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Autore: Fiamma Drakon    08/02/2010    4 recensioni
Non tutti sono così fortunati da passare un San Valentino tranquillo... e Ginei Morioka è uno di questi.
Il pervertito del Liceo Youkai alle prese con un San Valentino piuttosto movimentato.
14 Febbraio.
Cario diario,
oggi avevo in programma di passare una giornata come le altre, magari fare di nuovo un salto a fotografare le ragazze nello spogliatoio femminile dietro la palestra e trattenermi in giro fino a tardi con la mia fidata macchina fotografica... e invece eccomi qui, stasera, rintanato sotto le coperte con un raffreddore da paura e lividi anche nei posti più impensati!
Ah... davvero, certe volte mi domando se esista la misericordia divina o sia solo una favola per far rigare dritto le persone...!
E dire che fino a stamattina credevo che sarebbe stata un’ottima giornata...

Possibili OOC
[Dedicata ad una persona speciale che mi è sempre stata vicina, che c'è sempre stata e che mi ha sempre tirato su di morale e consolato, senza la quale ora non sarei qui a scrivere questa fic; una persona speciale che si preoccupa sempre per me, anche quando io non riesco a farlo per lei; ad una persona speciale che mi fa sorridere anche quando mi sento persa.
Una persona speciale che si contenta di strapparmi un sorriso per essere a sua volta felice.
Grazie di esserci, Nii. ^^]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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San Valentino ''speciale'' [Rosario to Vampire] 14 Febbraio.
Cario diario,
oggi avevo in programma di passare una giornata come le altre, magari fare di nuovo un salto a fotografare le ragazze nello spogliatoio femminile dietro la palestra e trattenermi in giro fino a tardi con la mia fidata macchina fotografica... e invece eccomi qui, stasera, rintanato sotto le coperte con un raffreddore da paura e lividi anche nei posti più impensati!
Ah... davvero, certe volte mi domando se esista la misericordia divina o sia solo una favola per far rigare dritto le persone...!
E dire che fino a stamattina credevo che sarebbe stata un’ottima giornata...

Era una bella mattinata invernale, l’ideale per andare a fare qualche bella foto alle studentesse: mi mancava lo scatto della macchina fotografica, e soprattutto le meravigliose visioni che potevo avere tramite di essa.
Mi sentivo allegro: le giornate di sole, chissà perché, mi mettevano sempre di buonumore.
Forse era per il fatto che avevo un carattere tendenzialmente solare e aperto, forse perché l’aria frizzante della mattina che mi circolava nei polmoni mi faceva sentire più vispo di quel che sarei stato altrimenti, dato che non avevo una gran simpatia per lo svegliarsi alle sette e andare a lezione ancora mezzo rincoglionito.
In ogni caso, stavo andando a lezione: come poter fare altrimenti? La mia media scolastica era già un disastro... quindi meglio far vedere almeno un briciolo di buona volontà per non essere costretto ai recuperi estivi, esperienze talmente traumatiche e dolorose che non avevo assolutamente intenzione di ripetere.
“Prima di andare allo spogliatoio femminile devo andare a lezione... quindi la macchina fotografica potrei lasciarla nell’armadietto... però forse è meglio se la porto, per ogni evenienza... ma se i professori me la vedono e me la sequestrano poi come faccio...? Ah, non so che fare...”.
Mentre seguivo quel filo di pensieri, indeciso su cosa fare, vidi un gruppetto di studentesse passarmi al fianco.
Notai che ridacchiavano tra loro e che parevano eccitate.
Causa di ciò: sconosciuta.
Le seguii con lo sguardo per una decina di metri, cercando di intravedere qualcosa d’interessante al di sotto delle gonne, ma non ci riuscii.
Proseguii verso l’aula, vagamente perplesso dal loro comportamento.
Tuttavia, quelle non furono le ultime studentesse “in fermento” che incrociai: dovunque fossero, sia in gruppo che sole, non mancavano di esplicitare palesemente un certo entusiasmo per me del tutto insensato.
