“Ma
che c'è scritto qui?”
“Tu
Fui, Ego Eris”
“Cosa?!”
“C'è
scritto mio signore, che quello che tu sei, io lo ero.
Quello
che io sono, tu lo sarai.
Ossia
che tu sei vivo e io lo ero. Io son morto, e tu lo sarai.
Non
esiste regno che non rechi tale dicitura nelle sue porte”
[Dall'Epopea di Ichigo Kurosaki. Capitoli infernali. Biblioteca di Las Noches]
Enjoy
the Silence
Fiori
del Deserto
Lasciarsi alle spalle una opprimente oscurità, è spesso la cosa che reca più sollievo in una persona.
Inoue non era da
meno, e una volta che si ritrovò fuori dal portone che
divideva il
corridoio dal profumo di libertà, tirò un
sofferto sospiro di
sollievo.
Una
sferzata di vento insolitamente freddo le scompigliò i
capelli e le
vesti, ma invece di turbarla si ritrovò a bearsi di un vento
e di un
sole che le erano stati reclusi per troppo tempo. Davanti a lei si
estendeva una terrazza semi circolare, che finiva poi in gradini che
portavano verso la sabbia e li affondavano. Un paesaggio
incredibilmente bianco, interrotto solo da enormi colonne che si
ergevano dalla sabbia, e si univano in ramificazioni alla fine della
loro corsa verso il cielo.
Forse
era tutto ciò che rimaneva di una navata dalle volte a
crociera.
Tuttavia,
la sabbia non copriva del tutto quel luogo, e molto era il pavimento
che poteva osservare. Il marmo opaco era intagliato in grandi
piastrelle, e tutte erano rovinate dalla furia degli elementi e dalla
incuria del tempo. Ma anche se questi due elementi avevano fortemente
colpito quel luogo, era affascinante notare come se ne rimanesse in
piedi quasi con nobiltà, e non cedesse il passo a strutture
più
moderne.
Si
sentiva affascinata da quel luogo, questo era vero, e se al posto del
silenzio ci fosse stato qualche ramo di pesco o il cinguettio dei
passeri, sarebbe stato ancora più interessante.
Ma
il vento alle sue orecchie portava solo silenzio, e questo le
lasciò
un po' di nostalgia in fondo al cuore.
Questo
pensiero tuttavia, non ebbe il potere di distrarla da chi la stava
raggiungendo con calma, rimanendosene comunque a debita distanza
quasi offeso per il piccolo episodio nel corridoio.
La
camminata di Aporro Grantz era già solo quella di una
arroganza
estrema. Tanto che la stessa Orihime si ritrovò a contrarre
il volto
in una espressione disgustata quando avvertì quei passi
dietro di
lei.
Si
tenne lontano dalla femmina giusto due piedi, lasciando che scorresse
il vento tra loro, a marcare ancora di più quel loro teso
silenzio.
Anche
se le lacrime e i singhiozzi se ne erano andati via dal corpo della
fanciulla una volta arrivata all'esterno, un orribile senso di
frustrazione la colpì come una frustata appena la fonte dei
suoi
dolori sgusciò fuori dall'opprimente oscurità.
Rovinandole
la serenità riacquistata, con parole insolitamente neutre,
che non
mancavano tuttavia di lieve risentimento.
“Questa
che vedi è la sala della grande Ipostele”
la
voce era tagliente in quel silenzio tranquillo e severo. Ma questo
non la distolse a sorprendersi della risposta data. Aveva
praticamente accantonato l'episodio di prima, e sembrava ora
intenzionato a continuare con il suo tour.
Senza
neppure volerlo, si ritrovò a girare il capo verso di lui
con fare
interrogativo. Ma lui non si scompose, e dalla sua posizione
continuò
a parlare.
“Le
rovine che vedi, sono ciò che resta di un grande tempio
antico. Di
che epoca fosse, nessuno lo sa, ma era già in rovina dai
tempi
dell'ultimo re dell'Hueco Mundo... – fece dei piccoli passi
verso
di lei, scandendo così il silenzio con marcato rumore
– ...questo
è ciò che rimane della vecchia sala del trono. E
dove siamo noi
ora... Beh, sedeva il re stesso!”
Sembrava
esserci della beffardaggine gratuita ma velata in
quelle sue
parole. E quella sua voce odiosamente melliflua rendeva quella
sensazione ancor più marcata.
