Autore: NinfaDellaTerra
Personaggi: Riku, Sora, Kairi (marginale)
Genere: Malinconico, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: One - Shot
Colore scelto:
Blu, n°1 ( Parola:
Morte)
Tema: Male
Introduzione:
Riku,
la notte dell’attacco degli Heartless a
Destiny’s Islands, inizio del primo gioco. Le riflessioni di
un giovane che si
sente in trappola, e, pur di far sopravvivere la propria anima, pur di continuare a vivere, è
disposto a
inoltrarsi nel più fitto dell’oscurità.
Il tema assegnato – quello della Morte –
è trattato
nel rapporto conflittuale tra Riku e l’Isola: la paura che la
morte che ne
pervade ogni anfratto possa alfine avere la meglio anche sulla propria
anima,
lo spinge a riporre le sue speranze nella fuga che
l’oscurità gli offre;
paradossalmente, il prezzo da pagare sarà proprio la morte
di ciò a cui tiene
di più: la sua amicizia con Sora e Kairi.
…
… o, almeno, così credeva lui allora!XD
Ho cercato di immaginare cosa possa aver pensato
Riku nella notte che ha effettivamente dato inizio a tutto.
E’ un personaggio
estremamente affascinante, e la dinamica che ne regola tutto il corso
dell’avventura, che è strabiliante e complessa
secondo me, trova radici proprio
nel suo odio viscerale per il mondo in cui è nato.
Buona lettura! J
~
Questione
di sopravvivenza
Non riusciva a prendere sonno.
Non aveva chiuso occhio per ore, e alla fine aveva deciso di
uscire a fare una passeggiata sulla spiaggia, nonostante i nuvoloni
all’orizzonte – non temeva certo la tempesta, lui.
Si diresse direttamente sulla porzione di scogliera morbida
su cui sorgeva l’albero di Paopu, gettandosi con stizza sul
ramo, ben
conosciuto, su cui di solito sedeva a guardare il tramonto con Sora e
Kairi. Si
sistemò, accomodandosi nell’incavo del legno, che
una volta doveva esser stato
scomodo, ma che ormai era perfettamente levigato.
Fissava l’imponente massa d’acqua che lo separava
dal resto
del mondo – dei mondi,
degli
infiniti, fantastici mondi al di fuori di quella chiazza di sabbia
chiara dimenticata
dal cielo, con aria perfettamente indifferente. Eppure, quello che
covava nel
cuore, se avesse potuto essere trasformato in realtà,
avrebbe disintegrato quel
miserabile atollo.
Se avesse potuto, Riku avrebbe spazzato via senza pensarci
un attimo l’intero, piccolo universo che rispondeva al nome,
ironicamente pieno
di speranza, di Destiny’s Islands. E, in maniera velatamente
sadica, avrebbe
guardato compiaciuto ogni singola molecola di
quell’arcipelago solitario
disfarsi lentamente sotto i suoi occhi. E lui avrebbe riso, e con i
suoi amici
sarebbe fuggito, finalmente senza più legami con quel posto
senza futuro, senza
più inutili zavorre da trascinare con sé. E
sarebbero andati lontano,
lontanissimo, avrebbero vissuto mille avventure. E sarebbero stati
felici.
Sarebbero stati vivi.
…certo, prima avrebbe dovuto convincere Sora e Kairi, ovvio.
Sbuffò. L’assurdità della sua
condizione stava proprio in
questo: l’odio per la gabbia ristretta in cui il fato lo
aveva – tanto
ironicamente quanto letteralmente - chiuso a chiave, contrastava
nettamente con
l’affetto viscerale che provava per le uniche due persone,
oltre a se stesso,
per cui valesse la pena essere al mondo. Loro non volevano andarsene.
Poteva
sfruttare la loro curiosità di bambini, giocare con le
parole, lui che sapeva perfettamente
come fare, quali
tasti toccare, e spingerli a salire con lui su una nuova zattera,
più grande di
quella che la tempesta aveva distrutto, farli viaggiare in lungo e in
largo
semplicemente facendo credito sulla fiducia cieca che riponevano in
lui. Poteva
fare tutto questo, e anche di più, ma nulla sarebbe
cambiato. Sarebbero sempre
tornati a casa, loro.
E quando Kairi, spalancando quegli occhi enormi e azzurri -
parevano fatti d’oceano, ma nonostante questo li adorava come
poche altre cose
- asseriva candidamente di sentirsi a casa lì, nel suo cuore
Riku non poteva
fare a meno di provare una fitta dolorosa e stizzita. E Sora, lui le
dava
sempre manforte. In fondo, entrambi agognavano una
tranquillità che lui, al
contrario, odiava nel più profondo delle sue viscere.
Tutto, in quel luogo, ai suoi occhi altro non era che morte.
