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Autore: Slytherin Nikla    12/10/2009    4 recensioni
[Candace Robb, il ciclo di Owen Archer] poichè sarebbe oltremodo banale, utilizzare i personaggi maggiori e più amati... chi se ne frega di Owen, chi se ne frega di Lucie...a me interessa John Thoresby! e questo in qualche modo parla di lui. ok, non soltanto di lui.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John Thoresby, la pietra dello scandalo. Ha innescato questa sfida sul filo del delirio, con il suo fascino gerontoecclesiastico di uomo di sterminato potere, scatenando il fangirlismo sempre latente nella sottoscritta e in Viviane Danglars nei confronti di siffatti (purtroppo rari) personaggi.

questa è la mia parte di risultato...

« Siete sempre così buona con me, Laetitia » mormorò la regina mentre la dama di compagnia le sistemava i cuscini dietro la schiena. Lei sorrise, lisciò con la mano il risvolto di pizzo del lenzuolo.

« Nessuno al mondo lo merita quanto voi, maestà... »

« Potete ben dirlo ». Le giovani donne che accudivano la regina Filippa misero bruscamente fine a qualsiasi mormorio fosse intercorso fra loro fino a quel momento e con una reazione istintiva indietreggiarono. Due uomini soltanto, a corte, si presentavano senza essere annunciati e parlavano con tanta fredda autorità - ed era molto tempo che il re non si faceva vedere nella stanza della moglie malata durante il giorno, quando le dame di compagnia erano tutte presenti e lui credeva di scorgere, negli occhi delle più coraggiose, il confronto tra Alice Perrers e la regina morente.

« Lord Cancelliere, mio caro John... » La regina Filippa sorrideva sempre in quel modo, quando John Thoresby passava a farle visita. Teneva all'amicizia dell'arcivescovo più di qualsiasi altra cosa, e così lui alla sua, ed era sorprendente come la cosa non avesse - o se in origine poteva averle avute, come non avesse più - motivazioni politiche: due amici, l'arcivescovo di York e la regina, nient'altro, e ai loro incontri la gran parte della corte privata di Filippa non era ammessa. Laetitia poteva rimanere; e da quando Alice Perrers era diventata l'amante favorita del re, ben sapendo quanto Thoresby le fosse ostile e quanto danno avrebbe potuto procurarle parlando contro di lei presso la regina, aveva chiesto ed ottenuto di essere presente. Non c'era incontro dei due cui lei non prendesse parte. Laetitia non fu stupita di vederla entrare ancor prima che l'arcivescovo ricambiasse il saluto.

Thoresby per parte sua aveva accolto l'ingresso della giovane con una smorfia di fastidio e neppure quello stupì Laetitia: non era affatto un segreto, il disprezzo che il lord Cancelliere nutriva per la favorita del re... Un disprezzo che peraltro Laetitia Gray sentiva di condividere sin dal primo istante in cui la ragazza era stata introdotta a corte dagli zii - un disprezzo che rendeva lei una delle dame i cui occhi il re evitava più spesso. Istintivamente cercò lo sguardo di Thoresby. L'arcivescovo l'aveva guardata per un istante ma era difficile dire se avesse intuito i suoi pensieri intento com'era, adesso, a parlare a voce bassa con la regina.

A differenza che per madonna Perrers, a Laetitia riusciva del tutto indifferente conoscere o meno il contenuto di quelle conversazioni. In quei momenti la regina Filippa sembrava stare meglio, e questo a lei bastava...e le consentiva, talvolta, senza farsi notare, di fermarsi ad osservare il volto del cancelliere nella luce morbida delle candele che si fondeva con quella del sole attutita dalle tende. Laetitia era a corte da tanto tempo, e l'aveva sempre considerato un uomo affascinante; e trovava che se il tempo a lei aveva portato qualche filo grigio fra i capelli e un sonno molto più leggero con lui era stato invece generoso, e, anzi, prodigo. Non era un segreto che Laetitia fosse sensibile al fascino dell'autorità - tanto che più d'uno a corte si stupiva che non avesse mai incontrato a lungo il favore del sovrano -; ma con Thoresby era diverso. Conosceva uno ad uno i pettegolezzi sul suo passato e sul suo presente. Sapeva che non era affatto il sant'uomo che il popolo pretendeva di vedere in lui per il contegno ieratico e ascetico che teneva in pubblico. Trovava che ci fosse qualcosa di profondamente intrigante, nella complessità di quell'uomo e nella costante, disarmante impossibilità di comprenderne i pensieri.

