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Autore: CaskaLangley    09/11/2009    14 recensioni
"Per ridarmi la vita hai camminato su una gamba sola, e io...Dio. Io ricordo a mala pena che non ti piaceva il latte." (pre-Shambala)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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GOLD DUST

E noi due ci riconoscemmo l’un l’altra: io il suo viso e lei la mia leggenda.
- Anais Nin
 


Sights and sounds
Pull me back down another year

I was here

I was here


Novembre, l’erba è verde. Nei miei ricordi non ha mai fatto freddo. Tendi le mani per coprirti gli occhi dal sole e poi indichi l’arcobaleno: "Mamma mi ha detto che lì c’è una pentola d’oro."
Osservo i colori sfumati nel cielo, un arco che abbraccia lo spicchio di mondo dove tu e io esistiamo e la nostra infanzia è impigliata fra i rami degli alberi.
"…ma non scivola?"
Ridi, una foglia ti cade tra i capelli. Non te ne accorgi.
"E’ sotto". Ti metti seduto e alzi un polverone di stelle. Qui, quando sbuffi, tu muovi le nuvole. Dio è una coccinella posatasi sul tuo ginocchio. Cominci a correre e ti vengo dietro come se dovessi dissolverti in un’onda. Sei la schiuma nei miei pensieri, metto le mani a coppa per raccoglierti ma scivoli sempre via.
"Dove stai andando?"
"A prenderla!"
Il tuo sorriso – solco indelebile sulla bocca del mondo.
 

Whipping past
The riflecting pool

Me and you
Skipping school

 
Sta mattina mi sono svegliato senza pelle.
Le cose sono eccessive, qui. Il cuscino mi soffoca le coperte mi schiacciano il materasso mi ha lasciato i lividi. L’erba si ficca a sangue nella schiena.
Ore davanti allo specchio a riflettere su ciò che fino a poco tempo fa mi sembrava normale. Ho paura che il mio corpo cada a pezzi, che la lingua si stacchi mentre starnutisco e i capelli che restano nella spazzola poi non ritornino. Il cervello potrebbe uscirmi dal naso e non saprei nemmeno più come mi chiamo.
Questo corpo sono io?
Non conosco i movimenti, ho preso in prestito da te i miei gesti. Resto fermo davanti al tavolo e alla sedia chiedendomi se c’è spazio per passare. Abbasso la testa attraversando porte alte come palazzi.
A volte c’è troppo silenzio e tu rimbalzi come una palla di gomma nella stanza.
Toc.
Toc.
Mi concentro su quel suono e io sparisco. La mia anima si stacca. Il corpo è una prigione in modo non dissimile a un’armatura quando quello che vuoi non è lì per essere toccato.
La notte ti vedo ancora correre giù dalla collina, l’arcobaleno indica la strada, ma io sono troppo lento per venirti dietro e non passo più per i tuoi stessi buchi. Da piccolo mi nascondevo sempre nella cesta del bucato. L’ho cercata tante e tante volte in questi anni e non potevo entrarci, perché l’avrei rotta. Questo mi è rimasto, la sensazione orribile di essere troppo gigantesco, e tu. Tu come lo scoiattolo sulla spalla dell’elefante.
Riconosco questa stanza, ma non è mia. Questi muri, ma non sono miei. Ho lasciato libri vasi scarpe in giro e ancora non ci sono io. Sono la polvere sullo scaffale. Soffio e mi disperdo.
Ho ben chiari i gradini davanti a casa nostra. Avevo chiesto a mamma di papà. Mi faceva pensare all’inverno: la vita c’è, ma celata sotto la neve.
"Papà a volte non si voleva bene."
"Com’è possibile?"
"Non è così scontato. E tu sei ancora piccolo, non sai cosa vuol dire amarti. Per questo devi stare accanto a tuo fratello. Perché voi avete imparato ad amarvi l’un l’altro prima ancora di amare voi stessi."
"Che schifo" hai detto aggrottando la fronte, in equilibrio sulla staccionata. Winry camminava all’indietro come un gamberetto, qualche metro più in là, diceva "ancora un po’, dai, ci sei quasi ". T’impegnavi anche se non avresti vinto niente. Avanzavi col sole alle spalle.
Comincia a far freddo. Ho ancora le mani congelate per un pupazzo di neve che abbiamo fatto insieme.
Ti sto aspettando lì.

