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Autore: Aurelia major    14/10/2009    15 recensioni
Stralci dalla teoria alla pratica, quando l’amor conteso, inseguito, ipotizzato e alla fine compiuto, si trasforma in convivenza. E la vita comune si sa, non è mai una passeggiata…
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruka/Heles
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“A volte la vita con  sue imprevedibili giravolte ti porta là dove mai avresti creduto d’approdare.”

Questo il pensiero di Haruka dopo aver sputato l’ultimo rimasuglio del disgustoso amalgama del quale sentiva ancora l’orrendo sapore in bocca. 

 

“Adesso che succede?” Si chiese Michiru aprendo un occhio e guardando in direzione del bagno. Magari era ancora mezza intontita dal sonno, ma le era parso chiaramente d’udire l’inequivocabile rumore di chi si sta strozzando, immediatamente seguito da una sequela d’improperi a lei diretti e nient’affatto velati.   

 

Haruka poggiò le mani al lavabo, e guardandosi fissa nello specchio soprastante, si di disse che quanto stava scendendo, vorticando per lo scarico, giù fino alle fogne a far compagnia ai ratti, altro non erano che i rimanenti brandelli della sua dignità.

“Quella donna mi sta facendo a pezzi…”

Pensò e, scuotendo il capo sconfortata poggiò la fronte alla superficie fredda ed inanimata, come a cercare nel suo stesso riflesso la forza per sopportare ed andare avanti. Amava Michiru, nessun ripensamento a riguardo, ma, quando accadevano simili cose, si chiedeva se per caso questa non stesse impartendole una lenta e trasversale punizione per i suoi passati indugi e tutto il tempo durante il quale l’aveva fatta trepidare in fremente attesa.  

Maledizione”, rifletté, sbatacchiando gli stipi e perlustrandone le mensole, presa nella caccia che quotidianamente la vedeva alla disperata ricerca dei suoi pochi, miseri e ormai dispersi averi, “sapevo che non sarebbe stata una passeggiata, come pure che la convivenza si nutre di compromessi e vicendevole spirito d’abnegazione. Ma questo è il colmo!”

 

“Ma che diavolo sta combinando?”

Silenziosamente Michiru scivolò tra le lenzuola e a passi felpati si approssimò alla porta. Indispettita per quanto si vedeva costretta a fare, nonché dal fatto che era lì, lì per riaddormentarsi, quando Haruka aveva ricominciato con quel baccano d’inferno, poggiò l’occhio alla toppa e inorridita vide che l’intero contenuto del suo beautycase veniva fatto oggetto d’esperimenti aeronautici. Ad uno ad uno infatti venivano presi, sommariamente osservati e infine fatti volare in direzione imprecisata.

 

“Dove accidenti è il collutorio?!”

Con una manata definitiva Haruka sperperò migliaia di yen di prodotti cosmetici mentre, con le fauci in fiamme, rifletteva sulla natura contraddittoria del legame che la teneva avvinta. E, siccome le ore antelucane si prestano particolarmente bene alle recriminazioni, rifletté sul fatto che ultimamente la sua routine era stata alquanto stravolta. E, intanto che la sua ricerca proseguiva nei cassetti, continuava a ragionare dicendosi che sì, probabilmente la sua precedente vita era fin troppo solitaria e priva d’amore, ma che il ritrovarsi il tubetto di crema depilatoria della sua dolce metà laddove normalmente teneva il dentifricio, e improvvida lavarcisi i denti, la faceva alquanto dubitare della giustezza della sua scelta.

“Perché non si può cominciare la giornata così!”

 

“La solita rincoglionita.”

Pensò Michiru quando afferrò la cagione che aveva scatenata la bestia così presto. E d’accordo, forse non avrebbe dovuto lasciare quella roba a portata di mano, però chi era a lamentarsi al minimo segno di ricrescita? La faceva facile lei, era bionda e fingeva di essere un maschio, quindi come poteva capire? Inoltre una disattenzione poteva capitare, come se poi sua signoria, non più tardi di una settimana prima, non le avesse mosso la medesima obiezione a riguardo. Per cui com’è che era? Se Haruka si beveva le sue lenti a contatto, scambiando il contenitore in cui le aveva lasciate in ammollo sul comodino per un bicchiere d’acqua di fonte, era colpa dello stress. Viceversa, se lei tralasciava di riporre un tubetto, che con tutta evidenza non era dentifricio, sia per l’odore,  che per consistenza, per non parlare dell’evidente illustrazione sull’involucro, era senza fallo una disordinata?

“Se così è, ben ti sta amore mio.”

E detto ciò Michiru se ne ritornò al calduccio.

