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Autore: uchihagirl    26/01/2010    7 recensioni
Cristian si chiama Cristian, senza acca e senza o.
Gli piace il suo nome, nonostante la prof di inglese glielo abbia detto, che non è corretto: se fosse in italiano sarebbe Cristiano, se invece fosse il nome inglese, avrebbe un’acca tra la c e la r.

Ma tanto Cristian se ne frega - o no?
Fanfic classificatasi seconda al contest "under your fingers" indetto dal Forum Pens and Brushes.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cristian.



Cristian si chiama Cristian, senza acca e senza o.
Gli piace il suo nome, nonostante la prof di inglese glielo abbia detto, che non è corretto: se fosse in italiano sarebbe Cristiano, se invece fosse il nome inglese, avrebbe un’acca tra la c e la r.
“Il tuo nome è sbagliato, Ardore, inutile negarlo. È un errore.” Ha pronunciato quelle parole serenamente, ma con una punta di soddisfazione negli occhi gialli – color diarrea, secondo Cristian – dietro quei fondi di bottiglia che sono i suoi occhiali.
L’ha detto fissandolo negli occhi, sbeffeggiando quel ragazzino impertinente che ha la presunzione di saperne più di lei  e che la fa dannare in classe – non una volta che faccia i compiti o che sia tranquillo: per di più, trascina i suoi compagni a farle scherzi idioti. La professoressa, aracnofobica, non si è dimenticata del ragno nei capelli.
Gli ha detto: “Tu sei sbagliato. Tu sei un errore.” Con quegli occhi gialli, lampanti di meschina gioia nel vedere la sua difficoltà e la sua rabbia.
Perché Cristian l’ha capito, che stava dando a lui dell’errore: l’ha sentito nella sua voce e l’ha letto nei suoi occhi diarroici.
I suoi compagni non l’hanno capito – o forse sì? – e hanno riso.
Rosso in viso, Cristian se ne è andato, sbattendo la porta, umiliato come non mai. Ma gliel’aveva fatta vedere lui “alla puttana” e le aveva rigato la macchina.
Così impari, stronza.

Cristian ha tredici anni, abita in una casa popolare e a settembre dovrà ripetere la seconda media. Aveva tre materie insufficienti, l’hanno bocciato per la condotta.
È maleducato, Cristian, risponde agli insegnanti e grida, forte – parolacce, il più delle volte, ma anche tante, tante bestemmie.
Ride, Cristian, quando – esasperati – i professori firmano l’ennesima nota sul registro – lui non ha mai il diario con sé.
Ride più forte, Cristian, davanti alle minacce preoccupate della preside e se ne vanta, dopo, con la sua compagnia – che capeggia, ovviamente.
Bestemmia, Cristian, quando il mestolo di sua madre raggiunge i suoi stinchi – aspetta che lo sappia papà e poi vedi, disgraziato!
Piange silenziosamente, ma con rabbia - ogni lacrima è difficile da versare, ferisce l’orgoglio -, quando la cinghia di suo padre gli spacca lo zigomo e gli lascia un segno che difficilmente se ne andrà.
Raramente Cristian è sereno, eppure è spesso capace di sorridere senza malizia: sorride al fratellino, raccomandandogli di fare il bravo – di non diventare mai come lui -, scompigliandogli i ricci e complimentandosi per il goal che gli ha appena segnato – è facile, lasciar passare la palla sotto le proprie gambe e fingere di buttarsi. E l’urlo di giubilo che riceve in cambio vale più di mille goal.
È bello, Cristian, quando sorride; è bello, Cristian, quando ride; è bello, Cristian, quando è pensieroso; è bello, Cristian, quando piange.
Cristian è bello sempre e sa di esserlo: non è molto alto o possente, ma ha gli occhi verdi, malinconici e un crestino biondo che si premura di avere sempre perfetto. Ogni qualvolta passa di fronte alle vetrine dei negozi si specchia, controllando che i capelli siano a posto e che il cavallo dei pantaloni sia sufficientemente basso; poi, soddisfatto, alza il mento in un’espressione strafottente: “Sono proprio figo.” Commenta fiero – ha una voce roca, unica nel suo genere, che lo fa sembrare sempre arrabbiato, ma una risata vigorosa.
È un’altra delle altre peculiarità che fanno sospirare le sue compagne di classe, quando lo vedono a scuola – le rare volte che lo vedono a scuola.
Frequenta poco, infatti, non fa mai i compiti né sta attento in classe; raggiunge però senza sforzo la sufficienza in quasi tutte le materie, tranne che in italiano, tedesco e inglese.
Non che abbia particolari difficoltà nell’apprendere regole grammaticali – trova solo troppo impegnativo dover scrivere un tema o applicarsi per imparare alcuni vocaboli, dei quali non si interessa. Gliel’hanno detto, le professoresse, se solo si impegnasse un po’…
Per inglese, beh, Cristian si rifiuta di eseguire anche solo mezzo esercizio dei compiti in classe: scrive giusto il suo nome, in grande, evidenziando con cura quella r, da sola, accanto all’iniziale. Poi consegna, guardando la professoressa dritto negli occhi e sbattendole il foglio sulla cattedra,
Sono ancora qui, stronza, e non dimentico – sembra dire.

