-
Ho parlato col Maestro, questa sera,
molto a lungo – affermò June dopo un
po’, per rompere il
silenzio – Ho deciso di diventare una Sacerdotessa di Atena
in via
definitiva, anche se ora a spingermi non sono più le stesse
ragioni
che avevo quando ho indossato questa maschera la prima volta.
Affronterò la prova per avere l’armatura del
Camaleonte tra due
giorni, dopo che avrò completato l'addestramento.
- E così, alla fine, saremo tutti e due Sacri Guerrieri di Atena - commentò Shun con una voce distaccata che non pareva nemmeno la sua.
June annuì.
- So bene che tu non volevi diventare
un Cavaliere, che non lo hai mai voluto e che forse
non puoi capirlo, ma per me è importante.
- Non mi hai mai detto perché tu,
invece, hai deciso di diventare un Cavaliere – Shun le si avvicinò e fissò lo sguardo lontano, oltre
l’orizzonte buio in cui cielo e mare si univano in un solo,
cupo
drappo turchese – E con tanta tenacia, oltretutto. In tutti
questi
anni, per quanto l’addestramento fosse duro, non ti ho mai
vista
cedere, non ho mai sentito un solo lamento.
- Non l’ ho mai detto a nessuno. Solo
il Maestro lo sa, e non perché l’ ho voluto io: non ricordo un
tempo in cui lui
non sia stato al mio fianco, prima ad Atene e poi su quest'isola, sai? Ma
quello che provo, le mie debolezze, i miei sentimenti ora che sono
un’adulta... non pensavo mi conoscesse
così a fondo, che mi
comprendesse tanto da intuire anche quello che io stessa non so o non
voglio ammettere.
Shun rise, lo sguardo assorto ancora
fisso sull’orizzonte lontano, buio e silenzioso oltre le
scogliere.
Pensò a cosa Albione gli aveva detto
quel pomeriggio nel suo alloggio, al momento in cui, per un attimo
solo ma in modo così netto che non avrebbe mai più
potuto scordarlo,
aveva avvertito la sua intensa comprensione, il suo affetto che
sconfinava quasi nel paterno nonostante la sua apparente
imperturbabilità.
- A volte credo sia impossibile
nascondergli qualcosa.
- Già…
June tacque a lungo, tanto che a un
certo punto Shun pensò che, come già era capitato
tante volte nei
sei anni del loro addestramento e della loro amicizia, la risposta
alla sua domanda non sarebbe mai arrivata.
- Rabbia. Tanta rabbia. Ecco cosa mi ha
spinto a cercare di conquistare l’armatura di Cavaliere, non
certo il
coraggio sereno che credevi tu... che possiedi
tu e che
attribuisci agli altri anche quando non ce l’ hanno! Ti
è così
naturale, e ti invidio così tanto per questo…
perché non so se
io, invece, lo otterrò mai. Mi ci sono voluti anni solo per
comprendere il dolore di mio padre dopo che mia madre morì
per
rendermi conto che lui non ne era responsabile e che non lo ero
nemmeno io… per perdonarlo di avere smesso anche solo di
guardarmi
in faccia e poi di avermi spedita su
quest’isola
col Maestro Albione quando ero solo una bambina terrorizzata e piena
di sensi di colpa e avevo tanto bisogno di lui! Vedi? Non sono come
te, e non capisco come tu possa non portare rancore a quell’
Alman,
per esempio!
Shun si avvicinò a lei, le cinse le
spalle da dietro e la attirò in silenzio contro il suo petto, come se
col calore del suo corpo potesse infonderle anche la
serenità di cui
aveva bisogno per affrontare, ancora una volta, lo spettro di quel
passato che aveva cercato di seppellire alle sue spalle, come il suo
volto dietro la maschera di Sacerdotessa.
Si sentì in colpa per averla costretta
a rievocare quei ricordi dolorosi.
Sapeva fin troppo bene cosa volesse
dire essere separati da ogni certezza, dai sostegni di sempre,
sentirsi sradicati dal proprio mondo: lui non ricordava né
suo padre
né sua madre, ma il ricordo del distacco da Ikki, anche dopo
tanti
anni, continuava a bruciare la sua anima con la stessa, devastante
intensità di quando era avvenuto.
