Anime & Manga > Paradise Kiss
Ricorda la storia  |       
Autore: KikiWhiteFly    13/11/2009    1 recensioni
Prima Classificata al [Contest Multifandom - Alternative Universe 5° edizione] - Scegli dove ambientare la tua Fanfiction indetto da Darkrose86 su EFP Forum e Vincitrice del Premio Stile
"Paura di cadere... Paura di frantumarsi, come vetri.
Il riflesso dello specchio si sofferma sui particolari, coglie le fattezze di una bambola perfetta, Yukari. Forse non sa che ogni sorriso deve affrontare una lacrima per andare avanti.
Credevi forse che ti avrebbe amata, per questa squallida notte? Il caldo brucia i neuroni, il freddo congela i cuori. Ed è stato così anche per lui: nell'afa del momento si è donato a te, poi, col sangue freddo che contraddistingue gli uomini potenti come lui, si è ricreduto"
Genere: Romantico, Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


Da anni, ormai, portava quella fede al dito.

Il luccichio di un tempo pareva un ricordo lontano, opaco. Ricordava a tratti la celebrazione del matrimonio - rigorosamente in stile occidentale -, il buffet, il ristorante, i caratteristici balli così come le ormai proverbiali canzoni melense.

Yukari si massaggiò le tempie, piuttosto nervosa; quando si guardava indietro vedeva solo una grande voragine bianca: nessun altro colore in alternanza a questo bagliore.

Ma i bagliori sono destinati a morire, in un attimo. E così era stato anche per lei: la scintilla si era accesa subito con Tokumori, lei lo aveva amato, lui l'aveva avuta, l'aveva fatta sua... E poi, più nulla.

Il tutto si era ridotto ad un banale rapporto di coppia, vincolato solamente da carte firmate parecchi anni addietro, quando due giovani sposini appena usciti dal liceo si erano fatti delle promesse troppo grandi per la loro età.

Forse quello era il settimo anno che erano sposati – contò con le dita, rendendosi conto che pareva esser passato un lustro.

Prese la foto sbiadita sul comò, soffiandoci sopra... Piccoli batuffoli di polvere erano andati ad intaccare l'aspetto regale di quella cornice dorata. E Yukari aveva prestato una certa attenzione ai dettagli di quella foto, osservando la vecchia chiesa, scarna all'esterno così come all'interno; non avevano voluto fiori né alcun tipo d'addobbo, erano tutti soldi sperperati inutilmente, quelli.

Un semplice tubino le aveva fasciato il corpo, evidenziando le curve che aveva sempre nascosto sotto un pesante maglione e un bel paio di jeans a vita bassa. E poi ricordò – stavolta con più precisione – il rituale, lo scambio delle fede nuziali, i rigagnoli trasparenti che le avevano inumidito il viso, i chicchi di riso tirati dagli invitati.

E più volte le era stato chiesto, quel giorno, se fosse incinta, per sposarsi in così tenera età. A quanto pare per la gente credere nell'amore è cosa assai difficile.

Ripensandoci adesso, quelle loro espressioni scettiche non la stupivano così tanto.


Yukari... Tesoro”, la cornice le cadde di mano ed andò ad impattare contro il cuscino del divano. Tokumori stava controllando qualcosa nella cartella di pelle – perché adesso era persino laureato, un medico, sì. Per la felicità di sua madre che aveva sempre desiderato vederla accoppiata ad un buon partito.

Yukari si controllò da capo a piedi, fabbricando un sorriso piuttosto amaro. “Sì?”, disse, portandosi una ciocca corvina dietro il lobo destro.

Sicura che ci sia tutto?”, suo marito aveva il vizio di controllare ogni singola cosa, talvolta appuntava persino su dei post-it gli oggetti che doveva portare con sé.

Sì, possiamo andare”, lo prese sotto braccio, trascinandolo fuori dalla porta. Fece girare la serratura un paio di volte, sospirando laconicamente. Tokumori aveva già acceso la macchina, stava riscaldando il motore, adesso.

La donna si avviò nell'autovettura del marito, allacciandosi la cintura.

