L’ultimo raggio
Mi alzo contro voglia e vado a fare colazione. Giusto un paio di
biscotti.
“muoviti Sidney! Non possiamo fare tardi!!” mia
madre non mi dà un attimo di tregua.
Mi lavo, mi vesto e mi metto ad aspettare davanti
all’ascensore. Anche mamma è pronta.
“mamma lo sai che non mi interessa più di tanto se
facciamo tardi dal dottore! Tanto cosa vuoi che mi dica? Le solite
cose…che devo continuare con le medicine.” Dico.
“e tu sai quant’è importante fare questa
visita quell’unica volta al mese…”
“si, ma anche durante le vacanze, è
un’ammazzata alzarsi alle 7!” sbuffo.
Arriviamo alla macchina e in una mezz’oretta siamo allo
studio del Dottor Marvin.
Siamo in sala d’aspetto. Io e mia madre in certi casi non
abbiamo molto da dire. Lei legge il suo libro che si è
portata da casa e tronca tutte le mie battute. Dice sempre che devo
essere seria quando vado dal dottore. Non devo sottovalutare mai il
problema. Non parliamo fin che il dottore non ci chiama..
“salve Sidney!” mi porge la mano e io gliela
stringo. “come vanno le cure?” e si siede dietro la
sua scrivania.
È un uomo alto e slanciato. Un bel dottore, con un
po’ di barba, occhi celesti, moro.
“bene, bene dottore. Io mi sento bene sempre. Al solito la
fiacca, ma sto benone.” Gli sorrido. Tutti questi
interrogatori mi danno sui nervi. Ma lui continua.
“e con i ragazzi come va?” questa stupida mania
degli adulti di chiedere ai ragazzi come vanno le storie
d’amore è davvero una cosa che non sopporto. Cosa
vuole che gli dica? Se era più simpatico e avevamo ore da
perdere gli avrei anche raccontato tutte le complicazioni che avevo con
i ragazzi. Ma il tempo manca, e quindi rispondo semplicemente:
“tutto come al solito.”
Mi fa sdraiare sul lettino, mi sente il cuore e tutte le altre cose da
dottore, e poi mi fa le analisi.
Salutiamo e mamma mi accompagna a prendere un cornetto. Non so quanto
sangue mi abbia tolto, ma sono pallidissima.
Dobbiamo aspettare fino alle 10 il risultato delle analisi, e poi
possiamo tornare a casa. Per passare il tempo io e mamma andiamo per
negozi.
“Sidney, mi puoi dire sinceramente come stai? La malattia che
hai non è una cosa da niente…” mi dice
dopo un po’.
“mamma, io sto come al solito, è la
verità: lo so che non la devo sottovalutare, ma io mi sento
sempre uguale. Perché non posso stare tranquilla se alla
fine il dottore mi dice sempre che va tutto a posto, e che devo solo
continuare a prendere le medicine?” mentre parlo ho raccolto
quattro cinque magliette in quel magazzino.
Mamma non risponde a ciò che le ho detto.
“mamma, andiamo a provare?” mi segue, ma non dice
nulla. Il giorno della visita le fa sempre quest’ effetto.
Mentre mi provo le magliette non faccio altro che guardarmi allo
specchio. Sono veramente pallida, e in effetti mi gira anche un
po’ la testa.
Ultimamente sono anche dimagrita. Non ho più la fame che
avevo prima. Insomma sono pallida e sciupata. Ma mamma si preoccupa
troppo come al solito.
“tesoro? Ci sei? Dai che si fa tardi!” è
fissata con il fare tardi, a me non importa proprio.
Paghiamo, e ora stiamo tornando all’ospedale. Mamma chiede
del dottor Marvin e entriamo in una stanza enorme, con le pareti blu e
pochi mobili. Il nostro dottore ci fa accomodare.
“prego Signora Eastwood, si accomodi.” Mamma si
siede. È preoccupata, più di prima, e forse ora
inizio ad esserlo anche io. Non siamo mai entrate in quella stanza,
eppure è da 5 anni che frequentiamo quel dottore e
quell’ospedale. E poi si tratta della mia salute, non riesco
nemmeno a sedermi per l’ansia. Mia madre mi accarezza, e poi
si siede poggiando la borsa a terra.