- Volevo imparare a combattere per
smettere di essere un peso, per riuscire a proteggere le persone che
amavo e che avrei amato, per non perderle più… -
abbassò il capo,
e la sua voce divenne poco più di un sussurro –
No... ma chi voglio prendere in giro? Questo è quello di cui
ho
cercato di convincermi, ma in realtà, dopo tanta rabbia e
tanto
dolore, volevo solo imparare a proteggere me stessa
dall’amore e
dalla sofferenza che si prova quando viene a mancare. È per
questo
che in tutti questi anni non ho mai voluto aprirmi, che non ti ho mai
permesso di conoscere la mia storia e le emozioni che ho nel
profondo, ed è per questo che ogni volta che hai tentato di
farlo ti
ho tenuto lontano e ti ho chiuso ogni accesso al mio cuore. Mi sembrava
che ogni sentimento che non avesse a che fare col diventare una Sacerdotessa
mi avrebbe resa debole, vulnerabile, quando la vita invece mi
aveva insegnato a non mostrare mai a nessuno segni di
debolezza…
specialmente quella debolezza.
Appoggiò per un po’ la testa sulla
sua spalla prima di staccarsi da lui. Fece solo due passi verso
l’Oceano, stupita di quanto freddo facesse fuori del
cerchio
delle sue braccia.
- E c’era un’altra cosa: non
volevo innamorarmi di un altro Cavaliere. Solo il Maestro ne è a
conoscenza, qui sull’Isola. Non volevo che si venisse a
sapere fra
i miei compagni, nemmeno io so il perché, ma i miei
genitori...
ecco, lo erano entrambi.
Shun la guardò sbalordito.
- Tua madre era un Cavaliere?
June assentì.
- Istruiva le aspiranti Sacerdotesse del Tempio,
proveniva da una famiglia che aveva dato molti Sacri Guerrieri al
Santuario. Ero ancora piccola, allora, e credo che non si sia mai
nemmeno saputo con certezza cos’era successo: la versione
ufficiale
è che morì nel tentativo di proteggere il Sommo
Arles, allora Primo
Ministro, da un traditore, ma giravano anche altre voci… su
tutte
quella che avesse visto qualcosa che non doveva e che per questo qualcuno l’avesse messa a tacere per sempre. Sono in
molti, ad
Atene, a nutrire dubbi sul Gran Sacerdote: nemmeno il Maestro si fida
di lui, me l’ ha detto stasera molto chiaramente. Ricordo che
mio
padre, invece, lo adorava… ripeteva di continuo che doveva
essere
la reincarnazione di un qualche dio. Non so, non l'ho mai incontrato
di persona. Comunque, quando mia madre morì, lui
cambiò. Smise di interessarsi di tutto e di tutti, anche del
Sacerdote, dei suoi doveri di Saint... persino di me. Quando
il
Maestro Albione chiese di partire alla volta di
quest’isola per addestrare dei nuovi Cavalieri, lo pregò
subito
di portarmi con sé, come se potesse liberarsi da
chissà quale
peso... Non venne nemmeno a vedermi partire. Poco tempo dopo la sua
armatura fu portata qui, con la notizia che era morto. Da traditore.
- June...
- A volte invidiavo chi come te non ha
conosciuto i suoi genitori, sai? Li ho odiati tutti e due, non sai
quanto, per avermi lasciata sola. Decisi di diventare
anch’io un
Saint, una Sacerdotessa Guerriero, e giuraia me stessa di non cadere
nei loro stessi errori. Il resto lo sai... ma ora è
tutto passato. I dubbi, la rabbia, la tristezza, il rancore, il desiderio
febbrile di dimostrare qualcosa al mondo anche a costo di rinunciare alla mia
stessa anima, al mio cuore di donna… Spazzati via, come i
ciottoli
di quest’isola saranno spazzati via dalla marea domani. Sei
stato tu a liberarmi, col tuo esempio. Sono serena adesso, e come te
voglio solo rendere migliore questo mondo… combattendo,
perché è
l’unica cosa che so fare, ma senza rinunciare alla mia vita,
alla
felicità, agli affetti; ora so quanto sono importanti: forse
a volte
possono far sembrare deboli, ma possono anche rendere forti oltre
ogni limite. Diventerò una Sacerdotessa di Atena,
sì, ma non per
rancore o per dimostrare chissà cosa a me stessa e agli
altri: solo
perché è la mia strada, perché lo
voglio. Perché finalmente ho
trovato qualcosa di meraviglioso per cui vale davvero la pena
lottare.