Vedeva la strada correre davanti a sé, alberi e rami che danzavano sospinti dal vento; il cielo era plumbeo quel giorno, l'acqua si preannunciava a catinelle, ottimo tempo per una gita di un paio di giorni. Tokumori le aveva tanto parlato di questo suo amico – non ricordava nemmeno il nome -, costui pareva aver frequentato per un tempo la sua stessa Università, medesimo corso. Poi, l'amico aveva capito che Medicina e qualsiasi cosa annessa ad essa era l'ultima cosa che avrebbe sognato di fare così pareva essersi dedicato al mondo decisamente più contorto della Moda. Non che le fosse mai interessato granché simile argomento, anzi, più i suoi abiti erano prêt-à-porter, più si sentiva comoda. Un corpo come il suo era sprecato dietro una scrivania e delle noiose carte di un colore ormai ingiallito... Aveva perso ormai il conto delle innumerevoli persone che le avevano consigliato la carriera di modella, decisamente più adatta alle sue forme da taglia quarantadue.

Più volte ci aveva pensato, ma alla fine Tokumori – come al solito – era intervenuto, frantumando quel suo sogno; in parte, probabilmente, era quello che non c'era più tra loro due: la complicità. Il feeling che credevano d'avere un tempo, quel sorridersi e capirsi a vicenda, un incontro di sguardi bastava per sentirsi la sua Yukari.

Ora gli sguardi sembravano volgere altrove, a qualcosa di più materiale. Ora che c'era la possibilità economica, la consapevolezza di un futuro radioso e di una vecchiaia felice, parevano esser svaniti tutti i problemi. E invece, Yukari, avrebbe desiderato ardentemente ritornare ai vecchi tempi da liceali, quando si parlava utopicamente di matrimonio, se ne aveva una vaga idea... E quando Tokumori, a soli diciassette anni, le aveva proposto una cosa del genere, sopra un muretto innevato, lei era scoppiata a piangere, di pura euforia.


Sai che dovrai mantenere la parola data, Tokumori?”

Lui le aveva preso il volto, studiandolo bene da un lato all'altro. “Credi che sia un bugiardo?”

Aveva detto, piccato. “C-Cosa?”

Sposami”, stavolta il suo tono era più cavalleresco, più serio, meno giocherellone.

Yukari era arrossita, in netto contrasto con la neve che era posata sul muretto sopra il quale sedeva. “Non so come faremo Hiro”, era la prima volta che lo chiamava per nome. Voltò il viso da una parte, sbuffando delusa. “Oltretutto ci vogliono soldi, molti soldi per costruirsi una vita insieme”

Turbamento nello sguardo del ragazzo. Si era seduto accanto a lei, l'aveva avvolta nella sua stessa sciarpa bicromatica.

Poi, stringendola a sé, le aveva soffiato nel timpano: “E se non ci volessero?”, e Yukari l'aveva guardato, piuttosto scettica. Il sopracciglio arcuato all'ingiù, le labbra pigramente dischiuse in un piccolo ovale di puro e semplice stupore. Una nuvoletta ghiacciata si era condensata nell'aria, il respiro decisamente affannato della ragazza, piuttosto agitata. “Ci sono persone che si sposano per soldi, Yukari... Ci sono persone che si sposano per amore”, e l'aveva baciata, un contatto dolce e intenso che sarebbe rimasto indelebile nella memoria della giovane ragazza, come la neve... Eterna e immutabile, un soffice manto che ogni volta sembrava diverso ma che, in fin dei conti, era sempre la stessa solfa.

Solo ogni volta più magica.



Picchiettò due dita sul finestrino, annoiata. Aveva socchiuso gli occhi, aveva tentato di cadere tra le braccia di Morfeo, ma quello l'aveva bellamente rifiutata, facendola rimaner desta e in piena consapevolezza delle sue facoltà mentali. Suo marito continuava a guidare, senza posare nemmeno gli occhi sulla sua leggiadra figura, senza aver notato minimamente i riflessi chiari che si era fatta il giorno prima per diletto. Era rimasto inerme, come al solito.

Yukari davanti gli occhi di Hiro era nuda, ma lui non se ne accorgeva... e quell'amore che tanto decantava? Dov'era?

Era stato un fulmine, veloce e precipitoso... Poi si era spento, aveva distrutto qualcosa, incrinato un ramo, forse quello più importante, la madre di tutti i rami che tengono insieme la quercia.

Hiro conservava ancora quel fascino ribelle - sebbene sui lati degli occhi si potessero notare le prime rughe d'espressione – evidenziato dal semplice ciuffo disordinato, i capelli arruffati come un giovincello. Se non fosse stato per quegli occhiali da vista e quel portamento da uomo in carriera, lo avrebbe volentieri confrontato con un'adolescente qualsiasi, giusto per relazionare analogie e differenze.

