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Autore: vrr_00    22/04/2024    0 recensioni
Sasuke Uchiha, giovane ventenne, nonostante l'età, deve gestire una delle più importanti aziende del Giappone: l'UCHIHA CORPORATION.
È un ragazzo serio e distaccato, che pensa solo a lavorare e a tenere alto il cognome Uchiha, non dando importanza a chi lo circonda, non accorgendosi di starsi isolando anche dai suoi amici che, nonostante il suo caratteraccio, cercano di stargli vicino.
Con l'arrivo del Natale, la festa che odia di più, il suo comportamento peggiora: si immerge maggiormente nel suo impiego, perdendo così un'altra opportunità di stare in compagnia e di alleggerirsi da tutti i pensieri, i problemi e le responsabilità che lo logorano.
Ma la vigilia di Natale, proprio quando oramai sembra tutto perduto, l'Uchiha farà la conoscenza di quattro personaggi che gli faranno vedere la sua vita in modo diverso da come la percepisce lui.
Speciale Natale 2017 - Wattpad
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clan Uchiha, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Contesto generale/vago
Capitoli:
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⅏A Christmas Carol⅏ 
"La via che gli uomini seguono preagisce una fine sicura se essi vi perseverano, ma modificando quella via, anche la fine deve cambiare." 
⅏Charles Dickens⅏ 

 

Tokyo, 24 Dicembre
Ore 20.00

Sasuke alzò appena lo sguardo quando sentì qualcuno alla porta bussare due volte di seguito.
Subito aveva puntato i suoi occhi color pece alla porta, prendendosi una brevissima pausa, di appena qualche secondo, dal lavoro.
Credeva di essere rimasto l'unico nell'edificio a quell'ora: tutti i dipendenti, o meglio quelli che erano venuti a lavorare anche la Vigilia di Natale costretti dal capo, se ne dovevano già essere andati da almeno un'ora buona.
Quando, poi, aveva intravisto, dietro alla porta di vetro satinato, la figura slanciata dell'uomo che aveva bussato, si era ricordato che, alla fine, c'era qualcuno nella sua stessa situazione.

"Avanti." Aveva detto, dando il permesso di entrare, ritornando con gli occhi sul computer, studiando attentamente ogni parola o numero che apparivano sulla schermata.
Un uomo aprì lentamente la porta, facendo la sua entrata nell'ufficio del ragazzo molto più giovane di lui che stava alla scrivania.
Si avvicinò, con passi lenti e scostanti, con una mano in tasca e l'altra che sorreggeva una busta bianca di cartone, adornata con un fiocco rosso di tessuto, piuttosto appariscente.
"Sasuke, ancora a lavorare?" Chiese, in un sospiro sconsolato, osservando il corvino mentre faceva scorrere le pupille color pece da un lato all'altro dello schermo.
"È un problema se faccio gli straordinari?" Rispose, secco, muovendo appena le labbra.
L'altro non sembrò felice della risposta ricevuta.
Emise un altro sospiro e abbassò le spalle, in segno di resa, avvolte nell'abito nero.
"Non lo sarebbe se non fosse la Vigilia di Natale." Gli disse, allora, poggiandogli sul tavolo di vetro, la busta.

Sasuke fermò il movimento del mouse, che faceva scorerre sul tappetino con la mano destra, mentre con la sinistra si teneva il mento, strofinandoselo con l'indice.
Alzò finalmente gli occhi verso l'uomo, che, ora, lo stava guardando sorridendo o, almeno, così aveva intuito dagli occhi che si erano chiusi, l'unica parte del viso scoperta.
Si abbandonò sulla poltrona girevole di pelle nera, incrociando le braccia al petto, prima di lanciare un'altra occhiata di disapprovazione all'altro e al sacchetto.
"Grazie, ma non era necessario, Kakashi-sensei." Disse, poi, sospirando seccato.
L'uomo, con i capelli argentati e il viso ricoperto da una mascherina chirurguca che lasciava visibili solo gli occhi tra cui uno chiuso solcato da una cicatrice in verticale, tornò serio, infilandosi anche l'altra mano in tasca.
"Ogni anno dici sempre così." Ribattè, spostando l'unico occhio buono alla vetrata alle spalle dell'altro, scrutando al di fuori del palazzo.
"Ma ogni anno continua con i regali."
L'ultima parola venne pronunciata in modo più duro e aspro, del resto della frase, come se il gesto dell'altro fosse una presa in giro nei suoi confronti.
Ma in realtà Sasuke sapeva bene che non erano quelle l'intenzioni di uno dei soci dell'azienda nonchè suo tutore, che lo conosceva da quando era piccolo, sapeva bene la sua storia e non si sarebbe mai permesso di deriderlo, avendo vissuto con lui ogni situazione.

Kakashi Hatake, oltre che una parte fondamentale dell'impresa, era anche un suo caro amico di famiglia, forse l'unico di cui davvero si fidasse.
Sasuke sapeva che ogni gesto compiuto nei suoi confronti, era solo per il suo bene.
In tutti quegli anni l'Hatake non aveva mai avuto interessi secondari, aveva badato a lui, solo per amicizia e rispetto nei confronti della sua famiglia.
Dopo l'abbandono e successivamente la morte di suo fratello Itachi era stato lui a prendersi cura degli affari e del giovane che avrebbe dovuto, una volta compiuta la maggior età, prendere le redini dell'Uchiha Corporation, una delle più note e potenti aziende familiari igenico-sanitarie del Giappone, fondata quasi cento anni prima della nascita del novello proprietario Sasuke Uchiha, appena ventenne.
"Aaah... Sasuke, Sasuke." Sbuffò, scuotendo il capo, mentre l'interessatato rimaneva impassibile, seduto, aspettando che l'altro parlasse, nonostante sapesse già cosa volesse dirgli; eppure nessuno dei due era ancora arrivato al punto di darla vinta all'altro, facendo qualcosa di diverso.
"Perchè invece di startene chiuso qui non vai a festeggiare con i tuoi amici? Ti staranno aspettando.
Sei sempre così impegnato che non ti vedranno da chissà quanto." Lo incoraggiò l'Hatake, aggirando la scrivania e giungendo alle spalle dell'altro, avvicinandosi di più alla vetrata.
"Perchè non ho tempo per festeggiamenti inutili, ho cose più importanti a cui pensare.
E, poi, sai bene che non amo il Natale." Rispose il giovane, riavvicinandosi al computer.
Oltre che ad essere il proprietario e il direttore dell'azienda, che cervava di amministrare nei migliori dei modi, seguito dal sensei, Sasuke studiava all'università, cercando di ottenere il diploma il prima possibile, in modo da potersi occupare a tempo pieno dell'attività familiare.
Adesso che le scuole avevano chiuso, aveva il tempo di studiare più attentamente le condizioni dell'esercizio, non avrebbe sprecato un giorno per dedicarlo ai festeggiamenti di una festa tanto infantile come il Natale.
All'Uchiha non piaceva per niente questa festività, a suo parere era una delle tante feste commerciali che esistevano, una scusa usata dalle persone per non lavorare, farsi regali e fingersi buoni e felici per un giorno, dimenticandosi di tutto il resto.
Odiava tutto ciò che riguardava quel periodo.
Tutte quelle decorazioni pacchiane, le canzoni ridicole e stonate cantate dai bambini e soprattutto le luci, quelle dannate luci colorate, intermittenti, che tanto gli davano fastidio agli occhi, accecandolo.

L'uomo si passò una mano tra i capelli, grattandosi la testa.
Guardava fuori, dove i palazzi era adornati da insegne che auguravano buone feste dando un po' di colore alla città velata dallo strato di smog e con il cielo di un blu intenso, tendente al nero.
Sapeva che lo stato d'animo di Sasuke, che non era mai stato fin troppo allegro, in quel periodo si incupiva ancor di più, tanto che il ragazzo si chiudeva in se stesso maggiormente, diventando molto più irrascibile del solito.
I brutti ricordi legati a quel periodo dell'anno infestavano la mente del corvino, peggiorandogli notevolmente l'umore.
Era difficile mettere da parte il passato, ma quegli avvenimenti lontani non dovevano precludergli di potersi divertire e svagarsi un po', dimenticando tutto lo stress e le responsabilità che aveva durante il resto dell'anno, o almeno, provarci.
Era solo un ragazzo, eppure si era già fatto carico di tante mansioni, compiti fin troppo grandi per lui; Sasuke aveva bisogno di liberarsi un po' dallo stato di schiavitù e alienamento a cui si sottoponeva.
Tutti gli anni Kakashi tentava di spronarlo a uscire di più e a far festa con i coetanei, ma l'Uchiha non gli aveva mai dato retta, al contrario il ragazzo continuava a rimanere immerso nello studio, senza mai darsi pace.
Tuttavia, sebbene il suo carattere non fosse dei migliori, gli amici non gli mancavano, per ora.
Kakashi li aveva conosciuti personalmente e aveva constatato quanto fossero vicini al suo protetto, gli volevano un gran bene nonostante tutto; il tutore sapeva, però, che se fosse andato avanti ad ignorarli, prima o poi si sarebbero stancati di aspettarlo, lasciandolo solo.

Kakashi non voleva assolutamente che Sasuke rimanesse solo: la solitudine è il peggiore dei mali, ti distrugge lentamente portandoti alla depressione, sfruttando ogni tuo singolo ricordo e pensiero negativo.
L'Uchiha cercava rifugio nel lavoro proprio per sviare tutto questo, ma in realtà così facendo stava solo peggiorando la situazione.

"Ascoltami Sasuke." Riprese a parlare Kakashi, dopo un lungo silenzio, ritornando davanti a lui.
"Lo so che non vuoi che tutti gli anni ti ripeta le solite cose, però dovresti provarci, almeno una volta a fare qualcosa di diverso invece che passare questi due giorni chiuso in ufficio, da solo, sperando di non ricordare immergendoti nel lavoro." Finì di dire, con il suo tono calmo.
Kakashi lo conosceva bene e, soprattutto, sapeva bene cosa voleva dire essere solo e depresso.
Sasuke, di risposta, alzò un sopracciglio, prendendo un lungo respiro.
Lo stava infastidendo, non riusciva a concentrarsi pienamente e ciò non andava bene: doveva liquidare il sensei e i suoi discorsi melensi il prima possibile.
"Le sembro uno che va in giro vestito di rosso a cantare facendo finta che vada tutto bene?
Le ho già detto che preferisco occupare le miei giornate in altri modi e poi se non mando avanti io il lavoro non lo farà nessuno in questi giorni.
Ora, se non le dispiace, dovrei finire di riguardare questi documenti." Cercò di tagliare corto, mentre aguzzava lo sguardo sullo schermo.
L'altro alzò gli occhi al soffitto color crema: Sasuke era una testa dura e a volte era anche un po' troppo quereloso.
"Sai bene che non intendevo quello, la stai facendo più pesante di quello che è.
E ti ricordo che se è del lavoro che ti preoccupi, ci sono sempre io qui che ti posso dare il cambio, pur di non vederti anche solo per un giorno chiuso in questa campana di vetro." Gli rispose, non intento ad andarsene.

L'Uchiha alzò di nuovo un sopracciglio dall'irritazione mentre cercava di ignorare l'uomo: magari così se ne sarebbe andato lasciandolo tranquillo, quest'anno sembrava più insistente degli anni addietro.
Continuò così indisturbato a lavorare, controllandolo con la coda dell'occhio, sperando che si decidesse ad uscire dal suo ufficio.
Non capiva perchè continuasse ad ostinarsi a volerlo far uscire a divertirsi trascurando il lavoro, proprio lui che era sempre stato così dedito a ciò che faceva.