« Laetitia... Portereste un po' di vino per il mio buon amico? »

« Subito, maestà ».

Era stato allora che l'aveva notato. Lo sguardo furtivo che di tanto in tanto l'arcivescovo di York lasciava indugiare su Alice Perrers. Lo sguardo sfrontato con cui lei rispondeva. Laetitia Gray riempì la coppa e nel porgerla a Thoresby si chinò facendo in modo di trovarsi all'altezza del viso dell'uomo.

« Non è saggio concupire ciò che va oltre la nostra portata », sussurrò, con un sorriso crudele « Non si caccia nella riserva del re... »

Gli occhi dell'uomo fiammeggiarono ma non disse nulla. Non era la prima volta che quella donna gli mancava di rispetto, non aveva mai perso occasione di mostrare una certa tendenza dissacrante, ma arrivare a tanto... John Thoresby si disse che forse era giunto il momento di darle una lezione.


C'era una magia rassicurante, nel ripetere ogni sera gli stessi giorni. Bere un ultimo sorso di vino, farsi aiutare da una serva a slacciare il vestito; osservare per un istante, non di più, il proprio corpo - giovane, sì, ma di una giovinezza diversa, in un certo senso più matura, rispetto a quella delle ragazzette che da qualche anno venivano ammesse a corte - e affrettarsi a nasconderlo nella lunga ed ampia camicia da notte ricamata. Poi sciogliersi i capelli alla specchiera e soffermarsi a guardarli, lunghi e stanchi, ricadere confusamente lungo le spalle. Pettinarsi con calma esasperata - perché non aveva mai concesso a nessuno di toccarle i capelli e mai l'avrebbe fatto.

Soltanto dopo quelle cerimonie, portate avanti con tutta la serietà richiesta ad un rituale sacro, madonna Laetitia Gray scivolava tra le coperte, abbassava un poco la fiamma del lume ad olio senza spegnerlo del tutto e, cullata dalla penombra e dallo scoppiettio del camino, si concedeva il lusso di ripensare alla propria giornata.

Aveva esagerato, con Thoresby.

Ne era consapevole, e d'altra parte come non esserlo dopo lo sguardo gelido che aveva posato su di lei nell'atto di congedarsi dalla regina? Non temere la sua collera era impossibile; Laetitia sapeva bene, forse meglio di altre, quanto fosse instabile la sorte delle dame di corte: più l'età cresceva e più diventava facile perdere i favori delle persone giuste, e a ventotto anni compiuti, e avendo come unica protezione l'affetto di una regina gravemente malata, sfidare in quel modo il lord Cancelliere d'Inghilterra poteva rivelarsi una vera e propria follia.

Ma la verità è che era stata gelosa. Degli sguardi all'apparenza casuali di Thoresby verso la Perrers, del modo in cui i suoi occhi da gatta si rivolgevano a lui senza il minimo pudore. Gelosa di Alice Perrers e del suo potere, proprio come lo era stata sin dalla comparsa di quella ragazzina non bella ma scaltra e istruita a sfruttare ogni occasione. Una puttana, ecco cos'era. Laetitia aveva creduto di avere in Thoresby un silenzioso alleato ma a quanto pareva anche lui era caduto nella rete di quella strega... Di pessimo umore, serrò le palpebre e pregò di addormentarsi subito.

Qualcosa di insolito l'aveva svegliata ma non aveva chiaro di che cosa si fosse trattato. Poi li distinse: passi, irregolari, e un respiro strano, quasi rotto. La mano destra aveva appena estratto il coltello da sotto il materasso quando la voce, strascicata, parlò.

« Vi credevo più ospitale, madonna Gray ». Laetitia posò la lama sul comodino, curandosi tuttavia che rimanesse a portata di mano.

