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Autore: Illidan    22/09/2009    5 recensioni
La terra di Laimoth è in relativa pace da trecento anni, ma fantasmi di un passato lontano stanno arrivando per distruggere la fragile tregua... Questa è la prima storia seria che faccio. Mi raccomando, ditemi se ci sono plagi di altre storie, se ci sono cose che non vi convincono!
Genere: Generale, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 – Pessima accoglienza

Capitolo 8 – Pessima accoglienza

 

Arellon sentiva un forte dolore alla nuca. Mugolando provò a toccarsela con una mano, ma non riuscì a muovere il braccio. Tentò anche con l’altro, ma era inutile: c’era qualcosa che lo stringeva ai polsi. Aprì piano gli occhi. Vedeva un elfo di spalle che indossava una veste rossa con cappuccio. Sembrava discutere animatamente con un altro, che però Arellon non riusciva a vedere. Cercò di sollevare la testa, ma anche intorno al collo c’era qualcosa che lo immobilizzava. Era freddo e sembrava duro come acciaio, eppure dava una strana sensazione sulla pelle, come se fosse vivo. Il mezzelfo alzò piano la testa e lo osservò: un semicerchio dorato percorso continuamente da nuovi bagliori. Un Anello di Potenza. “Maledizione, non posso usare nessuna magia per liberarmene. Specialmente senza bastone...”

-Ah, ti sei svegliato, eh?- A parlare era stato l’elfo con la veste rossa. Teneva in mano un bastone di faggio. “Ecco chi mi ha messo gli anelli...” pensò Arellon.

-Ti consiglio di non provare a usare qualcuno dei tuoi giochetti magici. Gli anelli non te lo perdoneranno.- continuò lo stregone Maros.

-E ci servi sveglio, ci sono molte cose che devi spiegare, zacrul.- disse il capitano Tilvell avvicinandosi e coprendo con la sua ombra il viso del mezzelfo. Arellon vide che non erano solo lui e l’elfo dalla veste rossa a sovrastarlo. C’erano altri sette elfi intorno a lui, tutti con espressioni impassibili sui visi eternamente giovani, ma con le armi strette in pugno.

-Perché hai attaccato le mie guardie?- domandò veloce il capitano.

-Sono stati loro a cercare di ammazzare me per primi.- rispose Arellon calmo.

-Certo, è il nostro dovere catturare o rendere inoffensivi gli intrusi come te. Cosa sei venuto a fare nella nostra terra?-

-Io sono venuto a portare un messaggio importantissimo al vostro re.-

-Davvero? Mi spiace deluderti, ma non permettiamo a tutti di parlare al nostro re, intruso mezzelfo.- rispose beffardo Tilvell. Arellon d’istinto voltò gli occhi verso la mano sinistra e contemporaneamente mosse le dita: si accorse che il guanto non c’era più. Ora si giocava a carte scoperte.

-Sì, io sono un mezzelfo.- proclamò deciso -Io vengo a infrangere il giuramento di Atascal. Devo assolutamente parlare col vostro re: ho una notizia importantissima da riferire.-

-E noi dovremmo fidarci? Quale sarebbe questa notizia?-

-Non posso dirvelo, è per il re solo.-

-E perché?-

-Non mi credereste.-

-Certo che non ti crederemmo! Saranno di certo tutte menzogne!- esclamò Tilvell.

-No, non è vero. Una terribile minaccia incombe su tutti noi.-

Il capitano rise forte. -Ah, bene! Così, oltre ad essere intruso, mago e mezzelfo saresti pure un profeta!-

-Dovete farmi parlare col vostro re! È importantissimo!- Tilvell lo colpì con un calcio nelle costole.

-Basta! Mi hai stancato con questa lagna! Ti interrogheremo di nuovo in prigione! Forse là sarai più sincero.-

Maros allora mosse il bastone verso l’alto e fece salire gli Anelli di Potenza da terra, sollevando anche Arellon fino a portarlo in piedi. Poi chiese:- Che incantesimo hai gettato sul tuo bastone? Perché non posso tenerlo in mano?-

-Non può essere toccato da nessuno che non sia il legittimo proprietario.-

-Come si annulla questo potere?-

Arellon non rispose.

-Non vuoi dirmelo?- continuò Maros arrabbiato -Vuoi che lo scopra da solo?- aggiunse allungando una mano sulla fronte del mezzelfo. Minacciava di leggergli nella mente e di scoprire tutti i suoi segreti, ma Arellon non poteva permetterlo.

