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Autore: jakeuccia94    03/02/2010    2 recensioni
premetto che questa è la mia prima pubblicazione...questa storia è breve, ma commovente..lo assicuro! praticamente Sidney è una ragazza a cui mancano pochi giorni di vita e per andarsene felice decide di fare ciò che più desidera al mondo....... spero di avervi incuriositi almeno un pò! :)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ultimo raggio


Quella mattina mi svegliai presto. È una mattina estiva e mia madre mi sta scuotendo il braccio per svegliarmi. Ha aperto la finestra, ma il sole non c’è quasi per niente.
Mi alzo contro voglia e vado a fare colazione. Giusto un paio di biscotti.
“muoviti Sidney! Non possiamo fare tardi!!” mia madre non mi dà un attimo di tregua.
Mi lavo, mi vesto e mi metto ad aspettare davanti all’ascensore. Anche mamma è pronta.
“mamma lo sai che non mi interessa più di tanto se facciamo tardi dal dottore! Tanto cosa vuoi che mi dica? Le solite cose…che devo continuare con le medicine.” Dico.
“e tu sai quant’è importante fare questa visita quell’unica volta al mese…”
“si, ma anche durante le vacanze, è un’ammazzata alzarsi alle 7!” sbuffo.
Arriviamo alla macchina e in una mezz’oretta siamo allo studio del Dottor Marvin.
Siamo in sala d’aspetto. Io e mia madre in certi casi non abbiamo molto da dire. Lei legge il suo libro che si è portata da casa e tronca tutte le mie battute. Dice sempre che devo essere seria quando vado dal dottore. Non devo sottovalutare mai il problema. Non parliamo fin che il dottore non ci chiama..
“salve Sidney!” mi porge la mano e io gliela stringo. “come vanno le cure?” e si siede dietro la sua scrivania.
È un uomo alto e slanciato. Un bel dottore, con un po’ di barba, occhi celesti, moro.
“bene, bene dottore. Io mi sento bene sempre. Al solito la fiacca, ma sto benone.” Gli sorrido. Tutti questi interrogatori mi danno sui nervi. Ma lui continua.
“e con i ragazzi come va?” questa stupida mania degli adulti di chiedere ai ragazzi come vanno le storie d’amore è davvero una cosa che non sopporto. Cosa vuole che gli dica? Se era più simpatico e avevamo ore da perdere gli avrei anche raccontato tutte le complicazioni che avevo con i ragazzi. Ma il tempo manca, e quindi rispondo semplicemente: “tutto come al solito.”
Mi fa sdraiare sul lettino, mi sente il cuore e tutte le altre cose da dottore, e poi mi fa le analisi.
Salutiamo e mamma mi accompagna a prendere un cornetto. Non so quanto sangue mi abbia tolto, ma sono pallidissima.
Dobbiamo aspettare fino alle 10 il risultato delle analisi, e poi possiamo tornare a casa. Per passare il tempo io e mamma andiamo per negozi.
“Sidney, mi puoi dire sinceramente come stai? La malattia che hai non è una cosa da niente…” mi dice dopo un po’.
“mamma, io sto come al solito, è la verità: lo so che non la devo sottovalutare, ma io mi sento sempre uguale. Perché non posso stare tranquilla se alla fine il dottore mi dice sempre che va tutto a posto, e che devo solo continuare a prendere le medicine?” mentre parlo ho raccolto quattro cinque magliette in quel magazzino.
Mamma non risponde a ciò che le ho detto.
“mamma, andiamo a provare?” mi segue, ma non dice nulla. Il giorno della visita le fa sempre quest’ effetto. Mentre mi provo le magliette non faccio altro che guardarmi allo specchio. Sono veramente pallida, e in effetti mi gira anche un po’ la testa.
Ultimamente sono anche dimagrita. Non ho più la fame che avevo prima. Insomma sono pallida e sciupata. Ma mamma si preoccupa troppo come al solito.
“tesoro? Ci sei? Dai che si fa tardi!” è fissata con il fare tardi, a me non importa proprio.
Paghiamo, e ora stiamo tornando all’ospedale. Mamma chiede del dottor Marvin e entriamo in una stanza enorme, con le pareti blu e pochi mobili. Il nostro dottore ci fa accomodare.
