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Autore: Prof    18/11/2009    3 recensioni
I giocattoli rotti vanno buttati.
[III classificata a Humanity Contest indetto da Erin_ino e sleep tonight]
Genere: Malinconico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Malattia







Nick Autore: Noin/Prof su EFP
Titolo: Malattia
Genere: Introspettivo, Horror, Malinconico.
Personaggi: Sasori, Chiyo, altri personaggi.
Rating: arancione.
Avvertimenti: What if?, Oneshot.





Malattia




“Purtroppo la situazione è questa.”

“E cosa pensi di fare?”

“Sarò costretta a stare alcuni giorni da lui, almeno fin quando non si riprenderà.”

“Ma è a tre giorni di cammino da qui!”

“E allora cosa dovrei fare? Abbandonarlo a se stesso?”

“E tua sorella che fine ha fatto? A quanto pare lei non c’è mai per queste cose.”

“Ha una famiglia ora. Come potrei darle una responsabilità così pesante?”

“Ma pure tu hai una famiglia!”

“Sarà solo per pochi giorni.”

“Non è vero! Guarda in faccia la realtà! Non si riprenderà mai più!”

“Sono sempre sua figlia!”

“Ma anche moglie e madre!”

“Tu non capisci…”





I suoi genitori non avevano mai litigato; almeno non per così tanto tempo.

Le loro grida riecheggiavano lungo le pareti della casa, completamente immersa nel buio, fino a salire impietose per la tromba delle scale.

Un’unica luce filtrava dalla cucina: la porta chiusa, nella speranza di non essere sentiti. Pensavano che stesse dormendo. Doveva credere che tutto andasse bene, come era sempre stato. Era troppo piccolo per simili preoccupazioni.

Ma sentiva. E ascoltava.

E capiva che non andava tutto bene. Per niente.


***



Il nonno abitava molto lontano dal loro villaggio, a circa tre giorni di cammino; per raggiungere la sua casa bisognava attraversare il deserto; percorso di certo non facile, soprattutto se si era ancora dei bambini.


“Tesoro, adesso noi andiamo dal nonno a fargli un po’ di compagnia.” Gli spiegò la mamma, abbozzando un maldestro sorriso.

Il bambino non disse nulla, continuando a fissare i genitori con sguardo indecifrabile.

“Sù, non essere così mogio!” Lo ammonì dolcemente il padre. “Vedrai che saremo di ritorno quanto prima. E fai il bravo con la nonna, che poi si viene a lamentare con me!” concluse accarezzandogli con vigore la testa, con il risultato di scombinare ancora di più i suoi capelli.

“Sù tesoro, fammi un bel sorriso. Non sei forse felice di stare dalla nonna Chiyo?”

Non era certo per quello.

“Quando tornate?” soffiò.

“Presto, tesoro.”

“Sì, ma quando?” il suo tono tradì un pizzico di panico; non poteva sopportare quell’incertezza.

La madre gli si inginocchiò di fronte, sorridendo come meglio poteva.

“Non lo so, tesoro. Non lo so proprio.”

Il bambino non poté far a meno di lasciarsi sfuggire uno sguardo di sconforto. Ancora una volta lo lasciavano.

“Ma torneremo presto.” Provò a persuaderlo la madre.

I saluti furono rapidi e asciutti.

Continuò ad osservarli dalla finestra del salotto, finché le loro figure non si ridussero a due puntini all’orizzonte.

Sapeva che non sarebbero tornati presto.

Odiava aspettare.


***



Dal taglio cominciò a sgorgare del sangue.

Rimase a contemplare la ferita sul palmo della mano, fino a quando la voce allarmata della nonna non lo riportò alla realtà.

“Sasori, ma che ti sei fatto?”

Gli prese la mano, scovando subito l’oggetto che lo aveva ferito. Sospirò.

“Dovresti buttarla quella bambola.” Disse al nipote, mentre lo accompagnava in bagno per medicarlo.

“Non vedi che è rotta? Ti farà solo altro male”. Lo sollevò fino a farlo sedere sul mobile di fianco al lavandino.

Sasori non rispose, preferendo rinchiudersi in un mesto mutismo. L’odore acre del disinfettante gli pungeva il naso. Porse alla nonna Chiyo la mano ferita, mentre con l’altra stringeva ancora la bambola rotta.

