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Autore: Savannah    26/12/2009    61 recensioni
Qualcuno la incitava a esprimere un desiderio. E se c’era qualcosa che sapeva come bruciare mille desideri alla luce sparsa di quelle fiamme vive, era la mente della ragazza che adesso chiudeva gli occhi per trattenere qualcosa, l’attimo prima di affidarla al fumo che saliva verso il soffitto incantato di un cielo pieno di stelle.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Immaculate Dreams

 

I rami si allungavano placidi sull’acqua, riversando sulla superficie d’argento una lenta pioggia di foglie ingiallite.
Socchiudendo gli occhi poteva contemplare le loro lente evoluzioni tra le braccia del vento prima che si depositassero, fragili vascelli dorati, sulla distesa d’acqua investita di luce.
Chiuse gli occhi e si lasciò sommergere, l’acqua del lago era densa e pesante, gli avvinghiava le gambe e lo trascinava verso il basso, simile al sonno provocato dal vino o dalle Pozioni: greve, irresistibile,
sbagliato.
Rimase immobile, con le orecchie piene del suono del vuoto e gli occhi socchiusi che contemplavano le pozze di luce sul pelo dell’acqua.
Al di sopra di quel muro di vetro c’erano le foglie dorate di settembre.
Sentì qualcosa sfiorarlo e riprese coscienza di sé.

 

 

IMMACULATE DREAMS

 

[Love Crimes]

 

 

 

Mine,
Immaculate dream,
Made breath and skin,
I’ve been waiting for you

 

La luce delle candele sospese in aria andava smorzandosi, segnando delicatamente la fine della cena.
Il tavolo del Gryffindor sembrava racchiuso in un confine dorato e irreale, nel buio soffice che cominciava ad avvolgere la Sala Grande.
C’erano candele posate sulla tavola e luce di un oro intenso e morbido che accendeva di riflessi i calici e i piatti, e gettava ombre preziose su una natura morta di frutta e pane. Il rosso sensuale delle mele, il verde traslucido dell’uva, profumo d’arance; ombre fragranti sui panini dorati al chiarore di un candeliere di bronzo, dove tre candele andavano liquefacendosi in lunghe colate di cera; briciole brune di biscotti da raccogliere con la punta delle dita per portarle alle labbra, di nascosto.
La semioscurità si allungava carezzevole oscurando il caldo marrone rossiccio del tavolo, la pietra del muro sullo sfondo, gusci di noci su mari di ombre e l’odore fumoso delle castagne ammucchiate in un angolo.
C’erano cori di auguri, un’allegria fuori dal mondo che sembrava dimenticata per sempre, il semplice splendore di una quotidianità che era stata solo un ricordo; e le candeline che incendiavano d’oro il volto di una ragazza con le mani giunte davanti alle labbra e gli occhi stupiti e felici davanti a una torta di compleanno.


Signed, with a home tattoo,
Happy birthday to you
Was created for you

 

Immergere le dita in quella crema burrosa e soffice, poi forzarle la bocca, spingerle all’interno delle sue labbra e guardarla chiudere gli occhi, sentire la punta della sua lingua sfiorarlo.
Chi avrebbe diviso con lei, su un letto, gli avanzi di quella torta di compleanno?

Sembrava un quadro, dolci, oscuri stilemi preraffaelliti su una tela antica, in una cornice aurea e sontuosa: i capelli rossi dei Weasley che catturavano i riflessi delle candele, i volti accesi dei ragazzi che cantavano, qualcuno la cui voce sovrastava il coro invitando a esprimere un desiderio.
Desiderio.
Se c’era qualcosa che sapeva come bruciare mille desideri alla luce sparsa di quelle fiamme vive, era la mente della ragazza che adesso chiudeva gli occhi – polvere d’oro sulle ciglia e sul viso e tra i capelli, tra le dita ancora giunte sulle labbra per trattenere qualcosa, l’attimo prima di affidarla al fumo che saliva verso il soffitto incantato di un cielo pieno di stelle.