« Con gli ospiti attesi lo sono... »

« Devo farmi annunciare? » domandò Thoresby e la cosa dovette sembrargli ridicola perché rise, piuttosto scompostamente. Il suo anello ticchettava contro il metallo della coppa che teneva in mano; non si era tolto la catena di lord Cancelliere.

« Vi credevo nel vostro palazzo »

« Il re mi ha invitato a rimanere. Là fa sempre così... freddo »

« Sono molto addolorata per voi, credetemi; ma non credo che passeggiare a quest'ora di notte risolverà il problema »

« Oh, ma non passeggio... Anzi, direi che sono arrivato ».

Laetitia Gray guardò l'arcivescovo con freddezza. « Siete ubriaco, lord Cancelliere ». Thoresby mosse la mano libera.

« Può darsi »

« Devo chiedervi di andarvene ».

Lui non si mosse; madonna Gray infilò una lunga sopravveste blu e si alzò. « Andatevene »

« Madonna Gray... Laetitia », mormorò Thoresby in tono confidenziale; aveva il fiato caldo, ma l'odore di vino non era forte come Laetitia aveva immaginato. Prese fra le dita il pizzo della scollatura di lei, come riflettendo. « Non mi è piaciuto, oggi, il nostro incontro ». La donna strinse la mano su quella del prelato e l'allontanò.

« Non sono Alice Perrers ».

L'arcivescovo di York serrò le mascelle: dopo quanto accaduto quel pomeriggio al capezzale della regina, dopo quel rimprovero tanto impertinente, dopo che lei se n'era accorta... Di Alice Perrers, e da quelle labbra, proprio non era disposto a sentir parlare.

« Lo vedo ». E tornò a giocherellare, distrattamente « Lo vedo, che non siete lei » Laetitia l'allontanò di nuovo.

« Vi prego, John »

« Mi chiamate anche per nome, ora? Non c'è limite a... »

« Vi chiedo perdono. Ma resta il fatto che non dovreste essere qui ».

Thoresby avanzò lentamente, fino a che lei non rimase come intrappolata tra il suo corpo e la colonna di legno del baldacchino. Le sue labbra si stirarono, lasciando intravvedere i denti bianchi

« Davvero non mi volete qui? Siete sicura di non averci mai pensato? » Seppe immediatamente di avere colpito nel segno: Laetitia Gray era arrossita, aveva distolto lo sguardo. L'ebbrezza che l'aveva spinto lì scemava, lasciando spazio a qualcosa di languido e vagamente lascivo che lo sorprese. Il respiro della donna accelerò.

« Andatevene, vi prego... »

Thoresby si piegò all'improvviso. Le strinse il mento fra i denti, poi le labbra. Laetitia alzò le mani sul torace dell'arcivescovo e lo allontanò.

« Non sono neppure lei »

« Lei? »

« Marguerite »

Un'altra pessima idea, ebbe modo di pensare mentre la mano sinistra di John Thoresby si stringeva sul suo collo. Thoresby vide la propria mano come se appartenesse ad un estraneo. Cosa stava facendo? La stretta si allentò di colpo.

« Perdonatemi. Non so cosa mi sia preso, io non... » Si sedette sul bordo del letto, bevve un'ultima volta dalla coppa e la lasciò cadere. Laetitia si massaggiava il collo. « Non sopporto di sentir parlare di lei »

« Lo sospettavo... » L'arcivescovo di York rise. Una risata roca, di gola, piena d'amarezza.

« Siete una donna intelligente, l'ho sempre saputo ».

Madonna Gray si sedette accanto a lui e senza credere a ciò che stava facendo gli prese la mano.

« E Alice riesce a farvi sentire meglio, John? »

« No », sospirò.

« Se posso esservi d'aiuto in qualche modo... » E John Thoresby vide per la prima volta in vita sua qualcosa che in tanti anni non avrebbe mai creduto di poter vedere negli occhi di una dama di corte. Quella donna era sincera. Lasciò che lei gli prendesse il viso fra le mani, lo attirasse a sé e lo baciasse. Quanto tempo era passato, dall'ultima volta in cui una donna l'aveva baciato così?

« Lo state già facendo, Laetitia », ammise, e non controvoglia quanto avrebbe voluto.

  
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