Perché mi fissi?”, incredibile, le aveva perfino rivolto parola.

Yukari sorrise, passandogli una mano tra la folta zazzera scura. Hiro non si era scomposto di un millimetro, le aveva intimato solamente di non infastidirlo troppo, specie se guidava su un'autostrada trafficata.

Pensavo al tempo che passa...”, sospirò, sentendo i fili liberarsi dalle proprie dita. In un attimo afferrò solo il vento, l'inconsistente, l'irreale.

Sulle labbra indugiò un sorriso mesto, il volto che volgeva inevitabilmente all'ingiù. “... ricordi quando eravamo adolescenti?”

Hiro accennò un sì affermativo col capo. “Ne è passata di acqua sotto i ponti, Yukari”, le ricordò lui, fermandosi, a causa del traffico. Adesso picchiettava le dita sul volante, nervosamente.

Già, ho paura di dimenticare a volte”, sguardo in alto, cielo sempre più scuro.

Siamo destinati a dimenticare”, precisò lui, piuttosto algido.

Un tempo non lo avresti detto”, lo sfidò lei, ricordando una delle sue solite frasi da piccolo rivoluzionario.

Non ci dimenticheremo mai chi siamo” – grossomodo era così e aveva usato tale espressione assieme ad un gruppo di studenti, per uno sciopero.

Si stupì di se stessa: la memoria rivangava reminiscenze che parevano sepolte, invece ora le piombavano come mille saette tutte in testa, ricordo dopo ricordo; il cuore provò uno scossone, nel ricordare simile emozione.

Siamo destinati anche a mutare, scientificamente”, e come sempre il lato professionale era prevalso. Si chiese se quella laurea in medicina non facesse smettere di battere i cuori dei dottori, piuttosto che rinvigorirli.

E... praticamente?”, allungò le labbra, cercando quelle dell'uomo. Un bacio sfuggevole, che le aveva lasciato sulle labbra solo l'ombra di un vero bacio. Lo aveva sentito appena sulla bocca, non era stato piacevole, tanto meno vellutato... Piuttosto rapido, come per accontentare la principessa capricciosa e concederle quello che le spettava.

Tutta colpa del traffico, aveva precisato un attimo dopo, lui... Aveva piegato le labbra in una smorfia agrodolce, tentando di falsificare la propria felicità. Aveva svelato le perle immacolate, tentando d'irradiare il volto del marito, così da non farlo preoccupare troppo.

Mi ami?”, quello che era un pensiero rivolto più a se stessa che all'uomo che aveva di fianco, si trasformò in una frase.

Come?”, Tokumori come al solito era distratto, sfuggente.

Niente. Assolutamente niente”, e aveva disteso lo schienale, fingendo di aver sonno... Aveva socchiuso gli occhi per tutto il viaggio, in dormiveglia.

Si chiese se le persone ricche, fossero quelle più felici e se – come avevano detto in molti, ormai era celebre quella frase – il denaro costruisse in qualche modo la felicità.

La risposta la sapeva già, ovviamente.






Il labirinto segreto dell'amore.








Quando le avevano parlato di quella modesta villa in un isolato di campagna, priva di rumore di città e smog assassino, l'ultima cosa che si sarebbe aspettata sarebbe stata una megalomane struttura in marmo e pietra antica, delle più disparate varianti cromatiche.

Yukari roteava le pupille da un lato all'altro e si convinse di aver fatto una brutta impressione, quella di un'allocca sprovveduta, una ragazzina. Ma come reagire in modo diverso davanti a tale sperpero di denaro?

Ettari ed ettari di terreno, metri e metri di barricate di ferro, un'immensa struttura, mille finestre, altrettante stanze, fontane che spuntavano in ogni dove. Da queste ultime scaturivano immense cascate di acqua e se ne sentiva il rumore, talmente forte che copriva ogni parola. Tokumori si guardò attorno, anch'egli meravigliato, tant'è che si chiese se fossero davvero capitati nel posto giusto, se quello fosse l'indirizzo esatto. Riguardò il bigliettino spiegazzato, era certo: quella era l'abitazione – pareva un eufemismo definirla così – che gli era stata indicata, come da accordi telefonici con l'amico. Peraltro avevano un amico piuttosto utile dalla loro parte: il navigatore satellitare. Indi, non c'era alcun dubbio che quella fosse la sontuosa abitazione di uno degli stilisti ormai più popolari del Giappone – e presto anche del mondo, se lo sentiva.

