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Autore: Orchidea7    26/04/2024    0 recensioni
Amalia si trasferisce a Firenze dopo che è stata accettata all'accademia di fotografia, ragazza molto introversa e diffidente, incontra una sera casualmente Joel, fiorentino di nascita, artista per vocazione che studia alle Belle Arti come restauratore. Tra i due nasce subito una scintilla, ma sarà sufficiente per tenere legati questi due ragazzi affamati del nettare della vita?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Marzo 2009

AMALIA

Esci in tutta fretta dall'aula otto dell'istituto, attraversando le antiche arcate che costeggiano l'antica struttura dell'Accademia di fotografia, stringi la cartellina azzurra riversi tutta la rabbia che senti salirti dalle viscere per poi invadere ogni muscolo del tuo corpo. Sei un fascio di nervi, un fascio di nervi che cammina.

Le parole del professor Giannotti ti rimbombano nelle orecchie, sbriciolando quel minimo di autostima che ti sei costruita nei sei mesi precedenti, quando hai messo per la prima volta piede in quel palazzo signorile di Firenze per ritirare il libretto universitario.

Finalmente arrivi all'enorme cancello di ferro e lo passi velocemente, scrutando la strada, mentre ringrazi l'assenza totale di auto. Attraversi la strada, mentre il tuo cellulare inizia a vibrare rumorosamente nella tua borsa, vari l'ipotesi che si sia scontrato con il mazzo di chiavi enorme che tieni nella tasca anteriore della tracolla di pelle marrone.

Lo prendi con tutta la rabbia che hai in corpo, e mentre la foto con tua madre lampeggia sullo schermo, sbuffi con una tale forza da poter spegnere trenta candeline su una torta se ne avessi l'opportunità.

Le mandi un messaggio inventando una immaginaria riunione ed entri nel bar di Marco sbattendo il vetro opacizzato e facendo tremare la cornice di alluminio dorato. Vedi il ragazzo alzare gli occhi verdi sorpreso per incontrare i tuoi e iniziare a sorridere.

«Buongiorno bellezza! Vedo la tua allegria illuminare la stanza!» esclama Marco allegro mentre tu sbuffi, gonfiando il petto.

«Non sei così simpatico come credi, lo sai vero?» gli rispondi ,gettando la tracolla sullo sgabello libero e liberandoti da quella zavorra.

Si avvicina a te, poggiando i gomiti sul bancone bianco striato e guardandoti intensamente. «Invece credo di risultare simpatico a molte persone. Compresa te. - fa una piccola pausa e dischiude le labbra - Probabilmente più di quanto tu voglia ammettere.»

Quel sorriso malizioso, contornato da quelle labbra perfette, ti fa colorare le guance e ,quando i suoi occhi verdi si fissano sulle tue labbra, senti prosciugare ogni minima goccia di saliva .Avvicina la sua mano al tuo braccio destro, accarezza la pelle lasciata scoperta dalla giacca increspata sui gomiti e senti dei brividi attraversare il tuo corpo. Sai bene dove vuole arrivare, lo sai benissimo.«Ti porto un caffe?» continua a tenere una minima distanza, la stessa che ti permette di assaporare il suo fiato caldo.

Quasi balbetti mentre cerchi di recuperare ogni funzione del tuo corpo e preghi il tuo ultimo neurone di scongelarsi definitivamente. Marco nota il tuo imbarazzo e lo accoglie con un gran sorriso di soddisfazione, continuando a sfiorare il tuo braccio.«Ti farebbe meglio qualcosa che ti aiuti a rilassarti, ma esaudirò il tuo desiderio con gioia » I suoi occhi verdi catturano i tuoi come una falena viene catturata dalla luce della lanterna, facendo fremere il tuo corpo come sempre.