“abbiamo analizzato il sangue di Sidney e..” io lo
fermo.
“scusa mamma, posso uscire? Vado a prendere una boccata
d’aria.” Mia madre mi guarda e annuisce.
Mi chiudo la porta alle spalle e vado sul balcone. So che
c’è qualcosa che non va, e so che sarebbe stato
molto difficile per mamma dirmelo dopo da sole, ma proprio non riesco a
stare in quella camera, e sentirmi così oppressa, era da
anni che mi sentivo oppressa e troppo protetta, e ora che mi sento sta
arrivando la fine, voglio stare bene e a mio agio per una sola volta.
Dopo qualche minuto mia madre esce dalla stanza blu. Ha un fazzoletto
in mano e tutto il volto rosso. Ha pianto. Le mie tesi sono giuste.
Mi avvicino a lei e mi abbraccia baciandomi. Non posso chiederle
niente, la farei piangere ancora di più, e poi ho capito
benissimo già da me. Ma lei mi riesce a guardare e mi fa
cenno con la testa di no. La prendo per mano, in quel momento non posso
fare altro che darle sicurezza. Perlomeno la sicurezza che ci sono
ancora. Non si sa per quanto tempo, ma ci sono ancora.
Stiamo in macchina, e mentre guida continua a piangere.
Io guardo fuori dal finestrino, e ogni tanto con la coda
dell’occhio la osservo per vedere se sta ancora piangendo.
Non mi ha detto una sola parola. Ma in effetti cosa posso pretendere?
Dopo una ventina di minuti che siamo in macchina con la radio accesa,
mute entrambe, io mi decido. Abbasso il volume e dico:
“quanto tempo ancora?”
Lei scoppia in singhiozzi. Ho peggiorato la situazione. Ma si tratta di
me e devo sapere.
“mamma?” non la smette e io voglio sapere. Non sono
come lei, e preferisco vivere quel poco sapendo tutto, non voglio
rimanere con nessun dubbio.
“d-due…s-settimane…”
singhiozza.
Sussulto. Non riesco più a respirare. 2 settimane? E come
posso fare tutto? Come potrò recuperare tutto ciò
che ho perso? Come faccio a lasciare un ricordo di me a tutte le
persone a cui tengo? Come faccio a dire a tutte queste persone il bene
che gli voglio? È troppo poco tempo. Non sono pronta ad
andarmene.
“m-mamma…mi puoi a-accompagnare da
Madison?” ora balbetto anche io.
“perché vuoi andare da tua cugina?”
“le devo parlare.” Intanto mamma si passa il
fazzoletto sugli occhi, rendendoli ancora più rossi di
quanto già non siano. Io invece guardo un punto fisso fuori
dal vetro della macchina.
Mamma si ferma davanti casa di Madison, le do un bacio sulla guancia e
lei ricomincia a piagnucolare. Come posso però darle torto?
Avrebbe perso la sua unica figlia. Sarebbe rimasta sola. Senza
papà. Lui era andato via già da 6 anni ed avevamo
vissuto sempre da sole. E adesso sarebbe rimasta lei, e basta.
Scendo dalla macchina e vado al portone di Madison, lei ha 19 anni, tre
più di me, è sempre stata la mia cugina
preferita. Busso.
“si?” fanno dall’altra porta della
cornetta.
“zia, sono Sidney…”
“ecco ti faccio salire.”
Entro e salgo al terzo piano. Mi apre Madison e mi abbraccia forte,
come fa sempre.
“oggi sono andata alla visita…” le
faccio a bassa voce.
“come è andata?”
Io non rispondo.
“Sid?”
“Madison…è andata come doveva
andare..come qualcuno lassù ha deciso che dovesse andare a
finire.”
“finire? Sidney Eastwood, di cosa stiamo parlando?”
si sta alterando. Ma non posso dare torto neanche a lei. Per molte
persone sono importante, ed è difficile accettare che
sparisca dalla vita di ognuna di loro.
“stiamo parlando di me…della visita dal
dottore…di ciò che mi ha detto!”
“ti ha dato altre medicine, come al solito, no?”
cerca di darsi spiegazioni e di rassicurarsi da sola. Ma è
fuori strada.
