Crossover
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Autore: Feel Good Inc    03/02/2010    1 recensioni
~ 7_crossovers: Death Note x Kingdom Hearts - Theme Set: 12. Disney Classics
Prompt #5: Peter Pan; Near x Sora | «Quando sulla Terra una mamma non vuole un bambino, quello finisce nel Mondo Che Non Esiste. È un posto lugubre e spaventoso, e i bambini perduti hanno il compito e il desiderio di renderlo migliore. Per questo motivo ogni notte vengono a visitare i sogni dei bimbi tristi e li colorano di allegria: perché ogni bel sogno porta nel loro buio un raggio di sole.»
Prompt #1: Lady and the Tramp; Axel x Misa | Ora erano vicini alla porta, e poterono assistere allo spettacolo di uno pseudo-chef che usciva nel vicolo, posava a terra una grossa cassa di legno insieme a due scatoloni sudici e cominciava ad apparecchiare la tavola improvvisata. Misa si fermò, a bocca aperta, mentre l’uomo spariva di nuovo nella cucina – ormai era chiaro che di questo si trattava – e tornava con una candela già accesa, posate ed un gigantesco piatto fumante. Spaghetti e polpette.
Prompt #3: Alice in Wonderland; Light x Kairi | Vede tutto questo, vede che il paese delle meraviglie è costellato di cadaveri. Ma non ha paura, no, non ce n’è motivo. Perché c’è ancora la sua voce che la chiama, con le sue promesse e le sue speranze. Lui l’aspetta.
Prompt #6: 101 Dalmatians; Zexion x Sayu | Guardò di nuovo la scatola. Uno, due, tre, quattro, cinque… Quindici cuccioli minuscoli, gli occhi ancora semichiusi dal recente arrivo nel mondo, se ne stavano rannicchiati gli uni sugli altri. Alcuni erano immobili, altri tremavano. Sembrava un miracolo che fossero ancora vivi. Ma, in nome del cielo, se erano troppi.
Prompt #2: The Little Mermaid; L x Naminè | Mosse quei passi come se fossero i primi di tutta la sua vita. E forse era proprio così. In acqua non c’è bisogno di camminare. Percorse lenta la stanza bianca in cui aveva trascorso quei [primi?] tre giorni nel mondo asciutto; accanto a lei, tanto vicino da poterla sostenere e tanto distante da poterla lasciare a se stessa, il ragazzo seguiva attento i suoi passi.
Prompt #7: Beauty and the Beast; Mello x Xion | Quel posto che la gente chiamava semplicemente biblioteca, per lei era un mondo a parte. Un mondo in cui viaggiare per ore senza muoversi e un mondo in cui smettere i propri soliti panni anonimi. E poter indossare senza vergogna un vestito dorato che [altrove] non la rappresentava per niente.
Prompt #4: Sleeping Beauty; Near x Naminè | Non riusciva a spiegare il desiderio assurdo che lo stava assalendo da dentro. Non c’era nulla di sensato, nulla di logico in quella voglia di respirare il suo respiro e premere la bocca sulla sua e verificare se fosse davvero un sapore dolce come immaginava che fosse.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga, Videogiochi
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*-* Innanzitutto, una parola importantissima: GRAZIE.

Dico sul serio, sapere che questa raccolta ha incontrato un certo interesse è già per me un ottimo risultato. Penso di potermi giudicare felice anche solo per il numero di letture. Un milione di Grazie di Cuore a ciascuno di voi, ad ogni singolo lettore. Vi adoro. ^^

E un grazie particolare a Rein94 e Selhin per le recensioni! *///*

Rein, io credo che ti farò un monumento; non ho abbastanza parole per ringraziarti di tutti i commenti positivi che hai lasciato alle mie storie e a questa in primis… Dirti che mi hai commossa è ancora poco. Io sono debitrice a te. ç///ç E Selhin, sei dolcissima come sempre. ^^ (Non preoccuparti, non c’è nulla di astruso da capire: si tratta solo di scegliere una tabella di temi e trarne ispirazione, e se anche tu seguissi quest’idea non potrei che esserne felice, perché so già che ne verrebbe fuori un capolavoro. ^^)

E ora, passiamo al capitolo.