 

Trovata finalmente la sospirata bottiglia Haruka vi si attaccò come un avvinazzato. E, ingollando il mentolato fluido, non poté far a meno di notare quanto la tinta di quel balsamo per le sue gengive urlanti fosse somigliante al colore dei capelli che tanto le piaceva accarezzare, nonché del vello che Michiru eliminava mediante la letale crema che aveva avuto modo di degustare. Folgorata quindi comprese che il sunto a margine di quella convivenza, altro non era che la labile differenza che intercorreva tra un pelo e un capello.

“E io che sarei, un apostrofo biondo tra una depilata e l’altra?!”  

Si chiese, per poi concluderne che come persona ormai si ritrovava ad essere diventata, né più né meno, il netto risultante tra la gioia d’averla accanto e i fastidi che ne potevano derivare. Una partita doppia insomma, dove il benessere dell’addormentarsi tra le sue braccia veniva equamente bilanciato l’indomani nell’aprire il garage e scoprire che la fiancata della spider era rigata e sverniciata.

Quisquilie davanti all’altare del grande amore d’accordo, ammise sbuffando, “ma certe considerazioni fanno male all’orgoglio e ancor di più all’igiene dentale!”  

 

“Eccola che ritorna.”

A bella posta Michiru fece finta di dormire, come se non volesse essere disturbata, anche se, al primo sentore del ruotare della porta sui cardini, abilmente s’era mossa per far sì che le lenzuola le scivolassero completamente di dosso e apparisse, a chi faceva il suo ingresso, come la versione aggiornata della Maya. Sospirò lievemente e sperò che il volto non la tradisse, mentre tutta una serie di pensieri le attraversava la mente e gli angoli della bocca le si volevano per forza piegare all’insù in un sorisetto di malizia mal trattenuta.

“Che farà adesso?”

 

A passo di carica Haruka varcò la soglia, aveva tutta l’intenzione infatti di farle una ramanzina senza fine per quanto accaduto ma, alla vista di lei che giaceva dormiente, e completamente vulnerabile, tra le coltri, rimase interdetta sull’uscio. Chiaramente non era la prima volta che la vedeva in negligé, anzi, la tigre del materasso ne aveva un’intera collezione da sfoggiare, né considerava soltanto adesso quanto le sue forme fossero diafane e delicate se paragonate alle sue. Ma a quel punto, su due piedi e con ancora un grumo d’epilady incastrato tra i molari,  capì infine quanto fosse solo mera apparenza e chi davvero comandasse in quella casa. Perciò non aveva  assolutamente nessuna possibilità di salvarsi.

 

“Mm, tesoro.”

Mormorò Michiru impunita, dandole una prolungata carezza al volto, quando l’altra, vinta e assai perplessa, la svegliò.

 

“Piccola donna, grandi rotture!”

Sentenziò saggiamente Haruka. Ma non diede voce a quest’intuizione, e porgendole la vestaglia, si avviò verso la cucina ripromettendosi di esaminare bene la scatola e il contenuto prima di mettere su il caffè.   

 

N.d.A.  

Eccomi qui nuovamente alle prese con queste due impedite.

Devo dire che un po’ mi mancavano, oltre al fatto che ogni promessa è un debito e che avevo voglia di divertirmi un po’ a mettere alla berlina tutte le seriosità cui le avevo fatte oggetto in precedenza. Non so dove mi porterà questa sorta di divertissment, giacché nel pieno delle mie facoltà mentali ammetto di sapere dove il tutto comincia,  ma d’ignorare totalmente le infinite variabili che quest’esperimento potrà assumere. Una cosa sola è sicura, impererà un canone inverso dove le sicurezze acclarate in  precedenza verranno sovvertite dal paradosso.

Già che ci sono spendo due righe per gli altri miei lavori in corso.

Per quanto riguarda “Ricordati di me” è prossimo l’aggiornamento, “Andante” invece è una gravidanza un po’ più complicata, ma spero presto di uscire dal mio stallo. Quanto alle “Figlie della tigre”, pure se non sembrerebbe, la cucciolata è ancora viva, tant’è,  pensavo di riscriverla ex novo, in quanto, a rileggerla, trovo l’attuale stesura insoddisfacente. “Osmosi” invece prosegue sul suo binario discontinuo, ma del resto, essendo una serie di storie slegate l’una dall’altra, va bene così.

Infine ne approfitto per ringraziare chi, con la sorprendente richiesta d’un messaggio autografo,  mi ha riempito di soddisfazione, ma pure d’imbarazzo. Giuro, non me l’aspettavo affatto, perciò grazie infinite, poiché per un irripetibile momento  m’è parso d’avverare un sogno a lungo vagheggiato.

Bene, per il momento è tutto e mi auguro che quest’esperimento diverta chi legge nella stessa misura di chi l’ha scritto.

   
 
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