercussioni che le parole del fidanzato avrebbero avuto su di lei e sugli altri, aveva optato per cacciare fuori di casa l'albino con la promessa di parlargli una volta che tutto si sarebbe risolto.
''Aspettami in macchina; se entro una mezzoretta non sono da te... bhe, spero di trovare un modo in futuro di contattarti per spiegarti il tutto.'' Le aveva detto Hanabi, lasciandogli tra le mani il giubbotto, con una espressione impaurita e confusa sul volto.
Non era arrabbiata con lui: sapeva che il suo ragazzo aveva dato il massimo per fingere di essere un'altra persona solo per compiacere i suoi genitori, davvero aveva fatto del suo meglio e gliene era grata.
Se poi tutto si era trasformato in una gara di offese era stata solo colpa di suo padre che si era spinto fin troppo oltre nel fare domande.
Hidan che, una volta allontanato dal luogo in cui si era svolto il litigio, stava iniziando a sbollire, aveva guardato dispiaciuto e in colpa la fidanzata, non potendo far altro che annuire alle sue parole, sperando davvero di avere la possibilità di rivederla anche solo una volta per dirle addio.
Così, l'albino irruento, era uscito ed era stato investito da una fredda corrente di aria, che gli aveva completamente raffreddato il cervello, facendolo tornare a ragionare a mente fredda.
Aveva ripercorso il vialetto a ritroso, con le mani in tasca e la testa bassa, fino a quando non era uscito dal cancello e non era salito in macchina, dove, una volta sedutosi e aver acceso l'aria calda, aveva sbattuto violentemente la testa sul clacson, facendolo suonare per un breve istante.
Da una parte era fiero di sé, orgoglioso di come avesse gestito la situazione, di come avesse trattenuto il suo vero lui, anche nei momenti più difficili; dall'altra, però, era davvero mortificato e in ansia, impaurito, di scoprire che non avrebbe davvero più rivisto Hanabi.
Il solo pensiero lo corrodeva dentro, non sapeva come avrebbe fatto a superare la cosa con la consapevolezza che la colpa della loro separazione era in maggior parte sua.
Non era mai stato innamorato di nessuna, aveva sempre vissuto le storie con le altre ragazze con leggerezza, senza impegno, quindi non sapeva come sarebbe stato superare la fine di quella relazione che non sarebbe nemmeno cessata per una mancanza di sentimenti da parte di uno dei due, ma per colpa del suo carattere troppo, troppo... troppo tutto.
Buttò la testa all'indietro, contro lo schienale, chiudendo gli occhi e aspettando che quella mezzora passasse in fretta, che la tortura finisse presto; voleva sapere subito se la sua storia con Hanabi sarebbe continuata o meno.
I secondi, i minuti, passarono lentamente per Hidan che sempre più agitato, guardava ogni istante l'orologio, arrivando a decidere di toglierselo e lanciarlo fuori dal finestrino della macchina tanto il continuo osservare le lancetto lo stesse facendo impazzire, andare fuori di testa più di quanto già lui non fosse.

Poi, la portiera della macchina venne spalancata e richiusa velocemente, lasciando però il tempo al freddo di entrare nella vettura e di far rabbrividire Hidan che riaprì gli occhi di scatto, ritrovandosi Hanabi, con lo sguardo fisso in avanti, seduta di fianco.
Rimasero così, in silenzio, per qualche istante, soltanto con la ventola del riscaldamento e il rumore dei loro cuori di sottofondo, poi, finalmente, Hanabi prese parola.
''Sei un idiota.'' Gli disse, senza sbilanciarsi con il tono di voce e l'espressione, rimanendo impassibili e ferma, di fianco a lui.
''Dimmi qualcosa che non io non sappia già.'' Aveva sospirato, di risposta, guardandola attentamente per cogliere qualche informazione dalla sua espressione o dai suoi occhi che, però, non gli diedero alcun suggerimento sul suo stato emotivo.
''Hai scatenato un comming out generale, un putiferio, Hidan.'' Si era finalmente sbilanciata con il tono di voce, sospirando e passandosi le mani tra i capelli lisci e mori.
''Hai... hai dato il coraggio a tutti di dire la propria opinione sulla nostra situazione familiare.'' Continuò, voltandosi verso di lui e guardandolo con gli occhi lucidi e ancora un po' confusi dall'accaduto.
il ragazzo aveva schiuso appena le labbra, aspettando che Hanabi gli desse qualche dettaglio in più, gli dicesse chiaramente che cosa sarebbe successo a loro due.
Nella sala da pranzo di Villa Hyuga durante quella mezzora era successo l'immaginabile.
Hiashi, scosso dalle parole di Hidan e dalla reazione che avevano avuto i suoi figli, aveva deciso di domandare esplicitamente se davvero il suo comportamento nei loro confronti, per tutti quegli anni, li avessi portati a odiarlo.
I tre, si erano guardati tra di loro e non avevano saputo dare una risposta, facendo davvero penare il capofamiglia che fino a quella sera aveva pensato che avesse cresciuto i tre ragazzi nel modo migliore.
Dopo che Hidan aveva rivelato la sua identità, Hanabi non aveva potuto non fare lo stesso, spiegare al padre per quale motivo fosse finita insieme a quel ragazzo che all'apparenza non sembrava aver nulla a che fare con lei ma che in realtà era così tanto simile alla giovane Hyuga.
Neji fu il secondo a fare coming out, a rivelare il suo orientamento sessuale che per tutti quegli anni aveva tenuto nascosto per non essere discriminato e ritenuto feccia per la sua famiglia.
Hinata, quella che tutti pensavano fosse l'unica a non avere segreti, aveva preso per ultima la parola, rivelando ai due genitori, al marito e ai due fratelli, che Himawari era in realtà figlia di Naruto, l'unico uomo che avesse mai amato in vita sua e con cui aveva una relazione extraconiugale da anni.
Per i due padroni di casa, ma soprattutto per Hiashi, tutte quelle informazioni, quei segreti che i suoi figli avevano avuto, che si erano tenuti dentro per tutto quel tempo, per paura della reazione che avrebbe potuto avere nello scoprirli, lo distrussero più di quanto non lo avessero fatto i segreti in sé.
Pensare che per scatenare quella catena di rivelazioni ci era voluto un estraneo che, probabilmente, ci aveva visto più lungo e più chiaro di lui, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso dell'orgoglio e della sicurezza di sé stesso dell'uomo che si era scusato, quasi in lacrime, per essere stato un pessimo genitore e aveva, immediatamente, prima di dire qualsiasi altra cosa, mandato Hanabi da Hidan, chiedendole di richiamarlo in casa in quanto doveva delle scuse anche a lui.
La ragazza, ovviamente, colpita nel vedere il padre tanto sconvolto e pentito, aveva obbedito, per la prima volta, volentieri agli ordini del padre e si era fiondata da Hidan, per dargli la notizia.

