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Autore: fflover89    30/11/2009    2 recensioni
"Erano passati due mesi dalla fine della loro avventura contro la reincarnazione di Sephiroth e dalla fine dell’epidemia di geostigma, curata con della semplice acqua e dei fiori. Se Aerith avesse saputo che i suoi amati fiori e il suo “posto segreto” avessero compiuto un tale miracolo avrebbe ringraziato il Pianeta prima di mettersi a ridere spruzzando l’acqua in faccia a Cloud e agli altri."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tifa Lockheart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children
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"Questa che vado a proporvi è una fan-fiction sui tre protagonisti di final fantasy 7, ovvero Cloud,Tifa e Aerith. Se la curiosità si è impadronita di voi leggendo il titolo, vi anticipo che non si tratta della solita fan-fic dove si cerca in tutti i modi di riportare in vita Aerith, pur amando tantissimo questo sfortunato personaggio. And that's the bottom line, ’cause Alex said so!!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano passati due mesi dalla fine della loro avventura contro la reincarnazione di Sephiroth e dalla fine dell’epidemia di geostigma, curata con della semplice acqua e dei fiori. Se Aerith avesse saputo che i suoi amati fiori e il suo “posto segreto” avessero compiuto un tale miracolo avrebbe ringraziato il Pianeta prima di mettersi a ridere spruzzando l’acqua in faccia a Cloud e agli altri. Ormai, però, era morta da qualche anno, concluse l’ex-Soldier. Fu qualche giorno dopo che gli venne un raptus, un lampo attraverso il cervello: aveva un luogo dove pregare il suo migliore amico, il povero Zack, il vero Soldier prima classe che era morto eroicamente nel tentativo di salvarlo. Sullo stesso luogo aveva conficcato in terra la sua Buster, promettendosi che avrebbe vissuto anche per lui. E vedendolo salutare con Aerith dopo aver salvato di nuovo Midgar pensava di iniziare a farcela. Si era finalmente deciso di mettersi con Tifa, perfino. E nella stessa chiesa fecero una sorta di cerimonia di nozze, anche se di matrimonio aveva in sostanza solo il nome. La loro unione era molto di più di un bacio, di una folle notte d’amore (c’erano anche quelle per carità…) di un’amicizia eterna. Ma l’epifania che gli venne, qualche tempo dopo, non lo lasciò più: quando Aerith morì, nella rabbia, nella disperazione, nel desiderio di vendetta, Cloud la depositò sul fondo del laghetto nella città degli Antichi, Ajit. Pensava che lì nell’acqua, potesse riposare in pace. Ma l’uso che Kadaj stava per fare del posto, rischiava di corromperlo: il corpo di Aerith nell’acqua inquinata dalle cellule di Jenova? Non poteva accettarlo.

Si sveglio di buon mattino come al solito, per non svegliare Tifa. Non le disse nemmeno della sua idea di ritrovare il corpo di Aerith per darle migliore sepoltura. Aveva paura che le dicesse di non farlo, che era un ricordo del passato e che molto probabilmente l’acqua non era così inquinata. Però glielo avrebbe detto. Dopo. Forse.

 

Prese la moto, e partì per Junon per prendere una vettura che lo portasse fino al continente Nord, a Bone Village. Non voleva chiedere né il Tiny Bronco, né l’Highwind a Cid. Il pilota, da vecchio perspicace, avrebbe intuito che gli sarebbe servito per una cosa importante. E probabilmente lo avrebbe convinto ad accompagnarlo, data la ristrettezza di competenze aeronautiche di Cloud. No, meglio andare in incognito, di modo che nessuno lo potesse riconoscere. Oddio, sperando che non trovasse sullo stesso cargo Yuffie in cerca di qualche reperto da sgraffignare. Ma se non ricordava male, dopo la “cerimonia” se n’era sparita con Vincent… “La ninja e il vampiro”. Sembrava il titolo di uno di quegli strani romanzi mezzi horror, mezzi dark da cui spesso tiravano fuori film ben poco rassomiglianti per un pubblico di adolescenti in cui si riconoscevano, specialmente nel vampiro. Solo che Vincent era sì affascinante, ma non era di certo un vampiro. Figuriamoci se Yuffie fosse scomparsa insieme a un essere morto, privo di circolazione sanguigna e di altri…fenomeni del basso ventre. I due opposti si erano attratti, per dirla in fisica. Del resto, anche lui non era forse diversissimo da Tifa? O, se fosse stata viva, non sarebbe stato l’opposto di Aerith se si fossero messi…