Ti abbandoni alla pelle nera della seduta dello sgabello e getti davanti a te la solita cartellina, da lo slancio fuoriescono alcune foto in bianco e nero. Appena il ragazzo ti posa la tazzina fumante davanti, le osserva incuriosito. Sta quasi per metterci le mani sopra, quando alza lo sguardo chiedendo implicitamente il tuo permesso. Dopo la sorpresa iniziale annuisci, passandogli tutto.

Lo vedi strizzare gli occhi, concentrandosi su quelle immagini che per te sono il riflesso della tua anima; sei così tesa che stringi con forza il manico bianco della tazzina tra l'indice e il pollice senza mai staccare gli occhi dal suo volto, esaminando ogni sua microespressione.

«Sono bellissime, Amalia! - la allegria si scontra subito con la rigidità del tuo volto, che gli fa aggrottare le sopracciglia e andare dritto al punto - Che ha detto il caro professore Giannotti?»

Sbuffi di nuovo, passandoti le mani tra i capelli biondi. «Dice che non vede la mia vera essenza. Vuole che rifaccia il compito. Mi ha dato un mese.»

«Forse... dovresti immortalare qualche altro soggetto, più vicino a te.» Ti parla con incertezza, sembra stia riflettendo mentre non stacca gli occhi dal tuo lavoro.

Ci pensi un attimo, senti il tuo corpo e la tua anima sprofondare in un enorme buco nero, consumata dalla frustrazione. Afferri nuovamente la cartellina, la chiudi con decisione e ti alzi dallo sgabello, frughi nelle tasche dei tuoi jeans, arraffando velocemente le monetine che hai preso prima di uscire e le passi a Marco. Riprendi le tue cose e ti avvii verso la porta velocemente, mentre ti senti afferrare il braccio libero e percepisci il corpo di Marco che sovrasta il tuo. La sua vicinanza ti lascia totalmente inerme mentre accarezza le tue spalle e ti sussurra all'orecchio : «Perché stasera non vieni a rilassarti un po' al Moyo? Ho appuntamento là con un paio di amici e mi farebbe piacere ci fossi anche tu. »

Non riesci ad articolare un rifiuto secco, biascichi qualche parola insensata sperando che il ragazzo capisca e invece si avvicina sempre di più, consapevole della reazione che sta avendo su te. «Perché per una volta non provi a rilassarti, Amalia ? Di certo non può farti male.»

La sua estrema vicinanza ti inebria del suo forte profumo di muschio, che ti fa perdere del tutto la testa, portando tutti i tuoi buoni propositi a vacillare completamente . Non ti da nemmeno il tempo di rispondere che ritorna alla carica. «Ti prego, Amalia, vieni..»

« Posso provarci..» le parole escono dalla tua bocca senza che nemmeno te ne accorga e fanno fiorire un sorriso sul volto di Marco che sembra più disteso, te ne accorgi nel momento in cui ti gira intorno, si posiziona davanti a te e, con un gesto signorile e un mezzo inchino, ti apre la porta.

«Ti aspetto alle ventidue davanti al pub.» Ti dice mentre oltrepassi lo stipite e i vostri occhi si sfiorano, dal canto tuo fai solo un lieve cenno con la testa. Finalmente appena si allontana dal tuo corpo, il fiato trattenuto dentro i tuoi polmoni viene liberato, portandoti sollievo e facendo rilassare tutti i muscoli della tua schiena. Pensi di essere in salvo: l'aria fresca rischiara la pelle del tuo volto e i raggi dorati del sole attraversano i tuoi occhi, e invece ti richiama a sé, porgendoti la cartellina plastificata.

«La cartellina signorina Petrelli. » La afferri velocemente e lo ringrazi con un tono di voce talmente basso da farti sentire solo dai cani.

Ti getti letteralmente in strada, le tue gambe si muovono ad una velocità inaudita, come se cercassero di portarti in salvo. Attraversi tutta via Tornabuoni, costeggiando la piazza del Duomo gremita di turisti e piccioni. Scansi per miracolo uno dei piccoli calesse che passano per le vie del centro, mentre un bellissimo cavallo marrone nitrisce al tuo orecchio.