Can't ever keep from falling apart at the seams
Can't I believe you’re taking my heart to pieces

Draco Malfoy si fermò sulla soglia della Sala Grande, distratto da quella vista e dal ricordo di un pensiero disobbediente.
Si domandò che significato avrebbe avuto, bruciare per un istante negli occhi di lei, nel riflesso delle candele a cui affidava i suoi sogni.
In fondo era una fattura molto semplice, pensò, soltanto un piccolo crimine

(Contro se stesso)
da consumare nel segreto di una notte soltanto.
Sarebbe stato sufficiente procurarsi una di quelle candele, su cui lei aveva soffiato sigillando i propri desideri, magari nascondendosi nel buio della Sala Grande e aspettando che tutti fossero andati via.

Lontano da lui.
Poi doveva soltanto mettere per iscritto su un pezzo di pergamena ciò che desiderava lei sognasse e spargervi sopra la cera della candela.

Attento a non scottarsi.
Poi consegnarla al fuoco.

Attento a non bruciarsi.
In fondo poteva anche considerarla una sorta di vendetta, insinuarsi primo nel sogno che lei avrebbe fatto la prima notte del suo diciassettesimo anno.

***

Ah, it'll take a little time, might take a little crime
To come undone

Now we'll try to stay blind, to the hope and fear outside

Era una semplice fattura, si disse ancora, le dita ferme sulla pergamena alla luce di un’unica candela rubata che si rifletteva sull’argento del pennino.
Scrisse una riga, con foga, la grafia inclinata verso destra quasi la mano volesse anticipare le parole successive prima che la sua mente arrivasse a fermarle.
Tirò di nuovo una riga su un pensiero. Il foglio era pieno di parole e frasi lasciate a metà, modificate e poi abbandonate. Distratto da un’idea disegnò ghirigori di inchiostro, poi esaminandoli si affrettò a cancellarli.
Esaminò il foglio, frustrato. Se aveva pensato anche solo per un istante che sarebbe stato semplice esprimere con precisione che cosa avrebbe desiderato che lei sognasse, doveva aver perso ancora un brandello di raziocinio.

Un altro ancora.
Fece un gesto brusco e il candeliere si rovesciò. Sentì la cera della candela sulle nocche, bruciante e poi tiepida e poi fredda. Imprecò e si ritrasse, osservando indignato una fiammella alzarsi ostinata sullo stoppino annerito, rifiutandosi di annegare in quel lago viscoso che scivolava lungo la parete di quel misero moccolo consumato.
Al di là della luce di quell’unica candela lei dormiva, pensò.
Ripiegò il foglio, poco convinto, e l’accostò alla fiammella. La pergamena si incendiò, consumandosi all’istante fino alle sue dita e lui la lasciò cadere, imprecando. Si portò il pollice e l’indice alla bocca, succhiandoli contrariato e poi vi soffiò sopra cercando sollievo.
Forse la fattura era riuscita, forse no.
Abbandonò quel pasticcio sul tavolo e se ne andò a dormire, tanto qualcuno avrebbe ripulito la mattina successiva.

***

Hey child, stay wilder than the wind
And blow me into cry

 
Il giorno dopo, improvvisamente, si fermò al centro del corridoio ricordandosi che quella notte non era riuscito a dormire.
Era rimasto sveglio ad ascoltare le lancette dell’orologio che viaggiavano sul quadrante circoscrivendo nel cerchio delle ore le sue elucubrazioni.

Mentre lui era sveglio, proprio in quel momento, Hermione Granger forse lo stava sognando.
Le mani sulla fronte, poi tra i capelli, ed era stato perfettamente consapevole di avere gli occhi sbarrati nei buio e di non avere nemmeno il coraggio di accendere una candela.
Spaventato, imbarazzato, irritato, si era attorcigliato tra le lenzuola, rivoltando i cuscini troppo caldi e scalciato le coperte troppo pesanti. Faceva troppo caldo e poi, un attimo dopo, aveva freddo.

Chissà che cosa indossava lei per dormire, mentre sognava di lui, com’era il suo letto.
Due pugni bene assestati a un cuscino di piume improvvisamente troppo alto per essere comodo e poi la faccia che affondava nella stoffa.