"Ho capito... me ne vado." Si arrese l'Hatake, alzando le mani, dopo averle estratte dalle tasche, in segno di resa.
Era inutile continuare ad insistere, era meglio non infastidirlo ancora: anche questa volta aveva fallito malamente nella sua missione di salvarlo dall'asocialità.
"Era ora..." Rispose schietto, roteando gli occhi.
Uno sbuffò trapassò la mascherina bianca davanti alla bocca del maggiore.
Sasuke non aveva mai capito il motivo per il quale la indossasse, sapeva solo che non se l'era mai tolta da quando lo conosceva, non aveva nessun ricordo del suo viso.
Probabilmente doveva essere germofobico o ipocondriaco, oppure avere qualche allergia a lui sconosciuta, ma sinceramente non gli importava più di tanto.
Si voltò per avviarsi verso la porta, fermandosi dopo qualche passo.
Il giovane, che aveva seguito ogni suo movimento, si bloccò nel lavoro.
Stava quasi per alzarsi e cacciarlo dall'ufficio a calci, ma si trattenne, cercando di calmarsi.
"Non fare come ho fatto io, Sasuke.
Pensando solo a lavorare ti perderai una gran bella parte della tua vita, rischiando di rimanere solo." Parlò di nuovo Kakashi, rimanendo immobile, a metà strada tra la porta e la scrivania.
"Non vorrai passare le feste a leggere libri porno e accarezzare cani, spero." Aggiunse, girandosi appena verso di lui e sorridendo, continuando poi a camminare.
Il corvino rimase stupito da quelle parole.
Sapeva della vita passata del sensei, raccontatagli con fatica un giorno in cui si era ubriacato pesantemente, annegando i ricordi nell'acool.
Suo padre, un uomo un tempo di successo, si era suicidato per via della perdita del lavoro quando Kakashi era ancora piccolo.
Negli anni seguenti era poi stato in una struttura privata, dove aveva conosciuto un uomo, il suo maestro, che era diventato il suo punto di riferimento, ma poco dopo morì anche quest'ultimo, in un incidente, insieme alla moglie che aveva appena partorito.
In seguito aveva poi dedicato la sua vita allo studio e al lavoro, facendo strada in fretta e iniziando a lavorare all'Uchiha Corporations, dove ormai era stabile da più di dieci anni.

Kakashi aprì la porta, alzando la mano in segno di saluto, prima di uscire.
"Sensei, aspetti." Lo fermò il minore, ricordatosi di una cosa.
Subitò l'Hatake si girò, speranzoso di aver suscitato un cambiamento nel giovane.
Il corvino aprì diversi cassetti, più volte, imprecando mentalmente di non ricordarsi dove avesse messo l'oggetto che stava cercando.
Finalmente, dopo vari tentativi, estrasse un pacchetto, o almeno quello che doveva somigliare a uno di essi: un semplice fiocco di carta verde era appiccicata con dello scotch su un libro.
L'uomo intanto si era riavvicinato alla postazione dell'Uchiha, osservandolo intento a cercare qualcosa.
"Ecco... il suo regalo." Disse Sasuke, allungando il braccio verso di lui.
Ogni anno si ripromettevano di non farsi regali, ma puntualmente l'Hatake veniva a meno alla promessa, così il ragazzo era costretto a ricambiare, comprandogliene uno a sua volta, dandoglielo poi rientrati dalle vacanze, non avendo pensato a comprarglielo prima.
Quest'anno però era stato prevenuto e ci aveva pensato a tempo debito.
L'uomo afferrò dalla mano di Sasuke l'ogetto, rigirandoselo tra le mani, scrutandolo attentamente, giudicandolo.
Sorrise, volgendogli uno sguardo complice.
"Il Paradiso della Pomiciata. Questa è una versione esclusiva, non è facile averla." Commentò, soddisfatto.
"Stai parlando con un Uchiha, niente è impossibile per me." Ghignò, portandosi le mani davanti alla bocca.
Il tutore scosse la testa, continuando a ridere.
"Ti ringrazio...
So cosa fare stasera." Rispose poco dopo, con tono allusivo, ripercorrendo il percorso verso l'uscita.
"E tu stare troppo attaccato a quell'aggeggio infernale: lo sai che non ti fa bene agli occhi." Aggiunse, indicando il computer con il dito.
"Si sensei... ora se ne vada, mi ha già fatto perdere troppo tempo." Sbuffò, rimanendo nella sua posizione stoica.
Kakashi aprì la porta, uscendo dalla stanza, chiudendola, poi, lentamente.
"Sta sera nevica se ti sei ricordato di darmi il regalo in tempo.
Chissà che non avvenga qualche miracolo!" Esordì a gran voce, scherzosamente, mentre chiudeva la porta di vetro, senza dare il tempo all'Uchiha di ribattere.

Erano passate ormai due ore da quando Kakashi se ne era andato, lasciando il ragazzo da solo, per permettergli di lavorare, nonostante avesse tentato di persuaderlo di smettere e fare altro.
Gli occhi di Sasuke incominciavano a farsi pesanti e la vista gli si stava annebbiando; la luce fredda e artificiale del computer, così fitta e pungente, poteva solo accompagnare il suo forte mal di testa.
Si toccò l'attaccatura del naso, prendendosi una pausa dal lavoro, per massaggiarsela.
Era sempre stato vulnerabile alle luci forti, tanto che, spesso, i suoi occhi neri si arrossavano in maniera spropositata facendogli un gran male.
Il suo lavoro d'ufficio, di certo, non era il massimo per la sua debole vista.
Sbuffò, abbandonandosi nella poltrona, dandosi una leggera spinta con i piedi quanto bastava per girare da un lato all'altro, cullandosi.
E

strasse il telefono dalla tasca, accendendo lo schermo notò fin troppe notifiche di chiamate e messaggi.
Lo sbloccò, per poi andare a controllare se si fosse perso qualcosa di importante.

Subito si convinse che la maggior parte di quei messaggi erano di auguri da parte di colleghi e conoscenti.
Li eliminò tutti, senza nemmeno leggerli: non aveva voglia di perdere tempo a ricambiare, soprattutto se non gliene importava nulla di quegli inconvenevoli.
Fece scorrere, poi, quello che rimaneva, emettendo un'altro sospiro scocciato.

5 chiamate perse da Sakura Haruno.
Quella seccatura di Sakura doveva sempre essere in mezzo.

2 chiamate perse da Ino Yamanaka.
Un'altra che doveva sempre mettersi in mezzo alla sua vita.

1 chiamata persa da Kakashi Hatake Sensei.
Perchè lo aveva chiamato se poco prima si erano visti per parlare? Di sicuro per tentare di convincerlo di uscire di nuovo.

10 chiamate perse da Naruro Uzumaki (Dobe).
Quell'idiota di Naruto si doveva sempre distinguere dagli altri esagerando, era fin troppo insistente.

Aprì Whatsapp, ritrovandosi altrettanti messaggi inutili, insieme a quelli degli amici che gli avevano continuato a mandare ininterrottamente, avevano persino creato un gruppo per ritrovarsi e festeggiare.

+600 messaggi non letti da "Naruto è Babbo (Natale)🎅👱‍♂️"
Possibile che alla loro età fossero così infantili?
Non aprì il gruppo, si limitò a guardare gli ultimi messaggi dall'anteprima, facendoli scorrere velocemente.
Shikamaru Nara: Allora ci troviamo tutti a casa di Naruto alle nove?
Kiba Inuzuka: È un problema Naruto se porto anche Akamaru? Non vorrei lasciarlo da solo proprio la Vigilia di Natale!😭🐶
Shino Aburame: Non voglio il tuo cane puzzolente addosso mentre si mangia, ci sei già tu che basti e avanzi.
Kiba Inuzuka: Stai zitto Shino! Riempiti la bocca con i tuoi fottuti insetti e strozzati!
Akamaru non puzza!
Shino Aburame: Ma tu si.
Choji Akimichi: HAHAHAHAHA, mi sta andando di traverso il pandoro.
Ino Yamanaka: Ragazzi basta fare gli idioti!
Dobbiamo metterci d'accordo.
Shikamaru Nara: Credo che tutti abbiano già dato conferma, dobbiamo solo aspettare che Naruto ci dica quando dobbiamo trovarci.
Choji Akimichi:Quindi in quanti siamo? Così mi regolo sui dolci da portare.
Shikamaru Nara: Dovremmo essere in 11, se non erro.
Neji non è in città e sappiamo benissimo che nemmeno Sasuke verrà.
Hinata Hyuga: Neji alla fine viene.
Arriveremo un po' in ritardo.
Scusate.😶
Shikamaru Nara: Non credo ci siano problemi, Hinata.
Quindi siamo in 12.
Choji Akimichi: Vada per 12 allora.👨‍🍳🍡
Shikamaru Nara: Non esagerare come tuo solito.
Sakura Haruno: Teniamolo contato lo stesso Sasuke, magari riesce a liberarsi dal lavoro...
Shikamaru Nara: Sakura non ci credi nemmeno tu a quello che stai dicendo.
Kiba Inuzuka: Tutti gli anni è sempre la solita storia, è inutile continuare a sperarci ed a invitarlo.
Ino Yamanaka: ...
Sakura Haruno: Farò lo stesso un tentativo a chiamarlo; non mi costa niente provarci!
Shikamaru Nara: Ti continui ad illudere per nulla.
Ma contenta tu...
Naruto Uzumaki (Dobe): Ragazzi, Sasuke fa sempre parte del gruppo, non possiamo non invitarlo!

È sempre molto occupato, ma di certo quest'anno si libererà, me l'ha promesso!
Kiba Inuzuka: Bha! Io rimango della mia: non gliene frega proprio nulla di noi, scommetto che non leggerà nemmeno questi messaggi.
Potremmo benissimo iniziare ad insultarlo che non lo saprebbe mai.
Naruto Uzumaki: Qui non si insulta proprio nessuno!
Adesso basta, ci penseremo io e Sakura a Sas'ke.
Confermo per le 21.30 a casa mia!

Scosse la testa in segno di disapprovazione: quando mai aveva promesso al Dobe di esserci?
E quell'Inuzuka lo avrebbe volentieri preso a pugni, lui e il suo cane pulcioso.
Continuò a scorrere le altre chat, tenendo il telefono con le sue lunghi dita pallide.

messaggi non letti da Sakura Haruno.
Sasuke, verrai alla festa stasera?
È a casa di Naruto dalle 21.30.
Vieni quando ti è più comodo, ma ti prego, vieni.
Ci teniamo molto alla tua presenza, soprattutto io, è da tanto che non ti vedo...
Sasuke, per favore, non voglio passare un altro Natale senza di te.

20 messaggi non letti da Naruto Uzumaki (Dobe).
TEMEEEE
Verrai sta sera alla festa, vero?
Ci divertitemo tantissimo, ci siamo tutti!
Dai Sas'ke, rispondimi.
Giuro che continuerò a mandarti messaggi fino a quando non mi risponderai!
Teme
Teme
Teme
...
Sas'ke, avevi promesso che saresti venuto...
Perchè fai così.
So che sei impegnato ma è la Vigilia di Natale...
Sas'ke...
Spero tu venga.

