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Autore: Feel Good Inc    26/10/2009    7 recensioni
Lui era stanco, va bene? Stufo marcio. E che cavolo.
Hokuto Kusanagi il ragazzo della porta accanto.
Hokuto Kusanagi l’alunno modello.
Hokuto Kusanagi il bello della scuola. [...]
Ma come si poteva non perdere la testa, ad essere il migliore amico della perfezione?
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ginga Izumo, Hokuto Kusanagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto per cominciare, occorre dire che Ginga Izumo ci aveva provato

~ Ordinary boy, looking at the sky ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intendiamoci bene: Ginga Izumo ci aveva provato.

Aveva tentato, aveva lottato con tutte le sue forze – ma aveva sempre miseramente inevitabilmente fallito.

Eppure ci aveva provato davvero ad odiare Hokuto Kusanagi.

 

 

 

Lui era stanco, va bene? Stufo marcio. E che cavolo.

Hokuto Kusanagi il ragazzo della porta accanto.

Hokuto Kusanagi l’alunno modello.

Hokuto Kusanagi il bello della scuola.

Era una situazione più che frustrante.

Un improbabile destino aveva fatto sì che loro, due ragazzini con assolutamente nulla in comune, si ritrovassero a condividere un segreto e rischiassero la vita in una ancor più improbabile missione spaziale. E per quanto ciò sapesse di assurdo, diciamo che ci poteva anche stare.

Ma questo era troppo.

 

 

 

Dovunque voltasse lo sguardo era un Kusanagi di qua, Kusanagi di là. Sembrava che tutta la città sospirasse per quel quindicenne dagli occhioni color cioccolato e il sorriso timido, che tutte le mamme lo sognassero come figlio, che tutti i ragazzini lo bramassero come amico del cuore.

[ Chi ha il pane non ha i denti… ]

A scuola, poi, si varcava il limite dell’esasperazione. Hokuto rispondeva alla domanda di un professore, e tutto sembrava fermarsi, come per magia. Più di una volta Ginga aveva sorpreso la prof di ginnastica a fargli gli occhi dolci mentre esaminava una sua capriola o la capacità del suo salto in lungo. Ma santo cielo.

 

 

 

E ovviamente non erano solo gli insegnanti. Bastava che Hokuto aprisse bocca perché una mezza dozzina di ragazze nei dintorni ridacchiassero – in quello stupidissimo modo ridacchiantesco che era tipico delle femmine di qualsiasi età – come oche, o che fingessero uno svenimento, oppure, cosa ancora più inaccettabile, invocassero a gran voce una bombola di ossigeno.

E il modo in cui lo guardavano, Dio santo. Come se non esistesse, se non potesse esistere altro al di là di quegli occhi quegli occhi quegli occhi.

Come se bastasse il suo ingresso a rendere diversa l’aria in una stanza.

Frustrante? Se lo era.

Persino le “non-guardarmi-sono-troppo-al-di-sopra” come Alice, con la quale Ginga aveva commesso l’errore adolescenziale della prima cotta – no, della seconda. La prima era stata Yuki delle C-DRiVE – davanti al sorriso sognante di Kusanagi, ai suoi sguardi persi nel cielo lontano lontano verso l’orizzonte dove volano i sogni e compagnia bella, si scioglievano e sdilinquivano come nella più orrida soap-opera. Gente come Alice, Alice Willamet. Roba. Da. Non. Credere.

D’altro canto non era neppure una cosa che riguardava solo le ragazze. Più o meno cinque anni prima, quel principino alieno col broncio perenne non si era mai preso il disturbo di dissimulare lo stato di nervosismo in cui la vicinanza di Hokuto lo costringeva. E magari era pure per questo che l’aveva rapito: per il suo bel faccino e la sua spudorata innocenza. Ugh.

Classica ciliegina sulla torta: Otome Izumo, dodici anni[1], sorella di Ginga, era la presidentessa ufficiale dell’Hokuto Kusanagi Fan Club.

Patetico, semplicemente patetico.

 

 

 

Ma la cosa che faticava di più ad accettare, quello che proprio non gli andava giù e che gli faceva ingoiare inutile veleno, era il fatto che Hokuto fosse completamente ignaro di tutto ciò.

Oh, beh, se non lo era, sapeva fingere molto bene.

No, invece, doveva esserlo sul serio: perché oltretutto era anche ingenuo. Atrocemente ingenuo.

Ogni dannatissimo pomeriggio, quando tornavano insieme da scuola, Ginga adocchiava orde di ragazzine adoranti che li seguivano passo passo, gli occhi costantemente puntati su Hokuto, con la stessa fedeltà che poteva dimostrargli il leggendario collie Jupiter. E mai, mai una volta che Hokuto avesse dato segno anche solo di averle viste. Mai una volta che avesse mostrato di rendersi conto del vero motivo per cui Otome faceva la strada con loro piuttosto che con le amiche. Così come in classe, quando ripeteva diligentemente una lezione complicatissima, minando alle fondamenta la nomina di secchiona di Alice, totalmente sordo ai sospiri profondi trattenuti a stento. No, niente da fare: pur con quella quieta intelligenza e quel proverbiale buonsenso, Hokuto Kusanagi era e restava un tonto.

