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Autore: Rin Hisegawa    10/02/2010    3 recensioni
Deadpool non è certo di sapere chi è veramente. Un tentativo mal riuscito di trovare una coerenza fra il Deadpool di Wolverine: Origins e quello del fumetto. [DEADPOOL]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Acqua. Acqua dal cielo."
Aprì gli occhi lentamente, riemergendo dallo stato di incoscienza che ormai era il suo riposo. Sbatté le palpebre una, due, tre volte, cercando di scacciare le gocce gelide che gli annebbiavano la vista. Rimase ad osservare le nuvole grigie, le sopracciglia leggermente sollevate, la solita espressione di educata sorpresa che addolciva i suoi lineamenti devastati.
"Acqua dal cielo. Sono certo che avesse un nome, ma quale?"
Non lo ricordava. Sembravano trascorsi secoli dall'ultima volta che aveva udito il suono di una voce umana. Una voce... distrattamente, si passò le punte delle dita sulle labbra, strappate e coperte di cicatrici. Ridotte così da quando era stato costretto a riaprire con la forza la bocca che Stryker gli aveva fatto cucire, prima di trasformarlo in ciò che adesso era.
"Oltre al danno, la beffa."
Questa almeno se la ricordava. Doveva essere stato un soggetto, in passato, qualcuno capace di farsi notare. Nella sua mente, a tratti, apparivano immagini o frasi che non ricordava di aver pronunciato. Alzandosi in piedi lentamente, the Deadpool sorrise fra sé. Era davvero una fortuna che i suoi carnefici gli avessero donato quel fattore rigenerante provvidenziale. Le labbra erano un orrendo ammasso di carne trita, ora, ma il dolore delle lacerazioni era svanito immediatamente dopo che il sangue aveva smesso di sgorgare.
L'acqua scivolava sul suo corpo coperto dai segni degli esperimenti, inzuppando completamente i pantaloni rosso scuro lacerati dalle intemperie. Per quanto tempo aveva camminato? Non lo sapeva. Dove mai stava tentando di andare? Il mondo, per quello che poteva dedurre, era un luogo profondamente ipocrita e conservatore. Lo avrebbero scacciato da qualsiasi città, come un cane rabbioso, come un mostro sfuggito dagli inferi.
La risata uscì dalla sua gola secca e crepitante, come il legno divorato dal fuoco. Come darle torto, a tutta quella gente per bene? Lui era un demone vomitato dai luoghi più oscuri, era esattamente quello che ognuno temeva. Era sopravvissuto ai terribili esperimenti che erano stati svolti sul suo corpo, all'inserimento di un microchip direttamente nel suo cervello, persino alla decapitazione. Era ancora in piedi, capace di trascinarsi avanti, e rideva.
The Deadpool prese a camminare lungo il ciglio della strada, leggermente chino in avanti, immerso nei propri pensieri. Come si chiamava quell'acqua che cadeva su tutte le cose? Non ne aveva memoria. Si ricordava soltanto sciocchezze, non gli restava nulla di ciò che valesse la pena di sapere. Un tipo con lunghe basette scure gli intimava di starsene zitto una buona volta, inarcando pericolosamente un sopracciglio con aria esasperata.
- Hey, che cos'ha oggi il lupetto? - domandava il suo vecchio corpo voltandosi indietro, sogghignando in direzione di un uomo di colore con in testa un cappello da cow boy. - Zero gli ha pestato di nuovo la coda?
Faceva oscillare una katana lucente davanti a sé, avanti e indietro, avanti e indietro. Una katana che non gli era ancora stata impiantata nel braccio, come gli artigli di quel "lupetto" che tanto si divertiva a schernire. Non c'era una logica in tutto questo; ciò che gli era successo non aveva seguito una regola precisa, sembrava semplicemente accaduto per caso. Nella sua mente devastata restavano soltanto una manciata di ricordi stupidi, divertenti, ironici, irriverenti, provocatori.
Forse la vita non era nient'altro che questo. Forse la vita era solo provocazione. Come quell'acqua che si ostinava a cadergli addosso, insistente e inesorabile, facendo di tutto per farsi notare e rendersi il più fastidiosa possibile. Cerchi di scacciarla, fai finta che non ci sia, ti nascondi in casa in attesa che passi. Ma non è la stessa cosa, non puoi semplicemente ignorarla, devi accettare che esista e fartene una ragione. Nessuno la ama, l'acqua che cade dal cielo, a parte le piante e i contadini e chi desidera risparmiarsi qualche incombenza all'aperto.
