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Autore: suinogiallo    14/11/2009    8 recensioni
Era dal giorno in cui Nagisa si era diplomata che Tomoya non metteva piede dentro la scuola.
All'inizio era perché non ne aveva motivo poi fu per i ricordi.
Patetico.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Non aveva più messo piede...
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    Era dal giorno in cui Nagisa si era diplomata che Tomoya non metteva piede dentro la scuola.

All'inizio era perché non ne aveva motivo poi fu per i ricordi.
Patetico.
Fermo li, ai piedi della salita che portava in cima alla collina sulla quale sorgeva la scuola. Sembrava quasi che stesse aspettando qualcuno, sperando di sentire quella sua risata allegra e cristallina. Di vederla.
Il suo sorriso, i suoi occhi, la sua voce che lo chiamava.
Ferma dove era lui in quel momento, con la sciarpa che veniva mossa dal vento e la pioggia rosa di petali di ciliegio che ricoprivano la scalinata. Cosi l'aveva vista la prima volta che l'aveva incontrata.
Patetico.
La stessa cosa che aveva pensato lui la prima volta che l'aveva incontrata. Ferma a parlare tra se, lo sguardo perso in chissa quale mondo di nessuna parte. Senza avere il coraggio di salire su per la collinetta per arrivare a scuola. Le gambe che le tremavano e la ricerca disperata di un aiuto per scalare quella che per lei doveva essere una vetta insormontabile.
Non gliela aveva detto ma aveva davvero pensato che fosse patetica. Diavolo, non doveva mica scalare l'Everest. La salita non era neanche cosi tanto ripida.
Ma all'inizio non aveva capito nulla di lei. La Nagisa insicura, che aveva sempre bisogno di una motivazione per poter affrontare qualunque cosa. Cosi delicata da fargli pensare che sarebbe bastato un soffio di vento per portarla via e cosi forte da seguire caparbiamente i suoi obiettivi una volta che avesse trovato la motivazione giusta per farlo.
Non importava che fosse riuscire a far riaprire il club di teatro, presentare al Festival dei Fondatori la sua opera o semplicemente sopravvivere. Se c'era la motivazione giusta Nagisa ce l'avrebbe fatta. Sempre con quella sua risata cosi cristallina ed il sorriso che Tomoya aveva imparato ad amare e a cercare ogni volta che ne sentiva la necessità, anche se questo voleva dire far soffrire la sua anima e gettarlo di nuovo nello sconforto.
Si era aperto a lei. Non subito però.
Il suo guscio era troppo duro per rompersi cosi facilmente. Ma lentamente lei era riuscita ad aprirvi una breccia. Con una gentilezza disarmante era riuscita a vedere dentro di lui molto di più di quanto lui stesso fosse mai riuscito. Aveva visto il Tomoya gentile e premuroso, pronto ad aiutare le persone in difficoltà.
E lui aveva sperato che in lei ci fosse la risposta ai suoi incubi. Quel dannato incubo che lo faceva svegliare di soprassalto la notte, madido di sudore e con il cuore che gli torturava il respiro.
Quell'incubo che era scomparso il giorno della recita al Festival dei Fondatori, quando anche Nagisa aveva raccontato il suo di incubo, vestita con l'abito da sposa della madre, e lui non era riuscito a dirle altro che l'amava. Strano davvero. Molti sono convinti che ci sia un filo rosso che unisce due persone destinate a stare insieme, per loro quel filo era un incubo.
Quell'albero di ciliegio in fiore, con i petali che dipingevano un migrare di colore che entrambi sognavano e sotto il quale alla fine si trovavano.
- Si sente bene? - gli domanda all'improvviso una ragazza vedendolo tremare.
- Si! - riesce solo a dire prima di scappare da quella salita e dai ricordi che come spettri vengono a galla nella sua mente e gliela torturano. E di nuovo si ritrova a vagare per le strade della città, sotto una pioggia incessante che non lava via nulla.
Chi lo sa se spera che la pioggia gli porti via i ricordi. La sua mente vaga per il mondo di nessuna parte. Quel mondo che lui e Nagisa avevano sognato, che gli aveva martoriato le notti.
Si guarda riflesso in una vetrina.
Dietro di lui, mischiati al suo volto, i colori slavati del traffico e delle altre persone che gli passano accanto.
Dio quanto somiglia a suo padre, e Dio se riesce a capire quanto può aver sofferto quando sua madre era morta e loro due erano diventati quasi degli estranei. Come lui ed Ushio. Dio quanto somiglia a Nagisa, alla sua Nagisa. Quando la guarda le sembra quasi di rivedere quel sorriso e quegli occhi cosi cristallini.
Quando rientra a casa gronda acqua da ogni dove ma non se ne cura. Getta il soprabito in un angolo e si siede per terra continuando a guardare il nulla che ha di fronte agli occhi.
Anche quel posto è pieno di ricordi ma non è come la scuola. Sono li che lo guardano, sono negli angoli, accanto ai peluche della Grande Famiglia dei Dango, sul tavolo, sono ovunque. Ma non sono cosi dolorosi. Riesce a viverci, per poco poi è costretto a fuggire anche da li.
Anche loro fanno male ma non come gli altri. Salire le scale che portano al piccolo appartamento non è come salire su per la collina, passare sotto i ciliegi, calpestare quel rosa che gli ricorda sempre il loro primo incontro.
E non importa se i ciliegi non sono in fiore, se è inverno e per terra non c'è nulla.
Per lui quella salita sarà sempre coperta di petali di ciliegio e circondata dalla sua voce e dalla sua risata.
Copyright ©2009 Key per i personaggi - suinogiallo per questa storia

Quattro Chiacchiere con L'Autore
Questa storia attende di essere pubblicata da 19 mesi (diavolo, non pensavo di averla scritta tanto tempo fa). Non so perché non l'ho postata subito. Forse perché non ero convinto fino in fondo di quello che avevo scritto, ma adesso, complici anche le altre due storie che " RouteXY" ha scritto su questa serie e che vi invito a leggere ho deciso finalmente di metterla online.
Mi sono basato prevalentemente sul film più che sull'anime e quando l'ho scritta la serie televisiva era ben lontana dalla sua conclusione.
Mi auguro che vi piacerà.
Hasta Luego

 

 

   
 
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