-No.- rispose il mezzelfo -Posso farlo solo io, ma non posso compiere alcuna magia in questo momento.-

-Ci hai preso per scemi? Non appena ti togliessimo gli anelli ne approfitteresti per scappare!- gridò Tilvell, ma Maros lo zittì con un gesto e fece sparire l’anello intorno al polso destro sfiorandolo con il bastone. -Una mano basterà.-

Arellon sospirò. No, non era sufficiente a liberarsi. Tanto valeva obbedire per il momento. Pronunciò una breve cantilena al cui suono le fronde degli alberi frusciarono come mosse dal vento. Maros lo guardò un po’ stupito e preoccupato. Era la lingua antica. Lui stesso conosceva solo una piccola parte di essa, ma solo formule fisse per compiere determinate magie. Invece sembrava che quel mezzelfo la padroneggiasse ottimamente, come se fosse la sua propria.

-Ora puoi toccarlo.- Per tutta risposta Maros fece ricomparire l’anello impedendo nuovamente ad Arellon di muovere il braccio. Poi si avvicinò circospetto al bastone del mezzelfo, si chinò e lo impugnò. Questa volta non successe nulla. Con un mezzo sorriso lo stregone lo lanciò ad una delle guardie, che lo afferrò al volo.

-Bene. Andiamo a Lar-Tolas adesso.- ordinò il capitano. Maros sfiorò con il bastone gli Anelli di Potenza intorno ai piedi di Arellon e quelli scomparvero, riassorbiti dal legno. Contemporaneamente quelli ai polsi si spostarono dietro la schiena trascinando le mani e le braccia. Poi si formò una catena di energia che li unì a quello sul collo.

-Così potrai camminare, ma senza tentare trucchetti.-

-E ora muoviti, zacrul!- gridò Tilvell spingendolo in avanti.

-Dovete ascoltarmi! Io porto un messaggio importantissimo per la sopravvivenza stessa del mondo! Devo riferirlo al vostro re!-

-Vuoi tacere?- urlò Tilvell colpendolo nuovamente e facendolo cadere a terra. Arellon colpì col mento il suolo erboso. Ma non poteva permetterlo: se l’avessero portato in prigione avrebbe perso troppo tempo a cercare di fuggire. Troppo tempo, durante il quale sarebbe potuto succedere l’irreparabile.

-In piedi! Non sai rialzarti da solo?- lo sbeffeggiò Omnil afferrandolo per i capelli. Gli elfi risero, ma nemmeno un gemito uscì dalla bocca del mezzelfo.

-Adesso basta!- ordinò Maros severo.

-E perché mai dovrei smettere? Non avete visto cos’ha fatto a mio fratello?-

-Tuo fratello ora sta bene e io non ho tempo da perdere: dobbiamo sbrigarci a raggiungere Lar-Tolas. Là potrò interrogare l’intruso e capire il vero motivo della sua presenza.- spiegò Maros muovendo il bastone in modo da sollevare magicamente il mezzelfo.

-Ve l’ho già detto perché sono qui!- esclamò Arellon -Ho un messaggio per il vostro re! Se siete stupiti che uno della mia stirpe abbia osato fare ritorno, perché non mi credete quando vi dico che ne va della salvezza dei nostri due popoli e di molti altri?-

-Vstevne.- disse Maros fissandolo negli occhi. Silenzio. Il mezzelfo continuò ad aprire la bocca e a muovere la lingua, ma non riuscì ad emettere alcun suono.

-Ti ascolterò molto volentieri a Lar-Tolas, non qui. Ora muoviamoci.-

Il gruppo si mise in cammino, lo stregone e il capitano in prima fila, il mezzelfo dietro e infine le sentinelle disposte in modo da formare una mezzaluna e impedire al prigioniero ogni via di fuga. Arellon si sentiva al colmo della frustrazione. Dopo due mesi di viaggio e tutti i pericoli e i nemici ai quali era sfuggito, era finalmente giunto alla sua meta. E non solo non era stato accolto nel migliore dei modi, ma, quel che era peggio, non volevano ascoltarlo. Se non riusciva nemmeno a convincere quegli elfi che speranze aveva con il re e la sua corte? Sentiva che per lo stregone la sua presenza era qualcosa di stranissimo, ma come dargli torto?

“Avevano ragione Corlaros e mio zio: trecento anni sono un tempo sufficientemente lungo perché gli uomini dimentichino, e troppo breve perché gli elfi cambino idea.”

Arellon vedeva lo sguardo carico d’odio dell’elfo arciere e del fratello. “Già... Troppo breve...”