Uhm.

Non sono molto sicura di quel che è venuto fuori. Non mi convince fino in fondo, ma… Oh, beh. Io questi personaggi li vedo piuttosto bene in questa situazione. xD

Solo che avrei potuto renderli meglio, immagino. u.u

Ah, noterete che il film che ho usato qui non è presente nella lista iniziale; ma le regole delle 7_crossovers prevedono che si possano cambiare fino a 2 prompt, in mancanza di ispirazione… E trovavo che questo film fosse adattissimo per il pairing.

Ringrazio in anticipo, di nuovo, tutti i lettori.

Sperando che il risultato sia di vostro gradimento. ^^’

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

*A few simple fairytales*

 

 

Prompt: #1. Lady and the Tramp (in sostituzione di Cinderella)

Personaggi: Misa Amane [Death Note], Axel [Kingdom Hearts]

Genere: Commedia, Romantico

Rating: Giallo

Note: AU (vale solo per Axel)

 

 

 

 

 

Spaventosamente in ritardo. Questo era il suo status attuale.

Le strade di Tokyo dopo l’acquazzone erano appiccicaticce e odorose di pioggia. Le era sempre piaciuto quell’odore, ma al momento non poteva permettersi di fermarsi un attimo ad annusarlo. E poi era troppo occupata a sforzarsi di non badare allo sporco che le insudiciava le scarpe. Non era facile, però; lei era abituata a sedili comodi e vetri fumé – non a sfrecciare tra orride pozzanghere.

Il cellulare nella borsa squillava forsennato, ma ormai non lo ascoltava più. Correre era diventata la sola priorità. Correre per strozzare il suo stupido manager amante dei cambiamenti dell’ultimissimo minuto. Correre per ammazzare il suo stupido autista male informato sui suoi impegni più recenti. Correre, soprattutto, per evitare che lo spot venisse affidato ad una qualunque attricetta di quarta categoria passata di lì in quel momento.

Correre addosso a quel tipo strano appena sbucato come un proiettile dall’angolo della strada, accidenti a lui!

«Ehi, tu, atten…!»

Ci provò; ci provò davvero, a fermarsi per prima. Ma il mix micidiale delle sue zeppe, dello slancio della corsa e dell’asfalto scivoloso fecero calare al sotto zero le sue probabilità di successo.

Misa Amane, l’idol del Kanto, l’icona delle adolescenti, rovinò pesantemente in una pozzanghera melmosa, dritta sul petto di un uomo incappucciato.

Ok, decisamente una giornata no.

Persino il misterioso chiamante dovette accorgersene, perché il telefono tacque di botto.

Dal canto suo, dopo un attimo di silenzio, quello scoppiò a ridere, il petto sussultante contro la guancia di lei.

«Bimba, la prossima volta perché non mi fermi gentilmente e non mi chiedi il numero di telefono?»

Misa si tirò su di scatto, furibonda. Bimba?

«Ora ascoltami bene, tu!» Ben piantata sulle ginocchia, mosse le mani per strappargli il cappuccio dalla faccia: voleva guardarlo negli occhi, quel decerebrato che prima osava irrompere sulla sua già faticosissima strada per gli studios e poi si permetteva pure di riderci sopra. Guardarlo negli occhi e insultarlo per bene, questo andava fatto. «Non ti vergogni a rivolgerti così a…?!»

Sfortunatamente, quando incrociò il bagliore beffardo di due iridi verdissime, la voce le morì in gola.

Steso sotto di lei, sogghignante, lo sconosciuto attese per un attimo in silenzio e infine rise di nuovo. «Cosa c’è, bimba? Non ti ricordi più chi sei?»

Misa si riprese in fretta. Si chinò ancora di più su di lui, sperando vivamente di incenerirlo con la sola forza dello sguardo.

«Smettila di chiamarmi così!» gli strillò sul naso. «Sei tu a non sapere con chi stai parlando, brutto maleducato!»

Lo vide roteare gli occhi, con aria teatralmente tragica.

«Il ‘maleducato’ me lo tengo volentieri, ma il ‘brutto’ proprio no.»

