“Non mi chiamano Poison Evie per niente!” esclamò la ragazza sollevando con un
sorriso la sua magica ampollina con dentro un concentrato tossico capace di
stendere una mandria di bufali impazziti.
“Elleboro
nero, vegetale comune. Tempo di conservazione, un mese. Se ingerito
provoca pazzia per 5-20 giorni con delirio, manie di persecuzione, cambiamenti
d’umore e confusione mentale.”
“Te lo stai inventando”
La bella ragazza con la lunga treccia nera che dondolava sulla schiena, si appoggiò al bancone di lavoro e squadrò la sua collega con un sorriso fra l’ironico e il divertito.
Eva la guardò con una luce interna di derisione che balenava dagli occhi scuri e perennemente in movimento, indice di un temperamento frenetico e caciarone, e scoppiò a ridere mostrando le fossette che Martina trovava semplicemente deliziose su di lei. Le davano un’aria simpatica e amichevole, come tutto il resto della sua persona.
“Infatti!
Quello l’ho usato ieri sera per stendere il Drago di
Fiamme a D&D” spiegò posando la provetta con la
soluzione azotata che stava preparando.
“Diosanto, hai 26 anni e giochi ancora
a quella roba?!”
Eva annuì con aria decisa e ridacchiò
un’altra volta “sono la più giovane chimica del laboratorio, posso fare tutto
quello che voglio e ricorda…ho in mano le vostre vite!” sghignazzò alzando le
braccia a mo di Dracula e mostrando i canini che
tutto erano eccetto che lunghi e fece una smorfia strappando un nuovo sorriso
all’amica.
Martina la guardò scuotendo la testa
per la sua stupidità innata che non sarebbe guarita neanche fra cento anni e si
raddrizzò, toccandosi la schiena sopra il camice bianco, immacolato e stirato rispetto
a quello dell’amica che aveva bisogno al più presto di una sterilizzata e di
uno smacchiatore.
“E c’è di
peggio! Stasera Joan, Steffy
e Paulina vengono da me per una bella partitona a Risiko!” affermò aprendo un nuovo pacco sterile di guanti
monouso taglia 7. Aspirò l’aria fra i denti producendo un sibilo che Martina
conosceva molto bene: fomentazione personale in vista!
“Conquistare il mondo! Ah!! Il mio
gioco preferito!” esclamò la ragazza alzando il pugno sinistro dopo aver fatto
schioccare il guanto di lattice attorno al polso non troppo sottile.
“Fomentata e pazza! Che ti hanno dato da piccola per ridurti così?” le domandò
sorridendo e guardandola trafficare fra becchi bunsen
e spettrofotometri di massa.
Lei alzò le spalle, riempì le cuvette
di quarzo che erano costate una fortuna al laboratorio e le inserì
nell’apparecchio tarandolo prima con il ‘bianco’
Martina la osservava con i capelli
ritti sulla nuca perché quello che stava conducendo era un’analisi piuttosto
importante. Eva trattava quella soluzione con la stessa cautela che avrebbe
dimostrato nel pulire la cuccia del cane, se ne avesse
avuto uno, prendeva appunti su pezzetti di carta che sarebbero andati persi e
si muoveva come un bisonte fra i banconi da lavoro che dovevano essere lasciati
liberi e puliti…soprattutto sterilizzati!
Almeno
evitava di fumare e di mangiare la dentro! Sospirò la ragazza evitando anche
di respirare mentre lei gettava il contenuto residuo nei rifiuti chimici appositi, i grossi ROT gialli sistemati sotto il bancone.
Eva annotò i dati che lo
spettrofotometro dardeggiava su un post-it che avrebbe fatto impazzire chiunque
poiché era pieno di numeri e simboli che la donna non riusciva a riconoscere
come linguaggio umano. Era una sua scrittura segreta? Come avrebbe fatto Eva a
riconoscerli?
Con discrezione e senza farsi vedere, annotò i dati dello spettrofotometro a sua volta e nascose il foglio compilato dietro la schiena.
Precauzione inutile perché uno dei
vantaggi di Eva era una memoria eccezionale: aveva una
mente prodigiosa perchè a suo avviso ‘non si era mai dovuta riempire delle
scemenze che ti propinano i maschi fin
da piccola.’