2 messaggi non letti da Kakashi Hatake Sensei.
Sasukec'era fuori Karin che ti aspettava, potevi almeno avvisarla che non saresti uscito con lei.
Mi sono sorbito le sue lamentele al posto tuo e l'ho convinta a non tornare su a disturbarti; mi devi un favore.
Ho incontrato Sakura mentre tornavo a casa, mi ha chiesto di te, sembrava molto triste.
Le ho detto che eri ancora a lavoro, ma forse riuscivi a liberarti per passare a fare gli auguri.
Pensaci bene Sasuke, potrebbe essere la tua ultima opportunità di mantenere i rapporti con i tuoi amici.
Non fare il mio stesso errore.

Archiviò le chat, senza aspettare altro tempo.
Non gliene importava proprio nulla di festeggiare Natale con loro, doveva sfruttare ogni minuto libero che aveva per occuparsi dell'azienda, farla fruttare, guadagnare: doveva far riscattare il nome Uchiha rovinato da suo fratello.
Non servivano a niente gli amici, non c'era nessun legame che li univa, erano solo una distrazione alle sue ambizioni.
Il labbro superiore si inarcò leggermente, mentre le notifiche dei messaggi diminuivano.

1 messaggio non letto da Karin.
Sasuke per questa volta ti perdono, anche se in realtà non dovrei, dopo che mi hai fatto aspettare a vuoto.
Ma a Natale siamo tutti più buoni... quindi ti do un'altra possibilità.
Quando finisci vieni da me, ci divertiremo.🥂🔞

Karin, la sua stagista, nonchè compagna di corso all'università, aveva sempre avuto una cotta per lui, perdendo ogni briciolo di dignità che aveva facendo tutto ciò che desiderasse credendo di aggrazziarselo.
Scoparsela, dandole il contentino, non era stata una buona idea: da quella volta aveva creduto che ci fosse qualcosa di più fra loro.
Ignorò anche il suo messaggio.

1 messaggio non letto da Orochimaru Sennin.
Sasuke, hai saltato la visita.
Lo sai che è importante per la tua salute.
Non vorrai mica che la situazione degeneri?

Orochimaru era il suo dottore, se così si poteva chiamare; era un esperto nel campo delle malattie degenerative che si era interessato molto al suo caso particolare.
Più che altro era uno scienziato a cui piaceva fare esperimenti sulle vite dei suoi pazienti.
L'Uchiha aveva accettato di sottoporsi a una sua consulenza, nonostante molti glielo avessero sconsigliato, pur di provare a guarire dalla sua malattia degenerativa agli occhi.
Adesso però non aveva affatto voglia di mettersi a parlare con lui.

Ore 22.45

Sasuke si rimise il telefono in tasca, chiudendo un istante gli occhi che continuavano a pulsargli ininterrottamente come se gli stessero per uscire dalle cavità.
Rimase così per un po', abbandonato sulla poltrona, nel silenzio del suo ufficio.
Gli era sempre piaciuto il silenzio e la tranquillità di quel posto che rimaneva insonorizzato dai rumori provenienti dal resto del palazzo.
Solo ogni tanto si potevano udire appena, vista l'altezza a cui si trovava, i suoni esterni: la città di Tokyo, nonostante fosse caotica, rimaneva la sua città Natale, non poteva che esserci legato.
I suoi pensieri vennero interrotti da una suon fastidioso, fin troppo per l'Uchiha.
Spalancò gli occhi irritato: possibile che le canzoni Natalizie fossero udibili fino al suo rifugio?
Si alzò di scatto, dopo aver spento il computer, mettendosi la giacca e afferrando il sacchetto dell'Hatake.
Anche volendo non sarebbe più riuscito a continuare a lavorare, era meglio tornare a casa a riposare, dissociandosi da tutto.

Una volta fuori dal palazzo, venne investito da mille suoni e colori che allestivano la città.
La gente si spostava caoticamente più che mai, tra negozi e bancarelle.
L'odore dello smog era coperto da quello dei dolci e del vischio, l'unico punto a favore che Sasuke dava a quella festività.
Si dovette massaggiare di nuovo gli occhi prima di abituarsi a tutte quelle luci accecanti, cercando di muoversi il più velocemente possibile ad arrivare alla macchina.
La testa gli stava per scoppiare, tutto quel rimbombare di canti e suoni, insieme al suo insistente dolore, era un mix letale.

Allungò il passo, schivando con fatica le persone che arrivavano da ogni direzione, troppo distratte da tutto quel frastuono per stare attente a dove mettevano i piedi.
L'ennesimo uomo travestito da Babbo Natale lo urtò, facendogli quasi perdere l'equilibrio, già precario.
"Mi scusi signore!" Si affrettò a dire, con voce squillante, alzandosi il cappello troppo grande per la sua testa, dal volto.
"Sta attento, razza di idiota." Fu la risposta, poco carina, che Sasuke ringhiò infastidito.
"Sasuke?" Disse il povero malcapitato, aguzzando lo sguardo verso di lui, mentre si metteva a posto la barba bianca.
Il giovane si maledì di aver parlato, avrebbe dovuto ignorare le sue scuse e andarsene via subito.
Ci mancava solo suo cugino Obito a rovinargli la giornata.
"Da quanto tempo! Come stai Sasuke?" Lo abbracciò, scuotendolo convulsamente, il cugino, mentre il cappello gli ricadeva di nuovo sugli occhi.
L'altro rimase immobile, cercando di non respirare i peli della folta barba che gli stavano entrando nelle narici.
Quando finalmente l'altro si staccò, potè vedere il volto del ragazzo con la sua solita espressione ebete.
"Potrebbe andare meglio." Rispose, atono, con un'espressione fredda; era meglio liquidarlo in fretta, non sopportava per niente quel suo strambo parente.

Obito si mise a ridere come avrebbe fatto Babbo Natale, toccandosi la finta pancia al di sotto del tessuto rosso del suo abito vistoso.
Sasuke non lo conosceva molto bene, sapeva solo che lavorava per l'ALBA, l'azienda di cui era socio da molti anni, dopo aver abbandonato quella di famiglia.
Uno dei motivi per cui Sasuke non lo sopportava era perchè anche lui aveva contribuito a mandare quasi in fallimento l'Uchiha Corporation.
Obito, o Tobi, era molto, fin troppo, particolare, eppure era riuscito a far carriera nonostante il deficit mentale dovuto ad un trauma subito da bambino, che oltre ad alcuni problemi mentali, gli aveva lasciato anche handicap fisici.
Obito era più grande di Sasuke di circa una decina di anni, essendo coetaneo con Kakashi, che lo conosceva bene e con cui era stato amico, prima che i rapporti si rovinassero.
Era abbastanza alto e magro, con occhi neri color pece e i capelli corti del medesimo colore portati spettinati in un taglio corto.
Il tratto che lo distingueva era la piaga lasciatagli, sulla parte destra del viso, dall'incidente in cui aveva anche perso un braccio, oltre alla sanità mentale.
Il corvino, che sin da piccolo, non era mai stato pacato e intelligente, dopo l'incidente era rimasto ingenuo e scalmanato.
Aveva iniziato a soffrire di personalità multipla, per questo motivo lo chiamavano con due nomi differenti.
Obito era la parte più infantile e fanatica, mentre Tobi era la sua parte più seria e matura, che gli aveva permesso di diventare qualcuno nella vita tanto che, sembrava che l'incidente fosse stata una fortuna per lui.
Purtroppo però c'era anche una terza parte di lui, meno presente, ma molto influente sulle sue scelte, come se fosse esterna al suo corpo.
Si chiamava Madara, come il loro antenato, colui che aveva dato origine alla stirpe Uchiha.
Obito credeva che lo spirito dell'uomo vivesse in lui e che gli dicesse cosa fare, chi essere e come comportarsi.
Era la sua parte più oscura e manipolatrice, proprio come il vero Madara.
Per questi motivi, l'Uchiha, veniva spesso allontanato per paura che potesse compiere gesti pericolosi dettati dal suo stato mentale.
Nonostante tutto, però, sembrava non perdere mai il sorriso, continuando a vivere sereno.

"Stai andando a festeggiare?" Gli chiese poi il maggiore, dopo aver dato una caramella ad un bambino passatogli a fianco.
"No. Odio il Natale." Ringhiò, lui, guardando la busta che teneva nella mano.
La reazione di Obito fu alquanto drammatica: sgranò gli occhi, mettendosi la mano sul fianco e si avvicinò, piegandi in avanti il busto, al viso del più piccolo.
Sasuke indietreggiò appena, leggermente scosso da quell'atteggiamento: sapeva che Obito era imprevedibile, avrebbe dovuto mordersi la lingua prima di parlare così esplicitamente con lui.
"Come puoi odiare il Natale?! È una festa così bella!
Le luci, i colori, i regali, gli amici... L'atmosfera natalizia non può non averti contagiato!" Gli urlò, a mezzo centimetro dalla faccia, indicandolo con un bastoncino di zucchero.
"Ho di meglio da fare." Rispose, fissandolo dritto negli occhi, non facendosi intimorire dal maggiore.
"Ad esempio? Lavorare? Passerai il resto della tua vita a lavorare, goditi le vacanze!" Lo incoraggiò, dandogli una pacca sulla spalla, seguita da un 'Oh oh oh'.
Sasuke si morse la lingua prima di dire qualcosa di troppo cattivo che avrebbe potuto ferire o far arrabbiare Obito.
Conosceva cosa era successo con Kakashi, i motivi per cui avevano litigato erano inerenti alla dedizione allo studio e al lavoro che aveva portato il secondo, già solitario e autonomo, a distaccarsi ancora di più da lui e la loro amica Rin, che aveva perso la vita qualche anno dopo l'incidente dell'Uchiha, per colpa del suo sensei.
Da lì, Obito aveva iniziato a nutrire un'odio nei confronti dell'amico, escludendolo dalla sua vita una volta per tutte, nonostante l'altro fosse cambiato dopo quella tragica sventura.
Sasuke stava quasi per parlare facendo un paragone con l'Hatake, ma si fermò in tempo, cercando di sbrigarsela velocemente.
"Scusa Obito, ma ora devo andare." Lo liquidò, spostandoselo di dosso.
"Va bene Sasuke! Buon Natale e non affaticarti troppo o te ne pentirai!" Gli urlò di nuovo, salutandolo con la mano buona, mentre con passo svelto e sostenuto Sasuke si era già allontanato da lui.
Sospirò, liberatorio, sperando di non incontrare altri imprevisti lungo la strada di casa.
Oggi, tutti, sembravano continuare a insistere sul non voler farlo lavorare.
I primi fiocchi di neve, intanto, iniziavano a scendere dal cielo, posandosi leggeri sui capelli scuri di Sasuke.