Voltandosi ogni tanto velocemente scorgeva le altre sentinelle intente invece a parlottare tra loro. Gli lanciavano occhiate con un misto di curiosità, divertimento e timore. Sembrava che non credessero ai loro occhi. In effetti erano giovani, anche per la normale età degli elfi. Forse non avevano mai visto un mezzelfo o addirittura non erano mai andati fuori dai confini della loro terra. Magari lo avrebbero anche ascoltato... ma gli avrebbero mai creduto?

Camminarono silenziosamente per alcune ore. Il sole si spostò nel cielo mandando sulla terra i suoi raggi più caldi. Ma nel bosco rimaneva un clima fresco.

Arellon procedeva calmo e impassibile, all’apparenza. Terribili pensieri lo tormentavano. Soprattutto da quando la mano sinistra aveva ripreso a dolergli. Sentiva un grande calore: un fuoco inestinguibile ardeva nel palmo della mano diramandosi in tutte le dita. Gli divorava la carne e gli penetrava nelle ossa. Il simbolo inciso nel palmo era attraversato da lingue di fuoco che lo illuminavano e lo facevano rilucere, ma soprattutto bruciavano la pelle. Tuttavia la mano destra non provava alcuna sensazione di dolore al contatto con la sinistra, nemmeno un lieve calore. Il fuoco magico era tutto interno: dolorosissimo, ma quasi invisibile a meno che si osservasse il simbolo al centro del palmo, completamente infiammato e molto luminoso.

Il mezzelfo non soffriva tanto per il dolore infertogli dal fuoco, quanto piuttosto per quello che significava: stava venendo versato il sangue del suo popolo. E lui non poteva fare niente per impedirlo. Non stava assolutamente portando a termine il suo compito. Andò con il pensiero alla sua famiglia, ai suoi amici, alla sua gente. Sebbene non credesse a certe cose, si ritrovò a recitare una preghiera mentalmente. Pregò la dea dei mezzelfi e i suoi progenitori, Atascal e Lalia. Li pregò che proteggessero tutti coloro che aveva lasciato. Pregò che le lame degli orchi si infrangessero sugli scudi dei mezzelfi.

Il capitano Tilvell si voltò a squadrare il mezzelfo. Fu quasi irritato dalla sua espressione. Si rivolse allo stregone.

-Come ci comporteremo con l’intruso?- domandò sottovoce.

-Seguiremo la prassi, per ora. Poi decideremo.- rispose Maros pensoso. Già, la procedura normale: imprigionamento e interrogatorio. Ma quello non era un caso normale: un mezzelfo che entrava nelle loro terre e per di più affermando di portare un importante messaggio per il loro re. Era qualcosa di impensabile: dai tempi della cacciata di Atascal nessuno della sua stirpe era mai tornato. -Manderemo anche un messaggio al re, magari.- aggiunse.

-Ah, sì? E cosa gli diremo? Che abbiamo trovato uno zacrul pazzo che afferma di avere un messaggio per lui?-

-Non vedo perché nascondergli la presenza del mezzelfo.-

-Maros, qui è in gioco la nostra credibilità, il nostro incarico.-

-Non mi pare che lo assolveremo bene tacendo questa informazione al re.-

-Ma che t’importa di quello zacrul? Che ha di particolare?-

-Forse non hai capito bene, capitano: è un mezzelfo, non un intruso qualsiasi. Sono passati millenni dal giorno in cui furono esiliati da queste terre. Non credi sia strano che uno abbia fatto ritorno?-

-Che sia strano, sono d’accordo. Ma che vorresti fare? Portarlo al cospetto del re?-

Maros stava per ribattere quando si udì il rumore di zoccoli che colpivano il terreno. Dei cavalli si stavano avvicinando. Con un gesto il capitano ordinò ai soldati di fermarsi. Arellon si domandò chi stesse arrivando, come tutti gli elfi. Poi nella radura in cui si trovavano comparve un cavallo bianco cavalcato da un biondo cavaliere. Una piccola corona d’oro decorata con motivi floreali cingeva il suo capo, sopra gli occhi azzurri allegri e il viso sorridente. La giacca, la camicia e i pantaloni che indossava erano verde bottiglia e semplici, privi di inutili fronzoli. Sulla spalla sinistra portava una faretra piena di frecce dall’impennaggio bianco, l’arco lungo era stretto nella sua mano sinistra mentre la destra teneva le redini. Al fianco era legata una spada leggermente ricurva dall’elsa riccamente decorata con gemme.