“no. Non ne devo più prendere. Non ce ne
è più bisogno. E non perché sono
guarita, ma perché è inutile spendere ulteriori
soldi per una malattia che si sa che porta alla…”
è difficile dirlo anche per me.
“morte..” poi scoppio a piangere, finalmente ho
qualcuno davanti abbastanza forte. Io sto crollando a terra, ma mi
reggo allo schienale della sedia, invece Madison è in piedi
di fronte a me, impassibile. Poi mi prende per il braccio e mi fa
sedere sul divano del salotto. Lei si siede affianco a me.
“Sidney, mi sto sentendo
male…spiegami…”
“non c’è nulla da spiegare…me
ne vado” ricomincio a singhiozzare. Madison ancora si riesce
a tenere, ma ha gli occhi lucidi e rossi, sarebbe scoppiata da un
momento all’altro. “sono venuta per dirtelo. Per
passare con te questa giornata. Per dirti quanto ti voglio bene. Per
dirti che non ho mai avuto nessuno come te. Grazie di tutto
Madison..”
“ti prego Sid, non fare la sdolcinata..ci manca solo
questo..immagino già la zia, tua madre, quanto
avrà pianto, e te quanto piangerai…” la
voce le trema.
“io non piango
perché…morirò…ma
perché non voglio abbandonare le persone che amo. Voglio
riuscire a dire a voi tutti quanto vi voglio bene, ma non ci
riuscirò mai.”
“invece ci riuscirai…potresti andare da Leonard
per esempio invece di stare qua con me. Io lo so che mi vuoi bene, e
sai quanto te ne voglio io – mi abbraccia - ..quindi vai da
lui. Ne hai bisogno e lui è il primo che deve sapere
ciò che provi per lui.” piange,
è scoppiata…quanto le voglio bene, solo lei mi
capisce in questo modo.
“e poi dici perché ti dico Grazie…a chi
altro dovrei dirlo se non a te?” la abbraccio nuovamente.
“non mi devi ringraziare. So che hai bisogno di lui, come di
nessun altro ora come ora. Quindi ti ci spedisco a calci se non ci vai
immediatamente…” ride sommessamente fra i
singhiozzi.
La abbraccio di nuovo e mi accompagna alla porta.
“Sidney Eastwood … io, non ti
dimenticherò MAI..” piange, non so come avesse
fatto a trattenersi per tanto, ma ora piange, le lacrime non danno
segno di calmarsi. Non so come consolarla. Ma non
c’è nulla da consolare, tutto ciò per
cui lei sta così, si sarebbe avverato, un giorno, tra due
settimane.
Allora scendo le scale, voltandole le spalle, e esco dal portone.
Mi sto dirigendo verso casa sua..mi sono convinta anche io. Voglio
essere felice. Per un giorno. Anche solo per un giorno, o per
un’ora. E poi lui deve sapere. Sono davanti al suo portone.
Busso. Al citofono risponde lui.
“sono Sidney..” dico.
“Sidney?” non capisco se è incredulo,
felice, annoiato…non capisco.
“si…Sidney..” non riesco nemmeno ad
essere nervosa. Devo vedere la cosa al meglio. Nemmeno si ricorda di
me? No, impossibile!
“eccomi..scendo..” si è deciso.
Aspetto qualche minuto. Io ho tutto il tempo per aspettare. Ho due
settimane solo per lui. Lui…lui e basta.
Apre la porta. Ha una maglia nera e dei bermuda bianchi con delle
converse altrettanto bianche. Sembra non si sia nemmeno pettinato, ma
non posso negare che stia bene. È un raggio di sole, come
sempre, per me. E mi si illuminano gli occhi nel vederlo. Mi mancava.
“ciao!” si decide a dire Leonard. Io sono ancora
senza parole. Madison ha ragione. Non desideravo nient’altro
che lui in quel momento.
“che ci fai qui?” continua.
“ero venuta per vederti…” okay, sto
svenendo.
“per vedere..me? ma Sidney, io e te
non…” lo blocco. Sta per dire qualcosa che mi
potrebbe ferire.
“lo so, lo so. Dovevo solo parlarti di un paio di
cosette…” sminuisco.