“Oh...!
e vedi quelle dune la in fondo? Oltre quel muro naturale
si estende tutto il deserto. E a meno che tu non sa un Arrancar come
noi, dubito che sopravviveresti a lungo!”
Come
a dirle: Se provi a fuggire dalle mie mani, sei morta in partenza.
Decisamente
esplicito nonostante stesse girando attorno alla portata offerta, e
questo invece di spaventarla in modo sottile, la disgustò
facendole
voltare il capo verso le dune. Tentando così di ignorare
quello
sguardo così intenso e così poco desiderato.
Stringendosi le
braccia al petto, come intimorita dal sottile vento gelido, voleva
semplicemente stargli il più lontana possibile.
“Posso
perlustrare le rovine?”
“Certamente
che puoi...”
Anche
se dava le spalle al mostro, sapeva perfettamente che stava
sorridendo beffardo. Che la stava denigrando guardandola dall'alto in
basso. E forse, magari, sentendosi quasi onorato di aver tolto il
privilegio ad altri maschi più umani di lui di osservarla
nuda e
impaurita.
Questo
in effetti era avvilente, e più ci pensava, più
la pancia tornava a
farle male. Come pugnalate che scandivano i suoi passi sul marmo
rovinato, mentre scendeva con calma quei gradini di pietra per andare
incontro alla sabbia e ad un – quasi – profumo di
libertà che le
era proibito.
Fitte
dolorosissime di un umore fatto a pezzi, le torcevano un volto che
era prossimo ad altre lacrime se non si fosse allontanata da lui il
più possibile.
A
parte suo fratello, nessun altro l'aveva scorta senza veli nei suoi
anni di solitudine, e lei non si era mai relazionata con qualche
ragazzo in modo sufficientemente intenso anche solo per una piccola
confidenza.
Solo
per il fatto che lui avesse sfondato tutte quelle barriere pudiche e
morali, la faceva ribollire di rabbia e disperazione.
Passo
dopo passo, il marmo cedette il passo alla prima sabbia, che
l'accolse con morbidezza come se si fosse trovata in spiaggia. Solo
questo ebbe il potere di distrarla un poco, ma fu solo quando
iniziò
ad avvicinarsi alla prima – e maestosa – colonna
bianca, che
riuscì a distrarsi e a ritrovare in parte la
serenità perduta. Ora
era semplicemente fuori dal palazzo, era fuori dalla sua prigione che
sapeva di chiuso e di polvere, ed era ora in un mondo pieno di aria
fresca e di silenzio.
Era
sorprendente per lei, come nonostante il vento e l'ambiente fosse
freddo, al tocco della sua mano quella candida colonna era
piacevolmente calda. Scaldata forse dal pallido sole di quel deserto
senza fine, era un elemento alieno almeno a suo modesto parere.
Ci
si sarebbe persa volentieri in quel giardino diroccato e senza fiori,
se non fosse stato che un paio di voci distrassero lei e il suo
accompagnatore che ancora presidiava il piccolo piazzale.
Voltando
entrambi i loro sguardi verso le dune, due individui vestiti di
bianco scivolavano agilmente sulla sabbia in una dolce discesa,
gridando loro parole sconnesse portate via dal vento incessante.
Inoue
scrutò le due nuove figure con espressione interrogativa e
grave, e
preoccupata si voltò verso l'Octava Espada anch'egli
sorpreso da
quella visita. Oltre i suoi occhiali, si leggeva una nota un po'
preoccupata, ma non per questo allarmata.
“È
tutto a posto Orihime, ma tieniti comunque lontano”
La
voce era severa, e la sfacciataggine era scomparsa. I due individui
che si stavano avvicinando a loro superando tutte le colonne, con
tranquillità apparente, dovevano essere persone di un certo
calibro
e potenza. O quantomeno ad osservarli, l'individuo che avanzava per
primo – incredibilmente alto e con in pugno una alabarda
gigantesca
– era piuttosto inquietante.
La
giovane tuttavia, decise di assecondare l'ordine impartitole, e
titubante prese le distanze da coloro che si avvicinavano,
“rifugiandosi” verso un'altra colonna in parte
crollata. Senza
togliere lo sguardo sulle due figure guerriere, si ritrovò
malauguratamente ad incrociare l'unica pupilla di quello che sembrava
essere il capo.
Appena
quel volto affilato e magro si spostò su di lei, Inoue
avvertì il
sangue nelle vene congelarsi all'istante.