Shun sospirò.
- Io non ci sarò. Non potrò
vederti diventare Sacerdotessa. Devo tornare a Nuova Luxor –
la fissò con attenzione, come se potesse scorgere le
sue reazioni attraverso la maschera inespressiva che le celava il
viso e che ogni giorno, ogni momento passato su quell’isola,
aveva
imparato a detestare sempre di più per la distanza che
innalzava tra
loro... una distanza che sapeva di poter colmare soltanto in un
modo, un modo che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
- Lo so. Me l’ ha detto il Maestro.
Shun si chinò a raccogliere un sasso e
lo scagliò in mare. La pietra fece qualche rimbalzo sulla
superficie
scura dell’Oceano, tracciò una lunga scia di cerchi
argentei che
si allargarono intersecandosi per qualche istante anche dopo che le
onde l’avevano inghiottito.
- Mi spiace. Avrei dovuto dirtelo
quando ho ricevuto la lettera.
- Non importa. Odio gli addii.
- Ma non è un addio! Tornerò -
Shun si avvicinò a lei e posò entrambe le mani
sulle
sue spalle - Quando tutto questo sarà finito, quando
avrò
ritrovato mio fratello, tornerò qui. Lo prometto.
Voglio
solo che tu lo sappia, June: qualunque cosa possa accadermi in
futuro, il mio cuore ormai è qui. Questa è la mia
casa, ben più di
Nuova Luxor o di qualunque altro posto.
Per un po’, June non poté parlare.
Quelle parole esprimevano con esattezza quello che lei aveva da poco
scoperto di sentire… un qualcosa di così
profondo, un senso di
appartenenza più forte di qualunque patriottismo...
e la riempivano
di grande gioia: qualunque risposta le venisse alla mente le sembrava
inadeguata, al punto che cominciò a ridacchiare nervosamente.
- Che c’è? Ho detto qualcosa che non
va?
- No, nulla... è solo... - si staccò da lui e fece un ampio gesto a circoscrivere le
scogliere ed il mare – Un po’ malandata, come
casa!
Lui rise di nuovo, sollevato.
- Forse - rispose – Ma anche se
non è un paradiso terrestre e io stesso, a volte, sono il
primo a
stupirmene, ho scoperto di amare quest’isola. E
poi è adatta a
noi, non trovi? Può sembrare un mondo duro in cui vivere,
arido, a
volte senza speranza... ma come si potrebbe rinunciare, per
esempio,
a un simile spettacolo?
June seguì la linea del suo dito che
indicava il cielo e trasalì. Sopra di loro brillavano
milioni di
stelle, ma la cosa più sorprendente era la cascata di
scintille nel
cielo, come se centinaia di astri stessero cadendo tutti insieme, scie ardenti e
palpitanti nel velluto scuro della volta celeste.
- È bellissimo! - esclamò, senza
fiato.
Shun annuì.
- Questa terra è come i nostri
destini - continuò quasi sottovoce prendendole
la mano e
stringendo le sue dita – Forse
sono segnati,
forse non c’è speranza di cambiarli o di piegarli
al nostro
volere perché diano almeno in parte i frutti che
vogliamo... Le
nostre vite sono un biglietto di sola andata, non si sa bene per
dove... ma lungo il viaggio, anche nei momenti e nei posti
peggiori,
sono convinto che ci sia sempre spazio per qualcosa di bello come
questa pioggia di stelle nella notte buia, per la speranza…
per l’amore, forse... dipende da noi, soltanto da noi.
Le lasciò la mano per sfiorare la
massa dorata e morbida dei suoi lunghi capelli, che al chiarore delle
stelle sembravano splendere di una luce propria e lei si
sentì
accendere da quel contatto come le onde scure toccate dalla luce
stellare.