Maledizione.
Il suo, di letto, sembrava di colpo imbottito di pietre.
Si era girato e rigirato, cacciando i piedi fuori dalla sponda del letto, scostando le cortine del baldacchino che lo soffocavano. Verso le tre del mattino aveva fatto un giro in sala comune senza sapere nemmeno lui, con esattezza, che cosa stesse cercando. Aveva trovato un pacchetto di sigarette sottili alla menta, che aveva intascato senza alcuno scrupolo.
Era rimasto nel buio a guardare la piccola brace che consumava la pergamena, grattandosi la tempia con un dito, con tanta insistenza che probabilmente si era scavato un buco in testa.
Riflettendo sul suo disgusto per quella ragazza, era rimasto impigliato in una serie di domande - che cosa avrebbe detto l’indomani, come lo avrebbe guardato - ed era tornato in camera, inciampando a ogni passo, a ogni pensiero che sopravveniva, più fastidioso, molesto e inquietante del precedente.
Un frammento oscuro che si annidava in fondo a ogni considerazione, parole che non poteva nemmeno formulare per intero, neanche nella sua mente (piacere, attrazione) perfettamente consapevole che qualcosa che si può pensare si può anche fare.
Avrebbe tenuto a freno la curiosità che insieme a quella punta di (doveroso, altroché) disgusto gli ronzava nei meandri del cervello accavallandosi a una miriade di immagini spontanee (pelle liscia, profumo di more, distese di muschio, letti di spine) e, per questo motivo, molto scomode.
- Malfoy, - si era detto ad alta voce rivolto al soffitto – Ma cosa vai farneticando? -
Adesso parlava anche da solo, come i pazzi.
C’era qualcosa dentro di lui che rideva, torbido e malizioso, sussurrandogli sottopelle quanto fosse inutile fare e disfare supposizioni (cosa stava accadendo in quel sogno, che consistenza avesse la sua pelle, se lei poteva sentire davvero il profumo della sua colonia e del suo corpo) e quanto fosse stupido guardarsi le mani e ascoltare il suono del proprio respiro affrettato (le sue braccia, le sue mani e il loro tocco, se la stretta che gli prendeva lo stomaco fosse ripugnanza o anticipazione) quasi si aspettasse da un momento all’altro di sentire un paio di mani posarsi sul proprio petto.

 

Who do you need?
Who do you love?
When you come undone

 

 

         ***

- Sono nel cortile –
Scalpiccio e ticchettare di scarpe sulla pietra del pavimento, due ragazzine di Hufflepuff che correvano verso una finestra.
- Stanno duellando per gioco –
- Potter è così bello
Un sospiro, stupido come la risatina che seguì.
- Ma stanno insieme? -
- Non lo so. A volte si direbbe di sì – fu la risposta, il tono troppo diffidente per potersi definire semplicemente gelosia.
Dopotutto, pensò lui, la ragazza in questione era Caposcuola del Gryffindor. Troppo temuta, troppo inflessibile per essere davvero popolare. La protagonista di quelle storie raccontate nel segreto dei dormitori, successive a corse a perdifiato lungo i corridoi dopo essersi trattenuti di nascosto fuori dalle porte degli studi degli insegnanti o dopo aver colto qualche brandello di conversazione sul quale creare ore di congetture.
Lei era la migliore amica di Potter, il suo scrigno dei segreti.

Una fitta.
- Sciocchezze, lei sta con Weasley –
- No, lo ha lasciato – pausa - Questa mattina –

Proprio in mezzo al petto.
- Perché? –
- Non lo so, si tratta della Granger e di Weasley: loro non fanno confidenze ai comuni mortali -

Words, playing me deja vù, like a radio tune
I swear I've hear
d before
Chill, is it something real
Or the magic I'm feeding off your fingers