E proprio a venir loro incontro, vi era un'affascinante signora con uno strano look: un abito pomposo, da gran dama. Come se in quell'immensa cornice vi fosse pitturato un quadro rinascimentale, così Yukari e Hiro si sentivano stonare in mezzo a così tanto gusto per gli accessori e per l'abbigliamento generale.

Piacere, Isabella”, fece un inchino, educata. La donna si tirò su il velo bianco, come quello dei funerali che usavano le donne affrante dal dolore, solo in quel contesto in maniera decisamente diversa. Loro due annuirono, piuttosto scettici.

La suddetta donna – Isabella, si ripeté Yukari mentalmente – li guidò in lungo e in largo, mostrando loro quanta bellezza e fascino trasudava quella Villa, appartenuta ad un famoso re d'inizio Settecento, a quanto pareva.

Joji!”, mentre Yukari si guardava a destra e a manca, rimirando uno ad uno la bellezza fulgente di quei fiori dischiusi, il timbro esaltato di Hiro non poté che aguzzare il suo senso dell'udito. Così, la giovine voltò il viso di porcellana, in direzione di un cavaliere tutto d'un pezzo.

Sbarrò gli occhi quando trovò davanti a sé la figura regale dell'uomo. Tutto perfettamente abbinato, in linea con quei suoi occhi più azzurri dell'oceano e i capelli del medesimo colore.

Nell'abbraccio fraterno, Yukari saettò con lo sguardo in quello dell'uomo e Joji fece lo stesso, pur ricambiando la stretta amica, dimostrandosi più distaccato, però. “Oh... Mia moglie”, precisò, presentandoli.

Allungò una mano l'uomo e, mentre Yukari si aspettava una stretta di mano, Joji le aveva baciato galantemente il dorso, soffiando sopra la sua pelle con morbidezza. Attimo di esitazione nel suo sguardo, sopracciglia impercettibilmente incrinate davanti lo charme dello stilista, che adesso aveva iniziato a parlare di argomenti futili con suo marito o, quantomeno, dei bei tempi andati.

Lei si nascondeva dietro un velo color pesca, celando i segni di un'evidente imbarazzo. Eppure doveva darsi un contegno – si ripeté, tentando di staccare la presa dalla figura elegante dell'uomo.


Vuoi visitare il giardino?”, Isabella le si affiancò, dimostrandosi – a discapito delle apparenze – una donna assai gradevole ed educata. Yukari si trovò ad annuire col capo, seguendo i passi della nobildonna – aveva l'impressione che fosse una gran duchessa, una marchesa... Comunque sia qualcuno di alto rango.

Davanti a sé una distesa verde. Alti cespugli, roveri impigliati l'un con l'altro in modo assai astruso, siepi che ostacolavano lo sguardo e impedivano di vedere ben oltre la barricata. Aveva l'impressione che dietro quel giardino che stava ammirando, si nascondesse ben altra popolazione – era un enorme rettangolo visto dall'alto, un labirinto di proporzioni abnormi.

È... stupendo”, lo catalogò con una sola parola.

L'ovale di stupore disegnato sulle labbra della giovine stentava a cedere, Isabella invece conservò il suo sorriso di porcellana, mantenendo una certa indifferenza: probabilmente aveva visto quello spettacolo tante volte, per lei era abitudinaria quella scena.

Joji ha scelto questa Villa per il giardino. Ha esplicitamente ordinato di non tagliare mai la siepe”

Oh... E perché?”, domanda che le parve naturale.

Secondo Joji oltre la siepe non c'è futuro. All'interno della siepe, invece, c'è un certo profumo... Quello della felicità e della speranza”

Yukari si zittì. La leggera melodia che si udiva nell'aria era qualcosa di surreale, non ascoltabile dalle menti meno fantasiose, solamente da quelle speciali.

Espirò a pieni polmoni.

Ha ragione”, convenne, allargando teatralmente le braccia e facendo una piroetta su se stessa, come una grande ballerina. “Ha pienamente ragione”, confermò, la voce appena un po' emozionata.