Si
congelò quando vide quel – forse –
perenne ghigno allungarsi in
un inquietante sorriso nell'incrociare il suo sguardo, e questo la
distolse in parte a continuare a guardarlo. Controllandosi
momentaneamente i calzari sporchi di sabbia, in un gesto che
trasudava paura e lieve imbarazzo.
E
le parve per giunta di sentire la voce di quello che si chiamava
Grantz, richiamare a se un certo “Nnoitra” che
indugiava troppo
accanto alle prime colonne. Con tutta probabilità, stava
richiamando
all'ordine quello con la benda sull'occhio e il sorriso poco
raccomandabile.
Quando
si decise ad alzare lo sguardo dal suolo, vide che il tizio a cui era
stato imposto il richiamo, parlottava a bassa voce rivolto a quello
dietro di lui, che in silenzio e rigido sull'attenti, ascoltava come
se stesse prendendo ordini.
Non
riusciva a distinguere bene cosa gli stesse dicendo, e purtroppo lei
non sapeva affatto leggere le labbra.
Si sorprese però – con all'inizio una nota allarmata – quando vide il giovane distanziarsi dal suo signore per andarle incontro, mentre l'alto rideva sfacciato ad un Aporro che, senza comunque muoversi di li, gli chiese a gran voce che cosa intendesse fare.
“Sta
tranquillo amico mio – biascicò la Quinta Espada
andandogli
incontro lentamente – Ci baderà Tesla alla tua
femmina, mentre noi
due ci facciamo una bella chiacchierata, ti va?”
No,
non che a Szayel andava. Affatto per giunta.
E
la smorfia che si dipinse sul volto elegante del folle scienziato, la
diceva lunga sui sentimenti di sufficienza che nutriva verso il
proprio collega. Che seppur era maggiormente superiore a lui in scala
gerarchica, non approvava i suoi modi così diretti e poco
raffinati.
“Non
sono in vena di chiacchierare Nnoitra. Non abbiamo il tempo per
simili sciocchezze e...”
“Sai
che ho notato una cosa interessante del tuo nome?”
Aporro
detestava i babbei, ma ciò che detestava maggiormente era
essere
interrotto bruscamente. E quello che il suo interlocutore aveva
appena fatto, ebbe il potere di rabbuiarlo in volto.
Già
dal corridoio i nervi si erano fatti fragili, in più ci si
metteva
quell'idiota con discorsi totalmente differenti. Non capiva ormai,
quale compagnia fosse peggio. Se la femmina mortale, o l'Espada.
“E
sentiamo, caro mio... – trattenne un lungo sospiro di
rimprovero
per se e continuò la domanda – cosa c'è
di interessante nel mio
nome?”
Nnoitra
abbassò per un breve momento il capo verso terra, quasi
divertito
dalla collera trattenuta a stento dal povero Octava. Girò
persino un
po' in circolo attorno al proprio interlocutore, con passi eleganti e
un poco teatrali. Giusto quel tanto per riuscire a far irritare
ancora di più quel povero sfigato.
“Ho
notato – altro mezzo secondo di silenzio – che
tutti e tre i tuoi
nomi, ossia Szayel Aporro Grantz, sono perfettamente composti da sei
lettere ciascuno...”
“E
questo dovrebbe interessarmi secondo la tua logica?”
“Magari
si... Se involontariamente porti il numero del diavolo!”
In
effetti non ci aveva mai fatto caso, e ora che glielo faceva notare,
si ritrovò a sbattere le palpebre perplesso.
Il
numero seicentosessantasei era strettamente legato alla bestia,
e in quanto scienziato, era un nemico naturale di Dio. Il fatto che
portasse addosso una simile stranezza comunque, avrebbe anche potuto
renderlo un po' onorato, se non fosse stato che la giornata era
partita malissimo.
“E...
Prova ad indovinare di quante cifre è formato il nome della
ragazza?”
Il
gioco però continuava, senza tener conto delle deduzioni del
dottore. Prendendolo alla sprovvista, e distraendolo dai propri
pensieri. Irritandolo ancora e non poco.
“A
parte essere formato da sette cifre, non vedo co...”
Si
fermò stupito una volta capito il poco simpatico giochetto,
mentre
l'ennesima folata di vento scompigliò i suoi capelli
delicati. Se
era un quesito posto per passarsi il tempo, era davvero di pessimo
gusto, e quasi sicuramente era stato creato per girare attorno alla
portata principale del piatto.