Qualche attimo dopo il primo giunsero altri elfi a cavallo. Le guardie si inginocchiarono di fronte al primo venuto e Maros costrinse anche Arellon a farlo muovendo magicamente gli anelli. L’elfo a cavallo fece loro un gesto e gli elfi si rialzarono.

-I vostri umili servitori vi porgono il loro saluto, Vostra Maestà principe Daolis. Per quale motivo vi trovate da queste parti?- domandò Tilvell.

-Sto facendo una battuta di caccia con alcuni amici. Tutto regolare nel giro di pattuglia, capitano?-

-Non proprio, altezza.- rispose lo stregone indicando il prigioniero.

-Che cos’è?- chiese Daolis.

-Un intruso, altezza.-

-Questo è facilmente intuibile!- sbottò acido un elfo del seguito. -Il principe vi ha chiesto cos’è! È un uomo?-

-Avevo bene inteso le parole del principe, ma avevo timore a rispondere direttamente, Lord Isfacil.- ribattè il capitano con asprezza. Isfacil avanzò col cavallo mettendosi di fianco al principe Daolis. Era un elfo più anziano, anche se ugualmente giovane nell’aspetto. Capelli biondo molto chiaro contornavano il suo viso privo di rughe, sul quale era stampata una smorfia sprezzante e arrogante. A differenza del principe, il suo abbigliamento era fin troppo elegante per andare a cavallo in mezzo alla foresta: la giacca era ricca di rifiniture dorate, in fondo ad entrambe le maniche si trovavano due gemelli d’oro massiccio e portava un anello con un rubino all’anulare della mano destra.

-Ah, sì? Perché, cosa dovresti dire di tanto sconvolgente? Cos’è l’intruso?- domandò fingendo di essere stupito.

-Un mezzelfo.- Immediatamente si levò un brusio tra gli elfi della scorta, mentre il principe sgranò gli occhi per lo stupore.

-Cosa... Cosa vai blaterando, capitano? Ti prendi gioco di Sua Maestà il principe? È impossibile!- gridò Isfacil sbiancando.

-È vero- confermò Maros -Io stesso ho visto il simbolo della Maledizione di Naefarval sulla sua mano sinistra.-

-Un mezzelfo...?- mormorò Daolis -Certo è molto strano... Siete riusciti a capire il motivo per cui si trova qua?- domandò poi.

-No, lo stavamo giusto portando a Lar-Tolas per interrogarlo.- rispose il capitano.

-Per ora ha solo affermato di avere un importante messaggio per vostro padre il re, ma si rifiuta di dirci quale.- aggiunse Maros, mentre Tilvell gli lanciava un’occhiataccia. Isfacil rise con disprezzo.

-Messaggio? E sarebbe arrivato da chissà quale remota terra solo per portare un messaggio? Perché mai dovremmo credere a questo lurido zacrul?-
A queste parole Arellon cominciò a fremere di rabbia e a muovere convulsamente la bocca nel tentativo di ribattere, ma la magia di Maros persisteva ancora, rendendolo muto. Il principe lo osservò un attimo, poi guardò interrogativamente lo stregone.

-L’ho zittito perché continuava a ripetere di dover vedere il re.- rispose Maros.

-Capisco, ma non credo che ce ne sia bisogno ora: io sono il principe, ciò che vuol dire a mio padre può benissimo riferirlo a me. Fatelo avvicinare!-

-No, sire. Potrebbe essere pericoloso...- Isfacil venne zittito da un gesto del principe.

-Portalo avanti e fallo parlare.- ordinò di nuovo Daolis.

Maros si avvicinò ad Arellon e gli sussurrò:- A quanto pare è il tuo giorno fortunato. Ma ricorda: niente trucchetti, ti tengo d’occhio.- Poi aggiunse a voce alta:- Xovis.- e la voce tornò al mezzelfo, che avanzò verso il principe e si inginocchiò.

-E ora, mezzelfo, cosa devi dirmi?- domandò Daolis chinandosi verso di lui.

-Vostra Maestà, vi ringrazio per la vostra generosità.- esordì Arellon sollevando il viso verso il suo interlocutore -Tuttavia imploro il vostro perdono, ma preferirei riferirvi il mio messaggio in privato.-

-Non ho segreti con nessuno dei miei sudditi. Parla pure.- ribattè il principe calmo.

-Penso che sarebbe comunque meglio così. Temo che molti stenterebbero a credere a quello che devo dirvi.-

-Cioè intendi che noi comprenderemmo subito che sono tutte menzogne, mentre il principe è sufficientemente credulone, giusto?- lo sbeffeggiò Isfacil.