Che poteva essere accaduto di così importate da far andare tanto su di giri praticamente tutta la parte femminile del corpo studentesco e buona parte di quello maschile?
Una nuova arrivata? Un nuovo rivale in amore? Oppure qualche dichiarazione particolarmente eclatante, o se no...
- Ginei Mo-rio-ka -.
Sbattei le palpebre, ritornando nel mio corpo reale, nell’aula di Matematica, e i miei occhi si fissarono immediatamente sul prosperoso seno della professoressa, china davanti a me, a fissarmi severamente oltre gli occhiali dalle lenti rotonde.
- Non devi di-strar-ti! -
- Non ero distratto...! - ribattei debolmente.
La professoressa mi si fece talmente vicina che, con un buon colpo d’occhio, riuscii ad intravedere il pizzo nero del suo reggiseno.
- Ah... allora saprai di certo rispondere alla mia domanda -.
- Ahem... - mi limitai a borbottare, spostando gli occhi sulla lavagna oltre di lei: per quanto cercassi di applicarmi, non riuscivo a capirci niente.
La docente mi piazzò davanti un dito, iniziando a scuoterlo, accompagnando il gesto con un: - Ginei, ti aspetto più tardi al re-cu-pe-ro! -.
La fissai mentre tornava alla lavagna con un’espressione che reputavo fosse abbastanza allucinata da farmi passare per un cretino.
Fantastico! Grandioso!
Che altro potevo chiedere dalla vita se non una lezione di punizione recupero di Matematica che si prospettava essere dolorosa al pari delle precedenti...?
Prendere a testate la parete era una prospettiva decisamente più allettante e sicuramente un’esperienza più piacevole.
Abbandonando l’aula, decisi di passare dal club del giornalismo per vedere di capire la strana eccitazione generale: non riuscivo ad accettare di ignorare qualcosa, proprio io, il presidente del giornale scolastico.
Andando al club, sapevo che ci avrei trovato gli altri, dato che passavano gran parte del pomeriggio là.
- Ragazzi? Voi ne sapete qual... -.
- TSUKUNEEEE ♥! -.
Rimasi sulla porta ad osservare la scena equivoca a sfondo romantico ed erotico che si stava svolgendo all’interno del club: Kurumu stava letteralmente incollata a Tsukune, il prosperoso seno schiacciato sul viso del ragazzo, che si dibatteva nel chiaro intento di voler riprendere a respirare.
Moka, Mizore, Yukari e Ruby lo tiravano per gli arti, che per qualche strana coincidenza erano uno a testa, cercando di sottrarlo all’abbraccio soffocatore della succube.
- Kurumu lascialo, desu ~! - esclamò Yukari, dando uno strattone al braccio del ragazzo.
- Tsukune passerà San Valentino con me, vero? - fece Kurumu, strusciandosi contro Tsukune, stringendosi attorno a lui.
Nella posa in cui lei stava, riuscii a notare le mutandine gialle al di sotto della gonnellina quasi del tutto alzata.
- Noo, Tsukune starà con me, desu desu ~! -
- Tsukune, mi avevi promesso che saremmo stati insieme oggi!! - s’intromise Moka.
- No, con me! - intervenne Ruby.
- Lui starà con me... - la contraddisse Mizore, fredda, arpionandosi al braccio che ghermiva saldamente con ambedue le mani.
Tsukune mugolò qualcosa di simile ad un “soffoco”, che fu palesemente ignorato da tutte.
- Ma che vuoi, stalker?! Tsukune starà con ME!! - ribatté ferma Kurumu.
Fissai il quadretto: avrei dato chissà che per essere conteso a quel modo da delle ragazze.
Tuttavia, qualcosa di tutto ciò che stava succedendo ancora mi sfuggiva.
- Ehilà! Si può sapere che state facendo...? - chiesi, facendomi avanti.
Quelle si volsero subitaneamente verso di me.