Misa si ritrasse, esasperata oltre ogni dire. «Ho cose più importanti da fare che stare qui a litigare con uno zoticone che corre senza guardare dove va e finisce per investire le persone serie…»

Lui tornò a guardarla con ironia, incrociando le mani dietro il collo, come se starsene lì tra le gambe di un’idol inviperita fosse la cosa più normale del mondo e gli succedesse come minimo due volte alla settimana. Che razza di sbruffone. Aveva dei capelli rossi a dir poco impossibili. E labbra sottilissime, proprio tipiche da ghigno bastardo. E due tatuaggi strani sulle guance. Non li aveva ancora notati; era stata troppo presa da quel verde sconvolgente…

«Ma stiamo parlando di me o di te, bimba?»

Misa trasalì: non per le sue parole, bensì perché – sfuggendo sdegnata a quello sguardo sfrontato – si era appena accorta delle disastrose macchie di fango che le adornavano il soprabito bianco.

«AAAH!» Beh, se non altro ora lo aveva assordato di certo. Era pur sempre una piccola vendetta. «Guarda cos’hai combinato!» Schizzò in piedi, recuperò in fretta le salviette dalla borsa e cercò di arginare il danno. Inutile, il soprabito era irrimediabilmente sporco.

E avrebbe dovuto essere agli studios tra pochi minuti, maledizione! Non aveva il tempo di andare a cambiarsi!

«Misa-Misa non è mai stata così umiliata in vita sua» piagnucolò, la vista annebbiata da lacrime rabbiose.

Accanto ai suoi piedi, il rosso si sollevò su un gomito e rimase così semidisteso, apparentemente incurante del fatto di avere ancora il sedere immerso nella pozzanghera. Misa si augurò che i reumatismi lo accompagnassero fino alla tomba.

«Misa-Misa?» C’era una nota di sincera sorpresa nella sua voce. Poi però assunse di nuovo quel tono sarcastico. «E così tu saresti Misa Amane? Ti hanno mai detto che nei cartelloni pubblicitari sembri più paffutella?»

Misa lo fissò sconcertata. Poi s’imbronciò, gli voltò le spalle e tirò su col naso.

«Mi correggo» sibilò tra i denti, ricominciando a tormentare la stoffa con la salvietta. «Misa-Misa è appena stata umiliata cento volte peggio che un minuto fa.»

L’odioso scoppiò a ridere per l’ennesima volta. Sembrava che si stesse alzando; ma lei era ben decisa a non guardarlo più in faccia: quel verme non meritava neppure la sua attenzione.

«Più paffutella e meno schizzinosa.» Con un dito le punzecchiò il fianco, come reclamando il suo interesse. «Non sono sicuro che l’originale mi piaccia di più, comunque.»

Misa schizzò lontano da lui e si voltò per sbraitargli addosso. «Non osare toccarmi, razza di pervertito! Stai alla larga da me!»

«Non se ne parla neanche.» Il tizio sorrideva ancora, una mano sul fianco, lo sguardo astuto. «Col faccino magro che ti ritrovi, offrirti un pranzo mi sembra il minimo.»

Offrirle un pranzo? A che gioco stava giocando? O era pazzo sul serio?

«E tu credi che io sia disposta a venire a pranzo con te?» Sorrise anche lei, beffarda. «Misa-Misa non sa se ridere di te o prenderti a calci.»

«In entrambi i casi sopravviverò.»

E senza aggiungere altro, il rosso mosse un passo verso di lei e l’afferrò per il braccio.

Misa lasciò cadere la salvietta, sconvolta. Puntò i piedi, ma lo sconosciuto iniziò a trascinarla come se niente fosse sul marciapiede bagnato. Strillò con quanto fiato aveva in gola.

«Lasciami immediatamente! Polizia, polizia! Uno stupratore sta cercando di rapirmi! Soccorso! Misa-Misa è in pericolo!»

«Lo sarai sicuramente» sbuffò il tipo, in tono annoiato, «se non la smetti di starnazzare e non ti rilassi un po’.»

La giovane continuò a urlare imperterrita, rammaricandosi di aver lasciato la sua bomboletta al peperoncino nel camerino del precedente spot – in uno studio due isolati più in là. Poteva ancora sperare di riuscire a sferrargli un calcio tra le gambe: si sarebbe ricordato dei suoi tacchi per un bel pezzo, il maniaco.

