Titolo: E
poi scomparve
Personaggi:
Battler, Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Angst.
Avvertimenti: One-shot,
missing-moment, Spoiler!.
Note: Ok,
è la prima volta che scrivo in questo fandom, anche se ne
sono pazzamente innamorata. Se devo essere sincera, questa fanfic non
mi piace. Perché la pubblico allora? Perché il
fandom di Umineko ha poche fanfic e perché sono sotto
minaccia.
Ah, questa fanfic è piuttosto spoilerosa. Se non avete letto
l'episodio sei "Dawn of the Golden Witch" o non volete anticiparvi
qualcosa, chiudete o tornate indietro!
Disclaimer: Battler, Batrice e tutti gli altri personaggi di Umineko appartengono a quel genio di Ryu07.
E
poi scomparve
“La
me che vuoi tu se n'è andata”
Battler
era seduto alla scrivania, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo
spento.
Le
lacrime avevano smesso di cadere da poco - ancora cercava di non dar
peso a
quel fastidioso mal di testa ma ormai aveva capito che era inutile:
tanto
valeva aspettare, calmarsi.
Concentrarsi
sul gioco lo faceva star male, concentrarsi su qualsiasi cosa
lo faceva
star male.
Non
doveva pensare. Doveva semplicemente estraniarsi, fissare un punto
indefinito,
senza meta ne' spazio, e smetterla di pensare. Pensare faceva male,
quindi era
meglio annullarsi, lasciarsi andare all'oblio.
…
Anche
la vera Beato probabilmente in quel momento si trovava avvolta
dall'oblio. E
probabilmente era sola.
“Beato...”
Forse
anche lei piangeva.
“...
Beato...”
…
O
forse dormiva beatamente, inconscia del fatto che in quel momento lui
fosse
solo, inconscia del fatto che lui stesse provando di tutto per farla
tornare da
lui, ancora una volta. Magari nemmeno lo ricordava.
E
se
fosse per quel motivo che la Beato che lui aveva riportato in vita si
comportava in quel modo?
E
se
quella era la vera Beatrice, ma semplicemente non
ricordava nulla?
No.
Beatrice era più orgogliosa, spavalda.
Questa
Beato era ingenua e innocente.
Non
era
nemmeno lontanamente simile alla vera Beatrice, la
Beato che lui voleva
riportare in vita. La Beato che più di ogni altro desiderava
avere accanto in
quel momento, che lo consigliasse sul da farsi in quel maledetto gioco.
Sarebbe
stato meglio morire in quella Cattedrale, pensava a volte Battler.
Sarebbe
stato meglio morire là, abbracciato dalla sua amata strega,
ignaro della
verità, piuttosto che continuare quella sua semi-esistenza
(infondo lui è già
morto, e più di una volta), senza la sua avversaria.
Non
aveva senso per lui sedere al posto del Game Master, non senza aver al
suo
fianco Beato.
Lui
la
voleva. Disperatamente.
E
non
passava giorno che non le desse della stupida per non averlo atteso,
anche se
sapeva benissimo che lei non poteva sentirlo, o tanto meno rispondergli.
“Io...
ho risolto tutti i tuoi misteri, ti ho capita... ma tu... tu non hai
saputo
aspettare. Non mi hai saputo aspettare...”
Pensare
faceva male. Ma smetterla di pensare era difficile, almeno in un
momento come
quello.
“Beato...
perché...?”
Strinse
i pugni e chiuse gli occhi, singhiozzando amaramente.
Stava
sbagliando, lo sapeva bene. Doveva tornare dalla sua famiglia, da Ange.
Quel
gioco ormai non aveva più senso, non ora che lui sapeva la
verità e che
Beatrice se n'era andata. Doveva terminarlo, tornarsene a casa.
…
Eppure, senza Beatrice continuare non aveva un senso. Andare avanti,
superare
il dolore per la sua perdita, per Battler non era cosa inconcepibile.
Aveva
a
lungo combattuto contro di lei per negarla, ed ora
che lei se n'era
andata, ora che lui aveva vinto, l'unica cosa che
Battler seriamente
desiderava era riportare in vita quella strega che tanto aveva odiato
in
passato e che aveva giurato di uccidere con le sue stesse mani.
Un
sorriso triste gli si dipinse in volto, mentre ricordava come Beatrice
lo avesse
messo con le spalle al muro più di una volta.