L'albino era rimasto a bocca aperta e non sapeva cosa dire, ne pensare, di quello che aveva scatenato; quella era in assoluto la prima volta che la sua boccaccia e il suo caratteraccio, con l'aiuto di un po' di vino mischiato a della droga di prima qualità, avessero portato a qualcosa di buono.
''I-io non so, non so davvero, cosa dire.'' Aveva balbettato, passandosi una mano tra i capelli argentei, abbandonandosi nuovamente contro il sedile dell'auto, in preda a un attacco di cuore.
''Io sì.'' Iniziò a dire, con fermezza, Hanabi, guardandolo dritto negli occhi con estrema dolcezza e felicità.
''Ti amo, Hidan. Ti amo, cazzo!'' Aveva concluso, prima di afferrargli il viso con le mani e coinvolgerlo in un bacio frettoloso, di gratitudine.
L'altro si era fatto baciare volentieri, cingendo la vita della ragazza con le braccia e stringendola a sé il più possibile, finalmente del tutto sua.
''Ti amo anche io, bambina.'' Le aveva sussurrato all'orecchio, sorridendo dolcemente contro il suo collo e riempiendosi i polmoni con il suo profumo dolce e fruttato.
''Adesso posso avere la mia ricompensa?'' Aveva aggiunto, poi, ghignando beffardo e afferrandole una natica, facendola leggermente sobbalzare e squittire.
''Idiota, te le spacco quelle mani.'' Hanabi si era allontanata da lui con la fronte crucciata e il broncio, guardandolo esasperata e allo steso tempo contenta di aver un ragazzo con un carattere tanto particolare.
Poi scoppiarono a ridere, scaricando del tutto la tensione accumulata durante quelle ore di inferno che avevano passato seduti a tavola.
''Dai, rientriamo oppure hai paura?'' Gli aveva detto la Hyuga, una volta tornati seri e alleggeritasi da quel grande peso che avevano sullo stomaco.
Hidan di paura, proprio non ne aveva, tutt'altro, non aspettava che sentirsi chiedere scusa dal vecchio uomo a cui, anche lui, però, doveva delle scuse per il linguaggio scurrile che aveva usato durante la loro lite.
''Io non ho paura nemmeno della morte.'' Aveva risposto, egocentrico, esibizionista come sempre.
''Però, domani sera si mangia da me.'' Le puntò il dito in faccia, pronunciando quelle parole con immensa serietà.
L'altra aveva roteato gli occhi al cielo, scendendo dalla macchina seguita da HIdan che l'aveva affiancata, abbracciandola e stuzzicandola allungando le mani di nuovo verso il suo sedere.
''Ah, comunque, nel vino c'era la bamba.'' Si era ricordato di dirle, prendendo già le distanze dalla ragazza che sspeva che avrebbe reagito male alla scoperta di ciò.
''Tu cosa?! Ma tu sei proprio fuori di testa, Hidan!'' Aveva strillato lei, con gli occhi sbarrati, tirandogli un pugno su una spalla, sconvolta dalla rivelazione, nonostante qualche sospetto su quel vino, fin troppo gustoso e pesante, ce lo avesse.
''Però tu mi ami proprio per questo, Hanabi, vero?'' Domandò lui, guardandola negli occhi on estrema dolcezza, completamente innamorato perso di quella ragazza, per cui avrebbe fatto di tutto, sperando di avere del tutto la conferma che, per quanto i suo carattere e i suoi modi di fare fossero discutibili, lei lo amasse così come era.
E Hanabi, sì che lo amava, lo amava da impazzire, perché quel ragazzo con il suo carisma, con la sua spiccata parlantina e i suoi modi buschi e volgari di atteggiarsi, l'aveva resa libera.
In assoluto, Hidan, era il regalo di Natale più bello che avesse ricevuto durante tutta la sua vita.

[17322 parole] - 24 Dicembre 2018

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: vrr_00