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Autore: DarkshielD    27/10/2009    2 recensioni
[Sospesa]
Inspirò impercettibilmente, rendendosi conto solo di non essere completamente conscio del fatto che stava per pronunciare parole che mai nessun essere umano avrebbe proferito.
Ma lui non poteva certo essere umano.
- Io sono il figlio del Diavolo. -
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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- Aspetti! - assieme una voce ora vibrante, a malapena ridotta ad un sussurro, verso la spalla destra del prete corse anche la mano sana, bloccandosi a mezzaria, irrigidita da una percezione, fulminea come se fosse stata fermata da un braccio invisibile che la stritolava fermandole il sangue. Ed assieme ad esso, un dubbio senza apparente fondamento.

Ma chi diavolo ?

Non ebbe il tempo di scacciare una domanda improvvisa come quella che il prete si voltò con unespressione perennemente serena, perennemente tranquilla, ma stavolta un po meno rassicurante con quellaffabile sorriso leggermente offuscato da unombra di dubbio.

Per un istante il ragazzo si domandò se per caso avesse percepito la sua stessa sensazione, ma scacciò immediatamente quel sospetto facendo un passo avanti, avvicinandosi ulteriormente, e ritrovandosi letteralmente viso a viso col pallido prete. Nellespressione indurita del volto i suoi occhi di ghiaccio, carichi di smania ed agitazione, fulminavano quelli limpidi e cristallini dellinterlocutore. Sollevò il braccio malato e pesantemente bendato allaltezza del viso, affinché laltro lo vedesse bene.

Quel braccio, nessun medico laveva mai visitato, e di quei pochi in circolazione probabilmente nessuno si sarebbe mai offerto di farlo, se solo avesse saputo cosa si nascondeva sotto quelle bende. Lui stesso se ne vergognava, si vergognava nel ritrovarsi una mostruosità del genere addosso, i suoi stessi occhi si rifiutavano di guardare quellorrore, e tentava in ogni modo di far si che altri non lo vedessero.

Era una deformazione, una deformazione agghiacciante, sviluppatasi sotto i suoi stessi occhi come una malattia, ma tuttavia temeva che fosse lungi dallesserlo realmente: il dolore percepito nel toccare quelle creature gli aveva dato un segnale fin troppo chiaro, ma per interpretarlo aveva bisogno di risposte, e, non potendo cercarle da solo, aiuto e consiglio.

Le parole che stava per pronunciare lavrebbero condotto al rogo per stregoneria.

- Nemmeno lacqua santa lo sfiora. -

Il sorriso leggermente sfiorito del prete albino si rianimò incoraggiante: - figliolo, qualunque sia il motivo per cui hai un braccio infermo, sappi che i miracoli non avvengono a richiesta: bisogna pregare, sperare, aver fede.. -

- Lei non mi ha capito - lo interruppe il ragazzo. Per qualche ignota ragione aveva limpressione che il prete avesse parlato a quel modo solo per mettere le mani avanti, per tastare il terreno che si andava preparando in una situazione diventata tesa come una corda di violino.

Taceva, ora, conservando lespressione affabile e cortesemente disponibile di chi ignorava cose importanti, e ciò stava mettendo in seria difficoltà il suo interlocutore, comunque deciso ad andare avanti..

Era ora di testarlo, dalla sua reazione avrebbe compreso se realmente avrebbe potuto aiutarlo o se gli avrebbe causato guai superflui: Abbassò leggermente il braccio bendato in modo che il viso rimanesse bene in mostra, lo fissò senza mezzi termini, lo sguardo febbrile degli occhi di ghiaccio si rifletteva in quelli dellinterlocutore così simili ai suoi, ed inspirò impercettibilmente, rendendosi conto solo di non essere completamente conscio del fatto che stava per pronunciare parole che mai nessun essere umano avrebbe proferito.

Ma lui non poteva certo essere umano.

- Io sono il figlio del Diavolo. -

Il ragazzo trattenne il respiro dopo aver pronunciato quelle parole, sentendosi come sospeso, ma non durò molto: a quel momento di pausa, come la quiete prima della tempesta subentrò, con un gelido brivido, il puro, assoluto, terrore.

Nella foga del momento aveva pronunciato delle parole che lavrebbero portato al rogo seduta stante.

Aveva appena detto di essere il figlio del Diavolo.

E laveva detto ad un prete.

Rimase congelato nella sua posizione, con il braccio malato alzato quasi allaltezza del viso come se ora fosse desideroso di proteggersi con esso, ed incapace di fare alcun gesto, bloccato comera dalla paura.

Già immaginava la reazione del prete, già lo immaginava spalancare gli occhi, e, terrorizzato forse più di lui, indietreggiare facendosi il segno della croce e urlare quella parola maledetta che già in centaltre occasioni aveva condannato ad una morte atroce migliaia di innocenti, indifferentemente da uomini, vecchi, donne, e, in occasioni di pura isteria, persino bambini.