“prego Signora Eastwood, si accomodi.” Mamma si siede. È preoccupata, più di prima, e forse ora inizio ad esserlo anche io. Non siamo mai entrate in quella stanza, eppure è da 5 anni che frequentiamo quel dottore e quell’ospedale. E poi si tratta della mia salute, non riesco nemmeno a sedermi per l’ansia. Mia madre mi accarezza, e poi si siede poggiando la borsa a terra.
“abbiamo analizzato il sangue di Sidney e..” io lo fermo.
“scusa mamma, posso uscire? Vado a prendere una boccata d’aria.” Mia madre mi guarda e annuisce.
Mi chiudo la porta alle spalle e vado sul balcone. So che c’è qualcosa che non va, e so che sarebbe stato molto difficile per mamma dirmelo dopo da sole, ma proprio non riesco a stare in quella camera, e sentirmi così oppressa, era da anni che mi sentivo oppressa e troppo protetta, e ora che mi sento sta arrivando la fine, voglio stare bene e a mio agio per una sola volta.
Dopo qualche minuto mia madre esce dalla stanza blu. Ha un fazzoletto in mano e tutto il volto rosso. Ha pianto. Le mie tesi sono giuste.
Mi avvicino a lei e mi abbraccia baciandomi. Non posso chiederle niente, la farei piangere ancora di più, e poi ho capito benissimo già da me. Ma lei mi riesce a guardare e mi fa cenno con la testa di no. La prendo per mano, in quel momento non posso fare altro che darle sicurezza. Perlomeno la sicurezza che ci sono ancora. Non si sa per quanto tempo, ma ci sono ancora.
Stiamo in macchina, e mentre guida continua a piangere.
Io guardo fuori dal finestrino, e ogni tanto con la coda dell’occhio la osservo per vedere se sta ancora piangendo. Non mi ha detto una sola parola. Ma in effetti cosa posso pretendere?
Dopo una ventina di minuti che siamo in macchina con la radio accesa, mute entrambe, io mi decido. Abbasso il volume e dico:
“quanto tempo ancora?”
Lei scoppia in singhiozzi. Ho peggiorato la situazione. Ma si tratta di me e devo sapere.
“mamma?” non la smette e io voglio sapere. Non sono come lei, e preferisco vivere quel poco sapendo tutto, non voglio rimanere con nessun dubbio.
“d-due…s-settimane…” singhiozza.
Sussulto. Non riesco più a respirare. 2 settimane? E come posso fare tutto? Come potrò recuperare tutto ciò che ho perso? Come faccio a lasciare un ricordo di me a tutte le persone a cui tengo? Come faccio a dire a tutte queste persone il bene che gli voglio? È troppo poco tempo. Non sono pronta ad andarmene.
“m-mamma…mi puoi a-accompagnare da Madison?” ora balbetto anche io.
“perché vuoi andare da tua cugina?”
“le devo parlare.” Intanto mamma si passa il fazzoletto sugli occhi, rendendoli ancora più rossi di quanto già non siano. Io invece guardo un punto fisso fuori dal vetro della macchina.
Mamma si ferma davanti casa di Madison, le do un bacio sulla guancia e lei ricomincia a piagnucolare. Come posso però darle torto? Avrebbe perso la sua unica figlia. Sarebbe rimasta sola. Senza papà. Lui era andato via già da 6 anni ed avevamo vissuto sempre da sole. E adesso sarebbe rimasta lei, e basta.
Scendo dalla macchina e vado al portone di Madison, lei ha 19 anni, tre più di me, è sempre stata la mia cugina preferita. Busso.
“si?” fanno dall’altra porta della cornetta.
“zia, sono Sidney…”
“ecco ti faccio salire.”
Entro e salgo al terzo piano. Mi apre Madison e mi abbraccia forte, come fa sempre.
“oggi sono andata alla visita…” le faccio a bassa voce.
“come è andata?”
Io non rispondo.
“Sid?”
“Madison…è andata come doveva andare..come qualcuno lassù ha deciso che dovesse andare a finire.”