“sentiamole…”
“okay, ma prima promettimi che non proverai nei miei
confronti nessuna pietà o roba del genere..non lo
sopporto..” Leonard esita, ma poi si mette una mano sul petto
e promette.
Mi faccio coraggio…
“ecco la prima cosa è
che…tu…anzi io..cioè
noi..bè vedi Leonard è da qualche tempo che
tu..che io.. NO, così non va bene…” mi
interrompe. Ma che figura ci sto facendo?
“Sidney hai bisogno di una mano?” si avvicina.
“si, ne avrei bisogno in realtà,
ma è una cosa che devo riuscire a dire da
sola…ecco Leonard…tu…tu…tu
mi piaci!” sono diventata rossa. Sento il bollore sulle gote.
Probabilmente mi è anche salita la febbre, mi tremano le
gambe. Cioè ho detto al ragazzo dei miei sogni,
l’unico che io abbia mai amato ciò che provo. Sto
veramente svenendo, la mia testa è improvvisamente vuota, ho
dimenticato tutto, tutto, c’è solo lui, davanti ai
miei occhi, nei miei pensieri, nel mio cuore; mi guardo i piedi. E lui
non parla. Oddio! Lo ho messo troppo in imbarazzo. Ma che cavolo mi
è saltato in testa? Probabilmente avrà girato i
tacchi e se ne sarà tornato su a casa. Avrà avuto
un’altra miriade di cose più importanti da fare
invece di ascoltare una povera cretina come me…
“ah…” finalmente emette un fiato. Ora mi
sento meglio e posso anche andarmene.
“qual è la seconda cosa?” chiede. io
rialzo lo sguardo, incredula.
“veramente me lo stai chiedendo? Dopo quello ho ti ho appena
detto ti interessa davvero sapere l’altra cosa…?
No…perché io…” avrei
continuato a chiedere spiegazioni fino all’infinito, ma lui
mi ferma.
“voglio sapere Sidney.”
“d’accordo, ma qui rientra il discorso della
pietà, lo hai promesso” gli ricordo, e lui si
rimette la mano sul petto, come per mantenere la promessa.
“vedi. Io sono malata. Mi hanno dato poche settimane. Ecco
tutto.” Leonard non fiata. Io faccio per andarmene.
“aspetta solo un attimo…mi dispiace..davvero
tanto, ma perché sei venuta a dirlo a me?”
“perché mi piaci Leonard, e volevo condividere
questo con te. Non pretendo nulla. Volevo solo che tu
sapessi…tutto qua..” abbasso di nuovo lo sguardo.
“vuoi salire su casa?” Leonard ha capito. Voglio
essere felice con lui per quel giorno. Mi apre il portone, e io entro.
Sta da solo a casa. I suoi sono a lavoro. La casa è enorme,
un piano solo, ma vastissimo. Non sono mai stata a casa sua. Io e lui
non abbiamo mai parlato tanto. All’ingresso ci sono molti
mobili antichi, e poi da lì si va in salotto dove
c’è un televisore grandissimo, non so quanti
pollici, e accanto al salone, camera sua. Questo è quel poco
che riesco a vedere.
Io mi guardo intorno, ammiro in silenzio, poi lui
all’improvviso dice:
“scusa, puoi aspettare 10 minuti, che mi devo ancora
preparare? Solitamente sono pronto per mezzogiorno, ma oggi faccio
un’eccezione..”
“scusami se ho disturbato…forse è
meglio che vada..” dico.
Mi sento uno schifo. Sta facendo tutto questo per me?
“no, tranquilla Sidney, non disturbi. Ci metto
poco..” mi indica il divano, un altro per dire
–accomodati pure- .
Io mi siedo sul divanetto e dico:
“grazie davvero Leonard..” mi sorride. Che cosa
meravigliosa il suo sorriso. Le sue labbra. I suoi denti. Poi va verso
il bagno, e io lo seguo con lo sguardo e lo vedo mentre si toglie la
maglietta. Come è bello. Ma forse è meglio
guardare altrove. Potrebbe sentirsi osservato. Allora accendo la
televisione. Stanno trasmettendo “Into the Wild” .
Lo ho visto una volta sola tempo fa. Mi era piaciuto, e lo avrei
riguardato di nuovo volentieri, dato che ormai dovevo muovermi a fare
tutto ciò che desideravo.