-Ora basta, Isfacil! Non ha ancora detto nulla, come puoi affermare che menta?-

-Esatto sire, non ha detto nemmeno il suo nome!-

-Il mio nome non ha importanza, sono solo un ambasciatore.- ribattè Arellon -Vengo a nome del mio popolo, che chiede aiuto ai propri fratelli contro il comune nemico.-

-Quale nemico?- domandò il principe.

-Un assassino, una serpe che tutti credono schiacciata per sempre, ma che vive ancora e minaccia nuovamente la sopravvivenza del mio popolo e la sicurezza del vostro.-

-Basta parlare per enigmi! Di chi stai parlando?- sbottò Isfacil.

-Di Eldacil figlio di Ferdacil nipote di Acil.-

Per un attimo la radura fu avvolta da un silenzio opprimente, interrotto però subito da Isfacil.

-Che vi avevo detto? Una palese menzogna e nient’altro!- gridò

-No, lo giuro, è la verità!- ribattè in fretta Arellon -Maestà, dovete credermi, l’ho visto coi miei occhi!-

-Zitto, zacrul!- esclamò Tilvell. Lo colpì con un pugno nelle costole facendolo cadere a terra. -Perdonatemi, Maestà! Vi prometto che gli faremo sputare la verità.- aggiunse rivolto al principe.

-Me lo auguro. Quanto a te, zacrul, credo che mio padre non abbia tempo per sentire pazzi della tua risma. Eldacil è morto nella battaglia di Micara trecento anni fa, lo sanno tutti.-

-Ah, sì? Avete sepolto il cadavere?- domandò Arellon cercando di rialzarsi.

-Cosa vorresti insinuare?- gridò Isfacil -No, non l’abbiamo nemmeno mai trovato perché fu bruciato da una fiammata magica evocata dai maghi. Ma ci sono tantissimi testimoni che l’hanno visto svanire nelle fiamme.-

Maros aiutò Arellon a rialzarsi. -Lord Isfacil ha ragione, mezzelfo. Io stesso guidai l’attacco dei maghi che lo spazzò via per sempre.-

-Ma perché vi fa tanto arrabbiare quello che dico? Non vi sto accusando di nulla, quando invece ne avrei ben ragione.- disse Arellon con ira scrollandosi dalla presa dell’elfo.

-Odiamo le menzogne, noi veri elfi, a differenza di voi mezzosangue. E di cosa dovresti accusarci di grazia, zacrul?- domandò Isfacil con disprezzo. -Noi non dobbiamo proprio niente alla vostra miserabile razza di Cadàn!-

Cadàn. Aborto di natura, essere aberrante, ibrido mostruoso immeritevole di vita. L’insulto più sanguinoso della lingua antica. Un insulto che ogni mezzelfo portava inciso sulla mano sinistra. Un insulto che Arellon non poteva tollerare. Zacrul significava intruso, un epiteto che il mezzelfo considerava comunque ingiusto perché nessuno è un intruso in nessun luogo, il mondo è di tutti. Ma Cadàn era una parola insopportabile, odiosa, maledetta e che gli faceva ribollire il sangue dalla rabbia.

-Io non dovrei accusarvi di niente? Davvero? Eldacil non era forse un vostro generale? Cosa avete fatto mentre i suoi scagnozzi saccheggiavano e radevano al suolo Allesfeia? Voi non avete mosso un dito per fermare le sue stragi della mia gente! Ma tanto cosa ve ne importava, erano solo mezzosangue, no?-

-Metti a dura prova la mia pazienza, mezzelfo, con queste parole ingiuriose e offensive.- disse il principe con sguardo duro.

-A me pare, Vostra Maestà, che il primo offeso qui sia stato io e la mia stirpe la prima ingiuriata. Ma d’altronde che altro mi dovevo aspettare da costui?- domandò accennando a Isfacil con un movimento della testa.

-Non permetto a nessun mezzosangue di rivolgermisi così!- sbraitò l’elfo, rosso in viso.

-Chiedo perdono, nobile cugino di Eldacil, ma a mio parere voi meritate tanto rispetto quanto ne avete per gli altri!- Isfacil guardò il mezzelfo con stupore. -Oh, non credevate che sapessi? Per un mezzelfo è impossibile non sapere di Isfacil, cugino e secondo in comando di Eldacil.-

-Lord Isfacil ha riconosciuto il suo sbaglio ed è stato perdonato dal re.- affermò Tilvell.

