Venni a sapere per la prima volta dell’esistenza di mia figlia una mattina di
primavera, mi ricordo che i fiori stavano sbocciando sul ramo di ciliegio che
si vedeva dalla finestra. Avevo 37 anni e vivevo a Las Vegas. Nemmeno un’ora
prima mi ero fermata in un supermercato tornando da lavoro ed avevo acquistato
un test di gravidanza da effettuare a casa. Durante i giorni precedenti avevo
avuto il dubbio, avevo un ritardo, era solo di pochi giorni ma, conoscendo il
mio corpo, sapevo che qualcosa era cambiato. Avevo aspettato un po’ di giorni
ma poi l’ansia mi aveva spinto a fermarmi in quel supermercato dove avevo
comprato il test ed ora mi ritrovavo nel mio bagno con il test in mano. Non
sapevo bene cosa mi rendesse più nervosa, se la possibilità di essere incinta o
quello di non esserlo. Desiderare un bambino era per me un’aspirazione
inammissibile, come mangiare un frutto proibito. Non ero sposata e mai l’idea
mi era passata per la mente.
Amavo un uomo ed avevo una relazione da circa due anni con lui, Gil Grissom il mio capo,
relazione che era nata piano piano, dopo anni di
solitudine. C’erano voluti anni prima che mi accorgessi che il l’interesse verso di lui non era solo una
venerazione per il mio professore ma che era qualcosa di più e c’era voluto
altro tempo prima che lui si lasciasse andare, prima che lui decidesse di
mettere il suo lavoro, tutta la sua vita, a rischio per me. Essere coinvolto
emotivamente e personalmente con qualcuno non faceva parte del suo modo di
esistere ed infatti agli inizi della nostra storia era stato molto nervoso e
imbarazzato; una cosa che mi aveva fatto tenerezza, vedere un uomo che sul
lavoro era così professionale e serio trasformarsi in un “bambinone” nella vita
privata.
Col passare dei mesi il nostro legame si era fatto più forte, più stabile ma
c’erano sempre aspetti della nostra vita che non avrebbero reso l’arrivo di un
bambino una buona idea; prima di tutto noi stessi, i nostri passati anche se
non si vedevano erano sempre lì che ci accompagnavano...e poi c’era il lavoro, Gil era pur sempre il mio supervisore e la nostra storia,
in tutto quel tempo, era stata tenuta nascosta sul posto di lavoro, almeno alle
persone che avrebbero potuto usarla come arma per distruggere le nostre
carriere. Non erano in molti a conoscenza, se non la nostra squadra e Brass, ma
ora se ci fosse stato veramente un bambino avremmo dovuto affrontare quella
situazione che rimandavamo sempre.
In quel bagno,mentre l’ansia mi assaliva come non aveva mai fatto, aprii la
scatola del test e lessi le istruzioni....consigliavano per una maggior
precisione di farlo dopo aver dormito ma non ce l’avrei mai fatta a dormire
prima qualche ora quindi con grande cura feci tutto quello che dicevano le
istruzioni e lo posai delicatamente sul mobiletto e aspettai. In quei pochi
minuti molti pensieri passarono dalla mia mente; non ero pronta per diventare
madre...non ne ero degna o forse si?...erano tutte scuse che mi raccontavo?...guardai
l’orologio, era il momento. ..panico... No, non ero proprio pronta... ciò
nonostante decisi che, se era destino, mi sarei mostrata degna della situazione
e avrei accettato quella nuova responsabilità, in caso contrario, tanto meglio,
avrei inghiottito la “delusione” e sarei andata avanti con la mia vita.
Come una bambina, chiusi gli occhi e trassi un profondo respiro, riaprii gli
occhi e si fermarono su quella linea blu...il bambino esisteva, dentro di me
stava crescendo una creatura...mi passai una mano sulla pancia come per
costatare che il bambino ci fosse veramente. Non ricordo quanto tempo passò
fino all’arrivo di Gil. Lo sentii aprire la porta e
camminare fino a che non lo vidi comparire sulla porta del bagno...mi guardò
con lo sguardo curioso poi accortosi che ero strana spostò il suo sguardo su
quello che tenevo in mano e realizzò quello che era successo...mi venne vicino,
dopo avermi sfilato il test di mano e aver visto il risultato, mi prese e mi
portò in camera. Senza dire una parola ci stendemmo e rimanemmo abbracciati.
Ricordo che nessuno dei due dormì molto quella volta...ognuno perso nei suoi
pensieri...dovevamo “digerire” la notizia prima di essere pronti a
parlarne...un bambino era una grossa novità e per Gil,
che non aveva mai pensato che nella sua vita potesse diventare padre, sarebbe
stata difficile da accettare...
Passammo così quasi tutto i pomeriggio poi verso sera cominciammo a parlare,
non sarebbe stato semplice e la nostra vita sarebbe cambiata ma ce l’avremmo
messa tutta. Da quel momento in poi tutto prese a svolgersi con rapidità. Un
ginecologo ci confermò la gravidanza e ci comunicò che il bambino sarebbe nato
verso la fine di Novembre. Demmo la notizia ai nostri colleghi e poco dopo si
sparse a macchia d’olio, la notizia che Gil Grissom sarebbe diventato padre rimase una notizia
appetibile per diverso tempo e la cosa che ci sorprese fu che non ci furono
conseguenze per nessuno dei due.
