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Autore: shevaara    12/02/2010    0 recensioni
Eppure lui lo sapeva. Lei era ancora lì da qualche parte. Ilenia, la sua amata, dispera in quelle lande dove la nebbia regnava sovrana...
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anche se non è di particolare importanza vi informo che è ambientata nel medioevo.
Buona lettura ^^

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Eppure lui lo sapeva. Lei era ancora lì da qualche parte. Ilenia, la sua amata, dispera in quelle lande dove la nebbia regnava sovrana. Si mosse, le mani avanti come a pararsi da qualsiasi cosa la nebbia potesse celare.
Chiamò la fanciulla, ma invano. L'aveva persa all'improvviso, trascinata nella fitta nebbia da tentacoli di ombra pura. Aveva cercato di liberarla, di seguirla, di non perdere le sue traccie, ma non era servito a niente.
Quelle lande non erano fatte per gli umani.
Loro non erano lì di loro spontanea volontà. Erano stati esiliati dal regno e destinati a vagare per quelle terre. Troppo codardi loro, gli uomini del consiglio, per avere il coraggio di giustiziarli per crimini che non avevano commesso.
- Ilenia! - gridò, ma non ricevette nessuna risposta se non l'eco attutito della sua voce.
Silenzio, neanche i suoi passi si sentivano. Un silenzio pieno di paure che avrebbero fatto impazzire qualunque uomo. Dietro ogni albero sembrava essere nascosto qualche essere spaventoso e ogni flebile raggio di luna che penetrava, quando la bruna accennava a diramarsi, portava con se un ululato.
Un licantropo? O forse solo un lupo che affamato aveva finalmente trovato la sua preda.
Ma proseguiva, scacciando quelle oscure paure con l'immagine della sua sposa nelle sua candide vesti.
All'improvviso un gracidio ruppe il silenzio. Quasi nello stesso instante in cui il piede dell'uomo entro nell'acqua nera di una pozza, quasi nello stesso instante in cui la nebbia intorno a lui sembrò diradarsi. E ora davanti a lui, perfettamente visibile come se ogni singolo brandello di nebbia se ne fosse andato da quello strano luogo, vi era un lago. O meglio un laghetto, uno stagno. L'acqua rifletteva solo il buio che la circondava. O forse era nera di suo? L'uomo non seppe dirlo. Entrò con entrambi i piedi nell'acqua che gli arrivava al polpaccio, guardando l'acqua scura.
Gradualmente, all'inizio al limite dell'udibile fino a essere chiaro nell'aria, un canto così limpido e cristallino che sembrava difficile potesse esistere.
Ma invece esisteva e lui la conosceva bene. Una triste canzone triste e addolorata intonata dalla leggiadra voce della sua amata. La cercò attorno a lui, lo sguardo che scorreva velocemente tra la nebbia che circondava lo stagno. Niente. La voce aumentò di intensità e, quasi mossa dalla forza di quel canto, o forse dalla tristezza delle parole, l'acqua iniziò a muoversi, creando tanti cerchi concentrici nella sua superficie liscia, l'epicentro davanti a lui. L'uomo si chinò di poco su l'acqua scura, scrutandone i movimenti con circospezione.
Quella melodia così angosciante mista ai cerchi sembrarono avere su cavaliere l'effetto di un ipnotismo. Quasi non si stupì quando una figura prese forma, alzandosi dalla superficie dell'acqua. Una donna bellissima, i capelli lisci e lunghi poco definiti dell'effimerità di quella figura d'acqua incorniciavano un viso affilato, snello e un corpo sensuale, scendendo giù fino a ritornare alla superficie del lago. Il colore era sempre lo stesso, nero mesto e cupo, come le parole della canzone che le labbra dell'essere cantavano.
Ma quando smise di cantare per portare le sue fredde mani nere al viso dell'uomo, la melodia continuò incessante nel suo ciclo di afflizione eterna. Il cavaliere la fisso negli occhi, incantato dall'atmosfera di quel luogo nero, unico buco nella ftta nebbia.
- Grande guerriero...- una voce dolce e cordiale, che ricordava quella degli esserei gentili, da una sfumatura di cattiveria che invece ricordava i serpenti, subdoli e velenosi.
- Giungi in cerca della tua amata?
Che bisogno c'era di chiederglielo? Conosceva già la risposta. Un unico cenno del capo, dall'alto verso il basso fu la risposta. La sua mani si ritrassero, facendo soffrire l'uomo come quando si toglie ad un bambino il suo gioco preferito.
- La tua amata è ancora viva, per tua immensa fortuna o cavaliere. Se vuoi posso condurti da lei.
Una mano scura, tesa verso di lui come una via di perdizione travestita da speranza.
Ma lui era perso, perso nella sua testa colma della melodia, colma a momenti, dell'acqua nera come la pece. La candida figura della sua amata che fino a poco prima l'aveva guidato si stava tingendo di colori scuri. Le sue labbra di un rosso squillante stava sfumando sul viola. Un violaceo che presto iniziò a muoversi, come pronunciasse parole.