Il
numero di lettere con con cui era composto il nome di Orihime,
equivaleva all'esoterico sette. Il numero di Dio.
“Molto...
Molto divertente Nnoitra. Complimenti”
Non
era affatto un complimento, e gli occhi ancora spalancati per il
ragionamento fatto, lasciavano intendere una certa nota stizzita nei
confronti del molesto e allampanato interlocutore.
“Aha,
grazie! E dimmi... – l'Espada si fece improvvisamente
più vicino a
lui con fare complice – è davvero una fanciulla divina
la
tua?”
Se
solo non avesse avuto una tabella di impegni da rispettare, avrebbe
volentieri impalato la gola di quel buffone giusto per farlo stare
zitto un paio d'ore.
Tuttavia
invece, decise di cambiare decisamente argomento che non scadesse per
forza di cose nello scabroso, puntandosi unicamente su come si fosse
passato la serata l'Arrancar guerriero.
“Piuttosto,
sei stato a caccia in queste ultime notti... Giusto?”
“Uhu,
e con questo?!” volle sapere un Nnoitra velatamente annoiato
per
quel cambio di programma.
“Trovato
niente di interessante tra le dune?”
La
domanda che Grantz voleva dare si allacciava principalmente allo
status di suo fratello. Il fatto che gli Hollow fossero in
agitazione, poteva presagire che gli Shinigami erano ormai entrati in
guerra, e di conseguenza era bene tenersi pronti.
Ad
ogni modo, la risposta che Jilga rilasciò a quella noiosa
domanda,
fu a dir poco sconcertante.
“Bah!
Non abbiamo trovato nessuna preda nel raggio di
chilometri! Ci
è semplicemente parso di sentire delle voci verso sud-ovest,
ma
nulla di più... Veramente una cosa assurda!”
La
delusione in quella voce guerriera era tanta, mista ad una rabbia
quasi infantile. Ma ciò che lasciò ammutolito e
pensieroso Szayel,
fu il fatto che ora come ora Nnoitra smentiva i fatti descritti da
Yylfort. Rendendolo perplesso e, per sua sfortuna, un poco
preoccupato.
“Capisco...
Un magro bottino insomma”
Ma
se non era stato un combattimento a deturpare il volto di suo
fratello maggiore, chi altri era stato?
- - - - - - - - - -
Inoue
non sapeva esattamente cosa fare.
All'improvviso
si era ritrovata il ragazzo di fronte, ma lui non sembrava
particolarmente interessato alla sua reale presenza. Continuava a
restarsene sull'attenti, e a guardarla con l'unico occhio che
possedeva – l'altro era coperto da una benda nera –
con
tranquillità apparente. Quasi con noia avrebbe aggiunto.
Il
silenzio che correva tra i due la stava improvvisamente mettendo in
ridicolo imbarazzo, e nel cercare di spezzarlo, le uscirono dalla
gola solo dei mugugni strozzati. Cosa che il nuovo arrivato, se ne
accorse.
“Non
sono qui per farti del male”
Lo
disse in modo schietto ma comunque gentile, se
così si poteva
definire il tono morbido usato. E nonostante la sorpresa della
risposta ricevuta, strano ma vero la fanciulla si calmò un
poco.
Rimanendosene
comunque diffidente e tenendosi lontana da lui di un paio di passi.
“Capisco”
mormorò lei, quasi disilludendosi di poter ricevere in quel
luogo,
un po' di gentilezza genuina. Portandosi ancora alla sabbia, ma
questa volta solo per poterla esaminare meglio. Chinandosi a terra, e
posando le dita su quei granelli bianchi delicati e caldi. Anche se
li dove si trovavano i due c'era la leggera ombra della colonna a
coprire quel tratto di sabbia, la superficie rimaneva comunque calda
grazie ai lontani raggi solari.
Scavando
leggermente con le dita quella superficie così friabile, le
parve
persino da andare a toccare la zoccolatura della grande colonna
distrutta. Cosa avesse portato quel luogo alla distruzione, lei non
poteva saperlo, ma fu forse spinta da sentimenti nostalgici per quel
posto – e per se stessa – che iniziò a
tracciare sul terreno
malleabile quelli che erano autentici fiori stilizzati.