~



Ottima cena”, Hiro posò il tovagliolo di stoffa sul tavolo, distendendosi sul comodo schienale. Si complimentò con la servitù – donnine di mezz'età che passavano con un vassoio attorno agli ospiti, pronti a servirli e riverirli –, poi stiracchio un po' le braccia in alto, piuttosto provato dalla stanchezza. “Stanco, Tokumori?”, domandò Isabella, picchiettando le unghie limate sul tavolo.

Tanti candelabri su quella tavola sfarzosa, agi e lussi parevano all'ordine del giorno. Yukari si sentì un'estranea, provava un certo disagio. Tante posate ai lati del piatto, autentici bicchieri di cristallo – finissimo cristallo, si corresse – e una distanza quasi abissale la divideva dal resto degli ospiti.

Una folata di vento giocherellò ballerina sulla propria pelle, facendole provare una strana sensazione, un brivido. Vide Hiro alzarsi, le augurò la buonanotte con un pudico bacio sulla guancia, un tocco ghiacciato sulla propria epidermide.

La donna imitò quel gesto, indecisa sul da farsi. Preferì concentrarsi su tutt'altro, come una sana lettura, magari accanto ad un fuocherello scoppiettante, seduta sulla poltrona di velluto. Questi suoi propositi non rimasero tali, tant'è che s'avvicinò alla grande libreria, studiando i titoli di libri e leggendone gli autori. Nomi che scorrevano nella sua mente, opere già lette, già viste, già consultate. Un dito sul mento, l'aria assente.

Potrei esserti utile?”, la gentilezza di Joji era quasi adulazione, visto la baldanza con cui si proponeva davanti a lei. Un altro bacio soffiato sulla mano, il repentino rossore sulle guance di marmo.

Leggi molto, a quanto vedo”, disse lei, aprendo una vetrina e tossicchiando dopo alcuni secondi, a causa dei granelli di polvere. “O forse no”, ironizzò, mentre vide un ghigno sardonico spezzare le labbra del giovane.

Uno dei tanti modi per corteggiare una donna”, lanciò la mano al vento, come a mostrargli l'impero nel quale viveva; Yukari sorrise, complimentandosi con se stessa per la veridicità delle sue ipotesi: Joji era un donnaiolo, fatto e finito.

Credo che mi dedicherò a Shakespeare, allora”

Accordò un'occhiata con l'uomo, afferrando una delle più grandi opere del mito, probabilmente: l'Amleto.

Essere... O non essere?”

Mi fa pensare che tu non abbia mai letto l'Amleto... Dicono così tutti coloro che non hanno consultato l'opera”, scoppiò lei in una fragorosa risata.

Si guardò in giro: a quanto pareva anche Isabella si era dileguata, la servitù non la vedeva più in giro. Non sapeva perché ma restare da sola con Joji le provocava un senso di soggezione misto ad agitazione ed uno strano formicolio alle dita, troppo per un carattere freddo come il suo. Ebbe l'impressione che Joji non avrebbe allietato sicuramente la sua lettura, ammesso che fosse riuscita a leggere una riga senza sentir lo sguardo dell'uomo penetrare nel suo.

Ho ammirato davvero molto il giardino”, calcò con particolare enfasi sull'apprezzamento, risultando probabilmente fastidiosa; Joji se ne accorse ma non mutò il cipiglio severo ed affascinante che contraddistingueva un'indole intrigante come la sua.

È stata la sola cosa che ti ha colpito?”, s'allungò verso di lei, fino a tastarle – con una pressione non indifferente – le lunghe dita, fino a scorrere con l'indice sui polpastrelli affusolati e sentir le unghie limate che sbattevano contro il dorso della sua mano.

Respirò a malapena, Yukari. “No, non solo...”, disse, sentendo un groviglio intrecciato di nodi possedere la sua gola. Il proposito che si era fatta quella sera doveva aspettare, a quanto pareva; non era serata da Shakespeare, quella.




La più cauta fanciulla è già troppo prodiga

se rivela la sua bellezza alla luna;

la virtù stessa non sfugge alle frecce della calunnia,

il verme insidia le gemme della primavera

prima ch'esse sboccino,

e nella mattutina rugiada della giovinezza

i soffi del contagio sono più minacciosi. (*)




E così, in men che non si dica si ritrovò in quella selva oscura. Le parve assai diverso dal luogo quasi regale e paradisiaco che aveva visto in mattinata; ora avvertiva nelle narici l'odore d'erba fresca, vedeva volare alcuni corvi neri che si rifugiavano in lande più desolate. Un timore che non diede di certo a vedere, non si sarebbe abbassata così tanto; Joji portava con sé un candelabro, di quelli da tavolo, come si vedevano nei vecchi film. Quattro candele disposte sopra il suddetto soggetto in metallo, le fiammelle lampeggiavano appena, ostacolavano la piena visuale dell'uno e dell'altro, facendo cozzare più volte i loro corpi, imbranati come due adolescenti.