And we make it up
As we go along
We make it up
We go along

Mi sembra di non riconoscere più Winry. Il suo viso si è assottigliato, e anche la vita. A volte non capisco ciò che dice, ma non voglio ammetterlo perché sennò sarebbe triste. Ci sono cose che ho perso e non ritorneranno più. Un buco di duecento pagine strappate proprio in mezzo alla mia storia fino a qui.
L’ultima parola che è rimasta è "Ed".
Apre anche questo nuovo capitolo e aspetto che si srotoli davanti a me.
Ti ricordo come ricordo me stesso, forse meglio.
Non ammettevi mai di non saper fare qualcosa e questo ci metteva nei guai. Un miliardo di strigliate, elaboravamo strategie per scappare di casa in un fortino fatto coi cuscini. Il tuo viso paffuto illuminato dalla torcia.
Le volte che un acquazzone ci ha sorpresi.
Quante balle che mi hai raccontato, vorrei darti un pugno.
Odiavo che lasciassi le tue scarpe in giro.
Non ricordo perché stessi piangendo. Tu ti sei seduto accanto a me e non hai parlato.
Piango le stesse lacrime, non nello stesso angolo. Mi hanno detto che abbiamo bruciato la nostra casa. Ho riso, perché…beh, un po’ fa ridere, no? Ti conosco e non ti conosco. So cos’è tipico di te ma non sono sicuro di sapere cos’è tipico di me. Ma che abitudini può avere un bambino di dieci anni, se non quelle che ha assimilato dal fratello? Che poi è una cosa che i fratelli maggiori odiano, no?
La persona che sono stato in questi anni adesso è cancellata. Forse mi aspetta al varco, forse no. Forse sarò una persona così diversa da quella con cui tu parlavi, che se c’incontrassimo nemmeno mi riconosceresti. E forse io non riconoscerei più te.
Tuttavia, resti il riassunto in quarta copertina.
Io e te con un asciugamano in testa e cioccolata calda tra le mani, mentre fuori piove.

You said
- you raced from Langley-
pulling me underneath
a cherry blossom canopy

Ho il tuo cappotto tra le mani e non mi dice niente. Le storie che racconta sono in lingua sconosciuta.
Parlare con Winry è strano, il suo sorriso è un suono che fa riecheggiare nelle orecchie la tua melodia che mi sforzo d’intonare anch’io.
Ti vedo nei suoi occhi e solo per intuito so che sei tu. Sei riflesso in ogni cosa che fa. A volte ride per qualcosa che tu hai detto e poi cerca di nascondere che sta piangendo. Se raccogliessi le sue lacrime in un fazzoletto e lo strizzassi, ne usciresti dalla testa ai piedi. Insieme ti ricreiamo nella stanza e a volte quello che vediamo è uguale, a volte del tutto inconciliabile. Sono così geloso.
Non vedo solo te, sai, vedo anche il modo in cui tu la guardavi e lei credeva d’essere guardata. Solo raramente coincidevano.
Lavora sempre sul tuo braccio che è qui, e quindi è come se anche tu fossi qui, e a volte la vedo bene fissare la porta come se tu dovessi aprirla per venire a prenderlo.
Sarà perché ce l’ho davanti sempre – anzi, non può essere che per quello- ma il tuo braccio lo ricordo bene.
Ti chiamavano Fullmetal. Chissà se sai quanto questo dica di te.
L’acciaio, per diventare acciaio, passa la prova degli elementi. Se il sangue e le intemperie intaccano una spada una torre o una rotaia, il loro cuore d’acciaio resta forte e possono rinascere.
L’acciaio si può piegare all’infinito e non si spezza.
Anche se mi dicono il contrario, a me sembra caldo.
Il tuo braccio lo portavi come un trofeo strappato a un macchinario gemente.
Per ridarmi la vita hai camminato su una gamba sola, e io…
…Dio. Io ricordo a mala pena che non ti piaceva il latte.