- SPARISCI PERVERTITO!!! - mi gridarono contro Kurumu e Yukari ad una voce in tono tanto minaccioso che indietreggiai d’un passo.
La succube si affrettò a sistemarsi la gonna.
- Ma no! Che andate a pensare! Io ero solo venuto per... sapere - esordii, cercando di non farle arrabbiare.
- Sapere cosa? - chiese Moka.
- Perché siete tutte così agitate oggi? -.
Posi la domanda, semplicemente, nuda e cruda: non mi pareva una cosa poi così scandalosa.
Tuttavia, l’espressione di subitaneo stupore e indignazione che si dipinse sui volti di tutte, meno quello di Moka, mi indusse a credere il contrario.
Insomma, possibile che fosse una cosa tanto strana? La mia era solo una domanda.
- Come, proprio te, il master dei pervertiti, non sai che oggi è San Valentino?! - esclamò Kurumu, scettica.
- San Valentino...? - ripetei: quel nome mi pareva vagamente familiare.
- Sì, desu ~! San Valentino nel mondo umano è una festa molto popolare! Per San Valentino gli umani fanno  dei regali alla persona che amano e passano con lei tutto il giorno, desu ~! - spiegò Yukari, allegra.
- Non dirmi che non hai mai sentito parlare di San Valentino! - disse Kurumu, scioccata.
In parte, la spiegazione di Yukari giustificava il fatto che io non fossi a conoscenza di quella festa: non avevo passato molto tempo nel mondo umano, neanche da bambino.
Il fatto che fossi un licantropo era rischioso: se qualche umano mi avesse visto, si sarebbe scatenato l’Inferno.
- Ehm... non è che sia stato molto nel mondo degli umani... - confessai, a disagio.
- Be’, ma anche qui è una festa molto popolare... - ammise Kurumu.
- Tra le ragazze... - aggiunse Yukari.
Quindi era per quello che le ragazze erano tanto su di giri.
Tsukune mugolò di nuovo, cosa che mi fece ricordare che lo stavano soffocando.
- Kurumu, potresti lasciar respirare Tsukune? Credo che stia per soffocare... - esclamai.
Quella parve ricordarsi solo in quel momento che stava stritolando il ragazzo, perché si affrettò a staccarsi, pur rimanendogli in grembo.
- Tsukune, scusamiii! - esclamò, dispiaciuta.
Lui fece un respiro profondo.
- Ah...! Grazie, Gin -.
Feci spallucce, quindi mi girai.
- Dove vai? - mi domandò Moka.
- In mensa... ho una fame da lupi! - spiegai brevemente, uscendo.
Mi avviai lungo il corridoio, sovrappensiero: era San Valentino, una festa per gli innamorati.
Ciò spiegava perché quelle cinque si contendevano tanto accanitamente Tsukune, ma nel resto della scuola non avevo visto nessuno scambiarsi regali.
Nel passare accanto all’imboccatura di un corridoio, notai in questo due studenti, un maschio e una femmina, che si tenevano amorevolmente per mano.
- Tieni, è per te... - fece il ragazzo ad un tratto, porgendo alla ragazza una rosa.
Lei passò lo sguardo dal viso di lui alla rosa e il viso arse d’imbarazzo.
- Oh... grazie, ma non dovevi... -
- Ti amo... -
- Lo so... anch’io... -.
Si avvicinarono l’un l’altra e capii che stavano per baciarsi.
Che dovevo o potevo fare?
Andarmene mi sembrava la cosa migliore, tuttavia non riuscivo a farlo: ero come immobilizzato sul posto.
- Gin -.
Un’affermazione pronunciata in modo freddo, totalmente distaccato, mi fece sobbalzare sul posto.
Mi volsi e mi trovai ad osservare Mizore.
- Ah! Maleducato!! - sentii esclamare con tono stizzoso alla ragazza nel corridoio.
Mi voltai appena in tempo per cogliere un suo sguardo indignato, prima che mi desse le spalle e si avviasse dalla parte opposta, insieme al compagno.