 
Fingendosi annoiato, Draco Malfoy si allontanò in direzione di un’altra finestra, una di quelle che dal secondo piano si aprivano a perdita d’occhio sui prati, fino al muro d’oscurità della Foresta Proibita e, ancora più distante, all’ulteriore sfondo azzurrato delle montagne.
Con un colpo di bacchetta spalancò i vetri accogliendo l’abbaglio del sole che gli investì il volto.
Per un istante sentì soltanto il calore del raggi sul viso e lo schermo della mano che frappose tra sé e tutta quella luce non impedì alle macchie livide di danzare davanti ai suoi occhi mentre li abbassava in direzione del prato.
Un lampo di luce violetta striò il suo campo visivo e una risata scrosciò nell’aria, perdendosi nel fruscio degli uccelli in volo sopra la Foresta Proibita, una nube nera di piume e pensieri contro il fondale cupo di alberi secolari.
Se davvero lei quella mattina aveva rotto una relazione di anni, i suoi sentimenti  erano nascosti con cura dietro il suo sguardo tranquillo e il sorriso sagace che lanciò all’amico.
- Oh, Harry! -
Adesso rideva e di nuovo disegnava in aria un fregio complicato con la punta della bacchetta.
Un attimo dopo si piegava in avanti, ridacchiando, seguita da buona parte degli spettatori: il suolo sotto i piedi di Harry Potter aveva preso a ribollire e lunghi fili di folta erba verde erano improvvisamente spuntati da terra mandandolo a gambe per aria.
- Harry, stai forse aspettando che ti cresca l’erba sotto i piedi? –
Potter le restituì uno sguardo stupefatto, affondando in un soffice manto verde dal quale cominciavano a sbocciare margheritine bianche.
Si rialzò con una mossa agile, suscitando un coretto sommesso di sospiri.
Malfoy pensò che doveva avere fatto parecchia pratica, considerando la quantità di volte con cui era finito col sedere per terra.
Il gesto con cui Potter si spinse gli occhiali sul naso aveva l’inconsapevolezza della vecchia abitudine, di chi li aveva rotti tante di quelle volte che la magia non teneva più così bene – forse anche per non aver eseguito sempre correttamente l’incantesimo.
- Ma che spiritosa – esclamò con gaiezza, indirizzando all’amica uno dei suoi sguardi sbarazzini da dietro quelle lenti praticamente sudice di ditate, mentre con una mano cercava di togliersi dalla fronte quei capelli che si sollevavano in tutte le direzioni.
Stavano giocando con gusto, più occupati a creare magia che a scagliarsela addosso. Anche Potter, che all’inizio appariva teso – quasi il riflesso automatico gli imponesse di rispondere agli attacchi come se si trattasse di una minaccia autentica – sembrava divertirsi e rideva.
Nondimeno la sua tecnica di combattimento era eccellente: girava intorno alla Granger senza staccale gli occhi di dosso un istante; la bacchetta sembrava un prolungamento della mano, fremeva tale e quale a carne viva percorsa da nervature e tendini.
Parò una Fattura Gambemolli, mandò a vuoto un getto d’acqua puzzolente che la Granger trasformò in un volo di farfalle rosse.
Lui sembrava anticipare l’azione della sua antagonista quando questa era solo allo stadio di pensiero, ma, d’altra parte, la Granger aveva una difesa robusta che parava senza difficoltà la maggior parte degli attacchi e una cognizione della magia che ogni volta riservava sorprese.
Le farfalle rosse, fiori nell’azzurro limpido del cielo di settembre, le circondarono per qualche istante il viso, esaltando col loro colore violento la pelle chiara e i riccioli scuri raccolti sulla nuca con una matita, poi disparvero nei prati alla ricerca degli ultimi fiori d’estate.
Il duello ricominciò. I due avversari giravano in cerchio, le bacchette levate e le gambe pronte a scattare, gli sguardi concentrati dietro il sorriso, l’istinto verso la conoscenza, l’impeto contro una solida calma, l’impulso di fronte alla tecnica.
Brandelli di nuvole indugiarono quieti davanti al sole e quando si allontanarono, Malfoy sollevò nuovamente la mano, con un gesto disattento, per schermarsi gli occhi da un bagliore improvvisamente più forte.
In quel momento Hermione Granger sollevò lo sguardo verso le finestre del secondo piano e alzò la mano destra con la bacchetta portandola sopra la fronte. Nel riflesso del sole troppo forte, socchiuse gli occhi come per metterlo a fuoco.
La sua parata arrivò con un istante di ritardo, quando l’attacco di Potter aveva già oltrepassato la linea ideale di sicurezza, così l’Incantesimo Scudo riuscì soltanto a smorzarne la potenza.
Con un grido lei cadde in terra.
- Hermione! Ti sei fatta male? -
Anche adesso Potter non riusciva semplicemente a pensare di poter abbassare la bacchetta. Anche mentre si piegava su un ginocchio, tendendo una mano alla sua migliore amica per aiutarla a rialzarsi, l’altra restava pronta, la bacchetta spianata, come se dovesse difendere se stesso e la ragazza da qualcosa o da qualcuno. Riflessi incondizionati: anche i loro giochi ormai, dopo anni, portavano i segni di quella che era stata la loro vita.
- Sto bene –