Sotto quella patina di pace apparente, nonostante la natura si
sviluppasse
rigogliosa, e l’isola fosse sempre piena delle voci e delle
risate dei suoi amici,
l’isola era morta, per Riku. Così morta da essere
un pericolo vitale per chi ci
viveva – poteva uccidere davvero, con il suo silenzio
forzato, con i suoi ritmi
monotoni a abitudinari, con la sua distanza totalizzante, geografica,
ideale,
visiva, da tutto ciò che era altro
–
altri mondi, altre persone, altre vite.
Per un assurdo paradosso, lui era
sempre riuscito ad essere
lontano da lì. Anche quando vi si trovava fisicamente,
quando le sue dita
disegnavano cerchi e spirali sulla fresca sabbia bagnata, o staccavano
rabbiosamente le foglie dei cespugli, o strisciavano sulla terra
battuta
all’ingresso del rifugio segreto, la sua mente si trovava
altrove, vagando per
le avventure, le possibilità che lo attendevano fuori da
lì – infinite come i
mondi che lo aspettavano. Tuttavia, mai era riuscito a fuggirne
fisicamente, a
lasciarsi alle spalle tutto quello che più odiava, e che
nonostante questo,
continuava a circondarlo quotidianamente.
Era così, lo era sempre stato. E le cose promettevano di non
cambiare.
Sbuffò, rivelando finalmente una smorfia di disappunto
malcelato. Già, tutto sempre e comunque uguale a se stesso,
monotono, piatto.
Digrignò i denti con rabbia.
Non avrebbe permesso che quella maledetta isola divenisse la
sua tomba.
E lui si sentiva talmente prossimo alla fine da temerlo
davvero. La sensazione di ristretta solitudine che pervadeva
quell’universo
minuscolo, senza un’identità definita, una meta,
uno scopo, lo attanagliava
alla gola come una morsa, indefinitamente, spropositatamente grande.
Soffocante, lo avvolgeva nelle spire di un presente e un passato sempre
uguali,
di un futuro che, come il labirinto del Minotauro, pareva doversi
ripetere
all’infinito nelle stesse mura, negli stessi ambienti, nelle
stesse effigi
scolpite nella pietra secolare del cielo, dell’oceano, delle
foglie, a ogni
passo. Nessuna svolta, nessun cambiamento. Solo la morte, prima della
curiosità, poi dell’entusiasmo. Infine,
dell’anima stessa.
Rabbrividì, alzando gli occhi al cielo, insolitamente
nuvoloso e tetro. L’aria satura di elettricità
pareva avvolgere la spiaggia
immacolata come una fitta nebbiolina scura.
“L’ora è
giunta.”
No, non lo avrebbe mai permesso.
“Lascia che ti renda
più forte…”
Piuttosto che finire in quel modo…
“Conosco il tuo
desiderio più grande.”
… avrebbe affrontato a testa alta qualsiasi cosa.
“Dammi il tuo cuore.”
Il potere di restare in vita era nelle sue mani.
L’avventura, l’emozione, la gloria, erano davanti a
lui, frutto ormai maturo e
pronto per essere colto. Doveva solo allungare la mano.
“
Dammi il tuo cuore. Ti porterò lontano da
qui.”
Sorrise, mentre l’oscurità lo avvolgeva da capo a
piedi,
rinvigorendolo, donandogli nuova vita. Una vita adrenalinica, sporca,
in
qualche modo. Ma una vera vita.
Avrebbe dato tutto, anche il suo cuore, per quello. Non
sarebbe morto dentro. Mai.
Un ultimo sguardo sprezzante alla prigione d’acqua che per
quattordici lunghi anni lo aveva relegato in quello stato di coma
apparente,
soffocandolo in spire troppo strette per essere sciolte da qualcuno.
Lui poteva
farlo. Lui lo stava facendo. Solo l’avventura e la gloria al
di là di
quell’enorme buco nero.
In fondo, non era sempre stato il più in gamba di tutti loro?
Chissà, magari un giorno
sarebbe tornato, e avrebbe liberato
anche Sora, e Kairi. E forse anche tutti gli altri. Lo avrebbero
seguito,
perché lui avrebbe visto e poi raccontato loro le meraviglie
che c’erano là
fuori. E, forse, chissà, sarebbe anche riuscito a trovare il
mondo dove Kairi
era nata. E lei gli sarebbe stata grata, e avrebbe sorriso solo per lui.
Le labbra si piegarono istintivamente all’insù, in
una
smorfia compiaciuta.
L’ultima cosa che vide, prima di essere inghiottito
dall’oscurità, furono due grandi occhi azzurri che
lo fissavano preoccupati e
addolorati.
…
…
“… Riku!”
Una lieve fitta al centro del petto. Chiuse gli occhi,
strizzandoli forte.
…
…
… Sora. Kairi.
Poi più nulla.