Ci mettemmo alla ricerca di una casa più grande e ci preparammo all’arrivo
della bambina...bambina si perché il dottore ci aveva rivelato che sarebbe
stata una bambina.
Comprammo tutto l’occorrente per l’arrivo di un neonato e negli ultimi mesi di
gravidanza, mentre Gil era a lavoro, passavo molte
ore nella stanzetta immaginandomi già con la piccola. Progettavo che avrei
allattato la piccola e poi sarei tornata a lavoro, ma non avevo nessuna fretta,
superate le prime settimane essere incinta aveva cominciato a piacermi, per la
prima volta in vita mia mi sentivo appagata e in pace. Tutto trascorse
tranquillo fino alla mattina del 23 Novembre, prima che Gil
tornasse dal lavoro, fui svegliata da una contrazione violenta e dolorosa. Il
dottore mi aveva detto che essendo la prima gravidanza dovevo aspettarmi un
lungo travaglio e quindi non mi allarmai più di tanto e non lo dissi nemmeno a Gil quando tornò sennò si sarebbe allarmato inutilmente.
Però per tutta la mattinata le contrazioni durarono in modo irregolare e
diventavano sempre più forti. Proprio mentre ne avevo una si svegliò Gil ,che nel frattempo era andato a riposarsi, e senza
ascoltare le mie lamentele mi portò all’ospedale dandomi dell’incosciente per
aver aspettato tanto. Arrivammo in un lampo, Gil che
era sempre stato un guidatore fin troppo prudente guidò come un pazzo per
arrivare in tempo e quando arrivammo mi visitarono e mi dissero che il
travaglio sarebbe stato lungo. Le ore passavano e io mi sentivo ansiosa...le
contrazioni si facevano sempre più forti e più frequenti fino a quando non
decisero di portarmi in sala parto dove in poco tempo nacque Hanna Grissom, nostra figlia, un batuffolino
di tre kili e cento, una bambina bellissima e sana. Aveva i capelli corti e
neri che le ricoprivano il suo minuscolo capo. Dopo averla lavata me la
portarono e me l’appoggiarono sul petto e io la tenni stretta a me, guardai Gil che per tutto il tempo era stato accanto a me e mi
sorrise. Lessi nei suoi occhi i miei stessi pensieri. Come avevamo potuto
creare noi quella creatura bellissima?... proprio in quel momento compresi in
pieno il potere dell’amore... compresi che sarei potuta morire per lei in
quello stesso istante.
Pochi minuti e lei fu portata via e io fui riportata nella mia stanza dove
fummo lasciati soli. Guardai Gil e nei suoi occhi si
leggeva ancora l’emozione... anche lui come me si era innamorato all’istante di
nostra figlia. Dopo un paio di ore ci fu riportata e li per la prima volta la
prese in braccio... vederlo con in braccio nostra figlia me lo fece amare
ancora di più e in un certo modo mi sentii orgogliosa...era anche un po’ merito
mio se lui ora si sentiva così felice....quando poi me la passò vederla dormire
mi fece sentire la donna più felice del mondo.
Passò una settimana e molte persone vennero a trovarci, i nostri colleghi non
si fecero attendere molto, venuti a sapere della nascita vennero tutti alla
fine del turno...Nick, Greg, Warrick, Brass, Cath e perfino Sofia che non avrei mai immagino sarebbe mai
venuta venne...arrivò un pomeriggio accompagnata da Brass, guardò la piccola,
mi fece i complimenti e poi se ne andò...una cosa semplice ma che mi fece
piacere.
Poi dopo una settimana la portammo a casa, durante i primi giorni Hanna passò
molto del suo tempo dormendo e io e Gil lo passammo
chinandoci ammirati su di lei, su quella piccola incantatrice. Come ogni nuovo
genitore la toccavamo come se si potesse rompere al minimo urto ed eravamo
anche impacciati ma non ci mettemmo molto ad avere l’impressione che quella
bambina si fosse trovata sempre in mezzo a noi, una parte inscindibile delle
nostre vite.
Da allora il tempo è passato e oggi la nostra piccolina è cresciuta, ha
attraversato tutte le tappe della sua vita, le prime parole, i primi dentini, i
primi passi, i primi sorrisi, le prime delusioni, il primo giorno di scuola, il
primo batticuore...in tutte queste cose io e Gil
abbiamo cercato di esserci, di essere presente nella sua vita nel bene e nel
male cercando di non commettere gli errori che i nostri genitori avevano fatto
con noi. Ora lei è una donna serena ed è il mio orgoglio e del suo papà con cui
ha sempre avuto un legame speciale, un legame che in questo giorno di festa lo
fa commuovere come il primo giorno che l’ha vista. Mentre camminano l’una
accanto all’altro vedo i loro sguardi raggianti...lui perché la sua bambina è
diventata grande e lei perché sta per sposare l’uomo che ama.