Non
era mai stata brava con il disegno Orihime, ma le piaceva lo stesso
disegnare. Anche cose che non c'entravano nulla con il tema o
l'ambientazione in cui creava.
Anche
sotto lo sguardo vigile e neutrale di chi iniziò ad
osservarla con
velata curiosità, senza comunque spiccare una parola.
Le
geometrie contorte ed infantili che Inoue tracciava sulla sabbia,
recavano fiori che comunque nella realtà esistevano. Erano
margherite dalla corolla gigantesca, tulipani dalla campana
più
grande del gambo, e le calle erano sproporzionate rispetto al resto
della composizione.
Certo,
non erano i fiori più belli del mondo, ma erano comunque dei
fiori
nati in un luogo dove non dovevano stare. Partoriti dalla sua
immaginazione sincera, si immerse in quel prato immaginario, e in un
gesto di pura inventiva, si accinse a cogliere uno ad uno i gambi
invisibili dei fiori.
Uno
a uno il coglieva a farne un mazzo maestoso, che però nella
realtà
di quel mondo vuoto si perdeva come il vento. Portandoseli a tratti
al naso, per sentirne una fragranza che le sembrava non sentire
più
da secoli.
Questo
gesto quasi assurdo e infantile per come poteva apparire ad alcuni,
non le fece dimenticare che accanto a lei, ancora in piedi e con le
braccia incrociate dietro la schiena, vi era quel giovane Arrancar di
guardia ai suoi giochi.
Si
voltò appena per scrutarlo, ma constatò che su
quel giovane volto
non c'era nessuna espressione contrita dal disgusto o dalla
perplessità, vedendola comportarsi quasi come una matta.
Ma
solo uno sguardo lievemente incuriosito e nulla più.
“Ne
vuoi uno?”
Le
parole le uscirono di bocca improvvise, così come il gesto
di
allungare il braccio verso di lui, e porgli il fiore immaginario
appena colto.
Quello
giustamente, la guardò un po' stupito per quella strana
offerta.
Mentre il braccio della fanciulla continuava ad essere proteso verso
di lui in un gesto cortese e un po' triste.
Triste
come il suo sorriso.
“Come
scusa?”
Era
lievemente perplesso, ma non per questo shoccato da quel
comportamento assurdo e apparentemente folle. Ma la buona fede non
bastò con il timido approccio della femmina, che accortasi
forse di
essere stata troppo sognatrice, decise di ritirare il braccio
imbarazzata.
“No...
niente. Perdona se...”
“No
aspetta, lo prendo volentieri”
Si
rese conto del gesto della ragazza, delle sue reali motivazioni, solo
quando stava per subentrare la ragione di aver commesso un atto a dir
poco stupido. Era puro istinto quello che gli diceva di provare a
portare – un poco e comunque rimanendo istintivamente
distaccato –
un po' di serenità ad una femmina che sembrava,
effettivamente, non
aver passato una bella giornata. Così come quasi sicuramente
la
permanenza a Las Noches non doveva essere il massimo per una umana.
Prese
il “fiore” dalle mani della ragazza con una certa
attenzione, per
poi portarselo al volto e sentirne la fragranza invisibile.
“Ha
un buon profumo, davvero”
Il
primo gesto gentile che Inoue ricevette da quando si trovava li,
venne da un ragazzo poco più grande di lei – per
dirla in termini
spicci, dato che forse contava qualche secolo – che stette a
quel
gioco infantile accennando persino un timido sorriso.
Sorriso
che lei accolse con uno di rimando però fortemente
imbarazzato
quanto stanco.
“Ti
ringrazio...”
- - - - - - - - - -
“Che
cosa stanno facendo quei due...?”
Gli
Occhi ambrati del Grantz, si spostarono allarmati oltre la magra
figura della Quinta Espada, nell'atto di osservare i due soggetti
accanto ad una colonna crollata, allontanarsi da essa e sparire
dietro la parte caduta a terra.
La
giovane femmina umana stava seguendo la Fracctiòn di
Nnoitra,
disobbedendo così agli ordini di rimanere sempre in vista.
Di quella
faccenda se ne accorse pure il sire del giovane servo, che
guardò in
direzione della colonna crollata osservandone la scena.
“Massì...
Sono ragazzi Aporro! Lascia che si divertano un po'!”
