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Autore: newborn    27/01/2010    2 recensioni
Si è sempre chiesto come mai esistessero così tanti colori, in natura: le foglie verdi, il cielo blu, il sole giallo. Non l’aveva mai visto con i suoi occhi direttamente, ma sapeva che era giallo. Sua madre – e lei non mentiva mai – gliel’aveva detto tempo prima, quando il piccolo aveva cominciato a incuriosirsi riguardo a ciò che lo circondasse, smettendo di preoccuparsi solamente di se stesso come un qualunque essere umano di otto anni farebbe. [Matthew Bellamy centric]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note a fondo.


Pioggia che scorre lenta sul vetro della finestra, appannato dal respiro caldo che sfugge alle labbra del bambino. Incuriosito, fissa il paesaggio circostante.
Si è sempre chiesto come mai esistessero così tanti colori, in natura: le foglie verdi, il cielo blu, il sole giallo. Non l’aveva mai visto con i suoi occhi direttamente, ma sapeva che era giallo. Sua madre – e lei non mentiva mai – gliel’aveva detto tempo prima, quando il piccolo aveva cominciato a incuriosirsi riguardo a ciò che lo circondasse, smettendo di preoccuparsi solamente di se stesso come un qualunque essere umano di otto anni farebbe.
Nota con disappunto che l’atmosfera sembra tingersi di grigio, coprendo ogni colore vivace che aveva imparato tempo prima, rendendo il paesaggio austero e per niente divertente. Si ritrae dalla finestra, e torna a sedersi sul divano, osservando il disegno cominciato quella mattina. Sta male, si sente la testa pesante, eppure vuole disegnare: riprodurre la realtà, sbizzarrendosi con i colori, cercando di incanalare in un’unica sfumatura uniforme tutta la varietà del mondo che ha imparato a osservare solo da poco.
Riflette qualche secondo sul colore da utilizzare. Fissa la scatola in cartone leggero, quasi vuota, e cerca dentro con la mano pasticciata. Finalmente trova il pennarello grigio, toglie il tappo e si prepara a ritoccare un po’ il suo paesaggio astratto e soleggiato. Comincia a dipingere il cielo di grigio, cercando di conferire la stessa aria triste al suo disegno come fuori dalla finestra, ma senza successo. Si accorge presto che non fa che coprire il colore originario, ucciderlo senza pietà… senza poterlo smorzare lievemente come succede fuori. Si arrabbia, riordina alla peggio i pennarelli nella scatola ormai a pezzi e accartoccia il foglio rettangolare, sentendolo umido sotto le mani a causa della pressione utilizzata nel dipingere.
La madre lo chiama, e lui obbediente va da lei. Lo guarda sorridente, accarezzandogli la testa e abbassandosi alla sua altezza, per abbracciarlo.
"La pioggia non mi piace, mamma." si lamenta, stringendosi forte al petto della madre. Lei lo guarda. Occhi azzurri, a prima vista freddi come il ghiaccio, in realtà caldi come l’affetto materno che lega la giovane donna al suo pargolo.
"A volte le cose che non ci piacciono possono farci stare meglio. Pensa alla medicina: è cattiva, ma dopo che l’hai presa, non hai più la febbre, giusto?" spiega paziente lei, accarezzando la fronte del figlio, le dita ruvide di una persona la cui più grande passione è evidentemente la botanica.
Il piccolo annuisce, la segue afferrandola per mano. Sa che la medicina non è buona: è come la pioggia, ha intuito quella piccola similitudine mentre cercava di accartocciare il disegno rovinato. Fa male, ma è pur sempre il preludio a un nuovo sole, più forte del precedente.

"Si è imbambolato ancora."
Fa mente locale, realizza di non trovarsi più nel corpo di un bambino. Quasi s’intristisce nel vedere le mani vuote, aspettandosi magari di star stringendo un pennarello grigio o un foglio accartocciato.
Alza lo sguardo, Matthew.
Si chiede perché la gente perda tempo a riflettere sulla pioggia, la poesia che scaturisce nel vederla infrangersi al suolo e modellare a suo piacimento ogni cosa… colori compresi. La pioggia è solamente acqua, proveniente dal cielo, niente più. Non ci trova nulla di romantico o poetico, non vale la pena pensarci, si dice. Poi ci ripensa, e torna bambino.
"Matt?" Dominic ritenta, spostandosi accanto a lui.
"Uh?"
"Smettila di mangiare quei funghi. Ti fanno male." Sentenzia, con fare materno.
Matthew si volta verso l’interlocutore. Lo vede, sorride, dimentica.
È facile scordarsi delle proprie priorità, tanto quanto è facile ricordarsi di anteporre a esse delle vere e proprie puttanate.


Piccola one-shot senza pretese. Spero vi piaccia. :)
  
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