Proprio mentre si decideva a fare un tentativo, si fermarono.

Misa sollevò gli occhi. Erano entrati in un vicoletto puzzolente, in fondo al quale brillava la luce di quello che sembrava il retrobottega di un locale squallido.

Allibita, sentì lo squilibrato dai capelli rossi emettere una strana serie di fischi. Lo fissò, più sorpresa che preoccupata.

«Un attimo di pazienza» sorrise lui, riprendendo a trascinarla verso la porta da cui proveniva il bagliore.

«Senti» fece lei di rimando, «Misa-Misa può procurarti il numero di un ottimo psicologo, se la lasci andare…»

Il rosso rise di gusto. «Più paffutella, meno schizzinosa e anche meno pungente. Beh, è proprio vero che i media mentono.»

Misa gonfiò le guance, scocciata. «Lasciami andare.»

«Ma non abbiamo ancora mangiato.»

«Non lo voglio, il tuo pranzo!» Alzò la voce. «In questo momento dovrei trovarmi in un camerino a farmi vestire, pettinare, truccare e coccolare. Non in questa stupida stradina sporca in compagnia di un pazzo. Lasciami andare!»

Lui sospirò e scosse piano la testa. «Ah, bimba, non sono quelle le cose importanti della vita.»

La rispostaccia di Misa non ebbe il tempo di colpirlo, perché una nuova apparizione fece ammutolire l’idol.

Ora erano vicini alla porta, e poterono assistere allo spettacolo di uno pseudo-chef che usciva nel vicolo, posava a terra una grossa cassa di legno insieme a due scatoloni sudici e cominciava ad apparecchiare la tavola improvvisata. Misa si fermò, a bocca aperta, mentre l’uomo spariva di nuovo nella cucina – ormai era chiaro che di questo si trattava – e tornava con una candela già accesa, posate ed un gigantesco piatto fumante. Spaghetti e polpette. Infine, dopo aver rivolto a lei uno sguardo fugace e al rosso un occhiolino, il cuoco se ne andò con discrezione.

Lo psicopatico le mollò il braccio.

«Non sia mai detto che io sia capace di trattenere una signorina bene educata come te contro la sua volontà» sottolineò, con un inchino esageratamente affascinante.

Misa non ne approfittò per fuggire, non si mosse affatto. Lo guardò in silenzio, sempre più convinta – e sempre più seriamente – che quel ragazzo fosse psicologicamente instabile.

Il rosso riportò lo sguardo all’altezza del suo e sorrise, in modo più umano e meno stronzo.

«Allora? Misa-Misa mi concede di regalarle il pranzo più particolare della sua sofisticata vita da vip?»

C’era qualcosa di diverso, ora, in quei suoi dannati [incredibili] occhi verdi; non più il sarcasmo di poco prima, ma una sincera speranza in una risposta affermativa. Misa tentennò, si riscosse, tentennò ancora. Non poteva permettersi di cascare come una pera cotta di fronte all’intensità di quello sguardo; questo non era affatto da Misa-Misa!

«‘Particolare’ è proprio la parola giusta» bofonchiò, stizzita, ravviandosi i capelli biondi con un gesto secco.

Un lampo di divertimento percorse l’espressione del rosso. Si avvicinò alla cassa coperta da un vecchio panno a scacchi bianchi e rossi e si lasciò cadere a sedere su uno dei due scatoloni. Per tutto il tempo, la guardò di sottecchi.

[ La guardava come non la guardava nessun altro.

La guardava apertamente, direttamente.

Guardava Misa, non Misa-Misa. ]

«Dai, vieni.»

«Misa-Misa non mangia né carne né carboidrati. Fanno ingrassare.»

Alzò gli occhi al cielo. «Praticamente tutto fa ingrassare, bimba.»

«Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così.»

«Soltanto se riesci a trovare il coraggio di venire a sederti qui con me.»

«Se riesco…?» Misa si sentì oltraggiata da quelle parole. «Stai forse insinuando che ho paura di te?»

Lui ridacchiò. Persino la sua risata suonava bastarda [bastardamente meravigliosa].