“finire? Sidney Eastwood, di cosa stiamo parlando?” si sta alterando. Ma non posso dare torto neanche a lei. Per molte persone sono importante, ed è difficile accettare che sparisca dalla vita di ognuna di loro.
“stiamo parlando di me…della visita dal dottore…di ciò che mi ha detto!”
“ti ha dato altre medicine, come al solito, no?” cerca di darsi spiegazioni e di rassicurarsi da sola. Ma è fuori strada.
“no. Non ne devo più prendere. Non ce ne è più bisogno. E non perché sono guarita, ma perché è inutile spendere ulteriori soldi per una malattia che si sa che porta alla…” è difficile dirlo anche per me. “morte..” poi scoppio a piangere, finalmente ho qualcuno davanti abbastanza forte. Io sto crollando a terra, ma mi reggo allo schienale della sedia, invece Madison è in piedi di fronte a me, impassibile. Poi mi prende per il braccio e mi fa sedere sul divano del salotto. Lei si siede affianco a me.
“Sidney, mi sto sentendo male…spiegami…”
“non c’è nulla da spiegare…me ne vado” ricomincio a singhiozzare. Madison ancora si riesce a tenere, ma ha gli occhi lucidi e rossi, sarebbe scoppiata da un momento all’altro. “sono venuta per dirtelo. Per passare con te questa giornata. Per dirti quanto ti voglio bene. Per dirti che non ho mai avuto nessuno come te. Grazie di tutto Madison..”
“ti prego Sid, non fare la sdolcinata..ci manca solo questo..immagino già la zia, tua madre, quanto avrà pianto, e te quanto piangerai…” la voce le trema.
“io non piango perché…morirò…ma perché non voglio abbandonare le persone che amo. Voglio riuscire a dire a voi tutti quanto vi voglio bene, ma non ci riuscirò mai.”
“invece ci riuscirai…potresti andare da Leonard per esempio invece di stare qua con me. Io lo so che mi vuoi bene, e sai quanto te ne voglio io – mi abbraccia - ..quindi vai da lui. Ne hai bisogno e lui è il primo che deve sapere ciò che provi per lui.”  piange, è scoppiata…quanto le voglio bene, solo lei mi capisce in questo modo.
“e poi dici perché ti dico Grazie…a chi altro dovrei dirlo se non a te?” la abbraccio nuovamente.
“non mi devi ringraziare. So che hai bisogno di lui, come di nessun altro ora come ora. Quindi ti ci spedisco a calci se non ci vai immediatamente…” ride sommessamente fra i singhiozzi.
La abbraccio di nuovo e mi accompagna alla porta.
“Sidney Eastwood … io, non ti dimenticherò MAI..” piange, non so come avesse fatto a trattenersi per tanto, ma ora piange, le lacrime non danno segno di calmarsi. Non so come consolarla. Ma non c’è nulla da consolare, tutto ciò per cui lei sta così, si sarebbe avverato, un giorno, tra due settimane.
Allora scendo le scale, voltandole le spalle, e esco dal portone.
Mi sto dirigendo verso casa sua..mi sono convinta anche io. Voglio essere felice. Per un giorno. Anche solo per un giorno, o per un’ora. E poi lui deve sapere. Sono davanti al suo portone. Busso. Al citofono risponde lui.
“sono Sidney..” dico.
“Sidney?” non capisco se è incredulo, felice, annoiato…non capisco.
“si…Sidney..” non riesco nemmeno ad essere nervosa. Devo vedere la cosa al meglio. Nemmeno si ricorda di me? No, impossibile!
“eccomi..scendo..” si è deciso.
Aspetto qualche minuto. Io ho tutto il tempo per aspettare. Ho due settimane solo per lui. Lui…lui e basta.
Apre la porta. Ha una maglia nera e dei bermuda bianchi con delle converse altrettanto bianche. Sembra non si sia nemmeno pettinato, ma non posso negare che stia bene. È un raggio di sole, come sempre, per me. E mi si illuminano gli occhi nel vederlo. Mi mancava.
“ciao!” si decide a dire Leonard. Io sono ancora senza parole. Madison ha ragione. Non desideravo nient’altro che lui in quel momento.
“che ci fai qui?” continua.