Una volta arrivata davanti al portoncino di legno, centri a fatica la chiave nella serratura dorata che gira con difficoltà visto il grado di anzianità della porta e scali la montagna di scale strette in pietra serena, poggiando i palmi sul muro vecchio e umido e appena entri nell'appartamento giallo canarino, vieni travolta da una musica rap dal gusto piuttosto discutibile. I tuoi timpani iniziano a implorare pietà, nonostante dovresti averci fatto l'abitudine.

«Moni! Puoi abbassare il volume?» esclami con un tono di voce decisamente più alto del normale, sperando di sovrastare il rumore di fondo che rimbalza tra le pareti. Abbandoni la cartellina con la borsa sul tavolo, liberandoti di quel peso che grava su te come una sconfitta.

La musica infernale non accenna a diminuire, facendoti vibrare le tempie e rendendo il tuo mal di testa peggiore di un martello pneumatico. Provi ad aprire il frigo, che essendo dei primi del 900 per miracolo funziona ancora e che vi è stato lasciato dal padrone di casa, un vecchietto molto simpatico con due fondi di bottiglia al posto delle lenti, che non riesce a salire più di due scalini consecutivi.

Afferri l'oggetto del tuo desiderio e mentre bevi con foga il tuo succo di frutta alla pera, gustandoti lo zucchero che avvolge le tue papille gustative, senti la porta della stanza di Monica aprirsi e i suoi passi pesanti arrivare nel soggiorno, percepisci benissimo i suoi talloni posarsi con forza sul pavimento piastrellato.

«Oh, sei qui.» Sussurra mentre la sua gioia si potrebbe percepire anche a chilometri di distanza.

«Da un po',ma avevi la musica così alta che si sentiva dalla strada.»

Per tutta risposta alza le spalle e si aggiusta la felpa violacea. Arriva nel piccolo cucinotto, tira fuori il sacchettino che contiene la capsula del caffè, lo rompe e con totale nonchalance, fa colare il liquido nella sua tazzina verde acqua senza assicurarsi minimamente di quale marca sia il caffè o di chi possa averlo portato in quell'appartamento.

La sua totale mancanza di rispetto ti fa imbestialire, mentre i tuoi occhi iniziano ad uscire fuori dalle orbite come fossi un toro impazzito.

«Non vorrei essere scortese, ma quella cialda è mia .»

«Ohhh davvero?E le mie? » Risponde sorpresa,senza smettere di sorseggiare la tazzina laccata di rosso.

«Sai come funziona : se le cose finiscono e non le ricompri, non compaiono per magia.» mentre parli li vedi i suoi occhi color pece soffermarsi sulla cartellina che si intravede sul tavolo, nascosta sotto le borse

« Come siamo acide stamattina, è andata male la presentazione?»

Mugugni qualcosa e con falcate veloci ti getti nella tua stanza, chiudendo con forza la porta alle spalle. Senti la tua coinquilina che continua a parlottare da sola, ma le sue parole proprio non ti interessano e ti butti a peso morto sul letto ancora disfatto nella speranza che solo il silenzio possa propagarsi intorno a te.

Come per magia, tutti i suoni si fermano, tranne la lieve melodia Beethoven che arriva dal piano sopra al vostro dove il piccolo Filippo si sta esercitando e che ti accompagna nel mondo dei sogni.

Una serie di tonfi sordi alla porta ti riportano alla realtà, strappandoti al tuo mondo fatato. Apri solo l'occhio sinistro e vedi Monica entrare furtiva nella stanza buia.

«Scusami se ho interrotto il tuo momento di autocommiserazione o di sonno ristoratore, ma il tuo cellulare non la finiva di suonare. »

Lo poggia nella tua mano tesa verso di lei e se ne va stizzita. Appena lo sblocchi, la luminosità dello schermo messa al massimo ti acceca, facendoti socchiudere gli occhi colmi di sonno e stanchi.