Can't ever keep from falling apart at the seams
Can't I believe you’re taking my heart to pieces

Lei sorrise e accettò che la tirasse in piedi, si appoggiò leggermente a lui, la familiarità disinvolta di anni di contatto. La mano di Potter le scivolò intorno al fianco, in un gesto protettivo, automatico.
Hermione Granger, tuttavia, stava guardando ancora in alto.
Verso di lui.

Quella notte lo aveva sognato?
Una raffica di vento agitò mantelli neri e rubò una miriade di foglie dorate agli alberi del parco, lacerò le nuvole sopra di loro lasciando che lame di sole terminassero di squarciarle.
Il braccio di Potter tentava di trascinarla via, lei non si muoveva.
Chissà se si era svegliata col cuore che batteva forte (Disgustata? Affascinata?), ricolma di qualcosa che non sapeva spiegare e di piacere colpevole.
Lo stava ancora guardando e la luce era troppo forte per distinguere i suoi occhi oltre l’oro bruno delle ciglia e lui rispose all’impulso di ritrarsi in fretta, nella cornice della finestra, con le spalle al muro. Agitato.
Poi da cosa? Si domandò, togliendosi lentamente una mano dal petto.
Spiando oltre il davanzale, vide che Potter dirigeva con fermezza la sua migliore amica verso una porta secondaria.
Mentre gli spettatori si disperdevano, lui rimase a osservare una singola farfalla, rossa come una macchia di sangue, posarsi su uno stelo d’erba e lasciarsi trascinare via da una raffica dorata di foglie.
Poi pensò che in fondo faceva ancora abbastanza caldo per andare a nuotare nel lago.
Magari con una pietra attaccata al collo che spedisse il suo cadavere fresco di giornata a dividere le sorti con la Piovra Gigante.

***

L’acqua si era già chiusa sulla sua testa quando, lentamente, aveva avvertito un tocco gentile dietro la schiena.
Impalpabile, simile a una corrente appena più calda di quelle che correvano sotto la superficie, aveva tuttavia qualcosa di inequivocabilmente umano.

Una carezza.
Qualcosa che gli aveva punto il cuore fino a svegliarlo dalla pace sospesa che, quando poteva, inseguiva nelle acque del lago – l’assenza di pensieri, la lontananza dalla terra – fino a spingerlo a cercare di nuovo il suolo e il mondo.
Scosse lievemente il capo, cercando di riafferrare la sensazione che ormai andava svanendo, ma non riusciva a relazionarla a nulla di conosciuto.
Attese ancora un attimo, poi i polmoni cominciarono a bruciargli e iniziò a battere i piedi.
La superficie di vetro dell’acqua si infranse alla spinta del suo corpo. Nuotò verso la riva, lentamente, controllando la respirazione, con lunghe bracciate voluttuose, i muscoli concentrati nello sforzo di vincere la resistenza pesante dell’acqua del lago.
L’oscurità delle acque lo richiamava indietro, una voce bassa e dolce che lui ignorò, attratto dalle dita che si allargavano sull’acqua, nei pressi della riva, protese verso di lui. Talmente bianche e morbide all’aspetto, quanto il fondo del lago era scuro e duro di pietre lisce sulle quali sarebbe stato semplice scivolare.