“ero venuta per vederti…” okay, sto svenendo.
“per vedere..me? ma Sidney, io e te non…” lo blocco. Sta per dire qualcosa che mi potrebbe ferire.
“lo so, lo so. Dovevo solo parlarti di un paio di cosette…” sminuisco.
“sentiamole…”
“okay, ma prima promettimi che non proverai nei miei confronti nessuna pietà o roba del genere..non lo sopporto..” Leonard esita, ma poi si mette una mano sul petto e promette.
Mi faccio coraggio…
“ecco la prima cosa è che…tu…anzi io..cioè noi..bè vedi Leonard è da qualche tempo che tu..che io.. NO, così non va bene…” mi interrompe. Ma che figura ci sto facendo?
“Sidney hai bisogno di una mano?” si avvicina.
“si, ne avrei bisogno in realtà,  ma è una cosa che devo riuscire a dire da sola…ecco Leonard…tu…tu…tu mi piaci!” sono diventata rossa. Sento il bollore sulle gote. Probabilmente mi è anche salita la febbre, mi tremano le gambe. Cioè ho detto al ragazzo dei miei sogni, l’unico che io abbia mai amato ciò che provo. Sto veramente svenendo, la mia testa è improvvisamente vuota, ho dimenticato tutto, tutto, c’è solo lui, davanti ai miei occhi, nei miei pensieri, nel mio cuore; mi guardo i piedi. E lui non parla. Oddio! Lo ho messo troppo in imbarazzo. Ma che cavolo mi è saltato in testa? Probabilmente avrà girato i tacchi e se ne sarà tornato su a casa. Avrà avuto un’altra miriade di cose più importanti da fare invece di ascoltare una povera cretina come me…
“ah…” finalmente emette un fiato. Ora mi sento meglio e posso anche andarmene.
“qual è la seconda cosa?” chiede. io rialzo lo sguardo, incredula.
“veramente me lo stai chiedendo? Dopo quello ho ti ho appena detto ti interessa davvero sapere l’altra cosa…? No…perché io…” avrei continuato a chiedere spiegazioni fino all’infinito, ma lui mi ferma.
“voglio sapere Sidney.”
“d’accordo, ma qui rientra il discorso della pietà, lo hai promesso” gli ricordo, e lui si rimette la mano sul petto, come per mantenere la promessa. “vedi. Io sono malata. Mi hanno dato poche settimane. Ecco tutto.” Leonard non fiata. Io faccio per andarmene.
“aspetta solo un attimo…mi dispiace..davvero tanto, ma perché sei venuta a dirlo a me?”
“perché mi piaci Leonard, e volevo condividere questo con te. Non pretendo nulla. Volevo solo che tu sapessi…tutto qua..” abbasso di nuovo lo sguardo.
“vuoi salire su casa?” Leonard ha capito. Voglio essere felice con lui per quel giorno. Mi apre il portone, e io entro.
Sta da solo a casa. I suoi sono a lavoro. La casa è enorme, un piano solo, ma vastissimo. Non sono mai stata a casa sua. Io e lui non abbiamo mai parlato tanto. All’ingresso ci sono molti mobili antichi, e poi da lì si va in salotto dove c’è un televisore grandissimo, non so quanti pollici, e accanto al salone, camera sua. Questo è quel poco che riesco a vedere.
Io mi guardo intorno, ammiro in silenzio, poi lui all’improvviso dice:
“scusa, puoi aspettare 10 minuti, che mi devo ancora preparare? Solitamente sono pronto per mezzogiorno, ma oggi faccio un’eccezione..”
“scusami se ho disturbato…forse è meglio che vada..” dico.
Mi sento uno schifo. Sta facendo tutto questo per me?
“no, tranquilla Sidney, non disturbi. Ci metto poco..” mi indica il divano, un altro per dire –accomodati pure- .
Io mi siedo sul divanetto e dico:
“grazie davvero Leonard..” mi sorride. Che cosa meravigliosa il suo sorriso. Le sue labbra. I suoi denti. Poi va verso il bagno, e io lo seguo con lo sguardo e lo vedo mentre si toglie la maglietta. Come è bello. Ma forse è meglio guardare altrove. Potrebbe sentirsi osservato. Allora accendo la televisione. Stanno trasmettendo “Into the Wild” .