Si aspettava di sentirlo urlare: stregoneria.

Ma, per quanto la sua paura gridasse a gran voce ciò che era tristemente ovvio in quei tempi, nulla avvenne.

Perlomeno, nulla di ciò che si poteva aspettare.

Il prete non aveva mostrato segni di paura alcuna, non era indietreggiato, non si era fatto il segno della croce, e la sua bocca bianchissima non si era storta in unespressione dorrore, non si era aperta per gridare quella parola, anzi. Era rimasta chiusa, come sigillata, e quel sorriso affabile si era congelato in una morsa irresistibile che sembrava incatenare, bloccare al suo interno come fiere feroci un fiume di parole, e tra esse forse anche quella maledetta.

Non si era mosso, il prete, era rimasto immobile come una statua di marmo, solo gli occhi gelidi si erano leggermente spalancati e le sopracciglia leggermente aggrottate, a testimoniare la sua leggera sorpresa.

- Il figlio del Diavolo? - persino la sua voce, ferma ed interrogativa, faceva eco ai suoi gesti: era come se quel ragazzo gli avesse detto qualcosa di un po insolito, ma a suo modo assolutamente normale. Dopo il breve, impercettibile momento di rigidità nato dalla sorpresa, il suo corpo si era nuovamente rilassato, lespressione tornò rasserenata, ma negli occhi cominciava ad affacciarsi un ombra di intimazione che diceva di qualcosa di estremamente chiaro: attento alla tua lingua.

- Ti rendi conto di quel che dici, figliolo? - dalla sua voce la sorpresa era completamente scomparsa, tornando rilassata come il resto della fisionomia. Ora solo gli occhi contrastavano con quel quadro pacifico e rasserenante, lampeggiando furenti ed ammonitori.

Il ragazzo, dal canto suo, era rimasto assolutamente interdetto da una reazione così tiepida, così apparentemente normale che non riusciva a rilassarsi, col cuore che batteva a mille, il braccio sollevato tremava leggermente sotto le bende, e tutti i sensi erano allerta come un animale che ha appena fiutato il pericolo, aspettandosi che tutto finisse improvvisamente, che quella fisionomia sirrigidisse nuovamente e quella potente voce ridotta ad un sussurro si alzasse improvvisa come un serpente velenoso per condannarlo a morte senza appello.

Ma nulla avveniva.

Il prete rimaneva immobile in due espressioni contrastanti, quella rassicurante del corpo e quella inquietante degli occhi, e si limitava a studiarlo.

Anche il ragazzo rimaneva immobile, il tremito del braccio e quel formicolio diffusosi in tutto il corpo a causa della tensione e dellimmobilità cominciavano a diminuire, il cuore, rassicurato da quegli strani occhi ammonitori, decelerava appena, ma non osava muoversi, come se quel momento di immobilità assoluta fosse un fragile incantesimo al quale non ci voleva nulla a spezzarsi. E se davvero era un incantesimo, desiderava che perdurasse in eterno.

Con due sentimenti così diversi fra loro passò un minuto che parve, se non per chi studiava, sicuramente per chi veniva studiato, eterno. Ed infine, facendo sobbalzare il poveretto sotto esame, il prete parlò;

- In confessionale. Subito. - le parole spezzarono lincantesimo, con un tono non più affabile, ma duro ed autoritario che ben si addiceva a quella voce profonda e allavvertimento che si leggeva in quegli occhi di ghiaccio. Anche la postura era tornata ad irrigidirsi come in guardia e, voltandosi, oscillò leggermente la mano sinistra invitando a seguirlo.

*********************

Nero, un giovane contadino, ha la fortuna di vedere realizzato il suo desiderio più grande: sposare Kirye, la ragazza di cui è innamorato.

Ma tuttavia, in quei tempi bui in cui superstizione e occulti malefici regnano sovrani, e scienza e ragione può ben poco, le forze dell’Inferno tramano di gettare una nuova oscurità sul destino degli umani: L’oscurità della Peste Nera

La setta degli Untori per adempiere al suo compito ha bisogno di una Grande Maestra che guidi le loro malefatte, e quando la scelta cadrà proprio su Kirye, Nero si ritroverà costretto a far uso di tutto il suo coraggio ed intraprendere, in compagnia di un prete dai modi assai poco ortodossi, ed in seguito un cavaliere che conosce molto del suo vero passato, un viaggio oltre i confini delle sue terre e della realtà stessa, in una disperata corsa contro il tempo, per salvare la sua amata e l‘intera umanità.

L’ho segnato come nonsense, ma in teoria si dovrebbe trattare di una fan fiction AU ambientata nel Medioevo, più precisamente durante la peste del Trecento. ( la trama è scritta sopra)

Ho scritto questo capitolo in un momento di particolare creatività ma, riesaminando l’idea, non l’ho trovata eccezionale, perciò forse lascerò questa one-shot ciò che è. Fatemi comunque sapere che ne pensate.

  
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