- Li stavi spiando? - domandò impassibilmente Mizore, fissandomi in modo inquietante.
- Eh? No...! -
- No...? -.
Mi fulminò con un’occhiata freddissima, puro gelo condensato in uno sguardo.
- No! - ripetei.
- E allora perché eri fermo qui? -
- Avevo notato quei due che... -.
Neanche il tempo di finire la frase che quella già mi aveva bersagliato di ghiaccioli, spedendomi a terra semi-congelato.
- E-ehi! Ma non stavo facendo niente di male! -
- Non si spiano le persone in momenti intimi... - replicò freddamente Mizore, allontanandosi.
Mi rialzai e rabbrividii, togliendomi dei resti di ghiaccioli dai capelli.
- ATCÌ! -.
Ecco, giusto per coronare il tutto ci mancava solo un bel raffreddore: era proprio vero che non c’era mai limite al peggio.
Mi incamminai verso la sala mensa, starnutendo ogni pochi passi.
Quando arrivai, presi il pranzo e me ne andai tranquillo in un cantuccio, con la speranza di riuscire a riavermi un po’ dal quasi congelamento, speranza che si rivelò vana, dato che, quando uscii dalla mensa, continuavo a starnutire.
Tornai al mio armadietto, presi la macchina fotografica, che avevo poi deciso di lasciare lì, per prudenza, quindi mi accinsi ad uscire, diretto al mio solito luogo di “perlustrazione degli ambienti scolastici”.
Appena arrivato, impugnai la macchina e iniziai il mio nuovo servizio fotografico: pareva che le ragazze si stessero ancora cambiando nello spogliatoio.
Fortunata coincidenza, almeno una in tutta la giornata.
Rimasi a fare scatti per un bel po’ di tempo, riflettendo su quello che mi avevano detto Yukari e Kurumu: se San Valentino era una festa così popolare tra le ragazze... perché queste non si cercavano un ragazzo con cui stare?
“Be’, ma forse non dovrei impicciarmene: anche io non ho una ragazza...” pensai.
Starnutii di nuovo.
Mi sbilanciai troppo dal mio piccolo e confortevole rifugio, cadendo rumorosamente a terra.
- Ehi, cos’è stato? -
- Hai sentito quel rumore? -
- Veniva da fuori! -
- Andiamo a vedere!!! -
- Sì!! Presto, presto! -.
Mi rialzai con l’intenzione d’andarmene, ma mi trovai già circondato dalle studentesse dello spogliatoio, i loro peggiori sguardi fissi su di me.
In quel momento desideravo con tutto me stesso che fosse già notte: da licantropo avrei potuto dileguarmi in un battito di ciglia.
- Che ci facevi qui fuori? - mi chiese una.
Tacqui: aspettavo che mi si presentasse uno spiraglio di salvezza, ma a quanto pareva formavano una muraglia insormontabile attorno a me.
- Ehm... - mormorai, ma sopraggiunse uno starnuto.
- Ci stavi spiando?! -
- Guardate, ha una macchina fotografica! -.
Mi affrettai a nascondere la macchina, cercando di mostrare la mia miglior faccia da angioletto innocente.
- No, no! Aspettate! -
- Pestiamolo! -
- Strappategli quella macchina!!! -.
Non seppi mai bene neppure io come riuscii a sottrarmi a quelle scatenate urlanti, che non esitarono a pestarmi, tuttavia riuscii, oltre che a salvarmi la pelle, tappezzata di lividi, a salvare anche la mia amata macchina fotografica, nel complesso intatta.
Chissà, magari la mia situazione aveva impietosito qualche messo divino, convincendolo ad intervenire in mio aiuto.
E adesso? Che mi rimaneva?
Mentre mi affrettavo a dileguarmi dal cortile, guardai l’orologio da polso e mi sentii ghiacciare: dovevo andare a lezione di punizione recupero di Matematica.