I do I have
- of course I have-
beneath my raincoat

I have your photographs

Di giorno ti cerco nella pianura, ti ritrovo sempre nel fruscio dell’erba o in quello dei rami secchi, nella strada che ci portava al fiume. Ci sono fantasmi stesi come bucato ad asciugare. Di notte però tolgo queste cose e il mondo resta un telo di velluto.
Chiederò un favore al mondo: può cortesemente spegnersi affinché io trovi gli occhi che brillano come lucciole? Gli dispiace essere così gentile da tacere solo un attimo, così che possa sentire se da qualche parte, adesso, mio fratello mi sta chiamando?
 

And the sun on your face
I’m freezing that frame

And somewhere Alfie cries
and said: "Enjoy his every smile you can see in the dark
through the eyes of Laura Mars"


 
"Non portarmelo via."
Winry alza la testa dal suo interminabile lavoro che tratta come un’opera d’arte.
"Al…?"
"Quando troverò niisan…ti prego…solo per un po’, non portarmelo via…"
Lei posa la chiave inglese che cade come una delle mie lacrime.
E’ a questo che serve un corpo? Fa davvero schifo.
"E’ strano che tu me lo chieda, sai…"
Il suo sorriso, come lo sbuffo di vapore su una tazza di tè.
"…perché sai, più di una volta sono stata sul punto di chiedere la stessa cosa a te…"

How did it go so fast
You’ll say as we are looking back
And then we’ll understand

We held gold dust
In our hands

Il tuo viso sta davanti a me come un quadro senza cornice.
La tua voce è la voce del tempo, ha annunciato regine e condannato uomini giusti. Con la tua voce gli amanti si sono sempre chiesti scusa e chissà quanti non ti hanno sentito dire "ti perdono". La tua voce è quella che gli uomini hanno usato per parlare di Dio.
Il ricordo di chi ti ha incontrato risuona col mio e si espande all’infinito. In loro ti vedo troppo grande, quasi non riesco a contenerti. Posso abbracciarti, ma solo come un cumulo di foglie.
Ho costruito una zattera, tu soffiandoci gonfi le vele e la fai andare avanti. Ti intravedo in fondo al mare ma sei troppo lontano e non riesco a raggiungerti, la tua espressione non è chiara tra le increspature.
Chi sono io?
Quanto di te c’è dentro di me?
Quando entro in una stanza Winry trattiene sempre il fiato.
Hai lasciato sul mondo l’impronta della tua mano sulla quale adesso io calco la mia.
Ti porto come un anello al dito. Insegnerò il tuo culto al mondo, così che ovunque tu ti trovi senta parlare di te stesso e quelle parole tu riesca a trovarmi.
Ripeterò il tuo nome fino a marzo.
Edward. Edward. Edward.
Dove sei?
Ti sei dissolto nel vento e ora il suo fischio ha la tua voce.
Ogni giorno cado e ti vedo ancora ridere di me.
Dove sei?
Maledizione, dove sei?

