KINGS
and
Into
the night, desperate and
broken.
The sound of a fight father
has
spoken.
“Papà?”
Nessuno
rispose. E al bimbo venne in mente che papà se
n’era andato un paio di giorni
prima, dopo un’accesa litigata con mamma, una porta sbattuta
ed un legame che
andava a pezzi, come il vetro di una finestra colpito da un pallone.
“Mamma?”
Il
bimbo spalancò gli occhioni blu nel buio e si rese conto che
la madre era al
lavoro. Notturno. Perché guadagnava di più e
poteva mantenerli. Si alzò a
sedere e si guardò attorno, disperato, con il pianto che
stava per prendere il
sopravvento.
Ma
nel lettino vicino al suo qualcuno c’era, ne era certo.
Accese
la piccola luce del comodino.
“Shannon?”
Il
ragazzino nel letto vicino si mosse sotto le coperte, con una specie di
sospiro.
“Shannon?”,
la voce del bambino era lamentosa. “Shany, sei
sveglio?”
Un
altro sospiro e il ragazzino si girò verso il fratello
più piccolo, sbattendo e
sfregandosi gli occhi con una mano: “Sì. Cosa
c’è?”
“Ho
fatto un brutto sogno.”
Into
your eyes hopeless and taken,
we
stole our new lives through blood and pain in defence of our dreams
“Dormi,
Jared, che domani c’è scuola.”
“Non
posso. Se chiudo gli occhi il
sogno ricomincia.”
Shannon
guardò il fratello negli occhi
e si accorse di quanto fossero vuoti e senza speranza. Si
alzò ed andò a
sedersi vicino a lui. “Che sogno hai fatto?”
“Che
ero da solo. Non c’era mamma e
non c’eri nemmeno tu.”
Shannon
sorrise. “Che sogno stupido.”
Jared mise
subito il muso: “Non era
stupido. Era… era doloroso. Faceva male al cuore. Il cuore
sanguina e fa male.”
Un’ombra
passò negli occhi di Shannon:
“Doloroso? Come quello che sta passando mamma?”
Jared
trattenne un attimo il fiato
prima di dire: “Papà non tornerà,
vero?”
Shannon
scosse la testa. Era il momento
di dirlo al fratello. “No. Ho sentito mamma parlare al
telefono, prima. Tra un
po’ andremo via di qui. Verso una nuova vita.”
Il
fratellino abbassò gli occhi: “Io
volevo bene a papà.”
“Sì,
pure io…”, rispose Shannon,
accarezzandogli la testa.
Il silenzio
piombò nella cameretta.
“Shan?”
“Sì?”
“Potremmo
continuare a fare quello che
ci piace? Suonare?”
Shannon
annuì: “Sì, certo. Il nostro
sogno lo difenderemo sempre. Sempre.”
Jared si
mise di nuovo sotto le
coperte, tenendo una mano al fratello maggiore.
“Shan?”
“Eh?”
“Dimmi
che non mi lascerai mai da
solo, come invece succedeva nel sogno…”
We
were the Kings and
We
were the victims of
ourselves
Maybe the Children of a
lesser
God between Heaven and Hell
Shannon
scosse la testa: “Certo che no.”
“Prometti.”
“Promesso.”,
rispose, spavaldo, segnandosi una croce sul cuore.
Ma
Jared non era convinto: “Siamo sfortunati, vero?”
“Cosa
dici? No. Abbiamo mamma. E poi noi due.”, la voce di Shannon
era salita di un
tono mentre il ragazzino tentava di apparire il più
rassicurante possibile.
Jared
chiuse gli occhi per un secondo, ma poi li riaprì di scatto:
“Ma Dio ci ha
abbandonato, secondo te?”
Shannon
trattenne una risata: “Ma nooo, che dici?”
Il
fratellino aveva una voce sofferente quando disse: “I miei
amici hanno tutti
una famiglia e abitano nella loro casa da quando sono nati,
perché noi no?
Perché siamo meno importanti, per Dio? Forse
perché non andiamo a messa? E andremo
all’inferno, vero? Perché in paradiso non ci
vorranno, vero?”
Shannon
non sapeva rispondere a nessuna di quelle domande, non si era mai posto
il
problema. Essere tra l’inferno e il paradiso era
l’ultimo dei suoi pensieri:
“Non lo so, Jared… mi dispiace.”
“Ma…”,
Jared si era alzato nuovamente a sedere.
“Senti…”
Shannon gli mise le mani sulle spalle e lo costrinse a guardarlo negli
occhi:
“Noi siamo forti. Noi siamo i vincitori. Noi non siamo le
vittime, non siamo i
perdenti. Non
dobbiamo
esserlo. Capito?”
The
age of man is over
A
darkness comes and all these lessons that we learned here have only
just begun
We
are the Kings
We
are the Queens
Jared
annuì, la frangetta di capelli
scuri sugli occhi: “Sì.”
“Noi
diventeremo grandi e vinceremo.”
“Sì.
Ma se chiudo gli occhi è buio e
tu non ci sei.”
“Io
ci sarò sempre. Non ti lascerò
mai. Capito?”
“Sì.”
“Abbiamo
imparato a fare da soli,
siamo sempre stati soli, noi due, e tutto quello che abbiamo iniziato
ad
imparare, ci servirà…”
“Sì.”
“E
impareremo ancora, non è finita.
Anzi… tutto deve ancora iniziare.”
“Sì,
ma…” Jared era ancora dubbioso:
“Ma un giorno avremo un nuovo papà?”
“Noooo.
Di più!”
Il bambino
spalancò gli occhi,
sorpreso: “Di più?”
Shannon
sorrise, forse aveva trovato
il modo di tranquillizzare il suo fratellino: “Sì!
Saremo una famiglia immensa.
Gigantesca. Noi saremo i re e poi ci saranno altri re ed altre regine,
di ogni
parte del mondo. Tanti, tantissimi re e
tantissime
regine. Insieme. Tutti Re e
Regine. Re e Regine. Ti piace?”
L’espressione
di Jared era rapita
dalla visione: “Sì, mi piace.”
Shannon gli
accarezzò una guancia:
“Bene. Però… ora dormi, che
è tardi.”
Jared si
mise sotto. Shannon gli
rimboccò le coperte, spense la luce e andò nel
suo letto.
“Shan?”
“Eh?”
“Posso
sognare i re e le regine?”
Nel buio
Shannon sorrise: “Sì.”
Jared
chiuse gli occhi, stringendoli
forte, come se i re e le regine volessero fuggire dalla sua mente:
“E’ un bel sogno…
voglio difenderlo. Buonanotte, Shan.”
“Buonanotte,
Jay.”
Jared prese
il bloc notes, si alzò
dallo sdraio a bordo piscina e, scalzo e in pigiama, si
avviò verso il garage,
con la matita in mano ed un’espressione assorta:
“Shan?”
“Sì?”
Shannon spuntò da dietro la sua
Ducati, con il berretto da baseball con il frontino
all’indietro e in
canottiera, pulendosi le mani sporche d’olio con uno
straccio. “Che c’è?”
“Forse
sono riuscito a trovare le
parole ed il titolo per quella canzone che non
viene…”
“Davvero?”,
disse sorpreso Shannon.
“Sì.
Guarda qui…”, Jared porse il
blocco dei suoi appunti al fratello, che iniziò subito a
leggere. “La chiamiamo
‘Kings and Queens’…”
Shannon
arrivò in fondo al testo e poi
guardò suo fratello negli occhi, mentre le sue labbra si
incurvarono in un
sorriso complice: “Fatto brutti sogni, stanotte,
fratellino?”
FINE