Il messo divino doveva aver cessato di assistermi.
M’incamminai mogio all’aula dove la docente di Matematica soleva tenere le lezioni pomeridiane.
Quando arrivai, bussai educatamente ed entrai, ritrovandomi in una stanza illuminata tenuemente da moccoli di candela in via d’estinzione, che spandevano nell’aula una luce tremula che guizzava sulle pareti.
Sui tavoli erano disposte ampolle piene di sostanze delle quali non volevo sapere né l’utilizzo né il nome: sapevo che mi avrebbero rovinato il sonno per mesi.
Tra quelle ampolle c’erano anche tomi dall’aspetto antico e inquietante, aperti su dei leggii.
Insomma, pareva d’essere in un club di satanisti accaniti, e ciò non mi tranquillizzava affatto.
- Gi-ne-i...! -.
Un richiamo seducente che mi fece tremare da capo a piedi: la professoressa era nei paraggi.
Poi, eccola: sentivo le sue mani posate sulle mie spalle.
Mi costrinse a voltarmi, in modo da avercela dinanzi, i suoi occhi fissi nei miei.
- Bene! Iniziamo la... le-zio-ne! -.
Dire che fu un Inferno era solo un misero eufemismo e non rendeva abbastanza l’idea.
La professoressa di Matematica, durante i recuperi, diventava una vera e propria belva o, per meglio dire, un vero e proprio mostro, con tanto di frusta.
Avevo perso il conto di quante frustrate avevo preso già dopo i primi dieci minuti; quando uscii dall’aula mi faceva male pure respirare.
No, decisamente quella non era la mia giornata.
Decisi di tornare al club del giornalismo: lo trovai vuoto.
Allora andai a cercarmi un posticino isolato dal quale poter scattare qualche altra foto alle ragazze, con la speranza di riuscire a non farmi beccare.
Tuttavia, quando arrivai al cortile, notai immediatamente le coppiette che, in qua e là, si scambiavano sussurri e doni, principalmente fiori.
Passai tra di loro soffermandomi appena pochi istanti a guardarli, prima di procedere oltre.
Quando fui quasi arrivato al mio secondo “posto di vedetta”, un ghiacciolo mi saettò davanti, costringendomi a fermarmi.
Mi volsi nella direzione dalla quale era provenuto il proiettile e riconobbi le ragazze del giornale, intente in quella che pareva essere un’ardita lotta.
Ipotizzai che fosse per Tsukune, il quale stava effettivamente cercando di fermare le due contendenti di turno, Kurumu e Mizore.
Decisi di aiutarlo: in fondo, un po’ mi faceva pena.
- Ehi, ragazze, smettetela di litig... -.
Neanche finita la frase che già un secondo proiettile mi aveva sfiorato di poco l’orecchio destro.
- Gin non t’intromettere! Non ti riguarda!! - esclamò Kurumu, balzando all’indietro e spiccando un salto, spiegando le ali da succube.
- Taci - le intimò freddamente Mizore, spedendole contro una raffica di punte gelate, che l’altra evitò.
- Kurumu, Mizore! Gin ha ragione, smettetela! Vi farete male! - aggiunse Tsukune.
- Sì, Tsukune ha ragione, desu ~! - intervenne Yukari, allacciandosi al suo braccio.
- Giù le mani! È mio!! - esclamò Ruby, strattonando Tsukune per l’altro braccio.
- No, ragazze, non litigate... - mormorò Moka, cercando di dividerle.
Okay, mi ero stufato di stare lì ad assistere a quella tragi-commedia senza capo né coda e di essere ignorato: mi avvicinai a passi decisi verso Tsukune e lo sottrassi con un vigoroso strattone alla presa delle contendenti.
- Ora basta! Non potete trattarlo come un oggetto, per la miseria! - esclamai, stizzito.
Gli occhi di tutte, meno che di Moka, si fissarono su di me e in essi colsi un eccesso di collera.
- Lascia stare Tsukune! -.
