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Autore: Stray cat Eyes     14/12/2009    6 recensioni
[UP] Il sipario calava sull’ultimo atto, consumato in quella stanza d’ospedale, insieme ad un silenzio che pesava molto più della sua voce.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adoriamo, insieme, questo piccolo grande capolavoro che è “UP”.
Perché sono stata piacevolissimissimissimamente sorpresa, e l’ho già rivisto almeno cinque volte. Ma scommetto che qualcuno avrà fatto anche di meglio. XD









"The End" [E poi, ecco il colpo di scena.]






Il piccolo Carl Fredricksen non avrebbe mai immaginato che la sua vita sarebbe stata più avventurosa di tutte le proiezioni che tanto lo entusiasmavano. Lunga e intensa, come un film. Emozionante come uno spettacolo teatrale.

Così era cominciata.
Senza preavviso.


L’entrata in scena di Ellie era stata... prepotente.
Inevitabile e prepotente, travolgente per lui, così timido e spaurito. Come nella più classica delle love-stories, i loro opposti si erano immancabilmente attratti: in quel cliché al contrario, lui, Giulietta intrufolatasi in punta di piedi dalla porta di servizio, aveva conquistato il cuore allegro e scoppiettante di lei, Romeo energico e premuroso che si era issato sul balcone di casa sua pur di vederlo e raccontargli di sé ogni più intimo segreto.

Era andata avanti per lunghi, lunghissimi atti, in cui a giostrare gli eventi era quel tornado dai capelli rossicci, e in cui lui si era limitato a seguirne le battute e ad immortalarne le gesta con una vecchia macchina fotografica.
Per tanti anni, si era lasciato opprimere volentieri dal dolce peso della voce di Ellie, senza avere il coraggio di interrompere quella melodia che faceva da colonna sonora alla sua quotidianità.
Non aveva mai parlato molto, Carl, e neppure si poteva affermare, in sua difesa, che fosse riuscito a dire almeno le cose “importanti” - quelle che contano davvero.
Perfino un eventuale “Ti amo, Ellie, vuoi sposarmi?” si era trasformato, prima ancora di essere esalato, in un vivace “Mi ami, no, Carl? Sposiamoci!”. Lui aveva continuato a farle da “spalla”, con il cuore ricolmo di gioia, mentre la frizzante orchestra di sua moglie si prodigava perché quella voce, quella sottile vibrazione s’imprimesse nella sua mente.

No, non c’era mai stato alcun silenzio, non uno in tutte le età che avevano vissuto insieme, mano nella mano, lei così leggera da volare un po’ più su ad ogni passo, lui deliziato dalla loro lunga passeggiata, ma coi piedi per terra - un uomo appena venuto al mondo, legato a lei - che sembrava stesse per spiccare il volo - come un bimbo al suo palloncino.
Questo finché, d’improvviso, qualcosa era crollato sul palcoscenico: e c’era stato un intervallo, triste e insistente, nella loro promenade.


Intervallo.


Lampeggiava sullo schermo del cinema a grandi lettere, mentre Ellie si rassegnava a non poter avere altri bambini se non suo marito, e Carl cercava di recuperare il cuore di lei fra scatoloni e vecchi ricordi, immerso nel pulviscolo della luce di metà mattino.

E poi, ad un certo punto, i suoi occhialoni erano ricomparsi sulla scena, cozzando contro la cinepresa e sorprendendo il pubblico. La “spalla” era tornata alla carica, pronta a sostenere l’attrice principale con tutte le sue forze, pronta a ricucire per la sua star il costume perso durante la pausa.

E avevano ricominciato a passeggiare - sullo sfondo boulevards e giungle, foreste e deserti, luci da metropoli e fiori di campo - fino a che, un bel giorno, lo spazio del palco era finito. Niente più passeggiate. Niente più arrampicarsi su per gli scaffali, niente più nuotare nelle fantasie raccolte in un diario, niente più sognare di rivedere il sole il giorno dopo.

Il sipario calava sull’ultimo atto, consumato in quella stanza d’ospedale, insieme ad un silenzio che pesava molto più della sua voce.

L’orchestra era sparita. Un gruppo di suoni stonati e striduli cercava di sostituirla, a metà strada fra tv e memorie perse, ancora una volta, nella polvere di uno scantinato.

Il personaggio secondario si era ritrovato all’improvviso protagonista, ed aveva sorpreso il pubblico con la sua battuta innocente.

“Te ne sei andata, Ellie, tesoro? Avevamo tante avventure da vivere ancora.”

Qualcuno o qualcosa aveva pianto in lui, davanti ai due biglietti per il Sud America che bruciavano lenti nel camino.

Lo stesso al quale Carl avrebbe fissato il suo - il loro - sogno, infranto e poi sublimato in un riverbero di luci colorate e palloncini.

Gli spettatori, col cuore tremante, avevano atteso trepidanti.

E poi, ecco il colpo di scena.





“Buon pomeriggio, il mio nome è Russel, e sono un esploratore della natura...”








“The End”





*

Tutta la metafora è venuta fuori spontanea; e non intendevo assolutamente dire, con tutto ciò, che la felicità e/o la storia d’amore di Ellie e Carl sia stata nient’altro che una farsa. Anzi. Li amo proprio per quanto si sono amati.
I palloncini, poi, non potevano mancare. <3

  
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