Cloud preferì togliersi il pensiero dalla mente. Non poteva riempirsi già la testa di pensieri tristi considerando quello che doveva fare. Troppo tempo aveva trascorso a cercare di auto-perdonarsi per non essere riuscito a salvare quella ragazza che da semplice fioraia dei quartieri malfamati di Midgar, era diventata un abile maga e che poteva salvare il mondo dalla distruzione. Troppo tempo aveva trascorso a cercare di isolarsi da coloro che gli volevano bene. Ed erano parecchi, nonostante il suo caratteraccio. Ma ciò che doveva fare, lo avrebbe aiutato ancor di più a distaccarsi dal suo senso di colpa. E ancor di più lo avrebbe aiutato Tifa, se riusciva a perdonarlo per non averle detto nulla, e per aver continuato a pensare ad Aerith.

 

 

Lo svegliarono la metallica voce del capitano che dall’altoparlante avvisava i gentili passeggeri del loro arrivo al continente Nord. Non ricordava di essersi appisolato. Meglio, poteva fare il lavoro più riposato.

Riprese la moto che aveva lasciato nell’hangar dei trasporti, e con un potente rombo si diresse vecchio la capitale dimenticata dei Cetra. Si sentiva stranamente tranquillo, salvo una leggera adrenalina nel corpo alterato dalla Mako. La stessa che gli scorreva, prima di affrontare una missione, o un pericoloso nemico. Gli sembrava quasi di stare per intraprendere una delle sue missioni da Soldier. Tutto quello che doveva fare invece, era prendere una roccia il più verticale possibile, scolpirci sopra ciò che aveva precedentemente pensato facendo addirittura un progetto, trovare il corpo di Aerith e seppellirlo. L’unica cosa rischiosa che poteva capitargli era schiacciarsi un dito col martello. Le sue capacità di scultore non erano malvagie, aveva scoperto cercando di modellare delle bambole di cera per gli orfani che ospitava. Ma chissà quanto ci avrebbe messo prima che Tifa cominciasse a preoccuparsi. Così portò con sé una delle sue materie da combattimento di quelle verdi, che manipolavano il tempo e che acceleravano i movimenti. Ci avrebbe messo due orate, massimo tre. Arrivò alla città dei Cetra nel pomeriggio inoltrato. Faceva un gran freddo. Il vento gli sferzava il viso, e la bassa temperatura gli faceva uscire piccole nuvole bianche dalla bocca. Con la faticata che gli si prospettava, pensò, quella era la volta buona che si buscava un raffreddore coi fiocchi. La parola “fiocchi” gli fece venire in mente il fiocco rosso che Aerith usava per tener ferma la treccia. Diamine quanto gli stava bene, e quanto ci teneva. Sarà stato un regalo di Zack, sicuramente. Il viso sorridente della fioraia gli si fissò in testa. Invece di provocargli tristezza, o rancore, gli fece venire un sentimento di determinazione.

Era particolarmente fortunato quel giorno: nessuno lo aveva visto uscire, non aveva incontrato qualche conoscente nel viaggio, e la nave non ebbe ritardi di sorta. E adesso trovò dentro una casa diroccata, una lastra perfettamente levigata spezzata in due punti. Probabilmente era un tavolo di un materiale simile al marmo. L’ideale per una lapide.

 

 

