Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Love_in_London_night    28/12/2009    3 recensioni
Questa è la mia prima ff. Cris, ragazza di 22 anni che vive a Brescia, parte per Vancouver per andare a trovare l'amico ritrovato da poco, Ale.
Scopre dalla mamma di Ale che lavora sul set di un film horror, poi incontrando il suo amico si renderà conto che non è così... Bensì lavora sul set di Eclipse.
Ha solo una settimana per far colpo su Rob, la sua ossessione, ma le cose possono sempre cambiare... E complicarsi, in meglio o in peggio sta a voi giudicarlo!
(NB: IL TITOLO è UNA LICENZA POETICA CHE VERRà SPIEGATA NEL CORSO DELLA STORIA, NON UN ERRORE ORTOGRAFICO!)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 

 
Cosa ci faccio qui? Cosa ci faccio qui! Ecco cosa sto pensando. Io non sono tranquilla quando volo, non lo trovo il mezzo più sicuro del mondo. Mi dispiace, ma non posso farci nulla.
Ho problemi con il decollo, poi quando l’aereo è in modalità crociera non ho particolari problemi… Scossoni a parte. Diciamo che mi sento più sicura quando si sorvola la terra, non l’acqua. È come avere un legame con essa, come avere i piedi per terra, ecco. E invece eccomi qui… Intrappolata su un aereo in mezzo, si decisamente IN MEZZO, all’Oceano Atlantico. Devo ripetermi perché lo sto facendo.
Sono su un aereo per Vancouver, e per la prima volta sto volando sola (io che ho paura della mia ombra), per 3 ragione precise… o forse no, ma comunque sono:
1. il mio vecchio migliore amico, Ale.
2. me stessa.
3. e se proprio succede, una foto con Robert Pattinson.
Sto scappando da quella prigione di smog che è Brescia, perché devo staccarmi da tutte le delusioni che la vita mi ha riservato e la sua monotonia. La mia vita è fossilizzata da 22 anni. Sono davvero imprigionata, e l’unica cosa che ultimamente mi fa andare avanti sono le mie amiche. Le uniche fortune della mia vita sono loro, non so cosa farei se non ci fossero!
E ho approfittato del fatto che Ale fosse a Vancouver per stare con lui fuori dal mio immenso inferno personale e magari incontrare Robert in un pub… Perché non unire l’utile al dilettevole?
Pensare ad Ale mi fa venire una fitta alla bocca dello stomaco.
Fino ai 19 anni eravamo inseparabili, amici per la pelle. Convinti dell’amicizia uomo-donna perché nessuno dei due era minimamente attratto dall’altra e viceversa. Poi la compagnia di cui facevamo parte si è sciolta e di conseguenza abbiamo preso strade diverse. Ma non è mai passato giorno in cui non ne sentissi la mancanza, e ogni volta che ci incontravamo anche lui ribadiva questo concetto. Finché questa “fantastica” estate del 2009 ci ha fatto riavvicinare per poi dividerci senza spiegazioni, ancora una volta.
Mi chiama una sera e mi dice “devo partire, mi hanno preso sul set! Ti chiamo da Vancouver, mi mancherai, come sempre”. E io come reagisco? Piango, e mi chiudo in me stessa.
Ora invece ho deciso di alzare la testa e fargli una sorpresa!
Quindi: ho chiamato sua madre, mi ha detto che devo cercare il set di un film horror con dentro tutto: lupi mannari, pure gli zombie a quanto pare… mi ha descritto la cosa con una certa apprensione, e mi ha fatto passare la voglia di fare un giro sul set! Io mi impressiono facilmente e non dormo immaginandomi creature pronte a torturarmi e uccidermi. Dai, quanti set ci possono essere a Vancouver oltre a ‘sto film ed Eclipse? E poi, quanti dell’orrore? Mi basterà chiedere al concierge dell’albergo e il gioco è fatto!
Una turbolenza.
Mi attacco freneticamente ai braccioli e respiro profondamente. La musica in un caso come questo mi aiuterebbe, ma la mia testa è piena di pensieri rumorosi e le due cose cozzerebbero.
Sono tesa, è la prima volta che vado da sola in un paese che non conosco e con i soldi che mi sono guadagnata con il mio primo lavoro… elettrizzante e disarmante allo stesso tempo.
Un altro scossone. Lancio un piccolo gridolino. Mi sento davvero stupida!
L’hostess si avvicina e mi chiede: “le serve qualcosa?”, e dall’alto dei miei 22 anni le rispondo: “si, una vodka per favore”. Patetica.
“Arriva subito”, aggiunge, e cerca di camuffare – malamente – lo sgomento alla mia richiesta. Guardo fuori dal finestrino per cercare di ingannare il tempo e rilassarmi, ma vedere quell’immensa distesa d’acqua non aiuta. Grazie a Dio arriva l’hostess che mi porge una piccola bottiglietta e un bicchiere. La osservo con sguardo implorante e le sussurro: “grazie mille”. Cindy – così si chiama – mi sorride speranzosa e se ne va.
Guardo quello che ho davanti, decido di saltare il passaggio del bicchiere, e ingollo la vodka nel minor tempo possibile, intanto ripeto il mio mantra personale: Ale, me stessa, Robert… Ale, me stessa, Robert… Ale, me stessa, ecco… così va meglio, tengo gli occhi chiusi e tutto il resto del volo cade in un dolce oblio.

   
 
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