Lo ho visto una volta sola tempo fa. Mi era piaciuto, e lo avrei riguardato di nuovo volentieri, dato che ormai dovevo muovermi a fare tutto ciò che desideravo.
Dopo qualche minuto eccolo arrivare. Non mi giro a guardarlo, ma sento che si siede accanto a me, e per mettermi più a mio agio stende il suo braccio sulle mie spalle. Io sono intenta a guardare il film, che sta per finire. Sento che anche io faccio parte di quel film. Alex, il protagonista, sta facendo di tutto per vivere una vita diversa dagli altri. Migliore magari. Da tutto se stesso per raggiungere il suo scopo. È riuscito a vedere cose che nessun’altra persona avrebbe mai nemmeno sognato. Solo lui. Alexander Super Tramp. Il film è finito e io ho le lacrime agli occhi..Leonard se ne accorge e mi passa la mano sulla schiena come per consolarmi.
“Alexander è morto felice. È riuscito a fare tutto nella sua breve vita. Era contento quando se ne è andato..” dico.
Anche io voglio essere come lui. Coraggiosa per fare tutto ciò che desidero più di ogni altra cosa. Ma sono lì, con Leonard. E non posso chiedere modo migliore per andarmene.
“ti vado a prendere un bicchier d’acqua?” fa lui.
“no, non ho bisogno dell’acqua. Ho bisogno di…te..” Leonard mi abbraccia per la prima volta in vita sua. Non è la cosa migliore pensare che in realtà lo sta facendo solo per me, non anche per sé stesso. Vuole solo rendere felice me. Lui non avrebbe mai detto o fatto niente se io non gli avessi annunciato che stavo per morire. Ma non ho intenzione di pensare a certe cose. Sono egoista? Forse. Ma ho veramente bisogno di lui.
“ti va se usciamo? Andiamo a mangiare qualcosa…se vogliamo passare una bella giornata io e te da soli, non credo sia il caso che cucini io…” ride.
“mi farebbe piacere..”
“allora andiamo.”
Usciamo da casa sua e ci dirigiamo al ristorante più vicino. Lui ne conosce parecchi buoni. Restiamo in assoluto silenzio per una decina di minuti. Poi finalmente dice:
“scusa se te lo chiedo, ma posso sapere che cos’hai?” ecco, questa magari non è proprio la domanda che preferivo, ma a questo punto perché non dirglielo.
“si che te lo posso dire..ho la…leucemia…” spalanca gli occhi.
“e ti fa male qualcosa?”
“no, mi sento solo perennemente stanca..ma sto bene, davvero..sono solo pallida e stanca. Tutto qua!”
“mi dispiace..deve essere una cosa orribile…”
“lo è abbastanza..”
In effetti non abbiamo molto da dire. Ma e me basta stare affianco a lui. So però che non è lo stesso da parte sua.
Arriviamo al ristorante e ordiniamo due pizze. Offre tutto Leonard.
“perché non mi hai mai detto prima quello che mi hai detto oggi?” chiede.
“della malattia?”
“no…quell’altra cosa…” diventa rosso.
“perché io e te non abbiamo mai avuto nessun contatto. Non abbiamo quasi nemmeno mai parlato..”
“e allora come faccio a piacerti se nemmeno mi conosci?”
“bella domanda…” sbuffo. “ecco..io ti conosco molto di più di quanto tu conosci me, e molto di più di quanto tu immagini..”
Ride.
Arrivano le pizze e iniziamo a mangiare. Leonard paga, andiamo via dal ristorante e continuiamo a camminare.
Stare vicino a lui è davvero…davvero…non avrei mai immaginato che un giorno sarei arrivata a questo…inizio a piangere.
“Sidney, che cosa ti prende?” si ferma e mi gira verso di lui, mettendomi le mani sulle spalle.
“scusa. È che ogni tanto credo sia normale sciogliersi in lacrime se ripenso a tutte le cose, a tutti i momenti, a tutte le persone…che perdo…”
“credo anch’io che sia normale…ma è brutto vederti piangere..”