-Certo, ma a quanto pare non ha perso il suo vizio di provare disprezzo per il mio popolo. Ma dimenticavo che è un discendente di Acil, non si può certo uccidere una persona così nobile, anche se ha massacrato centinaia di innocenti!-

-Basta, portatelo via, non voglio più sentirlo!- ordinò Daolis irato.

Tilvell fece un cenno ad Omnil e Asmil. I due elfi afferrarono Arellon per le spalle, ma lui oppose resistenza.

-Che stupido sono stato!- urlò dimenandosi -Credevo di andare a chiedere aiuto agli elfi, le più nobili creature, poste dagli dei a custodire il mondo e solo ora capisco: non ve ne importa nulla degli altri! Isfacil non ha ucciso nessun elfo della città, al massimo qualche centinaio di mezzelfi ed elfi della foresta, perciò lo chiamate Lord! Cosa farete quando arriverà Eldacil? Lui ha massacrato migliaia di innocenti che avevano come unica colpa quella di non essere perfetti come lui, ma non solo: ha anche fatto assassinare Olidos, distruggendo per sempre la pace nella Grande Foresta! Come minimo lo nominerete subito vostro re!-

-Come osi?- gridò il principe -Mio padre è Re Farilos, colui che ha guidato la ribellione contro Eldacil e lo ha sconfitto nella battaglia di Micara.-

-Forse vostro padre è sinceramente convinto del suo compito, ma voi non gli assomigliate di certo.-

Daolis scese veloce da cavallo e sferrò un destro tremendo sulla guancia sinistra di Arellon. -Questo è quel che meriti, lurido bastardo!-

-Ben fatto, sire!- esclamò Isfacil battendo le mani.

-Ben fatto davvero!- affermò Arellon sarcastico sputando sangue -Colpire un inerme è proprio un’impresa degna di essere lodata! Che coraggio, Vostra Maestà!-

Daolis fissò Arellon negli occhi. Entrambi bruciavano d’odio l’uno nei confronti dell’altro.

-Nessuno mi può dare del codardo! Maros, togligli gli Anelli di Potenza e voi due guardie lasciatelo e ridategli le sue armi!- esclamò il principe sguainando la spada -Ti farò vedere se non sono degno di mio padre!- Asmil e Omnil lasciarono rudemente la presa e si diressero verso i loro compagni.

-Sire, ma...- cominciò Maros.

-Obbedisci! Voglio dare una lezione a questo zacrul!- sbraitò il principe. Lo stregone non potè opporsi: toccò i tre anelli con la punta del bastone e quelli svanirono. Arellon si portò le braccia davanti e si massaggiò i polsi. -Zacrul, prendi!- gridò Omnil lanciandogli il bastone. Il mezzelfo lo afferrò al volo.

-Solo quella è la tua arma, mezzosangue? Ti posso prestare una spada se vuoi!- lo derise Daolis. Isfacil rise sguaiatamente.

-La mia forza viene dalla Natura, non ho bisogno di altre armi per vincere, se sono nel giusto.-

-La tua arroganza non ti salverà dal filo della mia spada!-

-Sire, fate attenzione: è un mago molto abile...-

-Può darsi, Tilvell, ma non potrà competere con la mia superiorità nella scherma.-

Gli elfi intanto si erano disposti in cerchio intorno ai due. Tilvell si avvicinò preoccupato a Maros.

-Non temere, capitano, interverrò non appena il principe ne avrà bisogno.- mormorò lo stregone interpretando i timori di Tilvell.

-Controlla soprattutto che lo zacrul non ne approfitti per scappare.- gli sussurrò il capitano di rimando.

-Date una lezione a quello sfrontato, principe! Versate il suo sangue!- gridò Isfacil scatenando un’ovazione in favore del principe da parte di tutti gli elfi. Arellon nel frattempo stringeva il bastone con entrambe le mani, calmo e sordo alle grida degli elfi. Richiamò i suoi poteri e si preparò allo scontro: si concentrò in modo da percepire il debole sussurro degli alberi vicini. Non c’era molto amore per gli elfi in ciò che sentì e se ne compiacque: avrebbe potuto sfruttare ciò a suo vantaggio.

Daolis attaccò veloce sollevando la spada. Il mezzelfo aspettò calmo, poi all’ultimo momento puntò il bastone contro l’elfo evocando lo scudo magico. Daolis lo colpì con la spada ricurva e rise.