Dopo qualche minuto eccolo arrivare. Non mi giro a guardarlo, ma sento
che si siede accanto a me, e per mettermi più a mio agio
stende il suo braccio sulle mie spalle. Io sono intenta a guardare il
film, che sta per finire. Sento che anche io faccio parte di quel film.
Alex, il protagonista, sta facendo di tutto per vivere una vita diversa
dagli altri. Migliore magari. Da tutto se stesso per raggiungere il suo
scopo. È riuscito a vedere cose che nessun’altra
persona avrebbe mai nemmeno sognato. Solo lui. Alexander Super Tramp.
Il film è finito e io ho le lacrime agli occhi..Leonard se
ne accorge e mi passa la mano sulla schiena come per consolarmi.
“Alexander è morto felice. È riuscito a
fare tutto nella sua breve vita. Era contento quando se ne è
andato..” dico.
Anche io voglio essere come lui. Coraggiosa per fare tutto
ciò che desidero più di ogni altra cosa. Ma sono
lì, con Leonard. E non posso chiedere modo migliore per
andarmene.
“ti vado a prendere un bicchier d’acqua?”
fa lui.
“no, non ho bisogno dell’acqua. Ho bisogno
di…te..” Leonard mi abbraccia per la prima volta
in vita sua. Non è la cosa migliore pensare che in
realtà lo sta facendo solo per me, non anche per
sé stesso. Vuole solo rendere felice me. Lui non avrebbe mai
detto o fatto niente se io non gli avessi annunciato che stavo per
morire. Ma non ho intenzione di pensare a certe cose. Sono egoista?
Forse. Ma ho veramente bisogno di lui.
“ti va se usciamo? Andiamo a mangiare qualcosa…se
vogliamo passare una bella giornata io e te da soli, non credo sia il
caso che cucini io…” ride.
“mi farebbe piacere..”
“allora andiamo.”
Usciamo da casa sua e ci dirigiamo al ristorante più vicino.
Lui ne conosce parecchi buoni. Restiamo in assoluto silenzio per una
decina di minuti. Poi finalmente dice:
“scusa se te lo chiedo, ma posso sapere che
cos’hai?” ecco, questa magari non è
proprio la domanda che preferivo, ma a questo punto perché
non dirglielo.
“si che te lo posso dire..ho
la…leucemia…” spalanca gli occhi.
“e ti fa male qualcosa?”
“no, mi sento solo perennemente stanca..ma sto bene,
davvero..sono solo pallida e stanca. Tutto qua!”
“mi dispiace..deve essere una cosa
orribile…”
“lo è abbastanza..”
In effetti non abbiamo molto da dire. Ma e me basta stare affianco a
lui. So però che non è lo stesso da parte sua.
Arriviamo al ristorante e ordiniamo due pizze. Offre tutto Leonard.
“perché non mi hai mai detto prima quello che mi
hai detto oggi?” chiede.
“della malattia?”
“no…quell’altra
cosa…” diventa rosso.
“perché io e te non abbiamo mai avuto nessun
contatto. Non abbiamo quasi nemmeno mai parlato..”
“e allora come faccio a piacerti se nemmeno mi
conosci?”
“bella domanda…” sbuffo.
“ecco..io ti conosco molto di più di quanto tu
conosci me, e molto di più di quanto tu immagini..”
Ride.
Arrivano le pizze e iniziamo a mangiare. Leonard paga, andiamo via dal
ristorante e continuiamo a camminare.
Stare vicino a lui è
davvero…davvero…non avrei mai immaginato che un
giorno sarei arrivata a questo…inizio a piangere.
“Sidney, che cosa ti prende?” si ferma e mi gira
verso di lui, mettendomi le mani sulle spalle.
“scusa. È che ogni tanto credo sia normale
sciogliersi in lacrime se ripenso a tutte le cose, a tutti i momenti, a
tutte le persone…che perdo…”
“credo anch’io che sia normale…ma
è brutto vederti piangere..”
“okay, allora la smetto…” faccio gli
ultimi singhiozzi e poi mi trattengo.
“è un peccato che non ci siamo mai conosciuti
meglio..”
“non mi hai mai dato modo di avvicinarmi a
socializzare..!” dico.