Il batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante passò delicatamente sulla ferita, procurandogli un leggero bruciore. Osservò impassibile le operazioni di medicazione della nonna.

“Io non voglio buttarla.” biascicò fra i denti, senza spostare lo sguardo dalla ferita.

“Come mai?”

“Perché me l’hanno regalata la mamma e il papà.”

La nonna finì di fasciargli il palmo della mano.

“Pensi che la tua mamma e il tuo papà sarebbero felici di sapere che ti fai male per colpa di un loro regalo?”

Sasori sgranò gli occhi e alzò lo sguardo sorpreso sulla nonna.

“Pensaci un attimo;” continuò lei con pacatezza, “I tuoi ti hanno regalato quella bambola perché ti vogliono bene, giusto?”

Sasori annuì.

“E quindi non vorrebbero mai che un loro regalo potesse fare del male a loro figlio. Sasori, se tu soffri, soffriranno anche le persone che ti vogliono bene. Lo capisci questo?”.

Vide il nipote riflettere sopra le parole appena dette, finché un leggero sorriso sorse sul suo viso.

“Credo di aver capito, nonna Chiyo.”

L’anziana a sua volta sorrise di rimando.

“Bene.” lo sollevò di nuovo dal mobiletto per riportarlo a terra. “Che ne dici adesso di andare a fare un po’ di merenda?”



***



La malattia del nonno si chiamava Vecchiaia. Sasori l’aveva potuta vedere diverse volte. Era infida e maligna, e nulla si poteva fare per fermarla. Non contava quanto il nonno fosse stato, a suo tempo, un ninja valoroso distintosi innumerevoli volte nella seconda grande guerra delle Cinque Terre; essa arrivava silenziosa e si prendeva tutto, poco a poco, inesorabilmente. Non si poteva fermare, in nessun modo. Portava a una sola meta: la Morte. Un cammino che durava anni e anni, dove ogni giorno succhiava via un po’ di vita, fino a ridurre un essere umano in una larva di se stesso.

Questo stava accadendo a suo nonno, e, paradossalmente, la Vecchiaia si prendeva gioco delle regole della natura, degradando con infida lentezza quello che un tempo era un uomo.

Non camminava più, stava tutto il giorno sdraiato sul letto. Non mangiava più, dovevano imboccarlo. Non poteva andare più al bagno, dovevano accompagnarlo e sostenerlo. E si lamentava, sempre. E chiamava, sempre. Urlava, si disperava, faceva correre di qua e di là il papà e la mamma. Aveva paura del buio; li teneva svegli per intere notti.

E questo andava avanti da ben cinque mesi. No, da molto più.

E continuavano i litigi dei genitori. Sempre di più e sempre più spesso.

Sasori aveva da tempo capito che non c’era ritorno, e che nessuna medicina avrebbe potuto sanarla.

E capiva che ai suoi genitori tutto ciò faceva male.


Nonna,…”

Dimmi, Sasori.”

Il nonno si è rotto?”

La vecchia Chiyo annuì con un lento movimento della testa.

E non si può aggiustare?”

Purtroppo no.”

Camminarono ancora per qualche passo.

E fa tanto male alla mamma e al papà?”

Sì, tesoro mio.”


Le cose che fanno male vanno buttate, perché altrimenti le persone a cui vogliamo bene soffriranno; e noi insieme a loro.


Questo era il pensiero che solcava la mente di Sasori, mentre prendeva dall’armadietto una boccetta piena di liquido scuro.

L’indomani sarebbe andato con i genitori a trovare il nonno, quello rotto. Calcolò che dopo tre giorni tutto sarebbe finito. Fra tre giorni i suoi genitori non avrebbero più sentito male, e così non avrebbero più litigato. E tutto sarebbe ritornato com’era prima.

Nascose accuratamente la boccetta di veleno nella sua borsa, fra le bambole regalategli dalla nonna.


I giocattoli rotti vanno buttati.