Il tocco delle lunghe dita nervose e la
voce sommessa di Shun erano quasi ipnotici, e per un attimo, mentre
alzava lo sguardo a incontrare i suoi immensi occhi verdi, il suo
sorriso rapito, a June sembrò di rivivere la sensazione
provata
durante il rituale del Sacrificio: sentì la comunione, il
contatto,
quell’affinità profonda che li legava
a doppio filo, la
perfetta sintonia che, da due, li faceva diventare un solo essere,
un’anima sola, unendoli sino a quando il loro sangue sembrava
essere diventato uno mentre i loro cuori battevano
all’unisono ed
era il respiro dell’uno a riempire i polmoni
dell’altra, i
pensieri dell’una a vagare nella mente dell’
altro…
Dimmelo, ti prego…
Nessuno di loro avrebbe mai capito chi
aveva formulato quel pensiero, quella muta preghiera che, nonostante
non fosse affiorata loro alle labbra, ambedue i loro cuori avevano
avvertito con chiarezza.
Forse, pensarono, perché apparteneva
a entrambi, con lo stesso ardore.
Shun sospirò, spostò la mano dai
capelli della ragazza alla guancia ricoperta dal metallo freddo e
lucido della maschera da Sacerdotessa.
Tutto il suo corpo era scosso da un
fremito e sentì il cuore martellargli in petto come
impazzito
quando le dita di June si chiusero sulle sue e le guidarono sul bordo della maschera, al punto in cui era
possibile sganciarla dal volto.
Solo in quel momento si accorse che
anche lei stava tremando, più per il turbamento, comprese,
che per
la brezza fredda che in sei anni di duri allenamenti entrambi avevano
imparato a ignorare.
Sapeva bene cosa la turbava. Era un
sentimento anche suo, quello che in quei lunghi anni gli aveva sempre
impedito di andare oltre un’ affettuosa amicizia: la paura di
andare troppo oltre, di rovinare il meraviglioso legame che li univa
per colpa di un desiderio eccessivo, di diventare un Icaro che, non
pago del bagliore delle stelle, volesse raggiungere il sole, finendo
per bruciare le sue ali come una falena troppo vicina al fuoco.
- June... se hai paura, se non vuoi,
basta che tu lo dica e ti lascerò in pace. Ho
sognato tanto questo
momento, so che l’ hai letto nel mio cuore... Ma
dopo, lo sai anche
tu, e lo temi, l’ ho sentito
chiaramente... non
saremo più gli stessi di prima. Non
sarà più possibile.
La ragazza posò un dito sulle sue
labbra.
- Siamo già cambiati, Shun. E
questo sogno è anche il mio. Lo
è sempre stato, anche se solo
adesso l’ ho voluto ammettere.
- Ne sei sicura? Lo sai cosa significa,
vero?
- Significa che ti amo, Shun, e che ti
amerò sempre, qualunque cosa il destino ci riservi. E
l’amore è
coraggio: ci darà la forza di affrontare
qualunque difficoltà
sulle strade della vita, ogni dolore, ogni delusione. Non
tormentiamoci più, ti prego. Ora sono pronta, non voglio
più
barriere tra me e te, di nessun genere.
- E allora basta sognare... - le strinse la mano libera e la guidò
sull’estremità della
maschera opposta a quella che già teneva fra le dita - Basta
con le
parole e i muri di qualunque genere tra di noi.
La maschera sul viso della
ragazza scivolò verso il basso, cadde dalle loro dita
intrecciate e
rimbalzò sulle rocce della spiaggia con un lieve rumore
metallico, subito coperto dal mormorio delle onde e dalla musica del
vento fra le scogliere.
Ci fu un lungo silenzio in cui furono i
loro sguardi a parlare: quello dei limpidi occhi verdi del ragazzo,
carico di una felicità immensa e di una tenerezza struggente
e
quello della ragazza, di un altro colore ma in cui si rispecchiavano
le stesse emozioni.
- Sei bellissima - la voce di Shun
era poco più di un soffio mentre il suo sguardo indugiava
sul volto
che aveva tante volte cercato di raffigurarsi nella mente e sempre
desiderato vedere – Come immaginavo, come ho sempre saputo
nel mio
cuore... forse anche di più.