Il
malizioso umorismo dell'Arrancar non era una buona giustificazione a
ciò che stava accadendo. Quella stupida era sotto la sua
responsabilità, e se le fosse accaduto qualcosa che
l'avrebbe
portata magari a farsi davvero molto male, ci
sarebbe andato
di mezzo lui.
Senza
contare quindi Nnoitra che cercava – ridendo – di
dissuaderlo
dall'andare a interrompere i due, si
affrettò a passi veloci
a scendere la gradinata e raggiungere il luogo in rovina.
Non
era semplicemente una giornata iniziata male, ma ad irritarlo
maggiormente, c'erano i segreti che suo fratello teneva per se a
tormentarlo di irritazione. Quasi lo facesse apposta a raccontargli
balle.
Una
volta arrivato a destinazione, svoltando il candido angolo della
colonna spezzata – e levigato da secoli di intemperie, vide i
due
giovani disubbidienti chini a terra e intenti a delineare sulla
sabbia disegni della più svariata natura.
Le
dita tese sulla superficie piatta e friabile, si fermarono di punto
in bianco alla vista di quello sguardo cupo e inquietante. Entrambi
lo squadrano con sguardo sorpreso, e negli occhi della femmina non
mancò una certa nota preoccupata.
Erano
giochi innocenti i loro, fatti solo per passarsi il tempo e nulla
più. Ben lontani da pensieri poco ortodossi che riempivano
la testa
ad individui ben più grandi di loro.
Ma
l'anima dell'Octava Espada era nera, e il suo unico ordine non
andò
affatto commentato da nessuno dei due.
“Il tour per quest'oggi è finito, Orihime”
Un modo un po'
brusco per interrompere il capitolo, lo so! Ma avevo scarse idee, e
per giunta la mia ispirazione è andata un po' scemando
mentre
scrivevo tale episodio. Tuttavia ce l'ho fatta a finirlo, anche se mi
ha dato un po' di problemi nella descrizione del luogo.
La Sala della grande
Ipostele per chi non lo sapesse, esiste veramente e si trova in
Egitto. A Karnak.
Un tempio
decisamente vasto famoso per la sua sala piena di colonne.
Mentre per l resto
del capitolo, alcuni di voi avranno finalmente decifrato il
perchè
Zommari parlava dei numeri sei e sette. Mentre la citazione prima del
titolo, è una mia inventiva. Ma la spiegazione data alla
frase in
latino è vera, significa proprio quello che c'è
scritto.
Oltre a questo
volevo ringraziare chi mi ha recensito!
Exodus: i congiuntivi sono il mio peggior nemico! Scherzi a parte, ti ringrazio della segnalazione. Cercherò di stare più attenta. Per la mitologia Hollow ti dirò, è la parte della storia che mi diverte di più. Certo però, la vera sfida sta nell'inventarsi un mito, senza andare troppo fuori l'ambientazione originale del manga. Spero apprezzerai i miei futuri tentativi, intanto grazie XD
Serenity: Si è vero, Szayel non è esattamente la persona più “solare” di questo mondo, quindi non c'è da stupirsi se Orihime non se la passi un granché bene (anche se forse manco con Ulquiorra era a suo agio mi sa...). Non stupiamoci dei pensieri che lui fa, poi se ti chiedi se attuerà o meno il suo diabolico piano, è tutto da scoprire. Ti lascio nel dubbio... Esattamente come dici tu, “tutto è da scoprire”
raxilia_running: Posso ben immaginare cosa stavi provando nel leggere il capitolo! Mi è poi piaciuto come lo hai definito, cioè affilato come un bisturi. Sinceramente, credo che sia un termine azzeccato per un personaggio come quello di Aporro che, con l'aggravante di essere uno scienziato, è privo di scrupoli. Ti ringrazio ancora che ancora una volta ti mostri una fidata lettrice ^^
Ps: Mi ero
ripromessa di non aprire altre longfic oltre questa, invece l'ho
fatto eccome! “Enjoy the Silence”
mi sta riservando
parecchie sorprese, quindi tanti spin off in parte (o velatamente)
legati a tale storia ci saranno. Niente di così
“pesante” da
andare a collegarsi strettamente con la trama principale, ma solo
episodi che riguarderanno personaggi differenti. Anche della Soul
Society.
Il
primo spinoff che mi sono concessa è “Stirb
nicht vor mir”,
e non dovrebbe andare oltre i sette capitoli.
Per il resto mi auguro abbiate fatto buona lettura!