Trovarsi a terra, davanti ai suoi piedi.
Guardò la propria mano, come se non gli appartenesse, emergere grondando acqua appena intiepidita dal suo corpo e avvicinarsi a quella di lei; ma all’ultimo istante esitò e con un colpo secco allontanò le dita pronte ad afferrare le sue.
- Malfoy – lei si massaggiò la mano, Malfoy non pensava di averla colpita così forte – Avrei dovuto lasciarti affogare –
Senza risponderle uscì dal lago e si passò una mano tra i capelli per scrollare via l’acqua, lasciandoli in disordine intorno al viso.
Il sole del primo pomeriggio era un brivido gradevole sulla pelle che iniziava a scaldarsi.
Si lasciò cadere sulla riva e guardò in direzione della ragazza, gli occhi grigi duri e scintillanti come le pietre sotto il velo luminoso dell’acqua.
- Perché sei venuta a disturbarmi, Granger? –
Lei aveva le guance leggermente imporporate e all’improvviso Malfoy realizzò di essere seminudo. Le ricambiò lo sguardo, sfacciato. La vide rubare un’occhiata alle sue braccia nude lucide d’acqua e poi umettarsi leggermente le labbra e sostenere ancora i suoi occhi, tranquilla. Un momento di insicurezza, il suo, ma sarebbe morta prima di lasciarglielo capire, pensò.

Adesso lei sapeva com’erano le sue braccia?
- Che è successo questa notte? –
Pensava che lei gli avrebbe scagliato contro quella domanda, quando con sommo stupore sentì la propria voce formularla.

La Granger si morse appena il labbro inferiore, un gesto involontario che lui seguì, attratto, chiedendosi quali parole avesse frenato appena in tempo prima che uscissero, disobbedienti e sconsiderate.
Come accadeva a lui, a volte.
Sentì un rivolo d’acqua intiepidita dal sole scivolargli dai capelli sulla nuca e poi lungo la schiena Senza distogliere gli occhi da quelli di lei, trasalì a quella sensazione inaspettatamente piacevole.
- Non lo sai? – domandò lei, la voce bassa e cauta.
Le rispose con uno sguardo di sfida – No – disse – Vuoi raccontarmelo tu? –

La Granger spalancò gli occhi, presa alla sprovvista; lui udì ancora la propria voce, bassa, lievemente arrochita – Vuoi raccontarmi, Granger, che cosa abbiamo fatto questa notte? –
All’improvviso ricordò i suoi occhi levati verso di lui, la mano vicino al viso, mentre lo sorprendeva a osservarla dall’alto di una finestra. La rivide pagare quella piccola vittoria cadendo per terra.

Perdendo un duello.

Who do you need?
Who do you love?
When you come undone

Pensò che Hermione Granger, dopotutto, avrebbe potuto avere soltanto gli occhi scuri. Non che potesse appartenerle, un colore freddo o trasparente, simile a un cielo di giorno o all’erba estiva oppure all’acqua; non una superficie che fosse possibile sondare, o attraverso la quale scorgere qualcosa.
Poteva catturare con lo sguardo soltanto un’oscurità conturbante, un’essenza torbida nella quale perdere lucidità; un buio complice dove cercare sprazzi d’oro, e che non avrebbe rivelato niente.

Non a lui, almeno.
- Perché non me lo racconti tu? – disse lei.
Avrebbe dovuto saperlo che quell’istante di vergogna deliziosa consumata mentre i loro sguardi si incontravano ancora non le avrebbe tolto un granello di arroganza.
Si alzò e le si avvicinò, domandandosi se lei avrebbe avvertito l’ondata gelida del suo corpo ancora bagnato. Le afferrò un polso talmente sottile che si perdeva quasi nel cerchio delle sue dita, le sollevò il braccio. Non si era mai accorto di essere tanto più alto di lei. Non aveva mai capito veramente che cosa avrebbe significato vederla piegare la testa all'indietro per poterlo guardare negli occhi, sentire la sua fragilità fisica pensando che in quel corpo minuto si celava un potere magico così grande da poterlo anche uccidere.
Si chinò verso il suo orecchio. Parlò.
La sentì ansimare, la vide chiudere gli occhi di colpo, vide il rossore affluirle alle guance, con le dita percepì il battito del suo sangue accelerare sotto la pelle sottile del polso.
La abbandonò all’improvviso così come l’aveva afferrata, sentendo ancora la forma delle sue ossa contro il palmo, lasciandole una traccia d’acqua sul polsino.
- Le candele della mia torta – sussurrò lei – Quando le ho contate ne mancava una –
Brillante. Sapeva che due pensieri potevano fondersi nella sua mente senza impiegare nemmeno l’intervallo di un momento. Eppure abbastanza ingenua da non proteggersi, da non pensare che qualcuno avrebbe potuto approfittare della porta rappresentata dalla semplice luce di una candela.

