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Autore: French_girl88    22/04/2024    0 recensioni
Risvegliarsi in un deserto, senza memoria di sé e del mondo: questo è solo l'inizio del viaggio di Nemo che, a discapito del suo nome, scoprirà di essere molto più di quello che crede. In un mondo diviso e devastato dalle guerre che l'Impero di Urbia porta avanti da decenni, Nemo incontrerà volti vecchi e nuovi che lo aiuteranno a ricordare qual è il suo ruolo e il suo obiettivo. La verità, però, non sarà sempre piacevole e Nemo dovrà fare i conti con il suo passato e con delle scelte che metteranno alla prova la sua speciale natura di leader.
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una vecchia canzone, di quelle che si ascoltavano nelle feste in piazza o dalla bocca di un pastore solitario, una di quelle melodie che il tempo non poteva cancellare. La melodia fluiva lenta e malinconica, raccontava ora dei rami oscillanti di un bosco spoglio, ora delle strade deserte di una città dimenticata.
Riuscivo a vederle, quelle strade, ci si stagliava la figura di una donna in un lucente sfondo dorato. Mi dava le spalle, vedevo solo un velo sul capo e sul collo investito dal vento che trascinava il suo profumo fino alle mie narici.
Non sembrava lontana ma più mi avvicinavo e più era irraggiungibile.
Di colpo mi ritrovai di fronte il suo viso, ancora un po’ sfocato, le sue labbra mi sussurravano qualcosa. Erano i versi della canzone, la stessa che stavo ascoltando prima della sua apparizione. Raccontava una storia di lotta e libertà, di sacrifici, di sangue e …
«… di vendetta».
Aprii gli occhi, era buio. Un debole raggio di luna filtrava da una crepa sul soffitto di pietra, dovevo trovarmi in una grotta. Faceva freddo, avevo i brividi. C’era silenzio e tesi le orecchie verso l’unico suono che riuscivo a carpire, lo sciabordio di un corso d’acqua.
Il bisogno di rinfrescare la gola arida e strozzata mi colpì così violentemente da spingermi ad alzarmi dal mio apparente stato di immobilità. I miei movimenti erano cauti e goffi, avvertivo le membra intorpidite, i vestiti erano luridi e consunti. Mi sostenni alla parete su cui rifletteva la superficie danzante di una fonte. Allora vidi dell’acqua e, come una dea tentatrice, mi invitò a tuffarmi nel suo gelido abbraccio refrigerante. I miei pensieri corsero alla strana canzone che mi aveva svegliato. Era stato un sogno, un ricordo? Era ancora potente la sensazione che quella parola, “vendetta”, mi aveva lasciato addosso. Mi infilai i pantaloni, il resto del vestiario era troppo malandato. Uscii all’esterno e mi ritrovai al cospetto di una pianura sconfinata, avvolta dal solo mantello della notte. Respirai l’aria polverosa e stranamente familiare, simile al profumo della donna del mio sogno.
Esaminai la distesa silenziosa intorno a me e mi resi conto di non ricordare nulla, né di dove fossi né di chi fossi. Mi gettai sulle ginocchia portandomi le mani alle tempie mentre una serie di frammenti di memoria mi attraversava come una pioggia di schegge appuntite, colpendomi con diapositive di pianti, spari e tripudi. Udii il crepitio delle fiamme, il vagito di un bambino e quella canzone che recitava…
«vendetta».
Eccola di nuovo quella parola, sussurrata sulla base di quella misteriosa e familiare canzone. Distesi le braccia sui fianchi serrando i pugni. Quella musica era l’unico indizio che possedevo e da cui dovevo ripartire se volevo davvero capire cosa mi fosse successo.
   
 
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