“ah, ora è colpa mia??” si altera.
“non lo so…ma stai tranquillo.”
“secondo me la colpa è tua che sei sempre rimasta
esterna alla classe. Sei una bella ragazza e avresti potuto trovare
tanti di quei ragazzi, magari anche me, se soli avessi interagito di
più..”
“credo che l’abbia fatto apposta a non interagire
troppo, non ho amiche nella mia classe, non ho mai avuto un ragazzo,
eppure ho 17 anni, è anormale. Ma c’è
un motivo a tutto ciò. Io ho sempre saputo che un giorno, la
mia vita si sarebbe conclusa. Quando sarei stata ancora giovane, e non
mi andava di ferire tante persone quando me ne sarei andata. Non ho mai
voluto che nessuno si innamorasse di me…soltanto
tu…l’ho sempre desiderato, ma è stato
meglio così, se no avrei abbandonato anche te, e non lo
meriti. È già abbastanza dura abbandonare mia
madre, mia cugina e mia zia..sarebbe stato troppo brutto lasciare
qualcuno che amavo più di qualsiasi cosa. E infatti
è così. È una cosa
orrenda…”
Rimane in silenzio per un po’, ma poi dice:
“è bello e molto altruista che tu la pensi a
questo modo, ma secondo me invece avresti dovuto vivere e spassartela
il più possibile senza pensare alle persone che ci avrebbero
sofferto dopo. Questa è la tua vita, e così non
te la sei goduta…”
“questo mi sembra un po’ un ragionamento egoista..e
comunque me la sono goduta..eccome. ho voluto bene alle persone che
secondo me meritavano di possedere il mio cuore. E ho amato te, credo
che questo possa bastare per una vita intera…”
Leonard rimane nuovamente in silenzio, lo ho lasciato senza parole.
Riprendo a camminare, lui è fermo, immobilizzato, ma io non
mi giro a guardarlo, probabilmente è rosso di vergogna.
“ho trovato un motivo fra i tanti per cui mi
piaci…” mi fermo, mi volto e torno verso lui.
“dimmi…”
“sei timido, ma non lo dai a vedere a nessuno. Nemmeno una
persona ti guarda mai quando diventi rosso, ma non sanno cosa si
perdono, perché è il momento in cui sei
più bello…gli occhi verdi ti diventano lucidi,
allora li chiudi perché ti vergogni di farti vedere
così tenero e insicuro, ma tutti hanno dei difetti, nessuno
è perfetto. Non devi mai nascondere ciò che sei
veramente, se no non troverai mai nessuno che ti ama per la persona che
sei nel profondo…”
Leonard mi fissa.
“una l’ho trovata…” dice.
“io non conto ormai...”
“non dire così..” lo ammutolisco
mettendogli l’indice sulle labbra. Quelle labbra soffici.
È difficile non baciarle, ma ci riesco. Continuiamo a
camminare, poi Leonard dice:
“ti va se per passare il pomeriggio andiamo al Luna Park? Io
mi ci diverto troppo..come un bambino!”
“si…certo che ci vengo..”
così mi piace. Quando è il ragazzo dolce e
allegro. Perché così è veramente.
Mi prende la mano e mi trascina fino al Luna Park. È
grandissimo, io non ci sono mai andata, nemmeno da piccola…
Andiamo alla ruota panoramica..
“questo è un posto abbastanza romantico, la ruota
panoramica a quest’ora è
meravigliosa..!” è entusiasta, ma io non sto come
lui.
“si, Leonard, aspetta però.”
“si, che c’è?” mi chiede.
“io non voglio un posto romantico se a te non va bene, io non
ti piaccio. L’ho capito. Non sai come mi dispiace, ma va bene
così. E non voglio che solo per rendermi felice tu faccia
tutto questo..stai perdendo una giornata preziosa per stare dietro a
una mocciosa che non ti sei mai filato, e ora solo perché ti
faccio pena, fai tutto questo..”
Leonard si fa serio. Sto dicendo la verità. Ma
perché non capisco che tutto ciò è per
me e devo essere felice e non lamentarmi?