Era
stato uno sciocco.
Se
solo
avesse capito tutto prima...
“...
Non
ti avrei fatto soffrire in quel modo.”
Si
coprì
il volto con una mano, mentre dagli occhi chiusi gli sfuggiva qualche
lacrima.
“Non
ti
avrei torturata...”
Gli
sfuggì un singhiozzo, le braccia ricaddero entrambe lungo i
fianchi e altre
lacrime amare tornarono a solcargli il volto.
“Non
ci
sono scuse...”
Piangere
in quel modo lo faceva sentire uno stupido; quante volte Beato lo aveva
schermito per tutte le volte che aveva versato delle lacrime per i suoi
famigliari? Ed ora lui le stava versando per lei.
Che
stupido. Era senza speranza.
“Non
importa.”
Un
debole vento gli mosse i capelli, e due mani gli coprirono gli occhi
dolcemente. Conosceva bene quelle mani, e quella voce.
“Non
importa. Non è colpa tua, Battler.”
Sentiva
il volto di lei vicino al suo, sentiva il suo profumo e il solo suono
della sua
voce lo faceva tremare. Aveva i capelli sciolti, riusciva a sentire
delle
ciocche sfiorargli la mano. Quanto gli mancava. Quando gli mancava
quella
dannata strega che per lungo tempo aveva solo desiderato uccidere.
“...
Beato...”, allungò una mano verso quelle di lei
– che ancora gli coprivano gli
occhi – ma sapeva bene che quella era solo una sua fantasia,
uno scherzo della
sua mente. Beatrice era morta e, per quanto lui avesse provato, non era
stato
in grado di farla tornare in vita.
“Battler...
Devi smetterla”, sentiva ancora le ciocche di capelli
muoversi come sospinte da
un vento inesistente, “... non puoi andare avanti
così.”
C'era
una nota di malinconia nella sua voce, mentre si aggrappava a lui e
chiudeva
gli occhi.
“Non
puoi continuare a piangermi in questo modo, è una cosa
stupida, anche per uno
come te.” La sentì sbuffare, e la
immaginò mentre increspava appena le labbra
in un accenno di sorriso.
Desiderava
tanto vederla, vedere quel sorriso che tanto gli mancava.
“Beato...
lasciami vedere il tuo sorriso ancora una volta...”
“No.”
Per
un
attimo, a Battler mancò il fiato. Quella risposta lo
colpì come un pugno allo
stomaco.
“Beato...”
“No,
Battler. Non posso. E nemmeno tu puoi.”
Non
aveva senso. Ciò che stava accadendo era un mera illusione,
una pura scena
dettata dalla sua fantasia... quindi perché non gli era
permesso di godere
appieno degli scherzi che gli faceva la sua mente?
Non
era
la prima volta che succedeva una cosa cosa simile: sin da quando
Beatrice se
n'era andata – perché ciò
implicava che prima o poi tornasse – non
faceva altro che aver quel tipo di allucinazioni. Ormai non dormiva
nemmeno
più.
“Perché...
non posso?”
L'aveva
vista ridere, scherzare, schermirlo qualche minuto prima,
perché ora non aveva
più di diritto di poterla osservare?
“Perché
ti faresti del male, e non voglio questo.”
…
Ironico. Ironico come la Strega che lo aveva ucciso e fatto tornare in
vita più
volte, adesso volesse proteggerlo. Ironico come lui, che aveva giurato
più di
una volta di cancellare la sua esistenza, di ucciderla, stesse cercando
in
tutti i modi di poterla vedere anche solo per
un'ultima volta. Ironico
come fossero tornati al punto di partenza: incapaci di vedersi l'un
l'altra;
due entità incapaci di coesistere.
“Beato,
non...”
“Battler,
termina questo gioco. Mantieni la promessa che mi hai fatto.”
La
sua mente
doveva veramente odiarlo, realizzò Battler dopo quella frase.
“Faccio
schifo a mantenere le promesse.”
La
sentì
ride. Gli mancava quella sua risata.
“...
Lo
so. Lo so meglio di chiunque altro.”
La
presa
sul volto di Battler si fece sempre più flebile, la risalta
di lei sempre più
spenta. Lei, sempre più lontana.
“Non
piangere più, Battler.”
E
scomparve, avvolta da una marea di farfalle dorate.