Comincia a vibrare immediatamente, finendo rovinosamente sul tuo naso, mentre la voce di tua madre riecheggia in tutta la stanza.

« Amalia! Ma si può sapere dove cavolo eri?!?! » urla Erika attraverso il microfono del diabolico oggetto.

Dal tono di voce riesci a quantificare il grado di incazzatura in quale sei incappata di solito e, stavolta, è parecchio elevato. Ti stropicci gli occhi cercando di scacciare il velo di stanchezza che è calato su di te, mentre ti ricordi della sua chiamata mattutina che hai completamente ignorato. E se c'è una cosa che sai di tua madre è che odia essere ignorata!

«Mamma .... mi sono addormentata, scusami. » usi un tono mesto per instillare un vago senso di pietà che ti faccia evitare una sonora risciacquata.

La senti sospirare di la dalla cornetta come fa di solito. Comprendi quanto stia cercando di calmarsi e che probabilmente si sta passando le sue mani tra i capelli corvini.

«Si, si, amore va bene. Scusami tu, lo sai che mi agito subito. » la sensazione di superato pericolo ti fa ridere, ma stai attenta a non fare trasparire niente dal tono di voce.

«Per il resto, come va? Come stai? »

« Tutto a posto. Al ristorante va tutto benissimo, sono solo un po' stanca. E tu? Gli studi come procedono?»

Le sue parole arrivano come spilli taglienti a conficcarsi nella tua pelle dolorante : non c'è alcuno dubbio sulla capacità che tua madre Erika riesca a centrare i punti giusti in tempo record. Ma la tua voglia di raccontarle della ramanzina del professor Giannotti, è praticamente pari a zero, perciò tenti di sorvolare l'argomento con una buona dose di risposte affermative vaghe, ma convincenti, riuscendo ad eludere il suo radar interno e concludendo la vostra telefonata in poco tempo.

********

Dopo aver cenato rigorosamente da sola, seduta sul divano, gustandoti i nuovi episodi di Gossip Girl, corri a prepararti, gettandoti sotto la doccia e lasci che il suono rilassante dello scrosciare dell'acqua che si infranga sul tuo corpo pallido e teso.

Per un attimo le possibili risvolte della serata si materializzano nella tua testa, facendo aumentare i battiti del tuo cuore, ma tenti di scacciare via tutto.

Finisci di sistemarti e con i capelli ancora bagnati, ti avvolgi l'asciugamano intorno al corpo, mentre le goccioline di acqua si scontrano con il suolo lasciando una scia lungo il tuo corpo e infrangendosi sul pavimento freddo.

Opti per un paio di pantaloni di jeans neri e una camicetta leggera rosso fuoco, particolarmente trasparente. Lasci i capelli un po' ribelli, così che le punte bionde si rialzino dandoti quell'aria un po' sbarazzina che non ti appartiene per niente. Afferri la giacca lunga lievemente arricciata sui gomiti, cercando di fare mente locale su tutto ciò che hai messo nella piccola borsetta a tracolla, visto la tua tendenza a dimenticarti di qualsiasi cosa in giro per il mondo.

L'appartamento sembra particolarmente silenzioso, cosa che rende palese l'assenza di Monica e che ti fa tirare un sospiro di sollievo.

In pochi minuti ti ritrovi tra le vie del centro, accompagnata dalla solita calca di stranieri e studenti che ogni sera si addentrano per le vie del centro bevendo birra nei bicchieri trasparenti di plastica in tempo per festeggiare l'arrivo anticipato della primavera canonica.

Apri lievemente la giacca, permettendo all'aria di arrivare alla tua pelle nella speranza di rinfrescarti. Essendo nata in piccolo paesino in Emilia Romagna, la cosa che ti ha colpita appena messo piede in quella splendida città che è Firenze è stato il clima umido che si riversa costantemente su quei viottoli bui rendendola fredda d'inverno e afosa d'estate.