[ Un tonto adorabile. ]

Un tonto irritante.

 

 

 

Ce n’erano, eccome se ce n’erano, di motivi per odiarlo. E Ginga li aveva esaminati uno per uno.

Hokuto il ragazzo della porta accanto Hokuto l’alunno modello Hokuto il bello della scuola Hokuto il suo migliore amico.

Ma come si poteva non perdere la testa, ad essere il migliore amico della perfezione?

 

 

 

Era come essere sempre un passo indietro, sempre all’ombra di un albero con troppi rami. Ginga non era uno che venisse notato dalle parole o dagli sguardi. Lui doveva usare i gesti, gli atteggiamenti e – spesso – le mani. E negli ultimi cinque anni era più che mai una questione di imporsi, perché oltre i suoi colpi di karate[2] la gente non vedeva altro che Hokuto.

Ma quant’è carino Kusanagi, ma quant’è assennato Kusanagi, ma quant’è rispettoso Kusanagi! In continuazione.

« Izumo? Ginga Izumo? Ah, sì. L’amico di Kusanagi! »

[ L’amico. Già. ]

E non avevano idea, nessuno aveva idea di quanto fosse frustrante.

Di quanto disperatamente volesse odiarlo.

[ Di quanto disperatamente lo adorasse. ]

 

 

 

Qualche volta pensava di riuscirci. Si metteva là, imbronciato e racchiuso in se stesso, ad evitare il suo sguardo. E sentiva la perplessità nella sua voce, avvertiva la sua incertezza e la sua paura di aver detto qualcosa di sbagliato. E Dio quanto ne era contento.

Ma poi, come al solito, incontrava il suo sguardo.

 

 

 

« Una passeggiata? »

« Non ne ho voglia. »

« Una cena a casa mia? »

« Non ho fame. »

« Qual è il problema? »

« Io non ho nessun problema. »

[ Nessuno. Davvero. ]

« Ginga? »

« Cosa? »

« »

« »

 

 

 

Poi bastava quello sguardo, quel silenzio, quel sorriso, e tutto sembrava fermarsi, come per magia.

Piccolo, stupido, adorabile tonto.

 

 

 

La verità era che era impossibile odiare Hokuto Kusanagi.

E, intendiamoci bene, Ginga Izumo ci aveva provato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* * * * * * * * * * * * * * * * * * *

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, non ho la minima idea del perché sia nata questa shot. xD Vi assicuro che non sto scherzando. Gear Fighter Dendoh non mi ha mai offerto il massimo dell’ispirazione, e tra l’altro questo non è neppure un pairing che amo. Anzi, a dirla tutta non ho mai scritto shounen-ai che non fossero incentrate su Axel e Roxas di Kingdom Hearts… Mi è semplicemente venuta quest’idea, e l’ho seguita. Boh. Sarà che ho voglia di cambiare. ^^ E in effetti con questa… ‘cosa’ ho modificato in modo decisamente notevole il mio stile… .__. Aiuto, sarò mica posseduta?! x’D

Va be’, sproloqui a parte, passiamo ad una breve lista di note:

 

~ Il titolo è tratto da un verso della canzone Ordinary day di Vanessa Carlton (adattato).

[1] Non sono sicura dell’età della sorella di Ginga; non mi pare che nell’anime sia specificata. Ma ho pensato che tre anni di differenza fossero plausibili.

[2] Mi pare che Ginga pratichi il karate, ma potrei confondermi con un’altra disciplina. Se così, vi prego di perdonarmi. È Alzheimer. x’D

 

Facciamo un piccolo passo indietro: ho scritto che questo è il primo pairing shounen-ai che abbia trattato dopo l’AkuRoku. Beh, rileggendo la shot mi rendo conto che l’unico vero riferimento yaoi è quello sul rapporto tra Hokuto e Subaru. Da parte di Ginga i sentimenti sono perlopiù inespressi. Sì, so di aver scritto Di quanto disperatamente lo adorasse; ma suvvia, chiunque ‘adora’ il proprio migliore amico. La frase è una libera interpretazione. Perciò potete anche vederla come un tributo alla loro amicizia, e niente di più. ;) [Dico questo anche perché, vi giuro, non ho mai apprezzato il Ginga/Hokuto, e sto ancora cercando di capire come accidenti mi sia venuto in mente di scrivere qualcosa che vi si avvicini anche lontanamente xD]

 

Con la speranza di non avervi tediato troppo, ringrazio tutti per l’attenzione! ^-^

Arigatou to sayonara!

   
 
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