A quell’esclamazione, il gruppetto si mosse compatto contro di me.
Fu un Inferno, già il secondo che subivo nel giro di un pomeriggio.
Grazie al nuovo intervento di Mizore, stavolta molto più contingente del primo, il mio accenno di raffreddore peggiorò ulteriormente, mentre Kurumu si accaniva bestialmente su di me, coadiuvata dalle magie di Ruby e Yukari.
Fu solo grazie all’intervento improvviso di Moka che quelle scatenate mi lasciarono in vita, e ne approfittai per dileguarmi, dolorante.
Ne avevo abbastanza di tutto ciò: non me ne era andata dritta neppure una!
Mi avviai verso il dormitorio: non volevo più saperne di niente e di nessuno fino all’indomani.
Lungo la strada, incrociai una ragazzina, in piedi vicino alla porta del dormitorio maschile.
Quando mi vide arrivare sussultò e le sue guance si tinsero subitaneamente di rosso.
- Gin-sempai... - mi chiamò, con un fil di voce.
Mi fermai un istante ad osservarla e lei, al colmo dell’imbarazzo, mi mostrò una rosellina rossa.
L’accettai, perplesso.
- Gin-sempai... vorresti cen...? -.
- ATCÌ! -.
Involontariamente le starnutii addosso.
- Aaaaah! Che schifo! - esclamò la ragazza, iniziando a piangere.
- Ahn! Scusami, non l’ho fatto di propos... -.
Un brivido mi corse lungo la schiena e mi voltai, ritrovandomi Mizore alle spalle.
Ma cos’aveva contro di me? Era una persecuzione!
- Mizore... -
- Che stai facendo? - mi chiese, atona.
- Perché mi illudi così, sempai?! -.
Mi girai al sentirmi richiamare dalla studentessa ignota: notai che ora, nel piangere, pareva anche arrabbiata.
- Io... io non sapevo che fossi già fidanzato!!! -.
Sgranai gli occhi: ma che aveva capito?! Credeva che io e Mizore stessimo insieme?!
- No, aspetta! Guarda che hai... -
- Sempai ti odioooo!!! -.
Detto ciò, la studentessa corse via  piangendo.
Rimasi dov’ero, perplesso da una reazione così esagerata ad una cosa che poi non era neanche vera.
Sentii il seno di Mizore sfiorarmi la schiena e rabbrividii.
- Che cosa le hai detto...? -
- Eh, io?! Non le ho detto niente! Ha fatto tutto da sola... credimi! -.
Il suo sguardo di ghiaccio, inquisitorio e inquietante al tempo stesso, mi diedero l’impressione che stesse scrutando i miei pensieri per capire se stavo dicendo o no il vero.
- Davvero, Mizore! Ti giuro che non le ho detto niente! -
- E quella rosa allora? -.
Mi indicò la rosa che la ragazza mi aveva donato poco prima.
- Me l’ha data lei - mi giustificai, ed era il vero.
- E perché? -.
Già, perché?
A quella domanda non seppi rispondere e per Mizore, quella fu la prova finale della mia “colpevolezza”, punita con un altro, il terzo per quel giorno, attacco in perfetto stile Yukionna.
Fu il colpo definitivo: appena se ne fu andata, sgattaiolai al sicuro nel dormitorio maschile, dove né lei né altre potevano raggiungermi.

... e così sono arrivato a stasera.
Questa è stata la peggiore giornata che mi potessi aspettare, davvero!
E ora mi toccherà restarmene a cuccia per un bel po’, perché credo che mi stia pure venendo la febbre...
San Valentino... ma che festa e festa! È stato il peggior giorno che ricordi, altro che rose e regali e baci e via di seguito!
U-N-O-S-C-H-I-F-O! Nel vero senso della parola!
E ora vado... inizia a farmi male la testa e ho sonno...
Bye
Ginei
P.S: e mai (MAI) far arrabbiare una Yukionna per tre volte di fila! =___=
   
 
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