“okay, allora la smetto…” faccio gli ultimi singhiozzi e poi mi trattengo.
“è un peccato che non ci siamo mai conosciuti meglio..”
“non mi hai mai dato modo di avvicinarmi a socializzare..!” dico.
“ah, ora è colpa mia??” si altera.
“non lo so…ma stai tranquillo.”
“secondo me la colpa è tua che sei sempre rimasta esterna alla classe. Sei una bella ragazza e avresti potuto trovare tanti di quei ragazzi, magari anche me, se soli avessi interagito di più..”
“credo che l’abbia fatto apposta a non interagire troppo, non ho amiche nella mia classe, non ho mai avuto un ragazzo, eppure ho 17 anni, è anormale. Ma c’è un motivo a tutto ciò. Io ho sempre saputo che un giorno, la mia vita si sarebbe conclusa. Quando sarei stata ancora giovane, e non mi andava di ferire tante persone quando me ne sarei andata. Non ho mai voluto che nessuno si innamorasse di me…soltanto tu…l’ho sempre desiderato, ma è stato meglio così, se no avrei abbandonato anche te, e non lo meriti. È già abbastanza dura abbandonare mia madre, mia cugina e mia zia..sarebbe stato troppo brutto lasciare qualcuno che amavo più di qualsiasi cosa. E infatti è così. È una cosa orrenda…”
Rimane in silenzio per un po’, ma poi dice: “è bello e molto altruista che tu la pensi a questo modo, ma secondo me invece avresti dovuto vivere e spassartela il più possibile senza pensare alle persone che ci avrebbero sofferto dopo. Questa è la tua vita, e così non te la sei goduta…”
“questo mi sembra un po’ un ragionamento egoista..e comunque me la sono goduta..eccome. ho voluto bene alle persone che secondo me meritavano di possedere il mio cuore. E ho amato te, credo che questo possa bastare per una vita intera…”
Leonard rimane nuovamente in silenzio, lo ho lasciato senza parole. Riprendo a camminare, lui è fermo, immobilizzato, ma io non mi giro a guardarlo, probabilmente è rosso di vergogna.
“ho trovato un motivo fra i tanti per cui mi piaci…” mi fermo, mi volto e torno verso lui.
“dimmi…”
“sei timido, ma non lo dai a vedere a nessuno. Nemmeno una persona ti guarda mai quando diventi rosso, ma non sanno cosa si perdono, perché è il momento in cui sei più bello…gli occhi verdi ti diventano lucidi, allora li chiudi perché ti vergogni di farti vedere così tenero e insicuro, ma tutti hanno dei difetti, nessuno è perfetto. Non devi mai nascondere ciò che sei veramente, se no non troverai mai nessuno che ti ama per la persona che sei nel profondo…”
Leonard mi fissa.
“una l’ho trovata…” dice.
“io non conto ormai...”
“non dire così..” lo ammutolisco mettendogli l’indice sulle labbra. Quelle labbra soffici. È difficile non baciarle, ma ci riesco. Continuiamo a camminare, poi Leonard dice:
“ti va se per passare il pomeriggio andiamo al Luna Park? Io mi ci diverto troppo..come un bambino!”
“si…certo che ci vengo..” così mi piace. Quando è il ragazzo dolce e allegro. Perché così è veramente.
Mi prende la mano e mi trascina fino al Luna Park. È grandissimo, io non ci sono mai andata, nemmeno da piccola…
Andiamo alla ruota panoramica..
“questo è un posto abbastanza romantico, la ruota panoramica a quest’ora è meravigliosa..!” è entusiasta, ma io non sto come lui.
“si, Leonard, aspetta però.”
“si, che c’è?” mi chiede.
“io non voglio un posto romantico se a te non va bene, io non ti piaccio. L’ho capito. Non sai come mi dispiace, ma va bene così. E non voglio che solo per rendermi felice tu faccia tutto questo..stai perdendo una giornata preziosa per stare dietro a una mocciosa che non ti sei mai filato, e ora solo perché ti faccio pena, fai tutto questo..”
Leonard si fa serio. Sto dicendo la verità. Ma perché non capisco che tutto ciò è per me e devo essere felice e non lamentarmi?