Era intatta. Dopo più di due anni la salma di Aerith era intatta. Il vestito era un po’ rovinato solo dove era passata la lama di Sephiroth, leggermente sporca di sangue rappreso. Mentre la sollevava dall’acqua, che vide inscurita dall’ultima volta che l’aveva vista, le pose sul viso un velo bianco. Toccare un corpo deceduto era un conto: ma guardarlo in faccia era troppo anche per lui. Se non lo avesse fatto cosa sarebbe successo? Si sarebbe impressionato? No, non era da lui. Non avrebbe avuto reazioni? Non era da lui neanche quello. Avrebbe pianto? Ecco, quella era una cosa che sarebbe potuta capitare. Ma non lo aveva fatto quando la vide morire davanti agli occhi, né dopo quando gli affiorarono i sensi di colpa per non averla potuta salvare. In effetti, da quanto tempo non si sfogava con un pianto liberatorio? Aveva pianto quando aveva saputo della morte della madre? Aveva pianto quando Zack gli diede la Buster in punto di morte? Non ricordava. Ma ciò al momento non era importante. Ora doveva pensare a un posto dove seppellirla. E non doveva nemmeno preoccuparsi che qualche animale selvaggio poteva farne un facile pasto. Aerith era una Cetra, una protettrice del Pianeta. Il Lifestream stesso non lo avrebbe permesso, come non aveva permesso alla sua salma di decomporsi. Dove poteva tumularla? Nel posto in cui era stata trafitta da Sephiroth no: era stata colpita a tradimento, mentre pregava. Sarebbe stato un affronto, e avrebbe portato rabbia a chi sarebbe venuto a visitarla. Già, ma chi? Doveva dirlo agli altri, non poteva mica andare solamente lui a trovarla, anche gli amici l’avevano compianta e l’avevano amata come lui. Altra domanda: ma lui davvero l’aveva amata? Ora che stava con Tifa forse era difficile rispondere. Forse era difficile rispondere anche quando le vedeva tutte e due addormentate a un metro da lui nella tenda che montavano per la notte. Ma fu Sephiroth a decidere per tutte e due. Anzi per tutti e tre. Forse Tifa non la odiava, ricordava benissimo le lacrime che aveva versato per la morte dell’amica. Ma neanche la considerava come una qualsiasi altra ragazza che si avvicinava incautamente al suo Cloud. Altro motivo per non averle detto dell’idea che aveva. Ma di nuovo, si tolse queste idee dalla testa. Decise di seppellirla dinanzi all’entrata del santuario della città, poco vicino al punto dove aveva riposato per tutto questo tempo.

 

Cavolo, ecco cosa si era dimenticato! Un badile! Era sul punto di rinunciare, quando si ricordò che non riuscendo bene a distinguere quale fosse la materia “Tempo” dalle altre, se ne portò diverse. Poi ne riconobbe una che avrebbe fatto al caso suo: la materia “Terra”. Lanciò la magia al suo livello più basso, ed una piccola conca si aprì nel terreno sparpagliando il terriccio tutt’intorno. Adagiò il corpo sul fondo e distese il velo per tutta la sua lunghezza. All’altezza dei piedi si fermò, anzi si pietrificò: non riusciva per quanto tentasse di lasciare il velo, il suo cervello comandava l’azione, ma i muscoli non eseguivano. Doveva vederla. Dopotutto, tutti i becchini del mondo vedevano tutti i giorni decine e decine di visi sconosciuti prima di seppellirli. No, non era per quello. Aveva come la paura di dimenticarsi del suo viso, cosa che mai e poi mai sarebbe successa. “Certo che la mia testa funziona proprio male” si disse.

Sollevò il velo. Il viso di Aerith era sereno, leggermente pallido, inumidito da anni in acqua. Era sorridente. Diavolo, si era scordato che prima di accasciarsi fra le sue braccia, Aerith con ancora la Masamune infilata nel ventre, aveva sorriso a Cloud. Tutto il risentimento, tutta la tristezza che aveva patito per quel tempo gli riaffiorano in petto. Ma non una lacrima che una gli sgorgò dagli occhi. Si sentiva male, malissimo, doveva sfogarsi. Non voleva urlare, avrebbe disturbato il suo sonno, pensava. E come tante altre volte, non fece nulla: rimase in silenzio.

Mise il velo fin sopra il volto; si alzò e con foga cominciò a rimettere con le mani la terra al suo posto: la spianò con la stessa lastra di pietra che aveva scelto e la conficcò vicino all’altezza in cui era la sua testa. Adesso era il momento di scolpirla: il progetto che aveva in mente, consisteva nel creare un fiore con un foro al centro in cui avrebbe incastonato una foto che la ritraeva sorridente insieme al resto del gruppo, una delle più belle che avevano fatto; poi sotto avrebbe scritto il suo nome, il cognome e la data di morte. Indossò sottopelle la materia “Tempo” e lanciò Haste alla massima potenza. Il lavoro di Cloud, seppur lento e impacciato, durò meno di due ore, alla massima velocità. Quando si fermò, Cloud notò una cosa che non aveva ipotizzato nel progetto, che teneva di fianco alla lapide: sotto il nome aveva involontariamente scritto:

 

      “Qui giace l’ultima degli antichi, uccisa mentre cercava di adempiere al suo dovere nei confronti del Pianeta. La sua preghiera, insieme a quella dei suoi amici salvò il mondo dalla distruzione. Addio, dolce fioraia: i tuoi compagni ti ameranno e ti ricorderanno sempre.