«Chissà. A giudicare dagli appellativi che hai usato… Uh…» Finse di concentrarsi per ricordare, ed elencò le parole sulle dita. «Pervertito, stupratore, pazzo… Sì, direi che hai paura di me» annuì con aria saputa.

Mancò poco che Misa se lo mangiasse. Invece riuscì a contenersi; prese un bel respiro, marciò spedita di fronte a lui e gli si sedette di fronte.

Si guardarono ai lati opposti di quella specie di tavola.

Al lume di candela con un estraneo.

Difficile non trovare tragicomica la scena.

«Beh» fece il rosso con allegria, «mangiamo.»

Afferrò una forchetta e cominciò ad avvolgere gli spaghetti dalla sua parte del piatto. Accigliata, incredula da ciò che stava facendo, sconcertata [eccitata] da quella situazione assurda, Misa lo imitò.

Non mangiava spaghetti da una vita. Li trovò buonissimi.

Il ‘pranzo’ fu silenzioso, intervallato soltanto dagli sguardi che di tanto in tanto si lanciavano oltre la candela. Assurdo, semplicemente assurdo. Anche un po’ ridicolo.

[Ma terribilmente interessante.]

Il tintinnio delle posate nel piatto era monocorde, monotono – finché non divenne, per un solo istante, un grattare sommesso. Misa si scosse e abbassò gli occhi per scoprire che la sua forchetta aveva incontrato quella dello sconosciuto, intrappolando la stessa polpetta, l’ultima.

Si affrettò a sottrarsi, ma lui bloccò sul nascere il suo movimento, e spinse lentamente verso di lei il piccolo impasto di carne.

Misa lo guardò in viso, in cerca del solito ghigno. Trovò soltanto un sorrisetto [quasi] gentile. E quello sguardo magnetico come pochi.

Rimase a fissarlo senza muoversi.

Cosa diavolo stava succedendo? Dal momento in cui aveva scaraventato a terra il tizio incappucciato, tutto sembrava assolutamente insensato, irreale.

Una situazione a metà tra il sogno e la favola.

E poi, proprio mentre stava per accettare quel suo dono bislacco, lo vide scattare in piedi.

«Devo scappare, bimba.»

Batté confusamente le palpebre.

«Eh?»

Lui si stava già incamminando verso l’imbocco del vicolo, e stavolta c’era un che di furtivo nel suo atteggiamento. Lontano, lontanissimo, echeggiava il suono sgraziato di una sirena.

Era… strano, perdere il contatto con lui.

Misa si alzò e gli andò dietro, perplessa. «Ehi, signor maniaco. Va tutto bene?»

Il rosso si voltò. Sorrise ancora, quel sorriso un po’ storto, un po’ animalesco.

[Chi ha paura del lupo cattivo?]

«‘Signor maniaco’… Mi piace. Aggiungo anche questa alla lista.» In due passi le fu di nuovo di fronte. «Hai del sugo sul viso, bimba.»

Questa volta ignorò il suo modo di rivolgersi a lei. Si portò una mano alla guancia, ormai tranquilla, quasi rassicurata dalla sua presenza nel suo spazio vitale.

«Dove?»

«Qui.»

Si chinò appena, le chiuse la bocca con la sua.

Lei non si ritrasse. Era buono. Era così… giusto.

Lui si distaccò, restando ad un soffio dalle sue labbra. Sembrava non aver più così tanta voglia di andar via.

Le stava bene così.

«Come ti chiami, signor maniaco?»

Il sorriso lupesco ricomparve. «Axel. Got it memorized

La sirena risuonò un po’ più vicina.

Axel si scostò e le strizzò l’occhio.

«Bye, lady Amane.»

E sparì com’era apparso.

Misa rimase al suo posto per qualche istante, a cercare di tornare alla realtà del presente. Si voltò a guardare la tavola, la candela consumata per metà e l’ultima polpetta rimasta nel piatto.

Poi il cellulare nella sua borsa riprese a squillare, e per la prima volta lei ripensò allo spot.

Incurante del soprabito macchiato, corse a sua volta fuori dal vicolo. Lui non c’era. Sparito chissà dove. La sirena suonava ancora.

Al lume di candela con un pazzo ricercato.

Il pranzo più piacevole della sua vita.

 

   
 
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