“Sidney, io non lo faccio perché mi fai pena, ma
perché oggi ti ho conosciuta meglio, e sei una ragazza
fantastica. È vero che non mi piaci, scusa…ma se
la situazione non fosse quella che è, le cose sarebbero
completamente differenti. Ora io sto facendo questo perché
so che a te fa piacere, ma non vuol dire che io mi stia
annoiando..anzi. Mi trovo bene con te. Non credo mi metterei con te ora
come ora, date le circostanze, anche perché ho capito che te
non vuoi, ma se..” stringe gli occhi per trattenere le
lacrime. “ma…se avessimo più tempo,
starei con te molto volentieri, e dato che tengo a te, ho intenzione di
passare una giornata bella, rilassante e romantica. Anche
perché tu sei l’unica che mi conosce per davvero,
e io invece di te non so quasi nulla.” Mi stringe la mano. Ha
detto milioni di volte – di te, a te, con te- e questo mi
lusinga..
Ha ragione però. Mi sto per commuovere. In quel momento odio
me e quella cazzo di malattia. Se lei non ci fosse stata io sarei
potuta essere felice per molto tempo con il mio Leonard. Ma le cose
stanno così. E lui è fantastico.
Cos’altro posso chiedere?
Leonard paga l'uomo che guida la ruota panoramica, ci sediamo su quei
piccoli sedili e l'uomo ci mette una sbarra davanti...
“non si sa mai...” dice vedendo la mia faccia
preoccupata e interrogativa. Ecco, ora sono ancora più in
ansia. Non si sa mai? I nostri sedili iniziano a muoversi. Salgono.
“no, no, no, Leonard, fammi scendere. Aiuto! Aiuto!
Oddio...Voglio scendere!” sto urlando.
“calma. Calma.”
“ma che calma, io soffro di vertigini.” guardo
giù. Chi me lo ha fatto fare. Siamo già alti. “oddio.
Ora vomito.” prendo istintivamente la mano di Leonard e la
stringo forte. Lo sento ridacchiare.
Poi mi chiude gli occhi con le dita. Ho improvvisamente dimenticato le
vertigini.
“non aprirli fin che non te lo dico io...” mi dice.
Rimango con gli occhi chiusi. Sento le urla di altre persone che si
divertono. Sento che stiamo salendo. Ma quella di chiudere gli occhi
è una buona idea; mi pare di volare.
“apri.” mi dice Leonard.
Ubbidisco.
Siamo altissimi. Stiamo al massimo dell' altezza. Guardo giù
e mi viene da rigettare.
“ora vomito. Fammi scendere. Aiuto!” riesco a
lamentarmi e a tapparmi la bocca.
“questo perchè come la maggior parte delle persone
quando si trova qui sopra guarda superficialmente ciò che ci
circonda...Prova a guardare meglio, e ti renderai conto della bellezza
che c'è intorno a noi in questo momento...” mi
indica con la mano tutta la magnificenza che ci circonda. Ha ragione,
come al solito.
“...È stupendo...” riesco a dire. poi ci
guardiamo, non so nemmeno io se stupendo è il panorama
o...Lui. Tant'è che ora non mi viene più da
vomitare. Ma mentre penso e mi guardo intorno senza fiatare i 2 giri
sono già finiti. Non sono felice di scendere, come non ero
felice di salire.
Una volta con i piedi a terra, tiro un bel sospiro.
“allora, ti sei divertita?” mi domanda.
“mai stata meglio guarda!” ride, ma io sono seria.
Non so se quel blocco che ho in gola in quel momento è un
segnale che mi sto sentendo male, o la troppo felicità che
provo in quell’istante accanto a Leonard.
A quel punto mi prende la mano e mi accompagna in un bar. In effetti
devo andare in bagno. Quando esco dalla porta della toilette lo vedo
seduto al tavolo. Ha ordinato due succhi.
“spero ti piaccia il succo d'arancia...” mi dice.
“non è il mio preferito, ma va bene lo stesso
grazie.” in realtà il succo d'arancia mi fa al
quanto schifo, poi dopo l’esperienza della ruota panoramica,
magari non è proprio il massimo, ma non posso mettermi di
certo a fare anche i capricci.
“no, no allora niente. Cameriere!” chiama. Ma cosa
sta combinando? “mi può cambiare questi 2 succhi e
portarmene 2 a...” si volta verso di me in attesa di una
risposta per il gusto.