La sua Ilenia... era sempre stata così? Si ritrovò a chiedersi l'uomo. Il vestito nero, gotico e strappato, il cerone bianco, una spessa riga nera intorno agli occhi e le labbra violacee che intonavano quella canzone che ormai lo pervadeva. Sapeva che, quella creatura fatta di ombre e acqua, l'avrebbe portata dal Ilenia, lo sentiva dentro di se. Una sicurezza che in quella nebbia non aveva mai avuto. Lentamente, quasi incredulo porse la mano e stringere quella dell'eterna fanciulla. Lei sorrise, maliziosamente forse sussurrando qualcosa che l'uomo nella sua perdizione non ascoltò. Ma quella mano, mezzo di salvezza per colei che amava, lo stava lentamente tirando, verso di lei, verso l'acqua che diventava sempre più profonda. Ma lui non si preoccupava, così convinto che si trattasse della strada giusta. E intanto l'acqua saliva. Raggiungendogli il bacino e poi petto e poi il collo. Ma il tutto era troppo perfetto... troppo perfetto il mix a cui chi entrava nel lago, veniva sottoposto. Erano pochi coloro che riuscivano e liberarsi dal quell'ipnosi: l'uomo fu uno di questi.
Quando l'acqua cominciò a penetrargli i polmoni tutto sembrò finire.
Si riprese dal torpore e, con i piedi che affondavano nel fondo del lago, cercò subito di spingersi in salvo. Ma l'acqua oscura sembrava non volerglielo permettere. Scivolosa com'era sembrava però aggrapparsi ai suoi vestiti, tirandolo indietro, tirandolo sott'acqua. Ma all'ennesimo suo tentativo di fuga dall'acqua si alzarono dei tentacoli neri.
Il cavaliere sgranò gli occhi alla sua vista.
- Ilenia...- sussurrò.
Ero gli stessi, erano i tentacoli d'ombra che avevano trascinato la sua amata nella fitta nebbia. Nuova forza sembrò tornare il lui. Liberandosi di loro, dell'oscura entità che infestava l'acqua forse la sua Ilenia gli sarebbe stata restituita. Si dimenò cercando di liberarsi da quelle viscide manine che da sott'acqua sembravano aggrapparglisi ai vestiti. E i tentacoli di buio lottarono contro di lui. Tentando di spingerlo sotto. L'acqua gli entrò nei polmoni. Subito si sentì la gola bruciare, il suoi pensiero avere un picolo black-out in preda al panico che l'acqua portava con se.
“Ilenia!” pensò, tentando di darsi speranza. “Ilenia...”
Ma la speranza di rivedere la sua amata stava lentamente sparendo inseme a quella di riuscire a uscire vivo da quel luogo. All'improvviso si sentì afferrare la mano de qualcosa di freddo e duro. Lo tirava verso il basso, stingendolo in modo quasi umano. Il cavaliere tentò ancora di tenere la tesa fuori dall'acqua, mai i tentacoli lo buttarono di sotto.
L'acqua era nera e spessa. Sembrava inchiostro. La sua mano era ancora stretta da qualcosa, forse qualcuno a giudicare dalla presa. L'uomo si dimenò. Non si era ancora arreso. Non si era ancora rassegnato a qual destino ne per lui ne per la sua amata....
Uno scheletro, bianco come il latte ben visibile nell'acqua scura.
Gli teneva la mano, sembrava sorridergli.
I vestiti erano di un bianco candido e i capelli lunghi raccolti in una semplice coda. Al collo un grazioso ciondolo a forma di cuore.
Il cavaliere smise di muoversi, stupito.
Il ciondolo...i vestiti...
Portò la propria mano al viso dello scheletro, sfiorandolo con dolcezza.
- I..Ilenia? - chiese. Non vi fu risposta e non era neppure necessario. Era lei. Le carni consumate dall'essere oscuro che occupava quel luogo.
Sorrise, lui, felice di quel ritrovo.
L'acqua gli entrava dalle narici, gli bruciava la gola, ma nulla ora sembrava avere più importanza di colei che gli stava davanti. Lentamente il respiro se ne andò, lasciandolo confuso in balia di quel candore irreale che galleggiava in quell'acqua scura.
Questa era la dannazione degli esiliati, questa era la dannazione degli innamorati. Morire mano nella mano, gli occhi di uno in quelli dell'altro, ritrovandosi inseme nell'aldilà, ritrovandosi infine, forse più sereni dell'aldiqua.
La melodia cessò, sfumando gradualmente come era arrivata. E la nebbia tornò a ricoprire la superficie del lago. Nessun altro segno della cattiva sorte che li si era consumata.
Ma intanto nel regno un crimine veniva commesso e qualcun'altro ne veniva ingiustamente incolpato. Altre vittime innocenti per quel mondo di nebbie che si nutriva della loro vita e del loro amore.
   
 
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