“Sidney, io non lo faccio perché mi fai pena, ma perché oggi ti ho conosciuta meglio, e sei una ragazza fantastica. È vero che non mi piaci, scusa…ma se la situazione non fosse quella che è, le cose sarebbero completamente differenti. Ora io sto facendo questo perché so che a te fa piacere, ma non vuol dire che io mi stia annoiando..anzi. Mi trovo bene con te. Non credo mi metterei con te ora come ora, date le circostanze, anche perché ho capito che te non vuoi, ma se..” stringe gli occhi per trattenere le lacrime. “ma…se avessimo più tempo, starei con te molto volentieri, e dato che tengo a te, ho intenzione di passare una giornata bella, rilassante e romantica. Anche perché tu sei l’unica che mi conosce per davvero, e io invece di te non so quasi nulla.” Mi stringe la mano. Ha detto milioni di volte – di te, a te, con te- e questo mi lusinga..
Ha ragione però. Mi sto per commuovere. In quel momento odio me e quella cazzo di malattia. Se lei non ci fosse stata io sarei potuta essere felice per molto tempo con il mio Leonard. Ma le cose stanno così. E lui è fantastico. Cos’altro posso chiedere?
Leonard paga l'uomo che guida la ruota panoramica, ci sediamo su quei piccoli sedili e l'uomo ci mette una sbarra davanti...
“non si sa mai...” dice vedendo la mia faccia preoccupata e interrogativa. Ecco, ora sono ancora più in ansia. Non si sa mai? I nostri sedili iniziano a muoversi. Salgono.
“no, no, no, Leonard, fammi scendere. Aiuto! Aiuto! Oddio...Voglio scendere!” sto urlando.
“calma. Calma.”
“ma che calma, io soffro di vertigini.” guardo giù. Chi me lo ha fatto fare. Siamo già alti. “oddio. Ora vomito.” prendo istintivamente la mano di Leonard e la stringo forte. Lo sento ridacchiare.
Poi mi chiude gli occhi con le dita. Ho improvvisamente dimenticato le vertigini.
“non aprirli fin che non te lo dico io...” mi dice. Rimango con gli occhi chiusi. Sento le urla di altre persone che si divertono. Sento che stiamo salendo. Ma quella di chiudere gli occhi è una buona idea; mi pare di volare.
“apri.” mi dice Leonard.
Ubbidisco.
Siamo altissimi. Stiamo al massimo dell' altezza. Guardo giù e mi viene da rigettare.
“ora vomito. Fammi scendere. Aiuto!” riesco a lamentarmi e a tapparmi la bocca.
“questo perchè come la maggior parte delle persone quando si trova qui sopra guarda superficialmente ciò che ci circonda...Prova a guardare meglio, e ti renderai conto della bellezza che c'è intorno a noi in questo momento...” mi indica con la mano tutta la magnificenza che ci circonda. Ha ragione, come al solito.
“...È stupendo...” riesco a dire. poi ci guardiamo, non so nemmeno io se stupendo è il panorama o...Lui. Tant'è che ora non mi viene più da vomitare. Ma mentre penso e mi guardo intorno senza fiatare i 2 giri sono già finiti. Non sono felice di scendere, come non ero felice di salire.
Una volta con i piedi a terra, tiro un bel sospiro.
“allora, ti sei divertita?” mi domanda.
“mai stata meglio guarda!” ride, ma io sono seria. Non so se quel blocco che ho in gola in quel momento è un segnale che mi sto sentendo male, o la troppo felicità che provo in quell’istante accanto a Leonard.
A quel punto mi prende la mano e mi accompagna in un bar. In effetti devo andare in bagno. Quando esco dalla porta della toilette lo vedo seduto al tavolo. Ha ordinato due succhi.
“spero ti piaccia il succo d'arancia...” mi dice.
“non è il mio preferito, ma va bene lo stesso grazie.” in realtà il succo d'arancia mi fa al quanto schifo, poi dopo l’esperienza della ruota panoramica, magari non è proprio il massimo, ma non posso mettermi di certo a fare anche i capricci.