A Cristian non gliene frega nulla della scuola. Lo ripete in continuazione.
Quello che vuole fare nella vita non è studiare, ma diventare un calciatore ricco. Per questo non appena compirà sedici anni andrà a lavorare, per cominciare ad accumulare soldi sin da giovane, in attesa del grande salto verso la fama. Il suo lavoro sicuro.
Confezionerà polli per la mafia.
Come suo padre – e con lui. Sette giorni su sette.
Non declama la sua futura professione con molto orgoglio, ma per contro sputa nel cortile della scuola e annuncia: “Me ne vado presto, da questa merda.”
I suoi compagni annuiscono, lo stimano, lui, l’unico che ha il coraggio di contrastare i professori, di fregarsene, di vivere la sua vita. Eppure, nonostante nell’immaginario collettivo Cristian sia l’esempio da imitare, possessore di quel coraggio che ti fa dire che ha le palle, quel ragazzo, nessuno segue il suo esempio.
Fa comodo che ci sia sempre Cristian a cui dare la colpa – non se la addossa con molto piacere ma comunque si sacrifica, per il bene dei suoi compagni.
Fa comodo che sia lui a essere punito e non gli altri, che sono colpevoli quanto lui perché lo seguono.
Fa comodo che interrompa la lezione proprio quando nessuno ha più la forza di seguire quella di italiano che parla, parla, parla.
Fa comodo avere Cristian in classe, eppure nessuno muove un dito per aiutarlo a controllarsi, per spronarlo a studiare un pochino. Tutti pensano che si stia rovinando con le sue stesse mani, nessuno glielo dice.
E sì che gli servirebbe eccome, un amico che gli dicesse le cose come stanno. Un amico che gli raccontasse come si parla, di Cristian Ardore, quando lui non c’è. Di come si ride perché verrà bocciato sicuramente o perché il suo nome è davvero sbagliato.
Ma Cristian non ha un amico così. Cristian non ha molti amici a scuola.
A dire la verità Cristian non ha molti amici in generale. Conoscenti ne ha, eccome. Non può fare tre passi nel suo quartiere senza che qualcuno lo fermi per salutarlo. Anche tutti i ragazzi grandi conoscono Cristian, gli offrono sigarette e sghignazzano – è divertente, quel ragazzino, facile da sfottere - quando lui rifiuta.
“Ehi Ardore, ti va di unirti a noi? Abbiamo della roba buona da farti provare!”
“Non posso, belli, devo tenermi i polmoni buoni per il calcio.” E giù risate sguaiate – illuso ragazzino che non sei altro!
Cristian gioca a calcio. Cristian sogna il calcio.
Sogna stadi pieni, partite internazionali, boati e cori – Ardore! Ardore! Strillano i tifosi.
Sogna di entrare a far parte del Real Madrid, la squadra dei campioni, come il suo idolo: ovviamente, Cristiano Ronaldo. Lui è il suo modello, il calciatore oggetto della transazione più costosa nella storia del calcio, tra gli atleti più desiderati dalle donne.
E poi, sono quasi omonimi! Se non fosse per quella o…
Cristiano Ronaldo incarna tutto ciò che Cristian vorrebbe diventare: bello, bravo – il Pallone d’Oro mica te lo regalano, eh! – e spaventosamente ricco.
È già a buon punto, nella realizzazione dei suoi sogni, Cristian. È bravo a calcio, lui, e ci mette impegno: ogni momento libero lo passa dietro al pallone, nel campetto dell’oratorio – i soldi non crescono sugli alberi! L’iscrizione a una squadra semi-agonistica costa e il padre di Cristian, se anche li avesse, non li sprecherebbe mai per una demenza del genere.
Cristian questo lo sa, ma non gli importa: un giorno lui verrà notato dai talent scout delle grandi associazioni e sarà costretto a deludere qualcuno, visto le troppe richieste.
E gli sarà assegnata una borsa di studio.
E lui non dovrà mai più tornare a umiliarsi in quella merda di scuola, davanti alla stronza di inglese.
E non dovrà più vivere con i suoi, sentire la puzza di alcol di suo padre, assistere impotente ai pianti di sua madre per l’ennesima convocazione a scuola.
Gli mancherà giusto il suo fratellino, quella peste impertinente che gli sta addosso ogni secondo. Gli mancheranno le loro partitelle. Ma suo fratello lo inviterà alle partite – un posto in tribuna prenotato, per Lorenzo Ardore.
Cristian sarà bello, bravo e ricco, osannato dalle folle e amato dalle donne.
E non dovrà mai, mai in tutta la sua vita, confezionare un pollo.
Neanche mezzo.


Sogna, Cristian.








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La mia primissima originale, partecipante al contest "Under your fingers" indetto dal forum Pens and Brushes e classificatasi seconda. Qui trovate l'esauriente e preciso giudizio di Kaji. :)
Grazie a chi commenterà o ha semplicemente letto questa shot alla quale sono molto legata.
Elena

   
 
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