Gaslights
Glow in the street

Twilight held us
In her palm

As we walked along

Ci sono ancora, niisan, non ti ho lasciato andare, non lo farei mai per niente al mondo.
Da ieri la pelle mi brucia, mi si staccano gli anni di dosso come la vernice sopra un vecchio muro e lì sotto ci sono i ricordi che ho sepolto, riesco quasi a toccarli. Ho vomitato l’ansia a un angolo di strada. Una volta sono caduto nel fiume e mi hai insultato per ore, ma prima di farlo sei venuto a prendermi e dalla preoccupazione non riuscivi più a parlare. Ci ritroviamo sempre inzuppati, noi due, ci specchiavamo nella meraviglia della nostra reciproca ignoranza.
Sono ancora qui, tu stai correndo senza guardarti indietro – il bosco che davanti a te si apre come se anche lui temesse la tua furia mi respinge, le unghie dei rami mi graffiano.
Non ho più dieci anni, ma le mie ginocchia sono ancora sbucciate.
Mi vedo mentre cado sopra un riccio spappolato che tu hai pestato, le castagne sono poco lontane. Dovremmo raccoglierle – sì, penso a questo, e la mamma ce ne farà un cartoccio.
"Niisan, aspetta! Aspetta!"
Tu ti fermi, ti giri, vedi me e vedi la collina da dove siamo arrivati, vedi la lunga strada che insieme abbiamo fatto e che io non riesco a ricordare.
"Che c’è? Alzati, dai."
"E’ solo una storia, l’arcobaleno non ha una fine! Torniamo a casa!"
Comincia a piovere e il fango fa sprofondare i miei passi. E dire che Winry mi vorrebbe a casa, con una coperta sulle spalle, dice che ho la febbre. Passo oltre il piccolo Al che si tira su inginocchiandosi sopra le foglie secche e passo oltre a te che lo stai guardando – "Cerca di spicciarti, guarda che io non potrò starti sempre dietro!"
La pioggia cade a sassi dal cielo. Mi stringo nel tuo cappotto, era il nastro che avvolgeva il dono che mi hai fatto: la mia vita, niisan, questo corpo, tu li hai impacchettati e non sei rimasto a vedere la mia reazione quando li avrei aperti. I rami si piegano, si spaccano. Se ci fosse un soffitto mi cadrebbe addosso.
Da quando sono tornato sto cercando di stipare la mia vita in una valigia piccolissima.
Basta, sono stanco. Voglio lasciare un gran casino.
Non ho più le forze di continuare e cado a terra, proprio come da bambino, ci pensi? Smetterò mai di essere un peso per te, niisan? Tu mi hai insegnato tutto, ti ho lasciato qualcosa?
Ovunque tu sia, sei solo?
Sei solo quanto me adesso?
Mi annodo in un gomitolo in mezzo alle foglie ora stoppose e sono proprio un idiota, ti sto sporcando il cappotto. Anche sotto il cappuccio i capelli mi si riempiono di fango. Piango a lungo, così tanto che non distinguo più il rumore della pioggia. Poi non so se accade davvero, o se come tutti sospettavano ho finito per impazzire, ma le nuvole si aprono e sotto l’arcobaleno c’è il tuo viso. Non più bambino, neanche adulto, sei piegato su di me e la tua treccia oscilla per scandire il tempo che rimane.
"Sei un disastro" dici "Devo sempre tornare a prenderti."
Ti tocco, il tuo calore mi commuove. Mi aiuti ad alzarmi e ti fermo così nella memoria, prima che tu scompaia. Poi noi due bambini ritorniamo a casa e io ci guardo andar via. Ho i tuoi occhi tatuati sopra ai miei.

And we make it up
As we go along

We make it up
As we go along

"Che cosa credevi di fare?"
Ancora sotto il soffitto dove i ricordi si staccano. Nella notte mi cadono in faccia. Aldilà della finestra è notte e aldilà delle colline forse è giorno e dov’è giorno forse tu mi stai aspettando e guardi l’orologio.
"Alphonse, rispondimi! Che cosa credevi di fare?!"
"Volevo vedere niisan."
Winry stringe forte gli occhi, c’è una tinozza di disperazione sul comò e ci ha intinto il panno che adesso ho sulla fronte. "Credi che sarebbe contento di vederti fare cose stupide col corpo che ti ha dato?"
La sua voce è come un binario dissestato.
"Credi che a me non manchi, Al?"
Il treno deraglia.
"Lui è sparito per te, quindi prenditi le tue responsabilità e abbi cura di te stesso!"
L’erba è secca, prende fuoco facilmente. La fornace è aperta, il carbone rovesciato.
Che razza di disastro.
"Scusa…"
"Non chiedere scusa, scusa non vuol dire niente!" Butta la pezza nella tinozza e l’acqua schizza. Una minuscola pioggia al chiuso. Si strofina gli occhi. "Chiedete sempre scusa e poi non cambia niente! Fate sempre di testa vostra!" Si siede sul letto e scoppia a piangere. "Mi dispiace" singhiozza, credo. Non lo so. Resta girata, chi non vuole che la veda piangere? Che cosa vede in me quando mi guarda come se dovessi spargere l’estate dalle tasche?
"Scusa" ripeto. La carne mi scivola dal cuore. Lei continua a piangere.