 

Cloud, Tifa, Barrett, Vincent, Nanaki, Yuffie, Vincent, Caith Sith, Cid”

 

 

Cloud si terse il sudore dalla fronte e osservò la sua opera. Mancava qualcosa. Sì, decisamente mancava qualcosa. Si guardò intorno, alla ricerca di quel qualcosa. Tutto ciò che trovò furono l’insistenza di due occhi ambrati, che lo osservavano, contornati da un bellissimo viso e da capelli neri che conosceva benissimo: era Tifa. Mosse a scatti la bocca, non pronunciando suono, cercando di trovare una qualche scusa. La ragazza con un bel sorriso gli si avvicinò e gli disse:

      «Quand’è che mi renderai partecipe delle tue scelte? Ho visto sai il tuo progetto ieri sera, e sono rimasta stupida per la sua bellezza: è un pensiero molto bello, e credo che Aerith se lo meriti.»

Ecco perché la amava. Anche se lui, da bastardo non le diceva cosa gli passasse per la testa, lei non gli chiedeva nulla. Le bastava un piccolo indizio per capire tutto. E non si era impicciata, pregio raro.

      «Credo di sapere cosa manchi.» disse prendendo dal suo zaino un contenitore di plastica contenente decine e decine di fiori di tutti i tipi, e colori, presi dalla Chiesa del Settore 7. Cloud si avvicinò titubante, e tutto ciò che riuscì a dire è:

      «Seguito da vicino da una ragazza di cui dovrei conoscere tutto… sto iniziando ad invecchiare.»

      «Che stupido sei...» le rispose dandogli un buffetto sulla guancia. E si misero insieme a ricoprire la tomba della loro amica con tutti quei fiori, facendone un vero e proprio manto. Dal cielo, miracolosamente discese un fascio di luce solare che filtrava dagli alberi. L’opera era finita, e i due si misero silenziosamente a guardare la tomba, come si fa solitamente. Tifa vide il ragazzo tremare, e stringere i pugni sussultando. Fece per andarsene, ma venne trattenuta dalla sua mano e dalla sua voce irriconoscibile che le disse:

      «Rimani.»

E per la prima volta da quando si ricordava, dinanzi alla tomba di Aerith, Cloud pianse.

 

 

Passarono i giorni, e i mesi. Fu Cloud stesso a dire ai suoi amici della tomba con un rapido messaggio e-mail, in cui scriveva di andare alla capitale dimenticata all’ingresso del santuario e di guardare attentamente. Tutti gli risposero: Barret gli scrisse uno spiazzante: “Sei il solito stronzo, ma sei un grande. Lo sapeva anche lei”. Per non parlare di Cid: “Dannato figlio di buona donna, potevi almeno avvertire!” Vincent fu come al solito laconico: “E’ la tomba più bella che abbia mai visto.” Per conto di Red XIII scrisse la piccola Marlene: “Non avresti potuto fare di meglio. Meritava davvero il tuo affetto.” Yuffie invece: “Non ho fatto altro che piangere! BUAAAAAAH!!!!” Reeve mandò una lettera con su scritto: “Le volevo bene anch’io. Mi chiedo perché non ci ho mai pensato”.

Tifa, invece, non riuscì più a parlare con Cloud di Aerith per molto tempo. Come per magia, all’anniversario della sua morte, dopo aver riportato dei fiori sulla lapide le vennero le parole. A letto, di sera, mentre guardava un Cloud taciturno più del solito, abbracciandolo le disse una frase, che forse qualche tempo prima non avrebbe mai detto, seppur pensandola:

      «Non ti devi preoccupare. Non sono gelosa di Aerith.»

      «Mi manca tanto. Terribilmente.» le rispose con voce rotta. Si baciarono, si abbracciarono e rimasero così, a sentirsi l’una le lacrime dell’altro.

 

 

 

                                 

                                             The End

 

 

 

 

 

"Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui! Commentate numerosi!"

   
 
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