-È tutta qui la tua magia? Anche un bambino sa come annullare quest’incantesimo! Seish!- La barriera si dissolse all’istante e il principe tornò alla carica. Calò la spada dall’alto, ma Arellon la parò sollevando il bastone in orizzontale con entrambe le mani. L’elfo tentò un affondo sul fianco, ma il suo avversario scartò e lo colpì sul braccio sinistro col bastone. I due si allontanarono per osservarsi a vicenda girando in cerchio. Daolis roteò la spada e attaccò nuovamente. Arellon impugnò il bastone con entrambe le mani. -Issif!- Un forte vento scaturì dalla punta contro il principe, ma l’elfo non si fece intimidire.

-Questa brezza non ti salverà!- gridò saltando al di sopra del soffio. Arellon sollevò il bastone e fece volare via l’elfo che cadde dietro di lui rotolando sull’erba.

-Maledetto!- Daolis corse incontro ad Arellon così in fretta che il mezzelfo non riuscì a pronunciare l’incantesimo difensivo e dovette usare ancora il bastone per fermare la spada. Il principe lo incalzò con numerosi affondi, non concedendogli neanche un attimo di respiro. Tutti gli elfi applaudirono quando ferì il mezzelfo sul dorso della mano destra. Daolis sorrise e sollevò la spada in alto per mostrare il rosso del sangue. Arellon approfittò di quel momento di distrazione per colpirlo con un pugno in pieno viso e subito dopo allo stomaco con il bastone. L’elfo si accasciò a terra dal dolore. Il mezzelfo sbattè il bastone contro il suolo gridando:-Matmer!- e creò un’onda d’urto che scaraventò il principe ai piedi del suo cavallo. La sua corona rotolò lontano in mezzo all’erba. Daolis annaspò un attimo tentando di riprendere la spada, poi si rialzò e fissò il suo avversario carico d’odio.

-Questo è davvero troppo, è ora di finirla, miserabile zacrul!-

-Sono d’accordo, è ora di finirla!- Arellon cominciò a recitare una nenia nella lingua antica prima a bassa voce, poi sempre più forte. Le foglie degli alberi frusciarono, scosse da un vento invisibile: il suono sembrava quasi un mormorio. Un mormorio iroso. Maros le fissò preoccupato e si preparò a intervenire. Intanto il principe stava nuovamente attaccando il mezzelfo, quando all’improvviso una radice sbucò dal terreno e si avvinghiò attorno al suo piede destro.

-Cosa? Che stregoneria è mai questa?- domandò sbalordito, mentre un’altra radice gli immobilizzava la gamba sinistra.

-L’antica magia...- mormorò Maros pieno di stupore. Daolis provò a tagliare le radici con la spada, ma perse l’equilibrio e cadde a terra. Altre radici emersero dal suolo e lo avvolsero cominciando a ricoprirlo completamente. Daolis gridava atterrito e impotente. Isfacil ed altri elfi spronarono i loro cavalli sguainando le spade.

-Ti taglierò la testa, lurido Cadàn!- Subito altre radici avvolsero le zampe dei cavalli costringendo i destrieri a fermarsi di scatto o a rovinare a terra. Isfacil fu sbalzato giù dal suo cavallo e rotolò sull’erba perdendo la spada. Maros cominciò a evocare delle catene magiche che fermassero il mezzelfo, mentre i soldati gli correvano addosso alle spalle e Omnil gli scoccava contro una freccia. Ma Arellon fu più veloce: si voltò di scatto, puntò il bastone e gridò:-Sallon Aesf!- Lo scudo magico respinse la freccia e travolse gli elfi, compreso lo stregone, che non riuscì a pronunciare la formula di annullamento magico in tempo. Le guardie si ritrovarono tutte sul suolo erboso. Alcuni elfi della scorta del principe iniziarono a rialzarsi. Il mezzelfo se ne accorse e corse via fra gli alberi. Non appena si fu allontanato le radici scomparvero, scendendo nuovamente sotto terra.

-Prendetelo! Non lasciatelo scappare, buoni a nulla!- sbraitò Isfacil rialzandosi. Tilvell diede velocemente degli ordini e i suoi soldati si allontanarono fra gli alberi. Anche gli elfi della scorta si unirono a loro nell’inseguimento, mentre Maros accorreva a soccorrere il principe. Si chinò su di lui e recitò una formula di guarigione allungando la mano sulla sua fronte.

-Sto benissimo!- sbottò Daolis allontanando la mano dello stregone con rabbia. In effetti era vero, le radici non gli avevano fratturato nessun osso, l’avevano solo immobilizzato. Neanche il pugno del mezzelfo gli aveva fatto troppo male. Ciò che era stato ferito era il suo orgoglio: quello zacrul l’aveva sconfitto e umiliato di fronte ai suo amici e alle sue guardie. Daolis fremeva di rabbia. Raccolse la spada e si rialzò.