I lunghi capelli incorniciavano un
volto dalle linee delicate, con una carnagione luminosa e liscia, appena sfumata di rosso sulle guance. Le labbra erano perfette,
sensuali, dischiuse in un sorriso che colmò il
cuore di
Shun di un’immensa dolcezza. Ma la cosa che più lo
colpì furono
gli occhi: avevano le profondità azzurro cupo degli abissi
marini
nelle giornate in cui il sole splendeva fulgido, e proprio come dei
piccoli soli scintillavano di intelligenza, sensibilità e di
un
qualcosa di indefinibile, un’intensa, assoluta
felicità.
Da quando era bambina, June non aveva
più saputo cosa significasse essere felice, o almeno non
del tutto,
non con quell’intensità: non aveva più
osato abbandonarsi a quel
sentimento la cui profondità, dopo tanti anni, le sembrava
adesso
così violenta da essere quasi dolorosa.
Ma ora, mentre si specchiava nei
luminosi occhi di Shun, le pareva che le stelle splendessero
più
fulgide che mai, mentre le poche nuvole passavano nel cielo buio come
grandi ali nell’aria scintillante. Ogni cosa pareva avere una
luce
propria, una luce che irradiava anche da lei... e forse era
così:
forse il segreto celato nelle loro anime, la forza dei loro Cosmi si
era accesa senza che se ne accorgessero e le loro anime in quel
breve, eterno istante si stavano parlando.
Il tempo pareva essersi fermato, e lei
si lasciò andare a quella gioia senza più paura
che, una volta
passato quel momento magico, fosse la tristezza più nera a
sostituirla, l’orribile senso di privazione che
già aveva provato
in passato dopo aver perso la sua famiglia e, con essa, tutte le
sicurezze di un’infanzia finita troppo presto.
Shun non l’avrebbe lasciata sola,
mai. Gliel’aveva promesso. Doveva avere fiducia in
lui e in se
stessa, per quanto entrambe le cose le sembrassero ancora
difficili, per quanto la vita, soprattutto quella di due Cavalieri, fosse
incerta e imprevedibile.
Ma crescere, forse, significa
proprio questo: vivere, nonostante tutto… rialzarsi dopo
ogni
caduta e trovare ancora la forza di lottare.
l’immagine della bambina solitaria e
senza radici che era stata le si affacciò un attimo alla
mente e
lei le disse addio per sempre, con un sorriso che era il riflesso di
quello del ragazzo davanti a lei, un sorriso colmo di coraggio e di
immenso amore per la vita.
Shun le accarezzò la guancia, l’attirò a sé con dolcezza e la strinse fra le
sue braccia.
Un’infinita pace gioiosa lo
pervadeva: l’amore… sentiva che era per quello,
che lui era nato
… donarlo, riceverlo, per sempre…, e
per quello avrebbe
combattuto, per suo fratello, per il suo Maestro, per i suoi amici… e
soprattutto per la ragazza che ora singhiozzava piano nel cerchio
delle sue braccia.
- Piangi? – le domandò.
- No – scosse la
testa lei. Una lacrima ribelle le cadde dalle ciglia. –
È solo che
vorrei che questo momento non finisse mai.
- Anch’io.
Sollevò con gentilezza il viso della
ragazza nascosto tra le pieghe della sua vecchia e ormai logora
giacca da allenamento e provò un’infinita
tenerezza nel passarle
un dito sotto gli occhi per scacciar via le sue lacrime. Aveva sempre
desiderato di poterlo fare, ogni volta che aveva avvertito la
tristezza in lei.
Poi, senza una parola, si chinò su di
lei e, mentre la brezza agitava i loro capelli confondendoli in una
sola nube dai riflessi argentei nel cielo luminoso, divennero un
essere solo.
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Disclaimer:
fanfic basata sul mondo ed i personaggi di "Saint Seiya", creato da e
(c) Masami Kurumada.
Tutti
i diritti per questi personaggi sono (c) Masami Kurumada, Toei
Animation e probabilmente un mucchio di altra gente.
Il
loro utilizzo in questa storia non implica appoggio, approvazione o
permesso da parte loro.
Siccome
questa storia è stata pensata e scritta da una fan per altri
fan, prego di non plagiarla, di citarmi come autrice in caso di
pubblicazione altrove e di non ridistribuirla a pagamento. Grazie!