Tre flash
fiction (centodue, centotrentaquattro e centonovantasei parole) prive
di alcun
significato, perché mentre guardo un anime devo
assolutamente tenere Word fuori
portata XDDD.
Sto recuperando le puntate in subITA perché sono rimasta
schifatissima dal
doppiatore di Lelouch XDDD, sono alla undici, portate pazienza in
merito a
eventuali – sicuri – screzi con la trama
successiva. Odiatemi ù___ù.
Questo messaggio è per Claudia, che tanto si è
lamentata: non rompermi
le palle sui titoli delle shot!
Fanno schifo anche se non sono
messi alla come viene! Hanno un significato, lo giuro
ç___ç.
TATTOOS ON THE SKYYY~!
Perdonate lo sclero, buona lettura <123!
«Arigatō».
Una contentezza imperante s’imponeva sul suo viso, costringendo
ogni
muscolo a piegarsi in un naturale, leggero sorriso soddisfatto. E non
si
sarebbe lamentato, non si sarebbe
lamentato affatto della gioia che aveva accompagnato quello
strano
succedersi di eventi.
Era il destino stesso a desiderare che Suzaku sorridesse, forse? Non lo
avrebbe
deluso.
«Sono felice,» formulò a voce bassa. E
fu felice, fu felice davvero nel momento
in cui quelle parole sorsero con spontaneità sulle sue
labbra.
Ringraziò fra sé qualsiasi cosa gli avesse
concesso quella felicità – ringraziò
chi gli aveva dato la vita, deciso più che mai a proteggere
quella degli altri.
«Thank
you».
Quando Sayoko, con il suo profumo di gelsomino e biscotti, si avvicina
per
sollevarla e porla sulla sedia a rotelle, Nunnaly formula un muto
ringraziamento che viene subito ingoiato.
I giorni in cui la sente particolarmente triste quelle sole parole le
attraversano il petto più e più volte, quasi come
quell’affetto tenuto solo per
sé premesse per provocare in lei lo stesso dolore che la
loro mancanza dà a
quella fedele compagna.
«Oggi Lelouch non ci sarà per
colazione,» parla un po’ pensierosa, dopo aver
risposto
con gentilezza al saluto, «ha detto che sarebbe rimasto fuori
per un paio di
giorni».
«Insolito,» è il commento della donna
mentre la predispone all’igiene
mattutina.
«Sayoko-san?» la chiama in un sussurro, quasi
sperasse di non essere udita.
«Sì?»
Un lieve rossore, poi parla in un sospiro: «Grazie».
Ingrata.
C.C. ne era sicura – difficilmente avrebbe mai potuto
incontrare qualcuno che
fosse meno portato al rapporto
umano
di Lelouch Lamperouge: le sue parole erano una continua richiesta di
resa
incondizionata, i suoi occhi un ordine imperituro.
“Io sarò al
primo posto,
al
di sopra delle istituzioni,
del potere politico, di Britanni e Numbers, al di sopra della guerra e
del
mondo stesso. Io, per te, dovrò essere
al primo posto”.
Non che chiedesse
molto più di altri: poiché
molte persone – molti uomini
– lei aveva conosciuto,
sapeva che personalità pacifiche e rispettose erano tanto
rare quanto noiose.
Che poi il suo sguardo
dichiarasse di dover essere messo al primo posto
o di
voler raggiungere tale posizione in nome di un particolare ideale, era
un fatto
di secondaria importanza.
Un giorno, quando lo
scoprirà, quando sarà anni
luce distante dalla verità, renderà
conto dei favori ricevuti, ringrazierà
per lo spettacolo offertole, lascerà un dono
d’addio. Si separerà con molta
fatica dalle proprie braccia, dalle proprie labbra, abbandonandosi per
un
attimo alle braccia e alle labbra del suo giovane ospitante.
Poi
scomparirà nel nulla, rapida e silenziosa come quando
è arrivata.
Per una volta non si
sentirà una ladra.