“pesca...” dico sottovoce.
“ok, allora 2 succhi alla pesca grazie...Sidney puoi
sederti..” in effetti sono ancora lì in piedi
davanti a lui.
Arrivano i 2 succhi. Dopo aver finito di bere Leonard inizia a fissarmi.
“che c'è?” chiedo.
“mi stavo domandando se ti andava di ballare..”
c'è una banda che suona da una mezz'ora musiche lente.
“io? No, no, no, no, no...Ti faccio un favore se non
ballo...”
“dai ma che dici...Dai ti prego.- Devi essere coraggiosa e
provare tutto-, ricordi?”
“uffa!” sbuffo io. Mi prende il braccio e mi
trascina in mezzo alla pista. Siamo gli unici a stare lì.
Magari è anche vietato ballare in quel locale.
“non c'è nessuno. Siamo soli...”
sussurro.
“evidentemente gli altri non sono coraggiosi quanto noi, e
poi non siamo soli. Ci siamo io...E te...Chi altro ci serve?”
ecco. Sono rossa. Mette la sua mano intorno alla mia vita e con l'altra
mi posa le braccia intorno al suo collo.
“Leonard, io sono incapace.”
“tranquilla, non puoi essere peggio di me” ride.
“ah stiamo messi bene.” continuiamo a ballare (se
così si può definire) per non so quanto tempo.
Minuti, ore, forse. Il tempo è volato e il sole è
scomparso. Io ho la testa poggiata sul suo petto. Sto tanto comoda.
“mi sa che è ora di tornare a casa.” mi
dice ad un tratto.
Smettiamo di ballare. Mi prende la mano e ci incamminiamo in silenzio
verso casa mia. La giornata sfortunatamente è finita.
Per tutto il tragitto rimaniamo in silenzio. Come possiamo avere
qualcosa da dire se quelli sono gli ultimi minuti della
mia…della nostra vita che passiamo insieme?
“eccoci qua...” siamo sotto il mio portone. Non mi
va affatto di salire, e andare via da lui “allora
è arrivato il momento dei saluti...” mi dice.
“già..È arrivato il momento degli...
addii..” ripeto con gli occhi lucidi, poi continuo:
“Leonard grazie della bellissima giornata. Dire che mi sono
divertita, è dire poco. E in tua compagnia, sono stata
benissimo, proprio come avevo sempre fantasticato. Sei stato un ottimo
amico a farmi questo piacere...Immagino sia stato sfibrante per te, e
me ne dispiace..” dico mentre gli carezzo il volto.
“no Sidney, anche io sono stato bene, e non è
stato per niente stressante, anzi mi sono divertito, te l’ho
già detto...E mi dispiace non poterti offrire niente di
più che un’ amicizia..Davvero non so come
chiederti scusa..”
“guarda Leonard che a me va benissimo così.
Fidati, non rimpiango nulla, ora, grazie a te...Sei stato a dir
poco… perfetto..” . gli sorrido per dargli la
certezza che lo penso per davvero.
In realtà c'è
qualcosa che desidero in fine, ma non posso chiedere ancora altro. Va
bene così. E poi non credo lui desidererebbe farmi felice
anche su questo. Leonard si avvicina a me. Ha capito, evidentemente dal
mio sguardo, ciò che desidero. Mi prende la faccia tra le
mani e posa le sue labbra sulle mie. Sono diventata rossa. Poggio la
mia mano sulla sua, che è sul mio volto, e poi sul mio
collo. È stato così bello. Leonard e tutto il
resto è proprio come lo avevo sempre immaginato...Di quella
dolcezza. Quel bacio. Il mio primo bacio. Leonard si stacca da me, e io
gli asciugo la lacrima che gli sta rigando il viso...Non ci saremmo
rivisti mai più. Forse è per quello che piange.
Giro e spalle e salgo le scale di casa. Sono felice. Sono felice prima
della fine. È le cosa più bella che potessi mai
chiedere. Lui era stato mio. Anche solo per un giorno. Ma era stato
mio. E sarei rimasta per sempre con quel bellissimo ricordo. Fino alla
fine di tutto. Me ne sarei andata felice. Con il suo sapore sulle mie
labbra.