Eva ha un drammaticissimo
rapporto con la razza maschile: il suo non è semplice odio, ma disprezzo
profondo e viscerale. Siano essi cani, gatti o canarini, se sono maschi Eva non
li considera neanche di striscio.
Martina ricorda con un certo
divertimento il giorno in cui ha riportato il criceto al negozio di animali perché ha scoperto che era un ‘lui’!
Non sia mai! Aveva pensato l’amica trattenendo le risa all’espressione allibita del negoziante che guardava la ragazza come se fosse appena scappata da un manicomio criminale.
Si conoscevano fin dai tempi della
facoltà di Chimica e avevano subito legato.
Non l’aveva mai vista fidanzata e non
si era mai interessata ad un loro compagno di corso, neppure a quel tipo
belloccio che girava con i jeans di due taglie più
grandi e che mostrava i boxer al mondo intero….e quello si che era qualcosa che
valeva la pena di guardare alle 9 del mattino!
Martina aveva pensato al classico
trauma da relazione naufragata nei peggiori dei modi possibili, che fosse di
gusti difficili, che le piacessero gli uomini più
anziani di lei…ed era arrivata addirittura a pensare che fosse lesbica!
Tante supposizioni per una realtà
semplice e concreta: ad Eva non interessavano i ragazzi.
Li considera tuttora frivoli e
boriosi, pieni di niente e vuoti dentro come palloncini ad aria compressa.
Si reputa più intelligente di loro - e
di molte altre persone (appunto personale di Martina che si guardava bene dall’affermarlo
in sua presenza) - e li aveva sempre smontati con due paroline, dolci e velenose al
tempo stesso, e metaforici colpi bassi ai reni che partivano delicatamente e
arrivavano con la potenza di un martello pneumatico sul povero tapino derelitto
che aveva azzardato un’opinione contraria o non richiesta.
Uscire con lei era una vera e propria
tragedia; di rimorchiare non se ne parlava - Eva li faceva scappare tutti a
gambe levate - ma la ragazza le voleva bene e sopportava le sue digressioni
sulla natura maschile con una serenità zen che faceva invidia al Dalai Lama,
affinata da anni di paziente sopportazione.
Martina aveva imparato la pazienza
frequentando Eva e la ragazza a sua volta aveva imparato a cucirsi la bocca e a
non opprimerla con le sue continue affermazioni sul ‘Girl
Power’ da proporre al Governo come unica soluzione alla
‘supremazia dello sporco maschio sciovinista!’
Eva Dent è
una ragazza tranquilla e dolcissima, brava nel suo lavoro, appassionata di
piante velenose (da qui Poison Evie,
appioppatole da Paulina dopo la visione dell’ultimo Batman) che veste come Shakira e si getta nelle imprese più rischiose a capofitto
perché ‘si vive una volta sola’ .
Basta solo non mettersi sulla sua
strada. Se il Fato vuole che tu sia nato uomo, passa
rasente i muri, non farti notare e prega di non farla arrabbiare.
In questo preciso momento, qualcuno molto
grosso, molto nervoso e molto arrabbiato sta per schiantarsi nella sua vita
e calpestarle con forza i piedini (non proprio di fata perché porta il 40).
Julian MacHorney
- niente scherzi sul cognome, per carità - si è appena alzato di cattivissimo
umore. La fidanzata l’hai lasciato dopo tre anni di convivenza portandosi dietro
anche i tappenware della bottiglia ma lasciandogli le
bollette da pagare, simpaticamente rimembrato con un post - it
sul frigo che l’uomo ha accartocciato e gettato con rabbia nel secchio della
spazzatura, stracolmo dei resti del solitario take away cinese della sera
prima, è stato trasferito in un nuovo laboratorio - un chilometro più lontano da casa - sconvolgendo i suoi normali e monotoni ritmi che a
Suzanne hanno sempre dato i nervi e non riesce a
trovare la macchietta del caffè perché la mattina era sempre Suzie a farlo e a metterglielo in mano già zuccherato come
piaceva a lui.
Forse se qualche mattina si fosse
alzato per primo e l’avesse accolta con un bel sorriso invece del solito
malumore, forse sarebbe ancora lì con lui…e
magari riuscirei a bermi un caffè decente e ad essere a quel maledettissimo
laboratorio per un orario cristiano! Pensa innervosito sbatacchiando più
volte gli sportelli del cucinotto.