Le mani di Yukari erano intrecciate su se stesse, le stava torturando come mai in vita sua. Si guardava indietro, ogni tanto, perdendosi d'animo alla vista della propria ombra sul suolo piastrellato.

Voglio farti vedere una cosa”, proferì Joji, prendendole istintivamente una mano. E di nuovo quelle labbra morbide sulle sue, mentre un altro granello di gelo si scioglieva all'interno del suo cuore, ed era un altro organo quello che batteva ad una velocità quasi esasperante; aveva paura di scoprire cosa fosse.

Vedi?”, il suo braccio ora si stringeva intorno alle sue spalle, con il lume invece faceva splendere la fitta siepe. “Apparentemente sembra solo una siepe”, le levò le parole di bocca. “Ma hai mai provato a vedere all'interno?”

Yukari non seppe cosa ribadire, si limitò a sfiorare i rovi che componevano quel rettangolo ben squadrato, mentre l'uomo la guardava con cipiglio meno austero, più gentile. “A-All'interno?”, domandò, piuttosto scettica.

All'interno della siepe ci sono i sogni, Yukari”, le mostrò, facendo una piroetta intorno a se stesso e aprendo le braccia con fare teatrale, mostrandole l'eleganza e la raffinatezza del grande giardino.

E questi sono i rami certi della vita, Yukari”, le disse, mentre osservava l'ovale che disegnava la sua bocca. “... Vuoi rischiare?”

Non rispose, si limitò a pizzicarsi il labbro superiore con le dita ossute, gracili.

Il giardino era una sorta di antro, un rifugio sicuro.

E si perdevano tra le siepi, vagabondavano in quel labirinto senza fine, ridacchiavano febbricitanti ed eccitati, come due adolescenti nel turbinio del primo amore; Yukari non ricordava che la passione potesse avere un volto così intrigante.

Il respiro di Joji solleticò la sua pelle, il suo profumo la faceva rinvigorire, il sapore delle labbra dell'uomo erano un toccasana per la sua bocca – si accorse solo allora che avevano varcato la linea tra sogno e realtà. Ora era tra le braccia di Joji... Non sapeva né come, né perché, ma lui si era invaghito del suo profumo e, come con tutte le cose, l'aveva posseduta, circuendola con infide lusinghe, a cui aveva scioccamente preso parte.

Stava di fatto che adesso due gambe andavano ad impattare contro la sua femminilità mentre, con maggior potenza, Joji la spingeva contro una siepe gremita di rovi. Passò un dito intorno al suo mento, fermò per un momento quella scia di baci che lui le stava minuziosamente deponendo in ogni dove.

Yukari...”

No. Scusa... Fai pure”, il respiro mozzo, il controllo assolutamente nullo del proprio corpo. Joji l'aveva trattata come una preziosa bomboniera: l'aveva scartata piano, attento a non farle troppa pressione. Veli su veli, finché non aveva risvegliato l'animo indomito che dormiva in lei, finché non l'aveva portata in Paradiso; adesso, il momento culminante, come il guerriero che si sta per consegnare nelle mani dell'avversario, Yukari doveva prendere una decisione che avrebbe avuto le sue conseguenze, senza dubbio.

Ma perché pensare? Perché razionalizzare quando l'indomani sarebbe tornata ad essere una donna frustrata e umiliata davanti un marito assolutamente indifferente alla sua bellezza?

E così, ridendo come un'ebete, diede il suo consenso, permettendo a Joji di scavare in lei, farla sentire viva, nuovamente... Fu dolce quando con incredibile leggiadria le carezzò i fianchi, mosse un dito – uno solo le faceva quell'effetto, diamine! - sottraendo parecchio del suo controllo. Ed erano labbra quelle che si muovevano tenaci sul proprio ventre, dita quelle che giocavano nei propri jeans, capelli quelli che pungevano ispidi la sua epidermide.

Scattò come una molla quando Joji la fece del tutto sua, premendo con maggior potenza laddove la carne diventava più debole; un gemito si perse insieme ad un nuovo battito – lo sentiva, lo sentiva! - ed un ghigno sardonico indugiò sulle labbra dell'amante, mentre questo cercava di tirarle via l'inutile indumento che fasciava le sue gambe.