And somewhere Alfie smiles
and says: "Enjoy her every cry you can see in the dark
through the eyes of Laura Mars"

Ancora sulla collina, io e lei come se tu ci fossi.
Domani devo ripartire e allora mi cucio questi luoghi nella pancia, così che nell'infanzia che ogni giorno devi rivivere tu possa trovare intatti i colori.
Voglio vederti invecchiare, niisan, ti toglierò gli anni dalle spalle per caricarli sulle mie affinché tu possa riposare. Voglio che gli alberi marciscano e i ricordi svaniscano. Voglio vederti, adesso.
Winry si piega su di me e mi bacia. E’ solo un attimo.
"L’avevo conservato per Ed" mi dice.
Forse anch’io.


Amo mio fratello.
Né in senso romantico né in senso fraterno. Nell’unico senso che conosco: quello assoluto.

How did it go so fast

You’ll say as we are looking back
And then we’ll understand

We held gold dust

In our hands

Aspettami, niisan.
Adesso riesco ad alzarmi da solo.


In our hands.

 

 

Note dell'autrice: non mi dilungo che ho già l'ansia da prestazione *_*; la prima volta che scrivo qualcosa in canon su una nuova serie è sempre meno rilassante che strapparmi le unghie dei piedi con una pinza e poi sbatterle contro l'angolo del frigorifero.
Dunque...ho fatto i capricci, volevo scrivere qualcosa con Gold Dust, una delle mie canzoni preferite della Tori xD" Se volete farvi molto male o molto bene, a seconda di come volete prenderla, ascoltatela perché è bellissima.
Mentre scrivevo Levitico (una lunghissima Ed/Al/Heiderich che qui non posso pubblicare perché le regole dell'EFP si scioglierebbero, essendo tipo una NC47) sono tornata a leggermi il primo lavoro di Anais Nin (certo, cronologicamente verrebbero prima parte dei diari, ma dettagli), "La casa dell'incesto", e sono stata nuovamente affascinata dalla scrittura puramente per immagini che sceglie di usare, a costo di compromettere l'immediatezza e parte della comprensione. Non per niente parla di "aver spinto la fantasia tanto in là da essere incomprensibile agli altri". Io non solo non posso neanche sbattere lo zerbino di Anais Nin (alla quale ho, tra l'altro, impunemente rubato l'espressione del "macchinario gemente"), ma non ho la formazione poetica necessaria per tentare una cosa simile, tutta via ho provato nel mio piccolo a tralasciare le azioni concentrandomi sulle immagini. Senza strafare.
E quindi...niente, ho scritto questa cosa inutile xD Però ho così appurato che il canon non mi dispiace, quindi spero di poterci tornare con qualcosa di consistente :3 Comunque non la rileggo e non la rileggerò mai, sennò la smonto. Accontentatevi.

Vi rimando come sempre (beh, per chi mi leggerà in questa sezione è una novità) ad High Fidelity per aggiornamenti e risposta alle recensioni (fatene, che vi voglio già bene) e a Normal Again, il mio archivio personale, per leggere tutte le mie storie, comprese le NC17 su Fullmetal Alchemist che non mi va/non posso pubblicare su EFP.

(Ah, hugglo Nacchan, che dovrebbe tenermi la manina nel fandom e invece mi ci ha più o meno sbattuto dentro a calci in culo, ma io le vb lo stesso :*)

  
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