Casa sua e non sa neanche dove sta la
macchinetta del caffè!!
Calma,
respira…
”Dove cazzo è quella
maledetta macchinetta?!” urla al nulla tanto per sfogarsi un po’.
Inspira,
espira, bravo…calma…ti fai la doccia, ti vesti ed te
ne vai al bar. Ti prendi un bel caffè, una brioche con la crema come piace a te
– sti cavoli della linea – e dopo il mondo ti sembrerà vivibile e quasi
piacevole .
Ripensa più volte quella frase, autoconvincendosi di farcela ad arrivare in orario e a non
dare in escandescenze con i nuovi sottoposti e si dirige verso il bagno
pregustando una doccia rilassante e
corroborante. Con calma avrebbe ripensato al colloquio con Suzie
e avrebbe cercato di convincerla a tornare con lui.
30 minuti dopo…
Julian esce di casa sbattendo la porta
e dimenticando le chiavi dentro. Lo scaldabagno ha deciso di rompersi e una
stringa delle scarpe si è rotta, costringendolo a cambiarsi interamente – perché non puoi mettere scarpe marroni
sotto un completo di quel colore! - la macchina è senza benzina perché l’aveva prestata a Suzie che gli
aveva promesso di fargli il pieno e il suo bar preferito è chiuso per un lutto
improvviso. Nel frattempo ha lasciato la macchina in divieto di sosta e gli
hanno fatto la multa e quando arriva al
laboratorio, il posto riservato ai dirigenti è occupato da uno scassone colorato che gli fa venire un ittero istantaneo.
“La faccia rimuovere!” ordina al
custode di mezza età che lo guarda senza capire chi cavolo sia l’alto papavero
che è arrivato a rompere le scatole quella mattina in cui tutto sembrava
mettersi per il verso giusto: la bellissima Ellen, una vedova cinquantenne con
la risata pronta e il gran cuore che frequenta la sua stessa balera,
gli ha dato un appuntamento per la sera stessa, schermendosi come una ragazzina
e facendolo sentire 20 anni più giovane.
È arrivato a lavoro fischiettando e
stirando la camicia pulita nella divisa, gustando la bellezza della vita…e ora
arriva quel rompiscatole con l’aria da padrone del mondo a guastargli la
giornata!
Chiama i carro attrezzi con uno sbuffo.
Quella ragazza tanto carina che parcheggia lì da un anno
non sarà contenta quando uscirà dal lavoro!
Julian entra come una fiera affamata e
infuriata nel Colosseo, nell’attesa di sbranare i poveri cristiani che gli
getteranno nella fossa, si muove a stento fra i corridoi sconosciuti e non ha
la più pallida idea su chi si debba rivolgere e dove
cavolo sia il suo stramaledettissimo ufficio!!
Calma
e sangue freddo: Mick sa che dovevo arrivare questa
mattina. Basta trovare la segretaria o quello
che è. Sperando che la cretina in questione non si stia facendo le unghie!
Ringhia fra i denti avvicinandosi ad una donna che lo sta guardando da un po’ di
tempo mentre era fermo nel corridoio.
“Mick Johnson,” ordina restando a guardarla
innervosito.
La donna sbatte le ciglia placidamente
e prende il telefono con una calma irritante “chi devo
annunciare?”
Mi
sta prendendo per il culo? Pensa sentendo una
cadenza ironica sulla parola ‘annunciare’
“Julian MacHorney, il nuovo
Responsabile di laboratorio...e non ci faccia battute sopra!” sibila vedendo un
angolo della bocca della donna piegarsi all’insù.
Quando si allontanò, Samantha, la segretaria, si alzò con un sorriso che le arrivava alle orecchie e una gran voglia di spettegolare. Si diresse velocemente alla macchinetta del caffè contornata dalle altre dipendenti e le guardò una per una. “E’ arrivato il nuovo capo” sogghignò con le mani sui fianchi corpulenti da matrona romana. “Un arrapato che ci darà un sacco di fastidi!”
“Dove corri con quella provetta? Eva!”