Lo fece suo, prendendo il suo volto tra le proprie mani, disegnando nella sua mente le morbide labbra che l'avevano resa di nuovo viva, avevano acceso in lei il sacro fuoco della passione.

Fu con un capitombolo in avanti che i due, dimostrando un coordinamento tutt'altro che buono, cozzarono contro le piastrelle bicromatiche grigio madreperla del pavimento. E ancora capelli che solleticavano il corpo dell'amato, i fili corvini che ballavano sopra il petto di Joji, lenti e cadenzati, si tenevano sulle punte come ballerine di danza classica ed avevano il vezzo di cadere in continuazione sullo sterno dell'uomo.

Baci, baci, ogni tanto qualche carezza, raramente un abbraccio che l'avviluppava all'interno delle grandi braccia di Joji, trasmettendole un po' di calore in una notte in cui le temperature scendevano vertiginosamente rispetto al giorno.

Joji... Mi dici una cosa?”, chiese lei, posandogli l'indice nel mezzo del labbro inferiore e quello superiore.

Dimmi”

Con me... Guarderai oltre la siepe o resterai all'interno?”, paura di sapere la risposta.

Paura di volare... E di cadere.

Il nodo in gola stringeva forte, il sorriso quasi perenne sul volto di Yukari stava iniziando a cadere a brandelli nel momento stesso in cui sentì un silenzio religioso sulle labbra di Joji. “Non fa niente... Non è necessario che tu mi risponda”, s'accoccolò sul suo petto, cercò un indumento per coprirsi le spalle magre.

Joji provvedé a sistemargli la sua camicia, le sue braccia correvano su e giù sulla propria schiena, nel vano tentativo di scaldarla. Sembrava quasi una ninna nanna, tenera e dolce litania, strofe di una canzone irripetibile, note melanconiche e surreali di un amore che tale non

era per il sesso opposto. Un'avventura, un'avventura occasionale.




Paura di cadere... Paura di frantumarsi, come vetri.

Il riflesso dello specchio si sofferma sui particolari, coglie le fattezze di una bambola perfetta, Yukari. Forse non sa che ogni sorriso deve affrontare una lacrima per andare avanti.

Credevi forse che ti avrebbe amata, per questa squallida notte? Il caldo brucia i neuroni, il freddo congela i cuori. Ed è stato così anche per lui: nell'afa del momento si è donato a te, poi, col sangue freddo che contraddistingue gli uomini potenti come lui, si è ricreduto.



L'ingenuità era sempre stata una costante nella sua vita. L'innocenza stessa che aveva palesato sposandosi a diciotto anni, prendendosi un impegno troppo gravoso per le sue esili spalle, sobbarcandosi di dolore e sofferenza solo pochi anni dopo, quando ormai anche l'amore si era sciupato.

Eppure lei voleva credervi, ancora. E qual modo migliore se non un'altra – cocente – delusione?


Oh, dolce e tenera cecità!

Il tuo volto mi vuol così male?


Dentro di sé sapeva di aver peccato, di essersi concessa come una donnina nella furia del momento, di aver profanato la sottile linea della fedeltà. E ora guardava l'anellino d'oro, aveva voglia di strapparlo dalle dita... Un rigagnolo salato le solcò le guance chiare, l'ennesimo segno di debolezza.

Sentiva il respiro regolare del ragazzo, osservava il suo petto cadere in basso e in alto, ritmicamente. Le mani calde che si stringevano nelle sue, intrecciate in una danza senza fine.

Il labirinto dell'amore...”, disse, guardandosi attorno. Nel fitto buio distinguevano solo alcuni contorni reali, doveva addentrarsi maggiormente con lo sguardo per cogliere i particolari. Aveva trovato un soprannome perfetto, sì.

Si rialzò, attenta a non svegliare Joji. In piena notte fonda si rivestì, poi ispezionò bene l'amante che aveva davanti a sé, stampandogli un tenero bacio sulla guancia destra.

Si defilò, ancora il respiro mozzo, ancora il sapore di Joji sulla pelle, ancora la vertiginosa sensazione di sentirsi venir meno, ogni volta che lui indagava nel suo sguardo.

Paura di cadere?

No... – si corresse, abbozzando un sorriso birichino – Voglia di rischiare.