Per raggiungere qualcosa di lei, anche solo in sogno.
- Non può essere –
Lui piegò il capo verso la spalla e le rivolse uno sguardo ironico.
- No? – sussurrò.
- Può essere una coincidenza – replicò lei, decisa.
- Allora mi sogni spesso, Granger? –
Era ancora davanti a lei, abbastanza vicino che avrebbe solo dovuto allungare una mano per toccarla ancora.
Invece fu la mano di lei a raggiungerlo.
Una folata di vento li investì entrambi, dissimulando il tremito violento che lo assalì quando le dita di lei si posarono sulla pelle del suo addome. Non riuscì a impedirsi di contrarre i muscoli e il respiro si fermò quando sentì, oltre che vedere, quelle dita gentili e decise che scivolavano verso il basso. Con l’indice lei agganciò l’orlo superiore del suo costume da bagno, abbassandolo quanto bastava per scoprire la linea armoniosa del fianco, la zona vulnerabile sotto l’osso dell’anca. Il suo tocco si arrestò sulla minuscola voglia rosea che intaccava la liscia perfezione della pelle.
Lei aveva gli occhi sbarrati. Allontanò la mano da lui e indietreggiò di un passo.

Lost, in a snow filled sky, we'll make it alright,
To come undone

- Non è vero –
- Oh – fece lui, la voce soffice – Sì che lo è, ne hai la prova. Delusa che non fosse qualcun altro? –
- Non è questo – rispose lei d’impulso, i pugni stretti, l’espressione sconvolta – E’ che non puoi essere tu
Un’altra folata di vento si portò lontano quelle parole. Tenere foglie di un giallo appena punteggiato di marrone si staccarono dagli alberi sopra le loro teste, planando dolcemente sul lago. Una nevicata dorata, foglie che ondeggiavano, dolci, sulla superficie delle acque scure.
- Non potevi essere tu, stanotte. Non ci credo –
Con uno sguardo inorridito, da bambina colta sul fatto, lei si coprì la bocca con entrambe le mani e lui provò l’impulso di allontanarle i polsi con la forza per permettere alle parole di uscirle dalle labbra.
- Perché? –
Avrebbe voluto per quella domanda il tono insolente con cui la omaggiava di solito, invece gli uscì piatta e semplice, impossibile da aggirare con un rimprovero.
- Perché non potevo essere io, Granger? -
Lei distolse lo sguardo, l’incredulità che si lasciava ancora contemplare in ogni tratto del suo viso, la lacerazione che gli mostrò un attimo prima di chiudere gli occhi.
Si era sbagliato, anche in quell’oscurità poteva affiorare qualcosa.

Qualcosa per lui.
All’improvviso il pensiero inopportuno che aveva tenuto a bada per tutto il giorno gli ferì il cervello, simile a un bisturi d’argento piantato nelle tempie.
Hermione Granger, l’impudente che non aveva mai avuto la minima esitazione a riversargli addosso tutto il suo disprezzo, si rifiutava di guardarlo negli occhi, e ancora si premeva le nocche della destra contro le labbra.
- Le sue fattezze. Le tue fattezze non erano sempre chiare. Non avrei mai potuto immaginarti così – disse piano, quando Malfoy ormai pensava che non l’avrebbe più sentita proferire parola.
Di nuovo lei lasciò saettare lo sguardo fino al suo fianco, dove le dita avevano cercato con precisione quel piccolo segno.
- Continua – le disse – Che cosa non avresti immaginato? -
C’erano segreti lunghi un’intera notte custoditi nella sua mente, che probabilmente non gli avrebbe mai raccontato e lui si accorse di sentirsi defraudato. Avrebbe voluto afferrarla e scuoterla fino a farglieli sputare, chiederle come era stato, che cosa aveva provato, che cosa era riuscita a leggergli tra le mani e sul corpo mentre lo toccava.