“no, no allora niente. Cameriere!” chiama. Ma cosa sta combinando? “mi può cambiare questi 2 succhi e portarmene 2 a...” si volta verso di me in attesa di una risposta per il gusto.
“pesca...” dico sottovoce.
“ok, allora 2 succhi alla pesca grazie...Sidney puoi sederti..” in effetti sono ancora lì in piedi davanti a lui.
Arrivano i 2 succhi. Dopo aver finito di bere Leonard inizia a fissarmi.
“che c'è?” chiedo.
“mi stavo domandando se ti andava di ballare..” c'è una banda che suona da una mezz'ora musiche lente.
“io? No, no, no, no, no...Ti faccio un favore se non ballo...”
“dai ma che dici...Dai ti prego.- Devi essere coraggiosa e provare tutto-, ricordi?”
“uffa!” sbuffo io. Mi prende il braccio e mi trascina in mezzo alla pista. Siamo gli unici a stare lì. Magari è anche vietato ballare in quel locale.
“non c'è nessuno. Siamo soli...” sussurro.
“evidentemente gli altri non sono coraggiosi quanto noi, e poi non siamo soli. Ci siamo io...E te...Chi altro ci serve?” ecco. Sono rossa. Mette la sua mano intorno alla mia vita e con l'altra mi posa le braccia intorno al suo collo.
“Leonard, io sono incapace.”
“tranquilla, non puoi essere peggio di me” ride.
“ah stiamo messi bene.” continuiamo a ballare (se così si può definire) per non so quanto tempo. Minuti, ore, forse. Il tempo è volato e il sole è scomparso. Io ho la testa poggiata sul suo petto. Sto tanto comoda.
“mi sa che è ora di tornare a casa.” mi dice ad un tratto.
Smettiamo di ballare. Mi prende la mano e ci incamminiamo in silenzio verso casa mia. La giornata sfortunatamente è finita.
Per tutto il tragitto rimaniamo in silenzio. Come possiamo avere qualcosa da dire se quelli sono gli ultimi minuti della mia…della nostra vita che passiamo insieme?
“eccoci qua...” siamo sotto il mio portone. Non mi va affatto di salire, e andare via da lui “allora è arrivato il momento dei saluti...” mi dice.
“già..È arrivato il momento degli... addii..” ripeto con gli occhi lucidi, poi continuo: “Leonard grazie della bellissima giornata. Dire che mi sono divertita, è dire poco. E in tua compagnia, sono stata benissimo, proprio come avevo sempre fantasticato. Sei stato un ottimo amico a farmi questo piacere...Immagino sia stato sfibrante per te, e me ne dispiace..” dico mentre gli carezzo il volto.
“no Sidney, anche io sono stato bene, e non è stato per niente stressante, anzi mi sono divertito, te l’ho già detto...E mi dispiace non poterti offrire niente di più che un’ amicizia..Davvero non so come chiederti scusa..”
“guarda Leonard che a me va benissimo così. Fidati, non rimpiango nulla, ora, grazie a te...Sei stato a dir poco… perfetto..” . gli sorrido per dargli la certezza che lo penso per davvero.
 In realtà c'è qualcosa che desidero in fine, ma non posso chiedere ancora altro. Va bene così. E poi non credo lui desidererebbe farmi felice anche su questo. Leonard si avvicina a me. Ha capito, evidentemente dal mio sguardo, ciò che desidero. Mi prende la faccia tra le mani e posa le sue labbra sulle mie. Sono diventata rossa. Poggio la mia mano sulla sua, che è sul mio volto, e poi sul mio collo. È stato così bello. Leonard e tutto il resto è proprio come lo avevo sempre immaginato...Di quella dolcezza. Quel bacio. Il mio primo bacio. Leonard si stacca da me, e io gli asciugo la lacrima che gli sta rigando il viso...Non ci saremmo rivisti mai più. Forse è per quello che piange. Giro e spalle e salgo le scale di casa. Sono felice. Sono felice prima della fine. È le cosa più bella che potessi mai chiedere. Lui era stato mio. Anche solo per un giorno. Ma era stato mio. E sarei rimasta per sempre con quel bellissimo ricordo. Fino alla fine di tutto. Me ne sarei andata felice. Con il suo sapore sulle mie labbra.

  
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