Sasuke si lanciò sul letto dopo essersi fatto una doccia bollente che gli aveva allentato i nervi e i muscoli, rilassandolo; finalmente era a casa, tranquillo, nel silenzio.
Si mise a osservare il soffitto, appena illuminato dal camino accesso, mettendosi le mani dietro alla testa ancora umida.
Gli occhi continuavano a fargli dannatamente male: guardandosi allo specchio si era accorto che si erano arrossati parecchio rispetto al solito e così aveva deciso di prendere la medicina che Orochimaru gli aveva prescritto in caso di dolore.
Avrebbe preferito evitare, non si fidava molto di quelle pillole, ma era sicuro che se non le avesse prese non sarebbe riuscito a dormire per il dolore lancinante alla testa.
Aveva ormai da alcuni anni quel problema agli occhi, come tutti quelli del clan Uchiha.
Era una sorta di malattia genetica passatagli dal loro avo, Madara, che nonostante il susseguirsi delle generazioni aveva continuato ad affliggere ogni membro della sua famiglia, senza saltare nessuna generazione.
Era una malattia degenerativa che con il passare degli anni, nei casi più gravi, portava alla cecità completa.
La vista degli Uchiha era molto acuta e buona nei primi anni di vita, ma con il passare del tempo, soprattutto se sollecitata dall'affaticamento continuo e dalle luci forti, l'occhio iniziava a perdere decimi e a provocare forti dolori alla testa, seguiti da giramenti di capo, svenimenti, affaticamento, perdita di equilibrio.
Dal punto di vista visivo, l'occhio appare inizialmente arrossato nella sclera e con i capillari dilatati, più la malattia avanza, più l'occhio si colora di rosso, iniziando a mutarne il colore dell'iride.
Alla fine si perde la vista, continuando però a soffrire di dolori insopportabili alla testa.
A volte il dolore diviene talmente insopportabile tanto che porta alla morte.
Itachi, suo fratello, aveva quasi rischiato di rimanere cieco, se non fosse stato per l'intervento subito, che gli aveva permesso di vedere ancora per qualche tempo prima di morire ucciso dal tumore al cervello che lo aveva colpito pochi mesi dopo.
Era stato il primo a provare a guarire da quel flagello che gli Uchiha si portavano appresso, rimettendoci la pelle nel tentativo di curarsi.
Sasuke strinse i pugni al ricordo del maggiore, che aveva abbandonato il clan e l'azienda, seguendo Obito nella fondazione dell'ALBA, una società multinazionale nella ricerca e nello sviluppo delle malattie, che aveva fatto grandi progressi nel campo medico, grazie all'unione delle forze dei dieci soci, di cui una volta faceva parte anche Orochimaru, cacciato in seguito per le sue idee troppo pericolose e inverosimili.
Aveva voluto un gran bene al fratello quando era piccolo, lo aveva considerato un punto di riferimento, un traguardo da superare.
Poi, dopo la morte dei genitori, deceduti per colpa sua, aveva iniziato ad odiarlo intensamente.
Era per colpa sua se ora era solo e aveva tutti quelle pressioni sulle spalle; se non lo avesse abbandonato, con chissà quale ambizione, andando a lavorare da Obito, morendo sotto le "cure" che sembravano aver trovato per la loro malattia, adesso avrebbero potuto essere insieme a dirigere l'azienda di famiglia, dividendosi in modo adeguato gli incarichi e allora si sarebbe potuto permettere di avere una vita meno impegnativa.

I suoi pensieri vennero interrotti nel sentire cantare una canzone di Natale a volume molto alto.
Si mise seduto, tenendosi la testa tra le mani, mentre i denti digrignavano dal dolore e dalla rabbia.
Le voci del coro si fecero più alte, vicine, rimbombandogli nelle orecchie, che tentò di chiudersi con le mani per attutire il rumore.
"Basta! Basta! Basta!"
Urlò, scuotendo il capo mentre la testa pulsava.
D'un tratto, come erano arrivate, le voci sparirono, facendo ridominare di nuovo il silenzio nella casa.
Sasuke, con il respiro accellerato e gli occhi spalancati, si tolse le mani dalle orecchie, percependo un lieve fischio continuo.
Calmatosi, si mise seduto sul bordo del letto, con i piedi a penzoloni verso il pavimento, chiedendosi come fosse possibile ciò che era appena accaduto.
Prese in mano la scatola delle pillole che aveva appena ingerito: di sicuro dovevano contenere qualche sostanza allucinogena.
Tentò di leggere i piccoli caratteri scritti sul bugiardino, ma gli fu impossibile perchè gli apparivano sfuocati e illeggibili.
Lanciò la scatola a terra, in un angolo, facendone uscire tutto il contenuto che si sparse in ogni parte della stanza.
Di nuovo ringhiò, toccandosi gli occhi stanchi e dolenti; cercava solo un po' di pace, di tranquillità e, se possibile, un po' di sonno ristoratore.
Il campanello suonò, facendo sobbalzare Sasuke dal letto, con il cuore in gola per lo spavento.

Ore 23.45

Chi poteva essere a quest'ora della Vigilia di Natale a bussare alla sua porta?
Sasuke si chiese se non fosse solo un'altra allucinazione dovuto alle pastiglie.
Un'altra volta sentì il campanello suonare, seguito da una bussata.
Si convinse che dovesse essere tutto vero a quel punto, ma rimaneva il dubbio su chi potesse essere la persona che lo stava cercando.
Si alzò dal letto, traballante per via dei giramenti di capo e raggiunse la porta di ingresso una volta percorso il corridoio lentamente, facendo poco rumore, attendendo un altro squillo, per avere una maggior certezza che fosse tutto reale.
Ciò che si aspettava non tardò molto ad arrivare, facendolo trasalire un'altra volta.
Allungò la mano, tremante, ancora scossò da ciò che aveva vissuto poco prima, verso la maniglia della porta.
Si avvicinò poi con il corpo, appoggiando l'orecchio contro il materiale freddo che divideva lui da chi aveva bussato.
Sentiva il suo cuore battere a una velocità esagerata e il respiro ritornato affannato.
Si insultò di nuovo per aver preso le medicine di Orochimaru, la causa dell'aumento del suo malessere.
Fece un respiro profondo, per calmarsi, allontanando la testa dalla porta.
Doveva tornare il Sasuke Uchiha di sempre, non poteva mostrarsi così debole.

Sakura e Naruto, di sicuro dovevano essere loro due fuori dalla porta, dovevano essere loro che lo stavano cercando per convincerlo ad andare a festeggiare insieme agli altri.
Chi altro poteva essere tanto insistente e avere voglia di farsi tutta quella strada, a quell'ora di sera, mentre nevicava, per cercarlo, se non loro due.
Ripreso il controllo del suo corpo, avvicinò l'occhio destro allo spioncino al centro della porta, guardando se i suoi sospetti fossero fondati: apparì tutto sfuocato; i suoi occhi erano troppo stressati per riusire a distinguere i contorni da una fessura tanto piccola.
Sbuffò, irritato, iniziando ad girare le chiavi nella serratura.
Senza pensarci due volte aprì la porta di scatto, venendo investito da una vampata di aria gelida mista ad alcuni fiocchi di neve.

Un brivido gli percose tutta la schiena, facendolo tremare.
Aprì e chiuse gli occhi più volte, vedendo che, sul pianerottolo, non c'era nessuno.
Ignorò il freddo e si sporse al di fuori della casa, guardandosi intorno nel giardino, illuminato dalle decorazioni natalizie dei vicini, che, per una volta, potevano essere utili a qualcosa.
"Chi c'è?" Disse piano, rimanendo poi immobile e in silenzio, aspettando una risposta.
"Chi c'è? Se è uno scherzo non è divertente." Ringhiò, questa volta, stringendo i pugni lungo le gambe.
Non ottenuta nessuna risposta rientrò in casa, riscaldandosi immediatamente strofinandosi le braccia con le mani.
Starnutì un paio di volte rumorosamente tanto che l'eco rimbombò in tutta la casa.
"Maledizione!" Imprecò, mentre si dirigeva verso camera sua, volendo cercare conforto nel camino, in cui, in quel momento, si sarebbe gettato pur di riscaldarsi.
Entrò nella stanza, completamente buia, camminando a stento verso le ceneri del fuoco che si era spento.
"Ma che cazzo sta succedendo stasera!?" Parlò ad alta voce, mentre cercava i fiammiferi per accendere di nuovo il caminetto.
Oggi tutti ce l'avevano con lui, non volevano proprio lasciarlo tranquillo.
Riacceso il camino, si lasciò cadere con il sedere a terra, sul pavimento di legno scuro.
Le fiamme ardenti gli illuminavano il viso pallido, riscaldandolo.
"Ecciù!" Starnutì, passandosi il retro della mano sotto il naso, sospirando irato per il raffreddore imminente.
"Salute."
"Grazie." Rispose, instintivamente, tirando su con il naso.
Si irrigidì, mentre un altro brivido freddo gli percorreva la schiena, facendogli venire la pelle d'oca.
"Prego." Si sentì rispondere, da una voce maschile, pacata e appena udibile.
Si alzò in piedi di scatto, afferrando l'attizzatoio saldamente, portandoselo davanti al corpo, ancora scosso dai tremiti.
I suoi occhi si mossero da un lato all'altro della stanza, dove le ombre dei mobili si muovevano seguendo i ritmi delle fiamme, cercando ti trovare colui che si era introdotto in casa sua e che stava parlando.
"Non temere Sasuke, non ti voglio fare del male." Parlò di nuovo, con un tono calmo e una voce profonda.
Camminò piano, verso la porta aperta della camera, affacciandosi sul corridoio, dove credeva che la persona si stesse nascondendo, trovandolo vuoto.
La voce gli era familiare, ma in quel momento non riuscì a darle un volto.
"Ti chiedo scusa, non volevo entrare in casa tua senza il tuo permesso, ma non mi hai aperto nonostante avessi suonato e bussato diverse volte."
Questa volta la voce sembrava provenire dall'interno della sua camera, così subito, appena la sentì si voltò, dando un'altra occhiata dalla parte opposta.
Quel modo di parlare, così tranquillo e garbato, gli ricordava qualcuno molto vicino a lui.
"Kakashi-sensei?" Chiese, quasi sollevato di aver scoperto chi fosse chi si era introdotto in casa sua.
Subito dopo però la rabbia lo assalì: gli era quasi venuto un attacco di cuore per colpa sua.
"Non proprio Sasuke, ma ci sei andato vicino."
Disse, prima che il corvino potesse aprire bocca per invenire contro di lui.

