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Autore: Bitter_sweet    22/12/2009    4 recensioni
Lanciavo briciole nell'aria, era come se stessi cercando di trattenerti in un giogo fatto di stelle ed aria.
Non c'era un senso a tutto quello. Cercavo semplicemente di tenere gli occhi chiusi costruendo una sorta di invisibile quadro astratto ed ero sempre stata brava nel disegnare. Ma eravate voi a darne i colori, a volte erano solo schizzi, altre volte pennellate precise, con bordi così ben definiti da farmi credere che foste voi i pittori e forse...lo eravate davvero.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What are you doing I personaggi di One Piece non sono miei.
Fan fiction scritta per il compleanno di Rolo, sperando che le possa piacere sta cosa.



What are you doing?



“Cosa stai facendo?”

Mi avevi colto di sprovvista quella volta. Tenevo gli occhi chiusi seduta lì, su quella piccola panchina di pietra, l’odore di salsedine del mare mi inebriava i sensi ed il vento mi scompigliava i capelli e le leggeri vesta che indossavo. Era una bella giornata, col sole alto e caldo e nulla l’avrebbe potuta turbare.
Nemmeno il tuo arrivo aveva rotto quell’incantesimo.
Non ti avevo sentito avvicinarti, ma non c’è da esserne sorpresi. Tu eri quello taciturno e silenzioso, tu eri quello più pericoloso tra tutti noi, perché ti bastava un solo sguardo per incutere terrore nei tuoi nemici. Ti muovevi sempre silenziosamente, apparendo quasi un fantasma, sulla Sunny.
“Sogno.” Ti avevo risposto semplicemente.
“E cosa, sogni?”
Non c’era traccia, nel tuo tono di voce, di sarcasmo od ironia, sembravi realmente curioso di sapere i miei pensieri. Non ho mai capito il perché, eppure sembrava quasi che tutti voi cercaste sempre di dare un senso ai miei desideri, alle mie parole, ai miei pensieri.
Era come se voi foste i miei personale geni della lampada.
Devo ammettere che me ne sono approfittata, troppe volte forse.

Aprì gli occhi fissando l’azzurro del cielo che si confondeva con l’azzurro del mare. Sentivo la tua presenza alle spalle e potevo benissimo immaginare la tua posa. Le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, la schiena dritta e lo sguardo sulla mia nuca. Probabilmente avevi l’espressione di chi aspetta pazientemente di ricevere una risposta, ma non avevi mai ricevuto nulla da me.

Se avessi detto a voce alta il mio sogno, non si sarebbe avverato. Così ti avevo risposto.

Mi avevi guardato confuso allora. Incrociando il tuo sguardo scuro avevo potuto leggervi con chiarezza la tua confusione e probabilmente quella per te era l’ennesima conferma della mia pazzia. Ma avevi sorriso poi, le tue labbra si erano stirate in un lieve sorriso ammorbidendo la linea dura del tuo viso. Ed avevi scosso appena il capo, come a voler scacciare un qualche pensiero.
“Tu sei tutta matta.”
Avevo sorriso io allora, mentre tu ti appoggiavi con i gomiti allo schienale di pietra rivolgendo lo sguardo verso un punto imprecisato nel blu del mare.

Non eravamo più tornati su quell’argomento, ma a volte scorgevo sul tuo viso uno sguardo pensieroso e mi fissavi intensamente per poi scuotere il capo sillabando un pazza silenzioso. Sapevo che ci rimuginavi sopra, tentavi di scrutarmi dentro con la speranza di dare un senso a quel mio sogno ad occhi chiusi.
Ma non avevi mai capito.
Io giocavo sapendo che tu saresti diventato matto per mettere insieme tasselli di un puzzle che non riuscivi a completare. Di punto in bianco lanciavo parole che per gli altri non avevano significato, ma tu cercavi sempre di afferrarne il senso. Probabilmente sapevi che non l’avevano, ma mi assecondavi in questa mia pazzia. Ed io mi divertivo a vedere il tuo viso indurirsi pensieroso prima, confuso poi e per finire esasperato quando capivi che quello altro non era che un tassello del puzzle.

Sai? Quel puzzle lo sto ancora costruendo. Ha così tanti pezzi che nemmeno ora è vicino ad esserne completato. Probabilmente ci impiegherò tutta la vita per farlo.

Una volta hai provato a chiedermelo.
Ti avevo fatto davvero esasperare con le mie continue frasi senza senso, con le mie punzecchiature, con le mie prese in giro.
“Allora?”
Mi piaceva esasperarti.
“Cosa?”
“Dai Nami…”
Avevi indicato esasperato ed un po’ divertito la mia posa. Era notte e tenevo gli occhi chiusi, appoggiata con non curanza alla ringhiera davanti alla cucina.
Ogni tanto tornavo a chiudere gli occhi e sognavo e tu volevi sempre chiedermi cosa, ma non lo avevi mai fatto direttamente ed io ti canzonavo prendendoti in giro facendoti sbuffare sonoramente. Scuotevi sempre il capo e anche quella notte lo facesti. Sembravi stufo di darmi retta, ma il giorno dopo mi avevi sibilato in un orecchio pazza senza farti vedere da nessuno e sapevo che ancora mi avresti dato retta.

Sembrava davvero un gioco, ma alle volte non lo era.

“Mi insegni?”
Domanda assai difficile da interpretare.
Ti guardai scandalizzata. Stavo disegnando una delle mie cartine e tu te ne eri uscito con quelle due paroline e mi avevi destabilizzato.
“Eh?”
“Non…quella cosa, l’altra.”
Sei sempre stato in grado di sorprendermi.
“L’altra?”
“Sì, il…sognare.”
Eri serio con uno strano cipiglio in volto. Probabilmente ti eri aspettato da parte mia una risata, o una battuta ironica. Forse ti aspettavi che ti chiedessi dei soldi per insegnarti a sognare.
“Va bene.”
Ti avevo spiazzato io quella volta. Ma volevo davvero insegnarti a sognare anche se probabilmente già lo facevi.
Ma non sono sicura di essere stata io ad insegnartelo. Alle volte credo che sia stato tu il maestro ed io l’alunna. Ogni giorno mi regalavate un sogno. Un pezzo di puzzle.

“Cosa stai facendo?”
Hai gli occhi chiusi, i gomiti poggiati al parapetto ed uno strano sorriso ad ammorbidirti i lineamenti.
Sogno.”





Nota:
Non ha senso…davvero davvero davvero sta cosa non ha alcun senso.
   
 
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