“Tranquilla, non mi cadono mai!” le urlò la ragazza scivolando fra i colleghi con la provetta ben chiusa in mano e i risultati nell’altra. Il lungo foglio stampato strusciava sul pavimento e le finiva quasi sotto i piedi rischiando di farla cadere.
Quel risultato erano eccezionali, doveva assolutamente comunicarlo al caporeparto e prendersi il merito della scoperta!
Julian uscì dall’ufficio di Johnson, il Direttore del Dipartimento, un po’ meno nervoso di prima e si concesse anche un vago sorriso che rischiarò l’ombra scura e perenne sul suo volto.
“Piuttosto, ti volevo parlare di una ragazza che lavora qui..” Cominciò l’uomo camminando con le mani dietro la schiena e un’espressione preoccupata.
“Da grane?” Lo interrogò con un lampo negli occhi.
“No, no…è la nostra migliore lavoratrice, ma ha un problema un po’…come dire…” il vecchio lo guardò alzando un sopracciglio “è brava e ne farà di strada ma non andarle mai ad alitare sul collo. Letteralmente”
Julian si fermò alla fine del corridoio, subito prima dell’immissione nella sala principale dalla quale stava sopraggiungendo una fomentatissima Eva col suo tabulato svolazzante.
“Con me non si batte la fiacca!” esclamò girandosi svoltando l’angolo e venendo investito in pieno da un turbine biondo che strillò spaventata e gli franò addosso pesantemente.
L’urto fu tale che Julian perse l’equilibrio e finì a terra portandosi appresso la malcapitata Eva che stringeva la provetta con forza.
“Ahio ahio ahio…oddio che male!!” piagnucolò scrollando il polso sinistro con al quale aveva ammortizzato lievemente l’urto. “Ma state attenti a dove andate! Ho del materiale radioattivo in mano!” urlò mezza frignante per il dolore al ginocchio che aveva battuto pesantemente.
“Ecco…lei è la ragazza che ti dicevo”
Eva sentì la voce del vecchio Johnson, uno dei pochi uomini che riusciva a sopportare perché era abbastanza vecchio da essere suo nonno e aveva un bel sorriso paterno che la rincuorava quando era nervosa e lo fissò con un broncio da bimba che si è appena scorticata il ginocchio cadendo dalla bicicletta.
Poi spostò lo sguardo sulla cosa morbida e a tratti dura sulla quale era sdraiata sentendo tutti i pori della pelle che si restringevano immediatamente e il cervello che suonava l’allarme atomico: Uomo! Portatore di cromosoma Y: Pericolo! Pericolo!
Inghiottì e fissò il tipo visibilmente arrabbiato che sembrava sul punto di divorarla e strinse gli occhi con aria pericolosa.
“Eva. Ti presento il nuovo responsabile, nonché capo in direttissima Julian MacHorney” ridacchiò il vecchio aspettando la reazione di uno dei due.
La ragazza lo guardò trattenendo il fiato e tappandosi metaforicamente il naso a quell’odore di...maschio! Pensò disgustata. Si spostò appena cercando di non toccarlo.
Julian la fissò, scrutando quello che teneva in mano e alzando un dito verso la provetta “contro tutte le norme di sicurezza! Quello è radioattivo?” domandò alla ragazza che era sempre più nervosa “no, non è radioattivo” sibilò arretrando di un altro millimetro.
“Eva, eh? E di cognome la bella Eva come fa?!” sibilò con un sorriso maligno e sempre più cattivo.
“Dent” rispose con un tremolio al sopracciglio.
Julian sorrise sempre più incattivito“bene, signorina Dent: sei licenziata!”
*°*°*°*°
L’antro del piccolo chimico: Ciao a tutti! La mia mente malata ha partorito una storiella ancora più tossica (battutona!) delle altre. Non vi aspettate morti ammazzati o sparatorie, niente di tutto questo. E’ una semplice fict (corta) per ridere e far sorridere.
Poiché ho passato un mese della mia vita rinchiusa in un laboratorio da mane a sera, qualcosina l’ho imparata e vi fornirò tutti i dettagli tecnici a piè pagina (ma certe cose me le invento, vi avviso prima) per non farvi perdere e non scoraggiarvi nella lettura.
Ciao!
Nota a margine: ‘horney’ in slang significa ‘arrapato’ (o almeno è quello che mi da Babylon)