The Deadpool alzò di nuovo gli occhi verso il cielo. Le gocce sembravano provenire tutte da uno stesso punto, proprio sopra la sua testa, e sparpagliarsi intorno a lui senza un ordine preciso. Casualità. Ecco tutto quello che restava. Casualità, ed un'auto coi fari accesi che si faceva sempre più vicina.
Il rumore frusciante delle gomme sull'asfalto bagnato raggiunse le sue orecchie molto prima che la vettura entrasse nel suo campo visivo. Il conducente frenò poco dopo averlo sorpassato, rallentando leggermente per scrutare attraverso lo specchietto retrovisore forse domandandosi che cosa ci facesse un uomo a piedi, sotto l'acqua, in quel luogo sperduto.
The Deadpool si diresse verso di lui senza fretta, guardando dritto nella sua direzione, i pugni chiusi e gli occhi colmi di curiosità sincera. Una brava persona, quel tipo, niente da dire. Un folle, certamente, se aveva deciso di fermarsi in mezzo al nulla per parlare con un perfetto sconosciuto. Si soffermò ad un passo dal finestrino chiuso, attraverso cui l'uomo lo scrutava con dubbio crescente: la foschia impediva di scorgere i suoi lineamenti, confondendo subdolamente i contorni delle cose.
- Hey, amico, tutto bene? - chiese l'uomo nell'auto, abbassando il vetro di quel tanto che bastava da permettere alla propria voce di farsi sentire. Sciocco. Come se Weapon XI potesse lasciarsi intimorire da un inutile finestrino spesso pochi millimetri. Si chinò impercettibilmente in avanti, un sorriso più simile ad un ghigno dipinto sul volto sfigurato.
L'altro spalancò la bocca per la sorpresa, il disgusto o chissà che cosa. Se anche avesse voluto riavviare il motore e togliersi di torno alla svelta, lo stupore era talmente forte da svuotare la sua mente da qualsiasi decisione razionale. Incapace di distogliere lo sguardo dalla pelle coperta di tagli mal rimarginati, l'autista cercò con occhi imploranti quelli tranquilli e curiosi del suo interlocutore.
- Io... io non... - boccheggiò incerto sul da farsi, mentre la chiave scivolava dal quadro e cadeva, tintinnando, dove le sue mani non potevano raggiungerla. The Deadpool ricambiò l'occhiata perfettamente sereno, senza abbandonare il suo sorriso sghembo. Osservò il piccolo ometto affannato, il mento sfuggente, la montatura antiquata degli occhiali. Una persona qualunque, un esemplare direttamente da quel "mondo" che prima o poi gli sarebbe toccato affrontare di nuovo.
Ecco gli esseri umani, ed ecco la loro fragile vita.
- Benissimo, grazie, - rispose tranquillo ignorando i balbettii terrorizzati dell'altro. La sua voce era allegra, le parole sembravano fuori posto tra quelle labbra devastate. - L'unica cosa che mi dà fastidio è quest'acqua che cade dal cielo. Non riesco a ricordarmi come si chiama.
L'uomo lo guardò allibito, battendo le palpebre. Non credeva alle proprie orecchie, eppure era troppo spaventato per credere che l'altro avesse voglia di scherzare.
- Pioggia, - rispose infine in un singulto appena percettibile. - Si... si chiama pioggia.
The Deadpool annuì tornando serio, e si allontanò dalla macchina raggiungendo il suo sentiero sul ciglio della strada. L'autista gli lanciò un'ultima, rapida occhiata prima di chinarsi a raccogliere le chiavi con gesto nervoso. In men che non si dica, era già scomparso nel nulla così com'era venuto. I fari posteriori baluginarono per un ultimo istante nella penombra confusa, prima di svanire del tutto anche loro.
Pioggia. Che nome banale. Che cosa era passato per la testa dell'ometto con gli occhiali antiquati che aveva deciso di chiamare così l'acqua che cade dal cielo? Qualcosa che può essere di volta in volta un sollievo, un fastidio, un dispetto, una fortuna, un inconveniente, un pericolo, un diversivo, una difesa. Qualcosa che, comunque, non passa mai inosservato.
L'uomo che aveva dato il nome alla pioggia non aveva capito un accidente. Aveva avuto una buona occasione, l'occasione di dire qualcosa d'importante, e l'aveva sprecata. Se Deadpool l'avesse incontrato di nuovo, glielo avrebbe detto chiaro e tondo come la pensava: non basta mai una sola parola, per spiegare una cosa così.
  
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