Dopo qualche istante di silenzio, in cui Sasuke rimase immobile, davanti all'entrata della sua stanza, sentii una folata di vento freddo investirlo, facendo tremolare la fiamma del camino che si spense.
"Merda!" Imprecò il ragazzo, annaspando con le mani nel buio, cercando di non cadere a terra o di andare a sbattere contro qualche mobilio.
Il fuoco si riaccese, più fievole e pallido di prima, illuminando appena intorno al caminetto.
Un rumore metallico, ruppe il silenzio creatasi, facendo sussultare il giovane, sempre più scosso da ciò che stava succedendo.
Il suono si faceva sempre più concreto, forte e vicino.
D'un tratto una figura si materializzò, davanti al fuoco, circondata da un velo di nebbia rado e grigiastro.
L'Uchiha aguzzò la vista, allungando appena il collo in avanti, cercando una spiegazione logica a quello che stava vedendo.
I tratti della sagoma si fecero più nitidi, rivelando la forma di un uomo piuttosto alto e magro, vestito in giacca e cravatta, con grandi catene avvolte intorno al corpo; egli però non aveva forma fisica, Sasuke poteva benissimo vedere attraverso al suo corpo, del medesimo colore della nebbia ormai diradata, il fuoco che ardeva dietro di lui.
Un giramento di testa improvvisso lo colpì, facendolo barcollare contro la scrivania alla sua destra, a cui si appoggiò, riprendendo stabilità.
"Quelle... fottute pastiglie. Ci mancavano solo le allucinazioni." Ringhiò ad alta voce, rimettendosi in piedi, convinto che l'apparizione fosse frutto della sua immaginazione.
"Ti senti bene, ragazzo?" Disse, l'uomo, trascinando le catene a terra, andandogli in contro con andatura scostante.
Quando Sasuke si rese conto che era tutto reale, per poco non svenne di nuovo.
"Chi cazzo sei tu?!" Si lasciò sfuggire un'altra imprecazione, mentre si spingeva sempre più contro l'oggetto e di nuovo l'aria fredda lo travolgeva.
"Non avere paura, non ti farò del male." Ripetè, di nuovo, la figura effimera fermandosi a debita distanza.
Sasuke sgranò gli occhi, osservando il viso ora più nitido dell'uomo che gli sorrideva, tenendo gli occhi chiusi.
"Il mio nome è Sakumo Hatake." Si presentò, mantenendo un sorriso malinconico e leggermente triste.
"C-che cosa? Ma lei è-" il corvino non riuscì a finire la frase, colpito da un'altra fitta agli occhi.
"Si, sono il padre di Kakashi.
A proposito... come sta mio figlio?" Disse, con aria triste.
"Volevo dire che lei dovrebbe essere morto." Lo corresse Sasuke, ripresosi, avvicinandosi alla figura, ormai convintosi che fosse benigna.
Allungò la mano verso il suo corpo, tentennando per un istante, prima di trapassarlo più volte con la mano tastando la consistenza inesistente e fredda.
"Quindi mi conosci." Rispose l'Hatake, guardando il ragazzo giocare con quello che era il suo spirito.
"E sai il motivo per cui sono morto." Continuò, attirando l'attenzione di Sasuke, che ritrasse la mano, strofinandosela con l'altra per scaldarsela.

L'Uchiha rimase in silenzio e ripensò al momento in cui Kakashi gli aveva raccontato della sua infanzia, di quanto fosse stato difficile per lui crescere senza suo padre, l'unica figura d'esempio che aveva mai avuto, non avendo mai conosciuto sua madre morta durante il parto.
Si era rivisto molto, nel racconto del suo sensei, in come il suo carattere era cambiato, nei rapporti con gli altri, per questo si trovava bene e si fidava di lui, perchè lo comprendeva fino infondo.
Lui sapeva cosa voleva dire perdere tutto e dover ricominciare da capo, da solo, senza il sostegno di nessuno e, forse, era proprio per quello che Kakashi lo aveva cresciuto e ora stava cercando di spingerlo a comportarsi in modo diverso da come aveva fatto lui, perdendo tutto i legami che si era creato con fatica.
Eppure lui continuava a fare di testa sua, convinto di essere sulla strada giusta per ottenere ciò che desiderava: il riscatto della sua famiglia.
Quello era importante, l'unica cosa che contava, nient'altro aveva senso per lui.
"Si è suicidato dopo una delusione di lavoro.
Perchè ha fatto un gesto simile? Non ha pensato a come potesse sentirsi suo figlio senza di lei?" Rispose Sasuke, senza troppi giri di parole, iniziando ad alterarsi.
"Ero considerato uno dei migliori avvocati di Tokyo, ogni causa che mi veniva affidata la vincevo senza troppi problemi; ero rispettato da ogni mio collega, nessuno si augurava di finire contro di me in tribunale." Iniziò a dire, in un sospiro malinconico.
"Kakashi ha seguito le sue orme, anche lui ha studiato per diventare avvocato, prima che mio padre gli offrisse di lavorare per la nostra azienda." Tentò di rassicurarlo Sasuke, vedendo l'espressione dell'uomo incupirsi.
Sakumo abbozzò un sorriso compiaciuto, continuando poi a parlare.
"Lo so bene, l'ho chiesto io a tuo padre... sono lieto che abbia assecondato la mia richiesta." Rispose gentilmente, tornando poi serio.
"Tutti si chiedevano come riuscissi ad incastrare la famiglia e gli amici tra tutto il lavoro che mi occupava la maggior parte della vita. La loro era invida non ammirazione, ma l'ho capito troppo tardi...
Avevo una causa importante tra le mani, complicata, ma fattibile.
Se l'avessi vinta la mia cariera sarebbe arrivata alle stelle.
Quel giorno non mi presentai in tribunale: un mio caro amico aveva avuto un incidente e io ero andato in ospedale a trovarlo.
Era quasi sul punto di morte, ma per fortuna riuscì a riprendersi e tornare a casa dalla sua famiglia.
Persi la causa, persi il lavoro, persi il finto rispetto che tutti mi avevano portato fino al giorno prima.
Resistetti alla depressione per alcuni mesi, ma alla fine cedetti e mi uccisi."
Ad ogni parola, la sua voce si faceva più tremante, ma tentantava comunque di mantenere il sorriso, proprio come Kakashi, che cercava di mostrarsi forte nonostante soffrisse nel profondo.
"Non avrebbe dovuto far passare il lavoro in secondo piano." Commentò il ragazzo, sbuffando contrariato, continuando a credere fermamente nei suoi ideali.
"Dimmi Sasuke: secondo te perchè sono qui?" Chiese poi, Sakumo, cambiando discorso.
Il ragazzo sembrò pensarci su un istante, osservando la figura incatenata dell'uomo.
"La mia anima è condannata a vagare in eterno nel mondo degli umani, fino a quando non verrò assolto da mio figlio." Rispose al suo posto Sakumo, trascinando le catene lungo la stanza, verso il camino.
"Perchè non va a far visita a lui allora.
Cosa centro io?"
Sasuke non comprendeva tutto quello che stava accadendo: perchè il padre di Kakashi era venuto da lui, se doveva essere perdonato dal figlio?
"Perchè sarai tu a permettere che lui mi perdoni." Si spiegò, nonostante l'Uchiha continuasse a non comprendere.
"Io non ho intezioni di aiutarla affatto.
Si tirerà da solo fuori dai suoi problemi, è quello che si merita per non aver svolto il suo lavoro e di conseguenza abbandonato suo figlio." Lo criticò di nuovo, convinto che se Sakumo avesse partecipato alla causa, invece di soccorrere l'amico, ora sarebbe ancora in vita e avrebbe risparmiato a Kakashi tanta sofferenza.
"A partire dall'una, riceverai la visita di tre spiriti.
Seguili e ti mostreranno la tua vita." Furono le ultime parole dette dall'Hatake, prima che sparì, così come era apparso, spegnendo il fuoco nel camino, lasciando solo Sasuke che cadde a terra, svenuto, per un altro improvviso mancamento prima di poter comprendere le parole dette dall'uomo.

 

Sasuke si svegliò, sudato e con il fiato corto, per una fitta di dolore agli occhi.
Si tirò su seduto, passandosi la manica del pigiama blu scuro sulla fronte, asciugandosela dalla gocce di sudore.
Si portò, poi, la mano agli occhi, coprendoseli, mentre un'altra fitta lo fece mugugnare.
Intorno a lui era tutto buio, nemmeno il fuoco del camino, ormai spento, offriva uno spiraglio di luce.
"Era tutto un sogno." Si ripetè, più volte, nella mente, ricordando quello che, in teoria, doveva essere accaduto prima che svenisse.
Rivide la figura evanescente di Sakumo, ben impressa nella sua testa, dirgli una frase che non riuscì a comprendere, avendo perso i sensi ed essere caduto aterra.
Strinse le lenzuola nei pugni.
Non poteva che essere stato tutto un sogno; si trovava nel suo letto, sicuramente si era addormentato appena aveva preso quelle maledette pastiglie, questa era la spiegazione più logica.
Il padre di Kakashi gli era apparso in sogno parlandogli di come era morto, ma lui il padre del suo sensei non l'aveva mai visto e non aveva mai sentito raccontare la vicenda in modo così dettagliato.
Doveva essere stata tutta colpa della stanchezza e dello stress che, con l'aggiunta di quelle medicine ricavate da chissà quale sostanza, gli avevano fatto avere gli incubi.
Accese la lampada sul suo comodino, dando uno sguardo veloce all'orologio.

25 dicembre
Ore 01.00

Sentì l'orologio a pendolo nel suo salone scandire l'orario con i suoi ticchettii: era ufficialmente Natale.
Sospirò, rimanendo ancora un po' seduto a contemplare il piumone color mogano raggomitolato all'estremità del letto: doveva aver avuto caldo e l'aveva scalciatolo fin lì.
Una cosa era certa: non avrebbe mai più preso nessuna medicina assegnatagli da Orochimaru, anzi, probabilmente non avrebbe proprio più avuto a che fare con lui.
I suoi occhi vagarono per la stanza, cercando la sicurezza di essere solo, soffermandosi attentamente su ogni oggetto.
Camera sua era piuttosto grande e le ombre a volte gli giocavano brutti scherzi; anche quando era stato bambino aveva avuto paura di rimanere da solo in quel luogo buio, eppure non aveva mai detto nulla e aveva continuato a dormirci nonostante tutto.
Alla sua destra il camino era spento ormai da tempo, nessun tizzote bruciava più, sulla poltrona di pelle davanti ad esso erano abbandonati i vestiti del giorno precedente che non aveva sistemato, nonostante amasse l'ordine, per la troppa stanchezza.
La scrivania di legno, opposta al letto, era adornata da solo una lampada e un computer portatile e alle spalle d'essa c'era una piccola libreria contenente, in ordine alfabetico, tutti i libri che aveva studiato.
A sinistra c'era la porta, aperta, che dava sul corridoio e l'armadio in cui teneva alcuni vestiti e le lenzuola pulite.

Sembrava tutto al suo posto.
Poteva scorgere ancora le pillole bianche sparse sul pavimento dopo l'attacco di mal di testa avuto poco prima di aver sentito quei cori natalizi.
Si bloccò, tornando a fissare il piumone: se aveva sentito davvero quei cori Natalizi, voleva dire che non si era addormentato nell'immediato quando aveva assunto le pillole.

"Sasuke, ti senti bene? Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma."
Il cuore del ragazzo perse un battito quando udì quella voce farsi spazio nella sua mente, rimbombando all'infinito.
Alzò appena lo sguardo, guardando davanti a sè, trovando il vuoto.
Sempre immobile, trattenendo il respiro, con la coda dell'occhio, guardò verso l'armadio chiuso e poi verso il caminetto spento.
Riprese a respirare regolarmente, passandosi una mano tra i capelli con un sorriso amaro sul volto: probabilmente stava impazzendo.

"Da quanto tempo non ci vediamo, fratellino."
Di nuovo quella voce pervase la mente di Sasuke che si portò instintivamente le mani alle orecchie, proprio come aveva fatto quando le campane lo avevano frastornato.
Niente era reale, era tutto frutto della sua fantasia: quella che aveva sentito non era davvero la voce di Itachi, lui era morto.
Un brivido freddo gli percorse la schiena, proprio come quando era apparso Sakumo.
Rialzò la testa, togliendosi le mani dalle oreccgie, dando un'altra occhiata alla stanza che gli sembrò ancora vuota.
"Sei cresciuto molto, assomigli alla mamma, sai?" Itachi parlò di nuovo, mostrandosi finalmente al fratello minore.
Apparse davanti alla poltrona, da un vortice nero, avvicinandosi poi al letto dove Sasuke era paralizzato.
"Itachi." Balbettò, una volta che l'altro giunse al suo fianco, fissandolo dall'alto al basso, come aveva sempre fatto.
Quel comportamento da superiore, che aveva sempre fatto arrabbiare il minore, continuava ad averlo anche da morto.
"Sasuke." Disse, quasi come se fosse una presa in giro, vedendo il fratello ancora incredulo a quello che stava accadendo.