Mentre lui toccava lei.
Hermione Granger parve riacquistare a fatica un minimo di calma, di nuovo la lucidità le distese il volto, le spalle si rilassarono.
- Hai detto la verità – disse, lentamente - Se si tratta della fattura che penso, tu puoi avere disposto quello che sarebbe successo nel mio sogno ma non puoi avervi partecipato in prima persona. Non hai visto
Un sollievo più grande di lei parve farla barcollare. Appoggiò una mano al tronco immediatamente alla sua destra, il vento agitò ancora le fronde, mandando un’altra ondata di foglie a cospargere d’oro lo specchio del lago, disegnando merletti d’ombra mutevole sul viso di lei.
- Tu non sai niente, Malfoy –
Pronunciò quelle parole senza esultanza o perfidia. Semplicemente un sorriso segreto le sfiorò le labbra, il sapore di un mistero che conosceva lei soltanto.
Lo studiò di nuovo in volto, con calma questa volta. Le emozioni della paura e dell’imbarazzo erano scomparse, lasciando il posto a schietta curiosità.
Poi, quasi non potesse farne a meno, i suoi occhi traditori gli scivolarono ancora addosso, sul collo e sul petto nudo. Si soffermò sulle braccia e il sangue le affluì di nuovo alla guance, le ciglia si piegarono troppo in fretta perché lui potesse tentare di sondarle lo sguardo.
Il suono del suo respiro trattenuto però lo colpì come un pugno nello stomaco.
Quella mattina, lei aveva lasciato Weasley.
Le voltò le spalle, con rabbia – Adesso vattene, Granger – esclamò – Mi hai già fatto perdere abbastanza tempo -
Senza aggiungere altro, lei si staccò dal tronco dov’era appoggiata e si diresse verso il sentiero tra gli alberi.

Now we'll try to stay blind to the hope and fear outside
Hey child stay wilder than the wind
And blow me into cry

***

Le candele sospese nell’aria andavano smorzandosi gentilmente, segnando la fine dell’ora di cena. Mentre si dirigeva verso la porta, da un cerchio d’ombra al limite estremo del tavolo del Gryffindor, lo raggiunse una voce nitida e bassa.
Si voltò, appena un baluginare di riflessi dorati nell’oscurità che spandeva dolcemente sommergendo il tavolo.
- Cinque giugno, vero? –
Lui si voltò, il suo sguardo gli mandò in frantumi l’ultimo pensiero formulato.
Non le rispose, si limitò a guardarla.
- E’ il giorno del tuo compleanno – insisté lei.
- E anche se fosse? –
C’era qualcosa dietro la sua arroganza, forse un’attesa che lui non aveva mai potuto scorgere prima di allora. Una certa aspettativa, come se tentasse di misurare la sua reazione.
- Hai intenzione di vendicarti? – le domandò.

Questa volta fu lei a non rispondere, limitandosi a sorridere ancora.
In fondo era soltanto un piccolo crimine, pensò

(contro di lui)
da consumare nel segreto di un’altra notte ancora.

Who do you need?
Who do you love?
When you come undone

 
Come Undone, Duran Duran

 

*****

 

 

Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo qui. Natale è passato da qualche ora, ma posso sperare che il vostro sia stato felicissimo oltre che augurarvi delle bellissime feste e un meraviglioso nuovo anno
.

La prima bozza di questa storia è stata composta in occasione del compleanno di Olivia, così mentre la pubblico il pensiero va a lei, a Jan e a tutte le persone che quel giorno l’hanno festeggiata.

Ringrazio anche tutti coloro che continuano a leggere e a recensire le mie storie anche dopo tutto questo tempo, e che sono così carini da scrivermi. Grazie davvero con tutto il cuore, non potete immaginare che cosa abbia significato e cosa sempre significhi per me.

Come sempre la dedica va alle mie tre figliole che al momento saranno da qualche parte a discorrere di massimi sistemi, filosofia e fine politica, mentre ingeriscono soltanto alimenti sanissimi e guardano film impegnati: Euridice che sarà felice di sapere che nella migliore tradizione ho cambiato il titolo; Opalix, la mia figliola pura Slytherin che con molto senso pratico sa esattamente cosa augurare per Natale; Chiara che, tesoro mio, non ha ancora ucciso nessuno e pertanto è da classificarsi come santa. E a Pamy, che tocca le cose irreali e le fa diventare vere.

 
Savannah

 

 

 

 

   
 
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