Quindi ,in quella strana e calda serata di marzo, ti addentri per la strada cercando di schivare la folla che ride e scherza, trasformando la strada in un fiume rumoroso e in pieno movimento.

Costeggi piazza Santa Croce con i suoi scalini grigi occupati da ogni genere di essere umano, camminando velocemente fino al famoso incrocio a "V" e entri nel locale. Gli arredi scuri del Moyo, sommati alle luci soffuse, ti rendono difficile l'individuare il tavolo a cui è seduto Marco.

Appena entri nella sala secondaria è proprio il ragazzo ad accoglierti con un caldo sorriso, alzandosi dalla sua sedia e avvicinandosi a te.

«Sei venuta! » ti dice con un tono lievemente più alto del normale mentre tende le sue braccia muscolose e ti circonda.

«Ciao Marco. » cerchi di abbracciarlo con nonchalance, anche se non sei una persona da grandi dimostrazioni di affetto.

« Ti presento ai miei amici, vieni. »

Un brivido ti percuote tutto il corpo, mentre lui poggia la sua mano sulla tua schiena e ti attira più vicino a se, circondando le tue narici con il suo profumo. Socchiudi gli occhi per un attimo, mentre si avvicina al tuo collo, facendoti sentire il suo fiato che si infrange sul tuo orecchio.

«Sei bellissima, Amalia. »

Le tue gambe diventano molli come gelatina, percepisci le forze lasciare il tuo corpo, mentre lo stomaco inizia a contorcersi per la presenza di migliaia di farfalle che svolazzano al suo interno.

Vi avvicinate al tavolo rotondo e il ragazzo comincia a presentarti a tutto il gruppo di amici. Non puoi fare a meno di notare di essere gli unici non fidanzati e il tuo disagio diventa palpabile, mentre con le unghie cominci a torturare le tue pellicine, la mano di Marco si posa inaspettatamente in mezzo alle tue.

Ti sorride lievemente, forse con la speranza di farti calmare, ma i tuoi pensieri ormai galoppano come cavalli impazziti in una prateria verdeggiante. L'affetto che ti sta dimostrando il ragazzo è qualcosa da cui sei sempre scappata a gambe levate, fin dalla più tenera età. Istinto di sopravvivenza? Forse. Vedere tua madre costantemente sola di certo non ha aiutato durante il tuo processo di crescita.

Il groppo alla gola che continui a sentire si fa sempre più consistente, obbligandoti a bere più del necessario. Mentre gli Apple Martini si accalcano nel tuo stomaco vuoto, percepisci lo sguardo di Marco che brucia sul tuo corpo. L'unico tuo pensiero è riuscire a non farti inghiottire da quegli occhi profondi come l'oceano.

Dopo qualche ora l'alcol ha affogato completamente la tua ansia, facendola galleggiare in un mare al retrogusto di mela verde. La tua testa è così leggera che anche i timpani sembrano essere andati altrove, dato che il ragazzo , che credi si chiami Giovanni e che è seduto di fronte a te ,continua a fare battute facendo ridere tutto il tavolo, ma tu non ne comprendi nemmeno una.

Ad un tratto, mentre accarezzi il bordo del bicchiere triangolare, senti la mano di Marco tra i tuoi capelli, il suo tocco delicato percorre la pelle fino a raggiungere la tua schiena. La stoffa leggera della camicia ti permette di sentire ogni sfumatura di quel tocco.

« Che dici, andiamo?» ti chiede sornione.

«Sei stanco ? » rispondi con la bocca impastata dal troppo alcol ingerito.

«Abbastanza, ma credo che tu sia arrivata. Vorrei assicurarmi che tu possa tornare a casa incolume! Non vorrei mai abbandonarti da sola, alticcia , per le vie di Firenze.» Il suo braccio cinge con più decisione la tua schiena e,anche se vorresti non fosse così vicino, i tuoi sensi sono fin troppo otturati* per riuscire ad allontanarlo con decisione, quindi decidi di assecondarlo lasciando che le tue remore finiscano fuori dalla finestra.