Itachi era vestito con una tunica nera, adornata da nuvole rosse contornate di bianco, chiusa fino al collo.
Era proprio come Sasuke lo ricordava: alto, con i capelli lunghi fino alle spalle raccolti in una coda bassa e gli occhi cerchiati da grandi occhiaie scure.
I suoi occhi, quelli colpirono il più piccolo degli Uchiha, erano diversi, di un color rosso vivo con un disegno concentrico.
"Tu dovresti-"
"Sakumo non ti ha avvisato del mio arrivo?" Lo interruppe il maggiore, spostandosi verso la poltrona.
Sasuke si impietrì; questo voleva dire che non era stato ne un sogno, ne una allucinazione quello che aveva visto.
Si sedette e incrociò le gambe, mentre le braccia erano posate sui braccioli, continuando a fissare l'altro.
"Che cosa sei tornato a fare?" Riuscì a chiedere, indurendo lo sguardo verso il fratello maggiore.
"Non sei felice di vedermi? Mi sei mancato fratello." Divagò, rimanendo composto.
Un ghigno di astio si formò sul viso di Sasuke, che lanciò le lenzula in fondo al letto, alzandosi in piedi e avvicinandosi all'altro.

Lo odiava, lo aveva sempre odiato, da quando se ne era andato non aveva fatto altro che accrescere ancor di più l'odio nei suoi confronti.
Adesso si ripresentava, dal mondo dei morti, senza preavviso, chiedendogli se gli era mancato.
"No, non sono felice di vederti Itachi, per me te ne puoi tornare benissimo all'inferno e non farti più vedere." Disse, a pochi centimetri da lui, con i pugni stretti lungo le gambe.
L'altro rimase in silenzio per un istante, prima di abbozzare un sorriso che fece irritare di più il fratello.
"Non credevo di ricevere un'accoglienza simile." Sospirò, portandosi una mano alla tempia, sorreggendosi la testa.
"Ah... davvero? E come pensavi che reagissi dopo quello che mi hai fatto?"
Sasuke aveva perso tutta la calma di cui era in possesso, tutti gli avvenimenti di quella giornata lo avevano mandato all'esaurimento.
"L'ho fatto per il tuo bene, fratellino." Si limitò a dire, rimanendo impassibile.
Sasuke con uno scatto gli si avventò addosso, aggrappandosi ai braccioli con le mani e fermanfosi a pochi centimetri dal viso del maggiore, fissandolo negli occhi mutati.
"Tu non ti rendi conto di come ho passato questi anni.
Ti odio Itachi, non ti voglio mai più vedere." Sibilò, a denti stretti, prima che gli occhi iniziassero a far male, costringendolo a doversi rimettere in piedi e portarsi le mani alla testa.

"Vattene." Ringhiò, con una smorfia di dolore sul volto.
"Credo che questo non sia possibile, almeno per ora." Ribadì l'altro, alzandosi in piedi con lentezza, senza rispondere alle parole cariche di odio sibilate dal minore.
"Che cosa sei venuto a fare?" Richiese, continuando a massaggiarsi l'attaccatura del naso.
"Sono lo Spirito del Natale Passato e sono qui per mostrarti i Natali scorsi." Si spiegò, finalmente, voltandosi ad osservare le foto sul davanzale posto sopra il caminetto.
"Tsk, non li voglio vedere." Ridacchiò, seccato, ma sorpreso da tale affermazione.
"Mi dispiace, ma non hai scelta."
E detto questo il ragazzo afferrò il viso del fratello, costringendolo a guardarlo negli occhi che lo risucchiarono in un vortice.

Sasuke si ritrovò in una stanza a lui familiare, appena illuminata dalla luce fievole del sole che filtrava dalle tapparelle.
"Fratellone! Fratellone svegliati!"
Una voce acuta ed euforica riecheggiò nella stanza.

Un bambino dai capelli corvini raggiunse il letto, saltandoci sopra, costringendo il giovane che stava dormendo ad aprire gli occhi.
"Sono sveglio Sasuke, calmati." Rispose l'altro, con la voce ancora impastata dal sonno.
"È Natale Itachi! Alzati... veloce!" Lo incoraggiò di nuovo il più piccolo, prendendogli un braccio e tirandoglielo.
"Andiamo ad aprire i regali!" Continuò, mentre il fratello si era portato seduto, strofinandosi gli occhi.
"Sei proprio una seccatura, lo sai?" Rispose, dando un leggero colpetto con due dita alla fronte di Sasuke che mise subito il broncio.

"Quanti anni avevamo? Io diciotto e tu quattro?" Chiese Itachi, continuando a guardare dinanzia a sè, per poi voltare appena il volto verso Sasuke.
"È solo un'illusione, l'ombra del passato: non ci possono ne vedere ne sentire." Spiegò, vedendo l'altro che era rimasto immobile, con gli occhi spalancati guardando quelli che erano loro due da piccoli ridere e scherzare.
Il minore si ridestò, tornando serio, volgendo uno sguardo gelido al fratello.
"Perchè mi stai facendo vedere tutto questo? Vuoi farmi altro male?" Chiese, secco, portandosi una mano al cuore.
Sasuke aveva la mente piena di domande da porre al fratello, eppure era troppo orgoglioso e ferito per porgegliele tutte.
"Capirai da solo osservando attentamente ciò a cui non hai dato importanza un tempo." Fu la risposta che gli diede Itachi, risucchiandolo di nuovo.

Questa volta si trovavano in salone insieme ai loro genitori.
Da quanto tempo Sasuke non li vedeva, aveva quasi dimenticato i loro volti.
Suo padre era seduto sul divano intento a leggere un giornale, con la sua espressione seria e corruciata mentre si spostava gli occhiali cercando l'angolazione migliore per leggere, mentre la madre stava adornando l'albero di Natale, scegliendo accuratamente gli addobbi da posizionare.
"Mamma! Guarda! Ho fatto un pupazzo di neve!" Aveva esclamato Sasuke, mostrando soddisfatto il disegno alla donna, che gli aveva dato una carezza sulla testa.
Suo padre, al contrario, non aveva minimamente degnato di uno sguardo il bambino, nonostante lui gli stesse porgendo il disegno.
"Sono a casa." La voce lontana di Itachi, fece scattare sull'attenti il fratellino, che si affrettò ad andargli in contro mentre rientrava in casa.
"Itachi, guarda!" Gli aveva detto, mostrando con fierezza, anche a lui, la sua opera d'arte, dopo essergli corso incontro, non lasciandogli nemmeno il tempo di togliersi il giubbotto.
"Che bravo il mio fratellino." Aveva esclamato, dandogli appena uno sguardo, continuando a camminare verso il salone.

"Itachi non ci voglio più stare qui." Aveva detto Sasuke, distogliendo lo sguardo dalla scena che gli si stava per mostrare.
Sentiva già le urla di suo padre echeggiargli nella testa, la madre piangere disperata e lui che scoppiava a piangere chiamando il fratello.
"Itachi!" Lo chiamò di nuovo, cercando di afferrargli la manica della tunica, trapassandola.
Il fratello era come se fosse imbambolato, non si era mosso minimamente e continuava a guardare davanti sè con un'espressione fredda.
Sasuke si arrese, non avendo scelta che rimanere anche lui a guardare.
Il cuore iniziò a battergli forte mentre le mani tremavano dall'agitazione.

"Ecco l'esito degli esami." Aveva detto, porgendo il foglio di carta a suo padre, che subito aveva chiuso il libro, posandolo.
Aveva alzato un sopracciglio afferrando il foglio, sistemandosi nuovamente gli occhiali, muovendo gli occhi da una riga all'altra.
Il piccolo Sasuke era rimasto fermo dalla parte opposta della stanza, guardare il padre scrutare con attenzione il contenuto dell'oggetto, con aria triste e abbandonata.
"Bravo Itachi." Aveva detto serio, porgendogli il foglio, tornando ad aprire il libro.
"Fammi vedere tesoro." Si era intromessa sua madre, arrivandogli alle spalle e guardando la pagella dalle mani del figlio.
"Con il massimo dei voti, sei stato bravissimo!" Disse, entusiasta dei risultato dandogli un bacio.
"Continua così e diventerai presto vice-capo dell'azienda." Aveva parlato di nuovo l'Uchiha più grande, girando pagina.
"No." Disse secco il ragazzo, staccandosi dall'abbraccio della madre.

Quel no era stato l'inizio della fine.
L'uomo aveva alzato subito gli occhi verso il figlio, freddandolo con lo sguardo.
"Come hai detto?" Chiese, dando una possibilità ad Itachi di cambiare la sua risposta.
Itachi strinse il foglio nella mano, ricambiando l'occhiata del padre.
"Ho detto di no." Disse, sicuro, mantenendo il contatto visivo.
"Io voglio continuare a studiare e diventare medico." Aveva continuato a dire, mentre sua madre lo aveva afferrato per un braccio, vedendolo alterarsi.
"Tu devi prendere il comando dell'azienda di famiglia Itachi, sei il prossimo alla successione, non puoi tirarti indietro." Rispose, rimanendo calmo e composto sul divano Fugaku.
"Non ho intenzione di fare un lavoro che non mi piace, di cui non me ne importa niente! Io voglio diventare dottore!" Urlò Itachi, appallottolando il foglio che aveva tra le mani.
Le guance del piccolo Sasuke intanto avevano iniziato a rigarsi di lacrime, percependo la tensione della litigata imminenente.
"Tu seguirai le mie orme e prenderai il mio posto. Discorso chiuso." Aveva alzato il tono di voce il capofamiglia, alzandosi in piedi e sovrastando la figura del figlio.
"Scordatelo!" Ringhiò, di risposta, Itachi, mentre la donna tentava di placare i due, chiamandoli.
"Perchè il dottore? Che cosa pensi di poter fare?" Lo schernì l'uomo, togliendosi gli occhiali.

Sasuke si chiedeva come poteva riuscire a mantenere ancora lo sguardo verso quella scena che aveva segnato la fine della sua infanzia, della sua famiglia e del rapporto con il fratello.
Continuava a chiedersi perchè l'altro gli stesse facendo rivivere tutto ciò, con quale scopo lo stava torturando in questo modo.
La cosa che lo disturbava di più, però, era la freddezza con cui Itachi rimaneva a guardare, come se il ricordo del passato non lo scalfisse minimamente.

"Voglio trovare una cura." Aveva risposto a denti stretti, rivolgendo uni  sguardo al fratellino in lacrime.
"Voglio trovare una cura per la nostra malattia." Ripetè, con più fermezza, ritornando a fissare il padre che gli diede uno schiaffo, tanto forte da fargli voltare il viso.
"Fugaku!" Lo riprese la donna, portandosi le mani alla bocca.
"Non c'è nessuna cura Itachi! Mettiti in testa che nessuno potrà mai guarire!
Non voglio più sentire nulla sull'argomento!
Tu seguirai le mie orme!" Urlò Fugaku, facendo riecheggiare in tutta la casa la sua voce.
Itachi si toccò la guancia colpita, che bruciava, ma mai quanto il desiderio di poter fare della sua vita ciò che voleva.
"Non preoccuparti padre, non ne parleremo mai più.
Io me ne vado." Disse, andandosene dalla stanza, rincorso dalla madre in lacrime.
Fugaku invece era rimasto immobile, con lo sguardo fisso nel punto in cui prima era posizionato il figlio maggiore.
I singhiozzi di Sasuke si erano fatti più profondi e costanti.
"Almeno tu, non deludermi, Sasuke." Le parole del padre erano arrivate chiare e secche alle sue orecchie, facendogli smettere immediatamente di piangere.
Era la prima volta che suo padre gli aveva detto una frase simile, dandogli un'importanza superiore a quella del fratello, sempre stato il prediletto e lodato dalla famiglia.
Quella frase era rimasta ben impressa nella mente di Sasuke che l'aveva utilizzata nei momenti di sconforto, quando pensava di non farcela, ricordandogli che era un Uchiha e doveva tenere alto il suo cognome.