*****

Domani arriva l'Epilogo. 

Che dirvi? Non me l'aspettavo proprio °°... Ci tenevo tanto a questa fic, è vero, perché penso che metta in luce uno degli aspetti più veritieri della società odierna: la gente - non dico tutti beninteso - si sposa pensando "Tanto se va male, c'è il divorzio". Ecco, sono partita da questa affermazione - piuttosto triste, direi - ed ho elaborato la mia storia... Poi ho preso in considerazione la siepe e le ho dato il mio significato. Oltretutto, per questo contest, dovevamo partire da un'immagine, io ho scelto questa: Qui.

E' presto detto il significato del titolo, quindi.
E' la prima volta che mi cimento in questo fandom, spero tanto di aver fatto - come si suol dire - una bella figura XD

Grazie, inoltre, per il Premio per lo Stile *O* - inaspettatissimo! - e per i banner, fatti da Shurei <3.


Riporto il giudizio di DarkRose86:


I classificata

Il Labirinto segreto dell'Amore

di SuperKiki92

Correttezza grammaticale: 9,25/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Originalità: 9,5/10
Attinenza al tema: 10/10
Apprezzamento personale: 4,5/5

Voto complessivo: 53,25

Giudizio: è la prima storia che leggo su Paradise Kiss, e mi ha decisamente soddisfatta. Un'ottima alternative universe, realistica e ben scritta, sicuramente una bella sorpresa.
Tecnicamente è quasi perfetta, lo stile è curato ed elaborato, grammaticalmente parlando ho trovato qualche errore che per correttezza ti riporto qui: "un'enorme rettangolo" va senza apostrofo, "un'amore" idem; "Joji provvedé a sistemargli la sua camicia" in questo caso dovresti mettere sistemarle, dato che ti riferisci ad un personaggio femminile. A parte questi, non ho notato altri errori.
I personaggi sono ottimamente caratterizzati, dai principali alle comparse, in particolare ho amato il ruolo di Isabella anche se si vede solo in due scene e non ha grande importanza per la trama della fanfiction: probabilmente ho apprezzato così tanto la sua apparizione perché adoro il suo personaggio, che è il mio preferito in assoluto in Parakiss. Mi è piaciuta in particolar modo la caratterizzazione di Joji, e ce l'ho visto benissimo in un ambiente così sfarzoso, adatto decisamente ad uno come lui. Ed è dolce Yukari che si sente in soggezione di fronte a tanto lusso, e che debole si lascia andare alle attenzioni che lo stilista le riserva, per poi decidere d'inseguire il proprio, reale sogno: la libertà. Credo sia questo il messaggio che la tua storia vuole trasmettere, correggimi se sbaglio. La bella Hayasaka è stata intrappolata, da piccola, all'interno di una sorta di gabbia che l'ha resa quasi succube di Hiro; lei che non ha vissuto come le sue coetanee ma al contrario ha pensato solamente allo studio come desiderava sua madre, ha pensato che Tokumori - bello, intelligente, gentile - fosse il massimo, dal momento che non aveva avuto la possibilità di conoscere altre persone, di avere relazioni sociali. Dopo qualche anno di matrimonio però si è accorta che non era quella la vera felicità: che quest'ultima dev'essere cercata, inseguita, ed è proprio questo il bello della vita. Non le si può quindi attribuire una colpa, se non quella di aver piantato in asso un marito troppo freddo e incapace di accorgersi della bellezza del fiore che gli stava accanto. E Joji, come si suol dire, ha colto la palla al balzo, liberando la giovane sposa, spezzando le catene che la legavano ad un uomo che forse non ha neppure mai amato.
Una storia di rivincita, si potrebbe dire così. Anche d'adulterio, è vero, ma comunque insegna. Insegna che nella vita bisogna ponderarci su prima di prendere decisioni importanti come il matrimonio, e non buttarsi a capofitto in storie dal futuro incerto.
Ti ho dato un voto molto alto in originalità perché hai trattato un argomento delicato con maestria, senza luoghi comuni o stereotipi. Inoltre, il finale è sorprendente ed inaspettato!
Ottima l'attinenza al tema.
Insomma, complimenti davvero per questo piccolo capolavoro che fa onore al fondom di Paradise Kiss, purtroppo trascurato. Scrivi ancora su questi personaggi, ne necessitiamo. <3



   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Paradise Kiss / Vai alla pagina dell'autore: KikiWhiteFly