«Non devi sentirti obbligato a lasciare i tuoi amici. »

«Non mi sento obbligato, voglio stare con te. » te lo confida accarezzando dolcemente una ciocca dorata e portandosela proprio sotto al naso. Potresti giurare che stia odorando i tuoi capelli.

Dopo pochi minuti e senza nemmeno che tu te ne accorga, ti ritrovi fuori dal locale con il suo braccio caldo intorno alle spalle, che tenta di ripararti dall'umidità della notte.

Riesci a tenere a malapena gli occhi aperti , mentre Marco ti sorregge ad ogni passo barcollante e sconnesso. Ringrazi di esserti messa gli stivaletti bassi, altrimenti la passerella sarebbe stata una totale rovina , più di quanto non lo sia già. In poco tempo arrivate davanti ad un portone signorile, colta dai deliri dell'alcol, noti solo il campanello dorato. Non ci sono scritti i nomi per intero, ma solo le iniziali.

Per quando tu stia sprofondando nel tuo oblio personale, riesci a sentire le sue braccia che ti stringono forte alzando il tuo corpo da terra. Ti aggrappi al suo collo con tutta la forza che ti rimane, finché non ti senti adagiare su una superficie morbida e profumata, dove raggiungi la pace dei sensi.

Qualche ora dopo riesci finalmente a riaprire gli occhi e comprendi di essere in una camera da letto che, certamente , è anni luce lontana dalla tua. I mobili sono moderni e raffinati, di un elegante color grigio perla. L'unica luce che illumina la stanza proviene da una lampada circolare poggiata sul comò. Scendi dal letto lentamente dato il mal di testa che ti sta tartassando le tempie, scosti la coperta e poggi i tuoi piedi nudi sul pavimento di parquet.

Attraversi la stanza in silenzio, apri la porta e con passi furtivi degni di Arsenio Lupin, passeggi nel corridoio fino ad arrivare ad un open space dove troneggia un enorme divano. Ti avvicini trovando Marco che sta dormendo rannicchiato su se stesso , non puoi fare a meno di pensare a quanto sia bello e perfetto. Senza accorgertene la tua mano inizia a sfiorare la sua guancia rasata e i suoi occhi si aprono rivelando quel verde profondo.

« Sei sveglia.. »

« Adesso ho svegliato anche te. »

« Un risveglio bellissimo, se posso permettermi. » il suo sorriso è così dolce, le parole che gli escono dalla bocca, così perfette che non riesci più a trattenerti, non riesci più a nasconderti dietro il muso della reticenza. Stai per frantumarti in mille piccoli pezzi e lo sai.

In un attimo le sue mani ti accarezzano collo, ti avvicina a sé con impeto e si getta sulle tue labbra roventi . I vostri corpi si avvicinano sempre di più, alla ricerca di un contatto fin troppo bramato in tutti quei mesi, mentre i tuoi sensi finiscono per ovattarsi ogni secondo di più, facendoti perdere la percezione del tempo e dello spazio.

Le sue mani sfiorano la tua pelle bruciando come le fiamme di un falò e, nello stesso momento in cui Marco ti toglie ogni lembo di stoffa che circonda il tuo corpo, non puoi fare a meno di gemere nella sua stessa bocca.

« Sei così bella, Amalia. »

E stranamente, per la prima volta, non vuoi che la tua mente inizi a galoppare come sempre, non vuoi più sentire nelle tue orecchie i tuoi dubbi, o il tuo estremo bisogno di solitudine che in tutti quegli anni non ha fatto che tenerti lontana da tutto e tutti. Vuoi solo perderti tra le sue braccia, pervasa dal suo profumo che sa di muschio e dalle sue mani grandi e calde che scaldano il tuo corpo.re

 

   
 
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