"Itachi ti prego! Ripensaci! Non puoi andartene così!" Le urla della donna avevano spezzato il silenzio, mentre Itachi era ritornato in salone, abbassandosi in ginocchio, davanti al fratellino.
"Sasuke, ti prometto che un giorno troverò una cura, così potrai continuare a vedere." Gli aveva detto, sorridendo, con gli occhi velati da una patina lucida.
"Itachi..." Balbettò lui, cercando di trattenere le lacrime.
"Ci sarò sempre per te fratellino, ti voglio bene, ma ora devo andare via."
Furono le sue ultime parole prima che sparisse dietro alla porta di casa, inseguito dalle suppliche disperate della madre.


 

"Perchè siamo in ospedale?" Chiese, sapendo già la risposta, Sasuke.
Dopo aver assistito alla litigata con il padre, Itachi lo aveva teletrasportato in quel luogo, continuando a rimanere in silenzio.
Aver rivissuto quell'episodio lo aveva fatto sentir male: il dolore agli occhi era aumentato e sentiva che presto sarebbe svenuto per il dolore lancinante.
Continuava a non capire perchè suo fratello lo costringesse a rivivere le parti più significative della sua infanzia, quelle che l'avevano segnata nel profondo, facendolo crescere prima del dovuto.
E lo odiava, lo odiava più di prima per il dolore che gli stava infliggendo di nuovo.
"Abbiamo due casi di gravi traumi cerebrali e diverse lesioni interne ed esterne piuttosto gravi; i soggetti sono incoscienti da ormai mezz'ora.
Soggetti: un uomo e una donna sulla cinquantina.
Causa: incidente d'auto sulla statale."
Un'infermiera dai capelli neri e corti, aveva appena fatto rapporto ai suo superiori, mentre i due venivano separati e portati in sala operatoria.
Il clima era caotico, c'erano infermieri che correvano da un reparto all'altro dell'ospedale, cercando chissà quale chirurgo.
Una dei due medici chiamati, una donna alta con dei lunghi capelli biondi, era stata messa al corrente della situazione e stava percorrendo il corridoio a passo spedito e sicuro, con espressione seria.
Aveva lanciato uno sguardo al bambino seduto immobile su una branda, a fissare il vuoto; subito aveva interrotto l'infermiera nella sua spiegazione, indicandolo, facendole capire che doveva occuparsi di lui e smettere di importunarla.
"Piccolo come ti senti?" Aveva chiesto la ragazza, a Sasuke, che se ne stava seduto immobile sulla brandina dell'ospedale.
"Dove sono la mia mamma e il mio papà?" Aveva chiesto, con gli occhi ricolmi di lacrime che cercava invano di non lasciar uscire.
"Sono dal dottore, ma non ti preoccupare li vedrai presto." Cercò di rassicurarlo, pulendogli il viso da una macchia di sangue.
"Come ti chiami?" Gli chiese, mentre gli medicava alcuni tagli leggeri che aveva riportato dopo l'incidente.
"Sasuke Uchiha." Aveva risposto, tremante.
"Che gran nome. E quanti anni hai?"
"Sei." Rispose di nuovo, tirando su con il naso.
"Te ne avrei dati otto!" Lo prese in giro, sforzandosi di sorridere.
"Dov'è Itachi?" Chiese il bambino, ignorando le parole della donna.
"Chi è Itachi?" Domandò, prendendo la sua cartella clinica, sfogliandone i documenti.
"Il mio fratellone. Se ne andato via dopo che ha litigato con il papà." Spiegò, strofinandosi gli occhi stanchi, mentre si accasciava su un fianco, stringendosi su se stesso, prima'di chiuderli e addormentarsi.
Sasuke si avvicinò alla brandina con su se stesso in versione rimpicciolita, guardandolo dormire con espressione serena, ancora all'oscuro di quello che avrebbe scoperto il giorno seguente.
Faceva male, dannatamente male, ricordare quei momenti che erano sempre impressi nella sua mente, tormentandolo, a volte, anche nel sonno, l'unico momento in cui poteva non pensarci.
"So a cosa stai pensando Sasuke." Lo fece ridestare dai suoi problemi Itachi che lo guardava a sua volta il fratellino dormire.
"Hai pensato che ti ho abbandonato, che ti ho lasciato da solo proprio quando avevi più bisogno di me, ma ti assicuro che se lo avessi saputo per tempo sarei tornato indietro immediatamente a prenderti." Continuò, rimanendo immobile.
"Avresti potuto farlo anche nei giorni seguenti, nei mesi, negli anni...
Invece non ti sei mai più interessato a me.
All'inzio temevo fossi morto anche tu... forse sarebbe stato meglio, almeno mi sarei rassegnato al fatto di essere solo al mondo, senza nessun legame.
Invece tu eri vivo ed sei stato la causa della morte dei nostri genitori che ti hanno sempre adorato e posto al primo piano...
E te ne sei fregato anche ti me che ti consideravo il mio punto di riferimento." Disse, con rabbia, Sasuke, voltandosi di scatto verso il fratello.
"L'ultimo ricordo che ho di te e dei nostri genitori... è-è di voi che vi urlavate contro." Strinse i denti e i pugni, mentre sentiva gli occhi appannarsi.
Tutto l'odio che provava per il fratello stava uscendo fuori, con calma, sottoforma di parole.

"Seguimi." Fu la risposta fredda che ricevette dopo essersi aperto con il fratello che aveva già iniziato a camminare lungo il corridoio, dandogli le spalle.
Sasuke odiava gli ospedali, quanto il Natale e suo fratello; questi tre elementi insieme erano il riassunto di quel triste giorno in cui i suoi genitori morirono.
L'odore del disinfettante era nauseante, impregnava ogni angolo di quel luogo asettico.
Entrarono una stanza, dove in due letti posti parallelamente, c'erano i loro genitori, ancora incoscienti dall'incidente.
I macchinari continuavano ad emettere suoni elettronici, mentre misuravano i battiti cardiaci e le respirazioni.
La porta venne spalancata con forza e, nonostante i tentativi delle infermiere di bloccare l'entrata a chiunque, um ragazzo dai capelli argentei aveva varcato la soglia della stanza, chiudendosi, poi, dentro a chiave.
Si avvicinò al letto dell'uomo, sedendosi nella sedia accanto, riprendendo fiato.
Subito Sasuke riconobbe la figura di Kakashi che era un amico fidato di famiglia già a quei tempi.
"Fugaku-sama." Lo chiamò, con la sua solita calma, afferrandogli la mano.
"Fugaku-sama la prego... mi risponda." Tentò di nuovo, percuotendogli il braccio con forza.
Rimase in silenzio, con lo sguardo puntato a terra, mentre le infermiere fuori dalla stanza battevano sulla porta chiedendo di aprire.
"Che cosa è successo a Itachi? Perchè non è insieme a Sasuke?"
Le parole erano appena udibili, quasi sussurrate, eppure vennero sentite dall'uomo, che appena udì il nome del figlio minore aprì leggermente gli occhi.
"Fugaku-sama!" Lo chiamò di nuovo, Kakashi, continuando a stringergli la mano.
"Hatake..." Emise, flebilmente, Fugaku, con fatica cercando di ricambiare la presa.
"Sono qui capo, mi dica cosa posso fare."
"Prenditi cura di Sasuke." Gli disse, mentre una lacrima rigava la sua guancia destra.
Subito il ragazzo gliela asciugò: non poteva e non voleva vedere il suo capo ridotto in quello stato, che spirava le sue ultime volontà.
"Lo farà lei personalmente." Ringhiò, stringendo più forte la presa.
"Questa scena mi è familiare." Ribattè, con qualche difficolta nel parlare, il capifamiglia Uchiha, in un sorriso tirato, con gli occhi rivolti al soffitto.
"Ma questa volta credo che finirà diversamente." Continuò, prima di chiudere gli occhi e abbandonare la mano di Kakashi che lo continuò a chiamare senza sosta, nonostante fosse consapevole che, mai più, l'altro li avrebbe riaperti.
I macchinari iniziarono a suonare ininterrottamente, mostrando che il paziente aveva smesso di respirare.
La porta venne sfondata da un paio di infermieri che portarono via il ragazzo che non fece nessuna resistenza, ormai arresosi.
Sasuke rimase colpito da quella scena.
Suo padre aveva di nuovo dato più importanza a lui invece che ad Itachi.
Sasuke aveva sempre pensato che  Fugaku di lui non importasse nulla, che Itachi fosse il figlio prediletto, nonostante il suo comportamento scorretto verso il suo clan.
Invece suo padre teneva a lui, più di quanto avesse creduto e ora aveva la certezza che il suo defunto padre fosse fiero di lui per ciò che stava facendo per mantenere alto il nome dell'azienda.
"Mi hai fatto rivivere tutto questo per farmi vedere che papà teneva a me?" Chiese Sasuke, mentre suo fratello raggiungeva la madre, dandole una carezza sul viso.
"Ti sto mostrando questo perchè è giusto che tu comprenda fino in fondo ciò che gli altri hanno fatto per te." Rispose, in modo vago, l'altro chiudendo gli occhi e aspettando che anche il cuore della madre smettesse di battere.
"Tutti chi? La paete di Kakashi-sensei che mi porta via al posto tuo me la ricordo bene, non c'è bisogno che tu me la mostri.
Voglio sapere chi sono gli altri a cui ti riferisci." Lo fermò, in tempo, prima che lo portasse verso il corridoio dove un giovane Kakashi stava parlando con un bambino dai capelli neri.