Fine




Note dell'autrice
Questa fanfiction ha partecipato al " Humanity Contest" indetto da Erin_ino e sleep tonight, classificandosi terza.
Qui di sotto ecco riportati i giudizi dei due giudici.
La fanfiction ha subito alcuni leggeri rimaneggiamenti dopo aver potuto leggere le valutazioni.
Sono conscia del fatto che poteva essere realizzata molto meglio e soprattutto con più accuratezza, ma, visto che sono una testona e quando dico "fine" è "fine", non ho voluto e non ho avuto voglia di mettermi a correggerla tutta da capo. ^^




- 3° Classificata: “Malattia” di Prof


Punteggio finale: 7.1 / 10

Commento di Erin_Ino:

Ho trovato questa storia molto bella.
Il tema della malattia visto dall’esterno non è molto usato quindi l’originalità è senza dubbio piena, senza contare come inserisci bene l’introspezione dei personaggi che, anche senza lunghi periodi che spiegano il ragionamento del personaggio, fanno intuire al lettore i suoi pensieri.
La cosa che ti ha penalizzato molto è stato lo stile che ho trovato molto affrettato, probabilmente se i paragrafi fossero stati più lunghi e maggiormente descritti avresti ottenuto un punteggio più alto. Anche i dialoghi sono parecchio confusi, spesso non si capisce chi parli a meno che non si arrivi alla fine o siano presenti solo i personaggi in questione. Oltre a ciò quello che penalizza la storia è il repentino cambiamento di scena che non è percepito a parte per la linea che divide le scene.
Ci sono pochi errori grammaticali, quindi ho dovuto penalizzarti anche per questo.
I personaggi sono ben descritti anche se in qualche punto ho trovato Chiyo più dolce di quanto sia nel manga, ma molto leggermente quindi ho levato veramente poco.
Nel complesso davvero una bella storia, anche se molto inquietante e con un colpo di scena davvero inaspettato.
Complimenti.

Voto complessivo: 7.7 / 10


Commento di sleep tonight:

Leggendo le storie partecipanti al concorso ho apprezzato per l’attinenza al tema proposto, ma soprattutto per le scelte operate da ognuno di voi, la tua Noin, di forte impatto, e quella di Ainsel, entrambe decisamente singolari nel loro genere sebbene simili. Avete riportato l’attenzione su temi quali la malattia mentale e la pazzia senza dubbio snobbati dalla maggior parte degli scrittori, forse a causa della loro complessità nel descriverli , e quindi è apprezzabile, a maggior ragione, la vostra scelta di intraprendere una strada meno battuta e più difficile, quindi vi faccio i miei complimenti per lo sforzo. La domanda a questo punto sorge spontanea: -Ti è venuto di getto il titolo o ci hai pensato?-.
Mi interessa saperlo per comprendere le dinamiche evolutive del tuo pensiero e il suo prendere corpo con la storia. Infatti ho notato e apprezzato la potenza di sintesi del titolo che unisce in sé due aspetti: quello di chi è ammalato e quello di chi ne sente, forse con un pizzico di naturale egoismo, il peso. Forse sbaglio ma questa ambiguità si arricchisce di un ulteriore domanda: -Chi fra il vecchio e il bambino è il reale malato?-. Questa carta te la sei giocata con estrema destrezza quindi ti faccio i miei complimenti. Di negativo ho riscontrato l’essenzialità del lessico, basilare come basilari sono i periodi, e l’impaginazione che ho trovato non facilitare la lettura. Per il resto il tema prende una piega si inaspettate ma non completamente infatti il paragone un po’ costretto tra la bambola rotta e irreparabile che ferisce Sasori e il povero nonno ormai vecchio, che con la sua condizione reca una sofferenza a coloro che gli sono affezionati. Infatti Sasori stesso dice della sua impossibilità di liberarsi di un oggetto che rotto culla ancora il suo amore per le persone che glielo hanno regalato.. “mentre con l’altra stringeva ancora la bambola rotta”. Quindi è possibile che secondo questa chiave di lettura la vera “affetta dalla malattia” sia la nonna, che più o meno consciamente dice al nipotino: “dovresti buttarla quella bambola…”.
Come ho detto a tutti ti auguro di trovare nella scrittura ciò che stai cercando. E ricorda io non sono né un critico di professione, né di vocazione, né tantomeno di capacità quindi spero che tutto ciò che dico sia preso per quello che è basta.

Voto complessivo: 6.5 / 10







   
 
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