-Non preoccupatevi, sire! Lo troveremo e lo puniremo come si deve, quel lurido Cadàn!- Isfacil raccolse la corona da terra e la risistemò sul capo del principe. -Un simile affronto non passerà impunito!-

-Lo spero.- mormorò Daolis. Ma le speranze del principe erano mal riposte. Poco dopo le guardie e gli altri elfi fecero ritorno a mani vuote.

-Siamo oltremodo mortificati, Maestà- affermò Tilvell -Ma non siamo riusciti a trovarlo, sembra svanito nel nulla...-

-Incapaci! Idioti! E voi sareste le guardie del regno? Non riuscite nemmeno a trovare un miserabile zacrul fuggito qualche attimo fa!- gridò Isfacil.

-Infuriarsi con loro è inutile. Non può comunque essere andato lontano: montiamo a cavallo e inseguiamolo!- ordinò Daolis avvicinandosi al suo cavallo.

-Potrebbe sempre essersi smaterializzato: in tal caso, chissà dove potrebbe trovarsi ora...- suggerì il capitano.

-No, non credo. Avrei percepito una magia così potente, altrimenti.- affermò Maros.

-Basta inutili chiacchere! Voi guardie non avete cavalli, quindi montate insieme ai miei cavalieri! Muoviamoci!- incalzò Daolis. Poco dopo gli elfi partirono in direzioni diverse nel bosco. Gli ultimi furono l’arciere Omnil e l’elfo con cui condivideva il posto a cavallo. L’arciere fissava verso l’alto. Gli sembrava di avere scorto qualcosa tra le fronde degli alberi, per questo aveva chiesto all’altro elfo di attendere.

Poi giunse da poco lontano l’odiosa voce di Isfacil:- Vi volete muovere, voi due?-

Omnil sbuffò e l’elfo ridacchiò:- Non lo sopporto neanch’io, non capisco come faccia a stare simpatico al principe. Andiamo?- Omnil annuì. Dopotutto era stata solo un’impressione. L’elfo spronò il cavallo e i due uscirono al galoppo dalla radura.

Arellon guardò sotto di sè gli elfi allontanarsi, tranquillamente seduto su un ramo di una quercia ai margini della radura. Era stato facile salire, era bastato un piccolo incantesimo di levitazione.

“Meno male che gli elfi non sono più in grado di guardare al di là del proprio naso... o, in questo caso, al di sopra della propria testa.” pensò Arellon sorridendo. Un sorriso amaro, però. La situazione era peggiore del previsto: Isfacil, il cugino del massacratore, non solo era vivo, ma era tenuto in gran considerazione dagli elfi e dal loro principe. Come se non bastasse, gli elfi non gli credevano. Ovviamente Isfacil aveva le sue buone ragioni, per modo di dire, per accusarlo di mentire: lo disprezzava in quanto mezzosangue e temeva che rievocasse i suoi crimini passati. Ma gli altri semplicemente non volevano starlo a sentire. Non volevano sentirsi rinfacciare orrori passati di cui in parte si sentivano colpevoli. Nessuno gli credeva. Almeno, nessuno eccetto lo stregone. Sembrava che fosse meglio disposto degli altri nei suoi confronti, forse avrebbe potuto convincerlo... Il mezzelfo sospirò guardandosi il dorso della mano destra coperto di sangue. No, quella vista decisamente gli toglieva ogni speranza di successo. Arellon appoggiò la punta del bastone sul dorso della mano destra, recitò una breve formula e la ferita scomparve. Se quella si poteva guarire facilmente, però non si poteva dire altrettanto dei suoi rapporti col rampollo della famiglia reale, decisamente guastati. “Meglio dire definitivamente.”

Si guardò il palmo della mano sinistra. Il simbolo della maledizione dei mezzelfi ora era nero, non bruciava né risplendeva più. Ma gli bruciava l’animo vederlo, il marchio dell’emarginazione. Tutto il suo popolo era stato segnato così fin dall’origine, a causa delll’amore dell’elfo Atascal per l’umana Lalia, maledetto per l’eternità.

 

 

Ringraziamenti:

 

@evening_star: Meno male che non hai fretta, dati i miei lunghi tempi...

 

@Suikotsu: Contento di vedere ancora combattimenti?

 

@giodan: Speranza vana...

 

@Rakyr il Solitario: Beh, non era proprio una battaglia... comunque grazie!

 

 

 

 

   
 
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