Un altro vortice scuro risucchiò i due fratelli, trasportandoli via da quel luogo asettico.
"Perchè siamo a scuola?" Chiese Sasuke, guardando fuori dalla finestra dell'aula, guardando i bambini giocare in cortile.
Il fratello non rispose, si limitò ad appoggiarsi alla cattedra, con le braccia incrociate al petto fissando davanti a sè.
Seguì lo sguardo dell'altro che si era posato su un bambino, l'unico nella stanza, che con aria triste e pensierosa si sorreggeva la testa con le mani.
Si avvicinò di più, per osservarsi meglio nella sua solitudine, accorgendosi di quanto fosse diversa la sua espressione da allora.
Adesso la solitudine era la sua casa, la sua salvezza, si era abituato e ci stava bene, tanto che respingeva via chiunque cercasse di invadere la sua zona sicura.
Ma un tempo, da piccolo, la solitudine era stata opprimente per lui che aveva sempre avuto bisogno di attenzioni.
Attenzioni che dal giorno della morte dei suoi genitori non aveva più voluto, perchè le uniche che avesse mai desiderato erano state quelle di suo fratello.
Eppure era sempre stato sotto i rilettori sin da piccolo, venendo ammirato e invidiato dalle bambine e dai bambini, tutti lo conoscevano perchè era bello e intelligente, una fama che si era portato avanti nel susseguire degli anni.
La porta si spalancò, permettendo l'entrata di un'altra bambino, facendo risvegliare il piccolo Sasuke dai suoi pensieri.
La zazzera bionda, con la faccia imbronciata, si diresse a passo spedito a sedersi al suo banco, poco distante da quello dell'altro.
Il corvino spostò appena gli occhi verso il coetaneo, tornando poi a fissare il vuoto davanti a sè.
L'altro gli lanciò un'occhiataccia con i suoi grandi occhi azzurri, pieni di tristezza quasi quanto quelli del corvino.
Naruto era stato un bambino così di diverso da lui: era sempre stato solare e felice, non se ne stava mai fermo e si cacciava sempre nei guai: gli piaceva stare al centro dell'attenzione, a differenza sua.
Anche lui aveva perso i genitori, appena nato, e, dopo aver passato alcuni anni in orfanotrofio, era stato adottato da un vecchio amico del padre, uno scrittore di fama mondiale di libri spinti, l'idolo di Kakashi.
Eppure tutti lo evitavano, ritenendolo troppo vivace e fastidioso.
Era raro vederlo triste come quel giorno che si era accasciato sul banco, imitando Sasuke.
I due fratelli rimasero ad osservare di due bambini che in silenzio che si tenevano compagnia nella loro solitudine, lanciandosi qualche sguardo di nascosto.

Nel corridoio echeggiavano le voci di due bambine che stavano litigando, sempre di più vicine alla classe.
Arrivate davanti alla porta della stanza si zittirono, mettendosi a posto i vestiti colorati.
Sasuke rimase immobile, sospirando sconsolato e infastidito dalle due presenze che avevano interrotto la quiete.
L'altro, invece, si tirò subito dritto, sorridendo alle bambine che lo ignorarono bellamente, fermandosi davanti al banco di Sasuke.
Parlò la bionda, che continuava a sistemarsi convulsamente i capelli.
"Sasuke, vieni a giocare con me?" Chiese, sorridendogli.
L'Uchiha non rispose, continuando a fissare il vuoto dietro di lei.
"N-no! Vieni a giocare con me!" L'aveva spinta l'altra, con i capelli rosa adornati da un vistosa fascia rossa che glieli teneva dietro alle orecchie.
Le due inziarono a litigare, di nuovo, azzuffandosi per decidere con chi delle due avrebbe dovuto giocare con il bambino, trattandolo come se fosse un giocattolo di loro proprietà.
"Andate via, mi date fastidio con le vostre urla." Aveva sbuffato Sasuke, fissandole con i suoi occhi neri, zittendole.
Le due arrossirono e, nonostante il rifiuto, sorrisero felici che Sasuke Uchiha avesse parlato con loro.
"Ino, Sakura, gioco io con voi!" Si intromise Naruto, saltando giù dalla sedia e andando in contro alle due che lo squadrarono dall'alto in basso.
"Non vogliamo giocare con te, nessuno vuole: sei una peste." Aveva detto Sakura, incrociando le braccia al petto e scuotendo il capo.
Il bambino si intristì, mentre i suoi occhi azzurri si scurivano.
"Ha ragione e non dare fastidio a Sasuke!" Intervenì la bionda, facendogli una linguaccia prima di andare via con l'altra, tenendola per mano.
Naruto iniziò a digrignare i denti, posando lo sguardo sul compagno che continuava a rimanere immerso nei suoi pensieri.
"Si può sapere perchè tutti vogliono stare con te che sei così antipatico e nessuno con me?! Che cosa ho fatto di male?!" Inveì sbattendo le mani sul suo banco, tenendo gli occhi lucidi fissi su di lui.
"Stai urlando troppo anche tu, se vuoi rimanere qui stai zitto." Lo ammonì Sasuke, ristabilendo il silenzio che tanto attendeva, calmando il biondo che tornò a sedersi imbronciato.

Sasuke rimase colpito da quella scena, che aveva rimosso dalla mente, continuando a guardare Naruto e notando quanto anche lui soffrisse.
Fece qualche passo in avanti, avvicinandosi al bambino, guardandolo da vicino.
Naruto non era cambiato, aveva sempre lo stesso viso paffuto e innocente, con grandi occhi azzurri ed espressivi.
Allungò instintivamente la mano, passandogliela sulla testa, che purtroppo però trapassò.
Nel momento in cui la campanella suonò, Itachi lo risucchiò di nuovo con i suoi occhi, trasportandolo in un'altra aula.
Si ripresentò la stessa scena, ma con alcune differenze.
Sasuke, sedicenne, era seduto al suo banco, con le mani portate davanti alla bocca.
"Hei Sas'ke!" Lo chiamò il compagno di classe, mettendosi davanti al suo banco, con un grande sorriso.
"Cosa vuoi, Dobe?" Disse, muovendo appena la bocca, mentre fissava la sua maglia arancione: un colore troppo intenso e sgargiante da dare il mal di testa.
Il biondo sbuffò, avvilito.
"Sei proprio antipatico, Teme! Ti va di uscire dopo scuola?" Ritornò, poi, allegro, Naruto, indicando il gruppo che era in un angolo della classe.
"Non credo tu sia il mio tipo, Dobe." Lo prese in giro il corvino, alzando un sopracciglio.
Naruto sbattè più volte le palpebre, cercando di interpretare le parole del ragazzo, diventando poi rosso in volto.
"Teme! Intendevo con me e gli altri, così ci facciamo gli auguri." Si spiegò il biondo, cercando di nascondere l'imbarazzo.
"Ho da fare." Rispose, secco, senza degnare di uno sguardo l'altro, che non sembrava felice della risposta datagli.
"Tu hai sempre da fare!
Non esci mai con noi!
Si può sapere cosa c'è di più importante dei tuoi amici?" Chiese, andandogli a muso, cercando di incrociare il suo sguardo.
"Naruto! Lascia in pace Sasuke una buona volta." Si intromise Sakura, dandogli un pugno in testa, facendo ridere la classe.
"Ahia... Sakura, perchè ce l'hai sempre con me?" Piagnucolò, toccandosi la parte colpita.
"Perchè sei una seccatura, Naruto Uzumaki." Rispose, ghignando, per poi posare gli occhi sull'altro, avvampando.
L'Uchiha sentì il viso tirare, davanti a quella scena e abbozzò un sorriso.
Naruto era proprio un ingenuo e, anche se voleva fare il serio, finiva sempre per risultare infantile.
Tornò, poi, subito serio, al ricordo di quello che successe dopo, voltando lo sguardo verso il fratello che già da un po' lo osservava, nascosto dietro alla cappa nera.
Di nuovo gli stava riproponendo un ricordo poco felice.
"S-senti Sasuke, io... io volevo chiederti da tempo un cosa." Iniziò a dire, balbettando Sakura, mentre si torturava le mani dietro alla schiena.
Naruto intanto era rimasto in silenzio, fermo, con la mano sulla testa ad assistere alla scena.
"Ecco, io mi chiedevo se... non so, magari oggi pomeriggio... o-o quando vuoi... se ti andrebbe di uscire con me." Riuscì a dire, tra una pausa e l'altra, trattenendo il respiro mentre aspettava una risposta.
Sasuke alzò gli occhi dalla maglia di Naruto.
Posò lo sguardo prima sul biondo, che guardava a terra, poi su Sakura che trasalì, appena i loro occhi si incontrarono.
"No." Rispose, monosillabico e freddo, tornando a guardare il vuoto.
"N-no? Perchè?" Balbettò Sakura, trasformando il suo sorriso, in una smorfia di dispiacere.
"Sei noiosa, Sakura.
E adesso ti pregherei di andartene, mi stai infastidendo." Rispose, secco, rimanendo immobile.
"Non ti permettere di parlare così a Sakura!" Urlò Naruto, afferrandolo per il colletto della maglia, alzandolo dalla sedia, facendo zittire tutto il resto dei compagni.
"N-naruto, lascialo stare." Cercò di fermarlo la ragazza, tirandolo per un braccio, mentre i suoi occhi verdi si erano riempiti di lacrime.
"Chi ti credi di essere Sasuke per trattarci tutti in questo modo indifferente e superiore? Eh? Si può sapere che problemi hai? Cerchiamo di esserti amici e ci tratti tutti come se fossimo indegni della tua presenza!" Urlò il furibundo Naruto, strattonando, con gli occhi pieni di rabbia mentre Sasuke continuava a rimanere calmo e con lo sguardo vuoto.
La campanella suonò e mise fine al ricordo.

Sasuke si ritrovò nella sua camera, in piedi davanti al camino acceso, a fissare le foto dei suoi genitori, dei suoi amici e di Kakashi.
"Perchè non mi hai fatto rivivere anche quello che è successo dopo il suono della campanella?" Chiese, guardandosi la mano stretta a pugno, lo stesso che aveva colpito il viso di Naruto, rompendogli il naso.
Itachi ignorò la domanda, avvicinandosi al fratello che rabbrividì alla vicinananza dello spirito freddo.
"Hai capito ora cosa intendevo dirti prima?"
Sasuke ripensò alle parole del fratello, quando gli aveva chiesto perchè gli stava facendo rivivere alcuni momenti più significativi della sua vita.
Certo che lo aveva capito, lo aveva capito sin dal principio ed aveva mantenuto l'idea che si era fatto nitida sino alla fine.
"Mi hanno reso la vita più difficile, intralciandomi il percorso.
Ecco cosa hanno fatto... avete fatto." Disse, in un soffio, voltandosi verso il fratello che sospirò, chiudendo gli occhi, avvilito da quelle parole.
"Fratellino, sei troppo ottuso e accecato dalla rabbia per capire." Disse, scuotendo il capo.
Il minore ringhiò.
"Non dovrei esserlo? Dopo tutto quello che è-" Si interruppe, vedendo il fratello sbiadirsi sempre di più.
"Mi dispiace Sasuke, vorrei rimanere ancora un po' qui con te, ma il tempo a mia disposizione è terminato.
Ho fallito di nuovo nell'intento di trovare una cura per te." Disse, sorridendo, allungando la mano verso il viso di Sasuke, che aveva sgranato gli occhi indietreggiando.
"Sei diventato un uomo e hai tenuto altro il cognome Uchiha; sei riuscito a superarmi, sono fiero di te.
Però vorrei che tu mettessi da parte il passato, concentrandoti su quello che hai ora, prima di perdere tutto ciò che hai, di nuovo." Continuò, dando un piccolo colpetto, come faceva quando erano piccoli, sulla fronte di Sasuke, prima di svanire del tutto.
"Itachi!" Urlò, il ragazzo, facendo un passo in avanti, allungando le braccia verso il vuoto.
Sospirò afflitto e si rimise a letto, ritornando a patire il male incessante agli occhi, insultandol mentalmente Itachi per averlo costretto a ricordare, facendo ricrescere in lui quella tristezza che era riuscito a sopprimere, un tempo, nella rabbia contro di lui e nell'ambizione di superarlo.
Erano questi sentimenti, che lo avevano spinto a diventare qualcuno, a rendere fiero di lui suo padre, riuscendo nell'intento.

"Almeno tu, non deludermi, Sasuke."

[13,376 parole] - 26 Dicembre 2017

   
 
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